2 febbraio. Presentazione del Signore






"Presentati" con Cristo a Dio e agli uomini



Oggi festeggiamo la Presentazione al Tempio del Signore, ovvero il dono di se stesso a ciascuno di noi per mano di Maria, immagine della Chiesa. In essa, infatti, lo accogliamo tra le nostre braccia come Simeone, quando ci è predicato il Vangelo che "svela i pensieri" malvagi dei nostri cuori; e quando ci nutriamo dei sacramenti, segni concreti del suo amore che sbriciola il nostro uomo vecchio, imprigionato in una vita senza senso. Nella comunità "vediamo la salvezza" che aspettiamo ogni giorno all'opera nei fratelli e in noi stessi, e possiamo "andare in pace" nella storia perché la vittoria di Cristo sui nostri peccati è il pegno sicuro della Vita Eterna, il destino verso cui essa ci conduce. Possiamo "andare in pace" nelle difficoltà, nelle piccole e grandi morti che le giornate ci presentano, perché siamo figli della Pasqua. E per questo siamo anche noi primogeniti. La Festa di oggi ci svela la nostra identità! E in essa è illuminata la nostra vita, il senso di tutto quanto ci accade: "Quando tuo figlio domani ti chiederà: Che significa ciò?, tu gli risponderai: Con braccio potente il Signore ci ha fatti uscire dall'Egitto, dalla condizione servile. Per questo io sacrifico al Signore ogni primo frutto del seno materno, se di sesso maschile e riscatto ogni primogenito dei miei figli. Questo sarà un segno sulla tua mano, sarà un ornamento tra i tuoi occhi, per ricordare che con braccio potente il Signore ci ha fatti uscire dall'Egitto" (Es, 13). Intorno e dentro di noi risuona la stessa domanda: "Che significa tutto questo?"; questa mia storia senza capo né coda; questa malattia che s'è portata via mia madre a soli quarant'anni; questo incidente che mi ha strappato mio figlio mentre si affacciava alla vita; questa crisi economica che dissangua la mia famiglia; il tradimento di mio marito; il terremoto che ha azzerato la vita di migliaia di persone lasciandole senza più passato né futuro, gettate in un presente vuoto, e neanche una tomba dove piangere padri e figli; questa depressione che mi inchioda in casa; la bulimia di mia figlia, impazzita dietro a Facebook e alle diete; e le ingiustizie patite, il dolore innocente, le guerre, il male. "Che significa ciò?", non comprendo... E la tristezza soffoca i giorni nella delusione e nel disincanto, l'ira strattona lingua e mani, e la violenza sgorga indomita a macchiare indelebilmente relazioni e sentimenti. Ma le parole consegnate dal Signore a Mosè sono la risposta ad ogni "domani" sorto nella storia di Israele, della Chiesa e dell'umanità intera; perché in ciascun "domani" si compire il "domani" nato dalla notte di Pasqua: Cristo è risorto, primizia di una nuova creazione. La morte è vinta, e c'è un cammino di salvezza per passare dall'Egitto alla Terra Promessa preparato per le Nazioni per ogni uomo! I primogeniti sono dunque la primizia dell'opera di Dio, una profezia per ogni uomo: proprio per questo sono un segno di contraddizione. Tutta la vita dei cristiani contraddice quella del mondo. Non con la violenza, non con la polemica, ma con lo splendore della bellezza di una vita riscattata e pacificata. Tutti si sbracciano per essere i primi? I cristiani si accomodano sereni all'ultimo posto. Tutti inseguono il denaro? I cristiani vivono in pace nella precarietà. Tutti si mascherano per apparire diversi? I cristiani sono limpidi, trasparenti, perché vivono nella Verità. Tutti cercano un nemico su cui addossare le colpe della propria frustrazione, del proprio dolore o dei propri peccati? I cristiani amano i nemici e si addossano i loro peccati. Perché sono eroi? No, perché stati "consacrati" in Cristo nel battesimo, cioè "presentati" con Lui al Padre per salvare l'umanità. Ti pare poco? Ti capita che al lavoro non ti comprendono? Accade che a scuola dei tuoi figli sei emarginato e calunniato perché non permetti che partecipino a lezioni aberranti? Non ti stupire e non ti spaventare, i tuoi figli sono in quella scuola proprio "perché siano svelati i pensieri di molti cuori" e possano così accogliere la predicazione e la misericordia. Tutto quello che ci accade è perché ciascuno di noi è la risposta che Dio rivela all'umanità, il segno del suo amore nascosto tra le lacrime che bagnano la storia. Al mistero del male "tu risponderai" con la tua vita crocifissa con Cristo e con Lui risuscitata. Tu sei la risposta di Dio a ogni perché, il suo amore fatto carne in un uomo come tutti gli altri, l'unico capace di contraddire il demonio, il peccato e la morte. Si comprende allora la "spada" che ha trafitto Maria: era la sua com-passione per ogni uomo. Pativa con il Figlio per salvare l'umanità. Ebbene, essa è pronta anche per noi, perché quando l'amore di Cristo si impossessa di una persona comincia a bruciare di zelo il suo cuore, al punto che nulla gli è più indifferente. Anche oggi ci trafiggerà la "spada" nel vedere un fratello nel peccato, e quel dolore sarà il segno dell'amore autentico riversato nei nostri cuori che ci spingerà ad offrirci per lui, perché possa gustare in noi i frutti della misericordia. 











L'ANNUNCIO
Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, come è scritto nella Legge del Signore: ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore; e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore. Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d'Israele; lo Spirito Santo che era sopra di lui, gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore. Mosso dunque dallo Spirito, si recò al tempio; e mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la Legge, lo prese tra le braccia e benedisse Dio: «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima». C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui. 
 (Dal Vangelo secondo Luca 2,22-40)






Siamo figli della Pasqua, e per questo primogeniti. La Festa di oggi ci svela la nostra identità, e in essa è illuminata la nostra vita, il senso di tutto quanto ci accade: "Quando tuo figlio domani ti chiederà: Che significa ciò?, tu gli risponderai: Con braccio potente il Signore ci ha fatti uscire dall'Egitto, dalla condizione servile. Poiché il Faraone si ostinava a non lasciarci partire, il Signore ha ucciso ogni primogenito nel paese d'Egitto, i primogeniti degli uomini e i primogeniti del bestiame. Per questo io sacrifico al Signore ogni primo frutto del seno materno, se di sesso maschile e riscatto ogni primogenito dei miei figli. Questo sarà un segno sulla tua mano, sarà un ornamento tra i tuoi occhi, per ricordare che con braccio potente il Signore ci ha fatti uscire dall'Egitto" (Es, 13). Queste parole consegnate dal Signore a Mosè sono la risposta ad ogni "domani" sorto nella storia di Israele prima e della Chiesa poi; il "domani" sorto dalla notte di Pasqua, il seno benedetto di Israele, il fonte battesimale dal quale ciascuno di noi è rinato ad una vita nuova. I primogeniti sono laprimizia dell'opera di Dio, il segno di contraddizione per il mondo, perchè siano svelati i pensieri dei cuori, e risplenda sulla terra la Verità che il demonio tenta di occultare tenendo in schiavitù l'umanità, come Il faraone ostinato non voleva lasciar partire il Popolo di Israele. Sui primogeniti riverbera la luce che brilla sul volto di Cristo: "E Dio che disse: Rifulga la luce dalle tenebre, rifulse nei nostri cuoriper far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulse sul volto di Cristo" (2 Cor. 4, 6). Le nostre storie nel susseguirsi di ogni secondo ci sono date perchè possa rifulgere in esse la luce di Pasqua, la risposta divina al mistero del dolore dell'uomo. 


Ecco, ciascuno di noi è la risposta che Dio rivela all'umanità, il segno del suo amore nascosto tra le lacrime che bagnano la storia. Quanti "che significa ciò?" intorno e dentro di noi! "Che significa tutto questo?": questa mia storia senza capo né coda; questa malattia che s'è portata via mia madre a soli quarant'anni; questo incidente che mi ha strappato mio figlio mentre si affacciava alla vita; questa crisi economica che dissangua la mia famiglia; il tradimento di mio marito; il terremoto che ha azzerato la vita di migliaia di persone lasciandole senza più passato né futuro, gettate in un presente vuoto, e neanche una tomba dove piangere padri e figli; questa depressione che mi inchioda in casa; la bulimia di mia figlia, impazzita dietro a facebook e alle diete; e le ingiustizie patite, il dolore innocente, le guerre, il male. "Che significa ciò?", non comprendo... E la tristezza soffoca i giorni nella delusione e nel disincanto, l'ira strattona lingua e mani, e la violenza sgorga indomita a macchiare indelebilmente relazioni e sentimenti. 


"Tu gli risponderai: Con braccio potente il Signore ci ha fatti uscire dall'Egitto, dalla condizione servile": Dio ha fatto uscire dalla tomba suo Figlio, ha vinto il male, il peccato e la morte. Tu gli risponderai con la tua vita, crocifissa con Cristo e con Lui risuscitata. La Chiesa è il segno del braccio potente del Signore, capace di liberare dalla condizione servile nei confronti del demonio, dalla schiavitù alla paura della morte. La nostra vita è stata riscatta da Cristo, come una primizia per ogni uomo. In Lui, ciascuno di noi è primogenito della libertà e siamo chiamati a vivere in ogni evento il suo stesso mistero pasquale: "Siamo infatti tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo esposti alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù sia manifesta nella nostra carne mortale. Di modo che in noi opera la morte, ma in voi la vita" (2 Cor. 4,8 ss). Ecco la risposta di Dio, i primogeniti offerti in sacrificio perchè nel mondo operi la vita


Quel "tu gli risponderai" giunge oggi diritto al cuore di ciascuno di noi; quel "tu" si fa "io" nel mistero che oggi celebriamo. Gesù, un bambino di appena quaranta giorni, è condotto al Tempio per essere offerto al Signore. Il Figlio di Dio, apparso per pura grazia nel seno della Vergine Maria, è ufficialmente e pubblicamente consegnato a suo Padre. Dio gioca a carte scoperte, sin dall'inizio. Alla luce di quanto Maria e Giuseppe compiono nel brano odierno, si comprendono le parole di Gesù dodicenne ritrovato tra i dottori nel Tempio: "Devo occuparmi delle cose del Padre mio". Gesù è il primogenito perfetto sacro al Signore, tutta la sua vita sarà un cammino verso il compimento della missione affidatagli. Non si lascerà attirare dalle sirene della carne e non temerà di dire più volte a sua Madre: "Donna, che ho a che fare con te?"; scapperà dalle lusinghe del successo perchè incamminato "decisamente" sulla via del Calvario; Gesù è il primogenito sacro al Signore, in Lui deve risplendere la Luce della Vita nelle tenebre della morte: nulla lo può distogliere, neanche sua Madre, neanche Pietro e gli altri apostoli. 


Così è per ciascuno di noi. Per un'insondabile condiscendenza del cuore di Dio siamo stati eletti ad essere primogeniti della nuova creazione, apostoli del Cielo, missionari dell'amore infinito di Dio. Siamo stati presentati al Tempio, la vita non ci appartiene. Essa è la risposta di Dio a chi ci è vicino, a chi soffre senza essere capace di dare un senso al suo dolore. Per questo è necessario tutto quello che ci accade, ogni istante della nostra vita è prezioso, un candelabro acceso posto sull'altare della storia. Nulla è a caso, tutto è per mostrare al mondo il braccio potente del Signore, il suo amore infinito che ha ragione di ogni male. Per questo il male deve raggiungerci, ghermirci, portarci in Egitto. Secondo i rabbini, la schiavitù in Egitto è stata causata dalla malvagità dei fratelli di Giuseppe che lo hanno venduto per invidia. Il midràsh ci spiega che il prezzo del riscatto dei primogeniti fu fissato dalla Torà in base al denaro ricevuto dai fratelli per la vendita di Giuseppe: "E vendettero Giuseppe per 20 denari (Gen. 37, 28) Disse il Santo Benedetto Egli Sia: voi vendete il figlio di Rachele per 20 pezzi d’argento, che corrisponde al prezzo di cinque Selaìm; perciò ciascuno di voi dovrà dare per il riscatto di suo figlio cinque Selaìm" (Ber. Rabbà 84, 18). La sapienza di Israele vede dunque nell'offerta dei primogeniti un legame stretto con il peccato compiuto dai figli di Giacobbe nei confronti del loro fratello. I primogeniti divengono così il segno del riscatto di Giuseppe: il braccio potente del Signore rivela la sua misericordia che perdona riscattando i discendenti di Giacobbe caduti in schiavitù. Gesù, come Giuseppe, è stato venduto per poche monete, e così crocifisso, ucciso e sepolto nella tomba. Ma Dio lo ha riscattato dalla morte, primogenito di molti fratelli, il segno checontraddice per sempre il peccato e la morte. In Lui risplende la misericordia di Dio che non ha lasciato che i suoi figli rimanessero a marcire nel dolore e nella morte eternamente e senza risposta. Scrive Benedetto XVI che “l’ingiustizia, il male come realtà non può semplicemente essere ignorato, lasciato stare. Deve essere smaltito, vinto. Questa è la vera misericordia. E che ora, poiché gli uomini non ne sono in grado, lo faccia Dio stesso – questa è la bontà incondizionata di Dio” (J. Ratzinger - Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, II Parte, pp. 151).


Così l'offerta della nostra vita che segna la nostra primogenitura è il sigillo della sua misericordia che Dio pone in questa generazione. Siamo la prova e la memoria del suo amore, perchè ogni uomo che giace in Egitto possa ricominciare a sperare e la sua speranza non sia delusa. La parola ebraica che definisce il "primogenito", o  "bekhor" deriva dal radicalebkr che significa "portare frutti primaticci, conferire il diritto di primogenitura, essere nato come primogenito, partorire un primogenito". Siamo chiamati a portare i frutti primaticci dello Spirito Santo, l'amore capace di lasciarsi crocifiggere, i segni della fede adulta operante in noi. In un'omelia per il Venerdì Santo, per spiegare la missione dei cristiani, il Padre Cantalamessa esponeva un esempio eloquente: "Cosa si fa per assicurare qualcuno che una certa bevanda non contiene veleno? La si beve prima di lui, davanti a lui! Così ha fatto Dio con gli uomini. Egli ha bevuto il calice amaro della passione. Non può essere dunque avvelenato il dolore umano, non può essere solo negatività, perdita, assurdo, se Dio stesso ha scelto di assaporarlo. In fondo al calice ci deve essere una perla. E questa perla è la risurrezione!". Ciascuno di noi ha conosciuto questa perla nell'esperienza della sua vita. E' la perla che dà sostanza alla primogenitura. E' Cristo stesso, e con Lui possiamo bere ogni giorno il calice amaro della passione che siamo chiamati a vivere. E mostrare al mondo che si può bere anche il veleno, perchè in Cristo, nulla può danneggiare! Secondo il midrash il compito più importante assegnato al primogenito fin dai tempi di Abramo fu di certo quello di esercitare il culto sacerdotale (Ber. Rabbà 63, 18). La nostra vita di primogeniti è dunque una liturgia da servire come sacerdoti santi: "L’unzione nel Battesimo e nella Confermazione è un’unzione che introduce in questo ministero sacerdotale per l’umanità. I cristiani sono popolo sacerdotale per il mondo. I cristiani dovrebbero rendere visibile al mondo il Dio vivente, testimoniarlo e condurre a lui. Quando parliamo di questo nostro comune incarico, in quanto siamo battezzati, ciò non è una ragione per farne un vanto. È una domanda che, insieme, ci dà gioia e ci inquieta: siamo veramente il santuario di Dio nel mondo e per il mondo? Apriamo agli uomini l’accesso a Dio o piuttosto lo nascondiamo? Non siamo forse noi – popolo di Dio – diventati in gran parte un popolo dell’incredulità e della lontananza da Dio? Non è forse vero che l’Occidente, i Paesi centrali del cristianesimo sono stanchi della loro fede e, annoiati della propria storia e cultura, non vogliono più conoscere la fede in Gesù Cristo? Abbiamo motivo di gridare in quest’ora a Dio: Non permettere che diventiamo un non-popolo! Fa’ che ti riconosciamo di nuovo! Infatti, ci hai unti con il tuo amore, hai posto il tuo Spirito Santo su di noi. Fa’ che la forza del tuo Spirito diventi nuovamente efficace in noi, affinché con gioia testimoniamo il tuo messaggio!" (Benedetto XVI).


Oggi questa forza dello Spirito viene ancora una volta in aiuto alla nostra debolezza. E' vero, abbiamo questo tesoro in vasi di creta, ma è bene che sia così perchè appaia chiaramente l'opera di Dio che può compiersi in chiunque. Come si è compiuta in Shahbaz Bhatti, l'uomo politico indiano ucciso recentemente per la sua fede. Nel suo testamento scriveva: “Mi sono state proposte alte cariche al governo e mi è stato chiesto di abbandonare la mia battaglia, ma io ho sempre rifiutato, persino a rischio della mia stessa vita. Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato qualora, in questo mio sforzo e in questa mia battaglia per aiutare i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del mio paese, Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita. Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire”.








αποφθεγμα Apoftegma




Signore, i giacinti romani fioriscono nei vasi

E il sole d’inverno s’insinua sui colli di neve;
La stagione ostinata si sofferma.
La mia vita è leggera, in attesa il vento di morte,
Come una piuma sul dorso della mano.
La polvere nel sole e la memoria negli angoli
Attendono il vento che gela verso la terra morta.

Concedi a noi la pace.

Per molti anni camminai in questa città,
Mantenni fede e il digiuno, provvedetti ai poveri,
Ho dato e avuto onori ed agiatezza.
Chi giunse alla mia porta fu respinto.
Chi si ricorderà della mia casa, dove vivranno i figli dei miei figli,
Quando verrà il tempo del dolore?
Prenderanno il sentiero della capra, la tana della volpe,
Fuggendo i volti stranieri e le spade straniere.

Prima che venga il tempo delle corde, delle sferze e dei lamenti

Concedi a noi la pace.
Prima delle stazioni della montagna di desolazione,
Prima dell’ora certa del dolore materno,
Ora in questa stagione di nascita e morte,
Possa il Figliolo, il Verbo non pronunciante e impronunciato ancora,
Accordare la consolazione d’Israele
A un uomo di ottant’anni e che non ha un domani.

Secondo la tua parola.

Ti loderanno e soffriranno a ogni generazione
Con gloria e derisione,
Luce su luce, salendo la scala dei santi.
Non per me il martirio, l’estasi del pensiero e della preghiera,
Non per me la visione estrema.
Concedi a me la tua pace.
(E una spada trafiggerà il tuo cuore,
Anche il tuo).
Sono stanco della mia vita e della vita di quelli che verranno,
Muoio della mia morte e della morte di quelli che verranno.
Che  il tuo servo si parta
Dopo aver visto la tua salvezza.

Thomas Stearns Eliot



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