"Ma voi, chi dite che io sia?"



Oggi si è adempiuta questa scrittura 
che voi avete udita con i vostri orecchi
το κήρυγμα Il Kèrygma



Un giorno, mentre Gesù si trovava in un luogo appartato a pregare e i discepoli erano con lui, pose loro questa domanda: «Chi sono io secondo la gente?». Essi risposero: «Per alcuni Giovanni il Battista, per altri Elia, per altri uno degli antichi profeti che è risorto». Allora domandò: «Ma voi chi dite che io sia?». Pietro, prendendo la parola, rispose: «Il Cristo di Dio». Egli allora ordinò loro severamente di non riferirlo a nessuno. «Il Figlio dell'uomo, disse, deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, esser messo a morte e risorgere il terzo giorno».








"Ma voi chi dite che io sia?". C'è un ma fondamentale che separa i cristiani dalla "gente". Un ma per destare il cuore di chi ha visto, sperimentato, conosciuto il Signore. Un ma che traccia una linea netta a separare la rivelazione dello Spirito Santo, i "pensieri secondo Dio", dalla religiosità, dalle opinioni, dalla cultura, dai "pensieri secondo il mondo". 

La "folla" che si accalca attorno a Gesù ne è conquistata dalle parole e dai miracoli. La "gente" è stupita dal suo insegnamento perché riconosce che nessuno ha mai parlato e agito con la stessa autorità. In fondo ha visto gli stessi segni e ascoltato le stesse parole dei discepoli, ma riconosce in Lui solo un profeta. Forse il più grande, il più prodigioso, ma non riesce a dire di Gesù che è "il Cristo di Dio", ovvero il Messia. Che cosa manca alla "gente"? Esattamente quello che sottintende il ma di Gesù.

Allora, anche oggi, è come se il Signore ci dicesse: "Ok, secondo la gente che mi segue in massa sono un profeta; ma voi che ho scelto e chiamato per stare con me e imparare da me; ma voi, che prima di incontrarmi avevate una vita radicalmente diversa; ma voi che vi appartate per pregare e per riposare con me; ma voi che camminate dietro a me, e avete ascoltato tante parole che ho spiegato solo a voi nell'intimità della casa; ma voi, che ho costituito per andare e portare frutto annunciando il Vangelo; ma voi che avete ricevuto da me il potere di guarire gli infermi e scacciare i demoni; ma voi chi dite che io sia?". 

E tu, e io, e le nostre comunità? Dove siamo? Al di qua o al di là del ma? La domanda di Gesù ci scruta per fare luce e svelarci se dimoriamo nella sua intimità gustando la sua amicizia che ci svela i segreti del Regno dei Cieli; se stiamo camminando dietro a Lui imparando a obbedire alla sua Parola; se lo stiamo conoscendo attraverso il perdono dei peccati e il dono della vita nuova che ci fa entrare nella storia concreta di ogni giorno, senza scappare dalla sofferenza; se, sulla Croce, stiamo sperimentando la presenza amorevole di Gesù che consola e le dà senso nel potere della sua risurrezione; se stiamo scendendo i gradini che conducono alla Verità e all'umiltà, permettendo che le persone e gli eventi ci facciano "piccoli" per entrare nel Regno dei Cieli; se cioè, sperimentando nella Chiesa le primizie della vita celeste, dell'amore e della comunione, siamo in conversione cambiando a poco a poco mentalità, rinunciando al mondo e ai suoi valori. Se in noi sta operando la Grazia che ci trasforma in uomini nuovi. 

Oppure siamo ancora uomini vecchi che orientano la vita determinando le scelte e e gli atteggiamenti secondo i criteri del mondo? Di fronte a Gesù, infatti, la ragione senza la luce della fede, rimane imprigionata nella religiosità impersonale della "folla" anonima: per essa Egli è solo un profeta come gli altri. Quando si innalzano oltre i criteri mondani e le possibilità della carne, "eleva" le sue parole e i suoi gesti al rango di sublimi utopie per renderli inoffensivi, tra quegli ideali così trendy da indossare e impossibili da incarnare. Così Gesù, pur tra le acclamazioni, resta irrilevante, e l'incontro con Lui non cambia radicalmente l'esistenza. La sessualità, la famiglia, il lavoro, il denaro, l'amicizia, lo studio: in tutto Gesù è via, verità e vita, ma di fatto, le sue parole scorrono sulle giornate come una struggente colonna sonora, mentre le passioni, il piacere e l'egoismo travestiti da valori civili e criteri ragionevoli, ci conducono lontani da Lui.

Come la "folla", pur andando dietro a Gesù, forse non abbiamo ancora professato la stessa fede di Pietro e dei discepoli. Gesù è per noi come Giovanni Battista, ci ha scosso illuminando alcuni peccati e situazioni difficili indicandoci una via di uscita; o come Elia, ha fatto dei miracoli per saziarci; o come gli altri profeti, ci ha riscaldato il cuore, consolato e dato speranza; opinioni rispettabili e valide, perché ogni profeta è immagine e profezia del Messia, ma restano pensieri umani, molto religiosi chissà, o mondani, perché nella massa della "gente" c'è di tutto. Ma non sono la fede adulta, quella capace di trapiantare un gelso nel mare, la fede che vince il mondo, e in esso il peccato e la morte. 

Dunque, su Cristo hai opinioni personali o lo conosci e risuona in te la fede della Chiesa? Hai un'esperienza concreta di Lui nella tua vita, o solo un'idea che ti sei fatto da alcuni momenti in cui, a intermittenza, lo hai sentito vicino e lo hai visto all'opera? Perché per dire che Gesù è "Cristo di Dio" occorre essere al di qua del ma, vivere in Lui, dimorare nella sua intimità, dove ricevere, per Grazia dal Cielo, la rivelazione che generi la fede e occhi capaci di trapassare la carne e riconoscano nel Profeta di Nazaret l'Unto di Dio, il Messia. Per questo, non a caso Gesù pose la domanda decisiva "mentre si trovava in un luogo appartato a pregare e i discepoli erano con lui". Non la fa alla "folla", anzi, proprio il contesto e il contenuto del dialogo rivelano la peculiarità della Chiesa, la comunità riunita "in un luogo appartato". Altra cosa è la missione, frutto maturo della fede. Solo nell'intimità con Gesù, innestati nella sua preghiera solitaria e staccata dal chiasso e dalle menzogne del mondo, solo nel cammino di conversione che è il seno fecondo della Chiesa, si può ricevere la rivelazione che schiude gli occhi sull'identità di Gesù.

Come quelli di Pietro, aperti in quel luogo solitario ma che, per poterlo dire a tutti, hanno poi dovuto vedere la propria realtà di peccato per sperimentare l'amore gratuito di Dio, la misericordia rigeneratrice e il potere della risurrezione di Cristo; il segreto che Gesù ha "ordinato severamente" di mantenere significava anche questo: difendere Pietro e la sua missione, proteggere l'annuncio che avrebbe portato nei secoli, dalla propria debolezza. Non solo era solo un segreto messianico, perché Gesù non era ancora morto e risorto. Era un segreto perché anche lo stesso Pietro doveva prima morire nel rinnegamento per risorgere con Cristo sulle sponde del Mare di Galilea. E' lì infatti che, non a caso, il Vangelo di Giovanni pone il primato di Pietro. E' lì, in quell'incontro tra la misericordia e il pentimento, tra la potenza della resurrezione e la debolezza, che Pietro potrà professare apertamente che Gesù è il Cristo, perché sa tutto e lo ha perdonato, prova e sigillo della sua vittoria sulla morte. E da lì Pietro partirà per annunciarlo a ogni generazione, sino agli estremi confini della terra.

Anche noi dobbiamo percorrere un cammino che sigilli la fede nell'esperienza. Non si può far confusione: se i cristiani non spendono la vita annunciando il vangelo, se le parrocchie sono autoreferenziali, è perché non sanno chi è Cristo. Non ne hanno l'esperienza! Alle periferie, infatti, si va solo nutriti dalla liturgia che, proprio per questo e per preparare alla missione, nella Chiesa primitiva era celebrata in luoghi appartati, riservata agli eletti, ai battezzati, ai cristiani. 

C'è un voi che è chiamato a dare ragione del ma che lo separa dalla gente. E' la comunità scelta e inviata proprio per salvare chi non conosce Cristo. E ha bisogno dell'intimità dei luoghi solitari e separati dal mondo, delle liturgie, di un'iniziazione cristiana che sia un po' come un buon ritiro pre-campionato, senza il quale non si vincono i campionati... di un luogo, di una comunità dove risuoni la domanda di Gesù che faccia interrogare su stessi, per aprirsi alla Parola e così crescere nella fede, per professare che "Gesù è il Cristo di Dio". 

Ciò significa che Gesù è il Crocifisso che ha vinto la morte. Egli è Dio vivo qui ed ora, ed è vero per me? Gli occhi illuminati dalla fede, infatti, lo vedono e riconoscono laddove quelli della carne non possono, in tutto ciò che odora di scandalo, sofferenza e morte. Ed è proprio qui che si compie l'amore di Dio per me, nella vittoria di Cristo che fa spiccare alla vita il volo oltre la religiosità naturale, innestandola nella sua. La professione di fede di Pietro infatti, si fa autentica nel crogiuolo della storia: egli è morto come quel Gesù di Nazaret che aveva riconosciuto essere il Messia. Alle parole "Tu sei il Cristo" aggiunge così quel "per me" e "in me" che certifica la credibilità e l'autenticità del suo annuncio agli occhi degli uomini. Con Pietro anche "per noi" Gesù, a poco a poco, sarà il Cristo: quando la sua Croce ci accoglierà per condurci alla risurrezione e lo sperimenteremo vivo e in noi, potremo testimoniare che Lui è il Cristo "in me" oggi, ovunque e dinanzi a chiunque, perché il suo amore vince il nostro timore e potremo amare e donare la vita.


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