"Voi siete il sale della
terra. Voi siete la luce del mondo": sulla collina che si erge dolce dalle
sponde del Mare di Galilea, dopo averci annunciato di essere “beati”, Gesù ci
consegna oggi la carta di identità appena rinnovata nel suo Corpo e nel suo Sangue,
e con essa la lettera di invio a tutte le Nazioni per annunciare il Vangelo:
carissimi ci dice, “siete sale e luce del mondo”, per questo non potete
“perdere il sapore”, e men che meno vi potete più “nascondere sotto il moggio”.
“Andate dunque” e “insegnate alle nazioni tutto ciò che vi ho comandato”,
perché il “sale” che è in voi dia sapore alla vita senza senso del mondo, e la
“luce” del mio amore in voi innalzati con me sul “monte” della Croce,
“risplenda davanti a tutti gli uomini”.
Non a caso Gesù annuncia queste
parole in Galilea; nella tradizione esegetica, infatti, essa è sempre stata vista
come immagine della terra di missione, la Galilea delle "genti", dei pagani; inoltre, sullo stesso “monte” avrebbe dato
appuntamento ai suoi discepoli dopo la resurrezione, proprio per inviarli ad annunciare
il Vangelo. “Molto ci è stato dato”, vero?, “molto ci verrà chiesto”. Molto ci
ha amato il Signore, ma oggi non siamo “beati” perché migliori e più coerenti
degli altri. “Per Grazia siamo stati salvati” scriveva San Paolo e siamo
“beati” perché “Cristo ci ha resuscitati con Lui” e ci ha introdotti, già da
ora, “nei Cieli”. Per questo oggi ci dice “siete il sale, siete la luce”. Non parla al
futuro, annunciandoci quello che saremo o dovremmo diventare. La sua Parola ci
raggiunge e crea oggi quello che annuncia.
E per prima cosa ci costituisce in
comunità: "voi". E in questo "voi" comincia ad apparire il
"sale": nella Chiesa, infatti, l' “io” è accompagnato dall’ascolto
della Parola e dai sacramenti a sciogliersi nel "noi". E proprio
mentre ciò avviene, mentre cioè Cristo risorto abbatte le barriere del peccato
e dona alla comunità la comunione nel suo Spirito, la "luce" comincia
a risplendere nel "voi", la comunità che non assorbe la luce ma solo i peccati per rifrangere, come la luna, la luce di Cristo! Gesù, quindi, non manda eroi solitari, ma una comunità! Nel brano del vangelo di oggi ripete per ben undici volte il "voi", perché un mondo di "io" separati e divisi potrà essere salvato solo da una comunità di "voi" che si amano e si donano mutuamente. Nella Chiesa, infatti, "non siamo nelle tenebre", ma "figli della luce e figli del giorno", e non temiamo la morte e nemmeno il fratello, perché Cristo è risorto e in Lui "noi non siamo della notte, né delle tenebre"
Ce lo dice anche la scienza, secondo le cui ipotesi (vi sono ancora molti aspetti sconosciuti) la luce si comporta come delle particelle, “i fotoni”, ma si espande come delle “onde elettromagnetiche”. La distanza fra le due creste definite dal procedere dell'onda elettromagnetica si chiama “lunghezza d’onda”. Al variare di questa varia il colore che percepiamo. Dunque, un universo senza il "voi" dei “fotoni” e la “comunione” delle diverse “lunghezze d'onda” sarebbe buio e incolore. E' la luce, infatti, che rende visibili gli oggetti e ne determina il colore che possiamo vedere. Così, ogni persona, per esprimere la propria autentica bellezza, ha bisogno del "voi" della Chiesa, di ogni suo “fotone” e di ciascuna sua “onda elettromagnetica” che la rende "luce del mondo".
Ce lo dice anche la scienza, secondo le cui ipotesi (vi sono ancora molti aspetti sconosciuti) la luce si comporta come delle particelle, “i fotoni”, ma si espande come delle “onde elettromagnetiche”. La distanza fra le due creste definite dal procedere dell'onda elettromagnetica si chiama “lunghezza d’onda”. Al variare di questa varia il colore che percepiamo. Dunque, un universo senza il "voi" dei “fotoni” e la “comunione” delle diverse “lunghezze d'onda” sarebbe buio e incolore. E' la luce, infatti, che rende visibili gli oggetti e ne determina il colore che possiamo vedere. Così, ogni persona, per esprimere la propria autentica bellezza, ha bisogno del "voi" della Chiesa, di ogni suo “fotone” e di ciascuna sua “onda elettromagnetica” che la rende "luce del mondo".
Se qualcuno crede di
poter fare da solo, di isolarsi e gestire le relazioni in proprio, danneggerà
l'opera di Dio, frustrandone la volontà di bene, iniziando nella comunità.
Perché essa sia "sale della terra e luce del mondo" ha bisogno che
tutti i suoi figli consegnino se stessi alla comunione del "voi". La
“terra”, infatti, senza lo Spirito Santo è arida e per questo preda del
serpente, mentre il “mondo” è schiavo del suo principe, superbo ed egoista fin
dal principio. Per questo l’una è senza sapore, e l’altro è avvolto nelle
tenebre senza colore. La terra senza il Cielo è nera, come il mondo senza
amore, perché il nero è il colore dell'egoismo; non a caso è il colore
dominante nei vestiti, perfino nello smalto per le unghie, dei giovani rapiti
dal branco, dalla musica che insinua morte e violenza. Il nero che assorbe la luce senza rifrangerla, quasi uccidendola,
veste chi, ingannato dal demonio, offre tutto a se stesso.
Per
questo il mondo ha bisogno del candore della risurrezione, del bianco di cui
risplendono le tuniche dei battezzati, immagine della loro vita trasfigurata
con Cristo nel bianco che nessun lavandaio saprebbe rendere così splendente. A
questo mondo avvolto nelle tenebre del peccato e della morte è inviata la
Chiesa, tu ed io risplendenti nelle vesti che abbiamo reso candide nella Chiesa
che, attraverso i sacramenti, ci immerge nel sangue dell'Agnello.
Fratelli, camminiamo allora
fedelmente nella Chiesa, dove la predicazione e l’annuncio della Parola, con la
guida dei pastori e la correzione fraterna, ci aiutano a "non perdere il sapore" e a non "mettere la
lucerna sotto il moggio". In Palestina, ancora oggi, i fornai mettono nei
forni delle piastre di sale atte ad innescare la combustione. Con il passare
del tempo, queste piastre diventano inservibili, e vengono gettate per strada.
Così possiamo comprendere meglio cosa vuol dirci il Signore: Lui ci ha chiamato
con una Parola creatrice, ci ha costituiti e ha fatto di noi una comunità per
essere sale e luce del mondo. Ma non basta. C'è il pericolo che il tempo e la
routine "consumino" in noi la chiamata. Dio è fedele e porta a
compimento quanto ha iniziato, ma noi siamo liberi e possiamo abbassare la
guardia, lasciarci sopraffare dagli affanni del mondo, trascurare il dono ricevuto
e ritrovarci come le piastre di sale usurate dal tempo. Allora, "perduto
il sapore, non serviremo ad altro che ad essere gettati per strada e calpestati
dagli uomini", irrilevanti per la moglie e il marito, per i figli, per
tutti.
Oppure,
come il servo malvagio della parabola, potremmo lasciare spazio alle menzogne
del demonio e, dinanzi alle difficoltà, credere che Dio non ci ama, e
nascondere il talento, ovvero la "lucerna". Ma è anche vero che
"non può restare nascosta una città posta sopra il monte", e che
"non si accende una lucerna per metterla sotto il moggio"! E' vero
cioè che Dio ha chiamato ciascuno di noi a far parte della Città di Dio, fondata
sul Monte delle Beatitudini! E' vero che Lui ha "acceso" in noi con
il sale della sua croce il fuoco del suo Spirito Santo vivificante, più forte
del peccato e della morte. E' vero che Lui ci ha posto sul candelabro proprio
attraverso gli eventi della nostra vita. Ed è vero che nella Chiesa ci sta
facendo sperimentare la “beatitudine” autentica. Siamo "sale e
luce" perché beati! Possiamo salare e illuminare perché
sperimentiamo che quello che il mondo rifiuta come maledizione è invece il
grembo fecondo della felicità autentica; che la “terra” dura che calpestiamo,
con i dolori e le angosce, è bagnata dallo Spirito Santo di Cristo risorto che
sa trasformare la morte in vita.
Le
umiliazioni, la "povertà", l' "afflizione", le persecuzioni
e le calunnie intrise di menzogna sono i grani di sale che ci salvano ogni
giorno, le onde elettromagnetiche che ci raggiungono per illuminare in noi la
"pace", la "mitezza" e la "purezza del cuore". Le
difficoltà in famiglia, le incomprensioni e le diversità con il coniuge, la
precarietà economica che aumenta ad ogni nuova vita e che la legge non
riconosce, tutto quello che il mondo rifiuta come stolto, che percepisce come
ragioni per divorziare e abortire, sono per noi il "sale" che
impedisce la corruzione dei rapporti e dell'amore, la "luce" che
illumina la misericordia di Dio. Senza la Croce disegnata dalle beatitudini
tutto è destinato a corrompersi. Senza la Vittoria di Cristo sulla morte fatta
carne nell'uomo la vita è inghiottita dalle tenebre. Per questo il mondo ha
bisogno dei cristiani autentici, salati dalla Croce di Cristo per salare,
illuminati dalla sua risurrezione per illuminare.
Ancora
oggi nella Città santa di Gerusalemme, non a caso posta su un monte, il sindaco
è solito ricevere un capo di stato offrendogli pane e sale: "è un'usanza
che ha radici bibliche. Mangiare il sale di qualcuno significa far parte della
sua casa. Anzi, mangiare il sale con qualcuno, significa fare un patto con lui.
Il patto del sale è un patto indissolubile" (F. Manns). Sulla Croce Cristo
ci offre ogni giorno il sale che Lui stesso ha mangiato, il suo sale,
accogliendoci così nella sua stessa casa, che è immagine della sua vita capace di
entrare nella storia di sofferenza e sacrificio. Mangiando con Lui il sale
aspro della Croce stipuliamo un patto eterno e diveniamo partecipi del suo
Mistero Pasquale. Così, potremo offrire questo stesso sale a chiunque
incontreremo: un matrimonio è "conservato" e "purificato"
dal sale della Croce! Ami tua moglie? Le offrirai il "sale" in ogni
circostanza, in ogni dialogo; ciò significa che le consegnerai te stesso
crocifisso, e in te Cristo vivo e il suo amore. Ti sacrificherai per lei, come
per tuo figlio, il tuo collega, il nemico. Altro che psicologi e terapie di
gruppo... Il problema dei matrimoni è che manca il "sale" che innesca
la combustione dell'amore autentico, quello che distende le braccia sulla
croce. Così per ogni relazione, anche nella comunità.
Nel
Tempio di Gerusalemme si cospargeva di "sale" la carne destinata al
sacrifico; allo stesso modo occorre il "sale" della sofferenza e
della rinuncia a se stessi, della pazienza nella persecuzione e nella
tribolazione, anche per offrire il proprio corpo al coniuge, o nella missione,
o al lavoro, o nella vecchiaia attraverso una malattia. Infatti, "chi non
rinuncia a tutto, anche a se stesso, non può essere discepolo di Gesù", perché
la qualità determinante di un cristiano è "avere sale in se stesso",
ovvero "essere ogni giorno salato con il fuoco", perché sia
purificato dall'idolatria e dalla mentalità mondana, e sappia offrirsi in
sacrificio di soave odore per il Vangelo e per amore di ogni uomo. Ti sacrificherai per lei, come per tuo figlio,
il tuo collega, il nemico. Non ti spaventare, non guardare a te stesso,
debole e peccatore. Sappiamo di avere "questo tesoro in vasi di
creta", ma è proprio "perché appaia che questa potenza straordinaria
viene da Dio e non da noi. Siamo infatti tribolati da ogni parte, ma non
schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non
abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro
corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro
corpo. Di modo che in noi opera la morte, ma in voi la vita".
Ogni evento e ogni persona costituiscono, infatti, “il lucerniere” sul quale il Signore ci pone perché attraverso di noi il mondo sia illuminato dalla “luce” della Pasqua che viviamo con Lui; e così "tutti" possano "rendano gloria a Dio", quella gloria che la morte e il peccato strappano dal loro cuore. "Vedendo" in noi le "nostre opere" di figli di Dio strappati al peccato che vivono già come cittadini celesti capaci di entrare nella sofferenza, contempleranno "nostro Padre che è nei Cieli"; "vedranno" cioè con una "Luce" diversa i fatti di morte che li hanno indotti a contestare l'esistenza e l'amore di Dio, e cominceranno a "rendergli gloria" e a credere in Lui, sperando che anche in loro compia le stesse "opere". Per credere il mondo ha bisogno di vedere il miracolo dei cristiani che possono vivere all'ultimo posto, dove nessuno può resistere: nella solitudine, nella malattia, nel fallimento, nell'apparente insignificanza. Infatti, "non ti lodano gli inferi, né la morte ti canta inni; quanti scendono nella fossa nella tua fedeltà non sperano" (cfr Is 38); ma "il vivente ti rende grazie come io faccio quest'oggi", perché "Tu Signore hai preservato la mia vita dalla fossa della distruzione, e ti sei gettato dietro le spalle tutti i miei peccati" attraverso il battesimo e i sacramenti del tuo amore; in virtù di questi e della Parola, "Dio che disse: Rifulga la luce dalle tenebre, rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo" (2 Cor. 4,6). E' un'immagine battesimale, e per questo i neofiti venivano chiamati "fotomenozoi", ovvero "portatori di luce". Leggendo allora le parole di Gesù in chiave battesimale, comprendiamo come il sale sia il segno della morte di Cristo, mentre la Luce è quello della sua resurrezione, come il Pane e il Vino nell'Eucarestia. Accogliendo con fede questi segni nella Chiesa, partecipiamo al Mistero Pasquale del Signore che ci unisce intimamente ai fratelli, per divenire sacramento di salvezza per il mondo. Non a caso la liturgia cristiana usa il sale: "Ci ha creati sale, affinché non tocchiamo più la morte. Voi siete il sale della terra. A causa di ciò l'uomo non è più terra ma sale. Il serpente non ha il potere di mangiare il sale, perché la morte non ha più potere su di noi. Avendo rivestito il battesimo, la morte non regna più su di noi" (Discorso di Bersabeo). Mangiamo allora anche oggi il sale che ci offre il Signore, restiamo crocifissi con Lui perché il demonio non abbia potere su di noi: "confida in Lui: compirà la sua opera; farà brillare come luce la tua giustizia" (Sal 37); per questo possiamo scioglierci nell'amore per donarci completamente al fratello, e così la "luce" della Pasqua lo raggiunga perché abbia la vita.
Ogni evento e ogni persona costituiscono, infatti, “il lucerniere” sul quale il Signore ci pone perché attraverso di noi il mondo sia illuminato dalla “luce” della Pasqua che viviamo con Lui; e così "tutti" possano "rendano gloria a Dio", quella gloria che la morte e il peccato strappano dal loro cuore. "Vedendo" in noi le "nostre opere" di figli di Dio strappati al peccato che vivono già come cittadini celesti capaci di entrare nella sofferenza, contempleranno "nostro Padre che è nei Cieli"; "vedranno" cioè con una "Luce" diversa i fatti di morte che li hanno indotti a contestare l'esistenza e l'amore di Dio, e cominceranno a "rendergli gloria" e a credere in Lui, sperando che anche in loro compia le stesse "opere". Per credere il mondo ha bisogno di vedere il miracolo dei cristiani che possono vivere all'ultimo posto, dove nessuno può resistere: nella solitudine, nella malattia, nel fallimento, nell'apparente insignificanza. Infatti, "non ti lodano gli inferi, né la morte ti canta inni; quanti scendono nella fossa nella tua fedeltà non sperano" (cfr Is 38); ma "il vivente ti rende grazie come io faccio quest'oggi", perché "Tu Signore hai preservato la mia vita dalla fossa della distruzione, e ti sei gettato dietro le spalle tutti i miei peccati" attraverso il battesimo e i sacramenti del tuo amore; in virtù di questi e della Parola, "Dio che disse: Rifulga la luce dalle tenebre, rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo" (2 Cor. 4,6). E' un'immagine battesimale, e per questo i neofiti venivano chiamati "fotomenozoi", ovvero "portatori di luce". Leggendo allora le parole di Gesù in chiave battesimale, comprendiamo come il sale sia il segno della morte di Cristo, mentre la Luce è quello della sua resurrezione, come il Pane e il Vino nell'Eucarestia. Accogliendo con fede questi segni nella Chiesa, partecipiamo al Mistero Pasquale del Signore che ci unisce intimamente ai fratelli, per divenire sacramento di salvezza per il mondo. Non a caso la liturgia cristiana usa il sale: "Ci ha creati sale, affinché non tocchiamo più la morte. Voi siete il sale della terra. A causa di ciò l'uomo non è più terra ma sale. Il serpente non ha il potere di mangiare il sale, perché la morte non ha più potere su di noi. Avendo rivestito il battesimo, la morte non regna più su di noi" (Discorso di Bersabeo). Mangiamo allora anche oggi il sale che ci offre il Signore, restiamo crocifissi con Lui perché il demonio non abbia potere su di noi: "confida in Lui: compirà la sua opera; farà brillare come luce la tua giustizia" (Sal 37); per questo possiamo scioglierci nell'amore per donarci completamente al fratello, e così la "luce" della Pasqua lo raggiunga perché abbia la vita.
Basta
essere fedeli alla Chiesa nostra Madre, perché in essa si realizza ogni giorno
la profezia annunciata da Giovanni al termine dell'Apocalisse:
"L'angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi
mostrò la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo, da Dio,
risplendente della gloria di Dio. Il suo splendore è simile a quello di una gemma
preziosissima, come pietra di diaspro cristallino... La città non ha bisogno
della luce del sole, né della luce della luna perché la gloria di Dio la
illumina e la sua lampada è l'Agnello. Le nazioni cammineranno alla sua luce e
i re della terra a lei porteranno la loro magnificenza. Le sue porte non si
chiuderanno mai durante il giorno, poiché non vi sarà più notte... E non vi
sarà più maledizione. Il trono di Dio e dell'Agnello sarà in mezzo a lei e i
suoi servi lo adoreranno; vedranno la sua faccia e porteranno il suo nome sulla
fronte. Non vi sarà più notte e non avranno più bisogno di luce di lampada, né
di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà e regneranno nei secoli
dei secoli" (cfr. Ap. 21-22).
UN ALTRO COMMENTO
Siamo nati per essere visti, guardati. Sembra strano ma è così. Se il Signore chiama, si diventa spettacolo per il mondo e per gli angeli. Sì, la nostra vita è come dentro la scena di un “grande fratello”, e tutti, ma proprio tutti, sono lì a guardare. Come duemila anni, il mondo, questo sperduto mondo del Terzo Millennio cerca martiri. Ha fame di testimoni, sono la sua unica speranza. Per questo il loro sangue scorre ininterrottamente da due millenni. La Chiesa “è” solo se “è martire”, testimone e annunciatrice dell’amore di Dio, dell’infinita sua misericordia. La nostra vita non può essere altro che un martirio, ogni ora, ogni istante. Neanche un mal di denti, un sorriso, un’arrabbiatura può restare nascosta. Tutto in onda. Tutto in diretta. Non stop. Sino al giorno in cui il Padre non staccherà la spina per farci suoi in eterno. Ma che bella la nostra vita, è meraviglioso perderla per amore, perché il mondo creda. Ogni istante è prezioso, un fotogramma dell’amore di Dio donato al mondo intero. Tutto è santo, tutto di noi è suo, perché lui divenga tutto per tutti. Per questo il Signore oggi ci mette in guardia dall'unico vero pericolo che corriamo: quello di perdere il sapore. Il solo fatto di essere al mondo è un segno. Non dobbiamo preoccuparci di fare chissà quali cose. E così anche i missionari, non si tratta di cose straordinarie. E' una questione di sale, di essere sale che sala. Il sale è la capacità di soffrire, il segno dell'Alleanza. Il sale mostra una fede adulta, che non fugge davanti alla croce, che ha pazienza nelle sofferenze, che ne intuisce il senso, che vede, trasfigurata nella morte, la risurrezione e la vita. Essere sale e luce non è allora altro che essere crocifissi con Cristo, laddove siamo. L'alternativa è lo scandalo dei piccoli, diventare inciampo a chi ancora non crede, ai deboli, a chi muove i primi passi sul cammino della fede. Le parole di Gesù sono una sintesi di ecclesiologia, di morale, di liturgia, di storia. E, prima di tutto, una sintesi di cristologia: ci indicano infatti la luce e il sale del mondo, Lui, Cristo. E' Lui che si è sciolto nella morte di ogni uomo, anche nella nostra, che ne è divenuto partecipe, senza ribellarsi, per fare di ogni acqua ribollente di morte, il seno benedetto dove è gestata la vita. E' Lui che, innalzato sul Golgota, ha attirato ogni uomo nella sua luce di misericordia. E' a Lui che dobbiamo guardare allora, ogni istante. E' a Lui che dobbiamo stringerci, sino a lasciarci trasformare nel sale che Lui è stato. Sino a che sia Lui a vivere in noi. La storia di ogni giorno provvede a limare, potare, tagliare quanto in noi sia di ostacolo a Lui. Per questo, proprio nelle debolezze, nelle difficoltà, nei fallimenti si adempie in noi la missione per la quale siamo nati. Proprio quando siamo nulla esplode in noi la potenza di Dio. Non disprezziamo allora nulla delle nostre sofferenze, delle angoscie, dei fallimenti. E' in quei momenti che siamo sale, e luce e lievito. Lo siamo perchè siamo quello che siamo. Nessun moralismo, nessun impegno, nessuno sforzo, solo un'instancabile abbandono all'amore di Dio. Camminando nella Chiesa per crescere e nutrire la fede. E che sia Lui ad operare in noi e accendere, tra le nostre ferite, la luce per il mondo. E' questa la nostra vita, come la vita della Chiesa. Ogni istante, anche il più nascosto, è così un'opera buona, bella di Dio in noi, perchè gli uomini, guardandoci, possano rendere gloria a Dio; perchè le bestemmie contro il Nome di Dio pronunciate da tutti di fronte alla morte, siano trasformate in benedizione. Forse la maggior parte delle persone che ci guarderanno resteranno con un abbozzo di speranza nel cuore, un seme di Grazia che darà frutto a suo tempo. Non entreranno nella Chiesa, continueranno quasi come prima. Quasi. Quell'incontro con Cristo incarnato nella Chiesa, in una comunità adulta i cui membri si amano di un amore celeste ma visibile, cambia la vita, ad un livello molto profondo. Anche se apparentemente non cambia nulla. L'incontro con un malato in una corsia di ospedale, sereno, anche con un cancro terminale; l'incontro con una mamma che, senza dir parola, fa la spesa con tre, quattro, sette bambini; l'incontro con un collega che fa sempre il lavoro che nessuno vuol fare; l'incontro con un volto radioso, splendente dell'amore di Dio, rompe, misteriosamente, la barriera posta a difesa delle proprie convinzioni. L'incontro con la Chiesa e con i cristiani, è come un santo tarlo che si conficca nel cuore. E' una luce che si insinua nei recessi più remoti dell'anima, è il sale sparso su una vita che perduto il senso. E vedere scricchiolare le proprie certezze è già rendere gloria a Dio, a un Altro che forse potrebbe esistere, che potrebbe colmare il vuoto, e dare sapore a un'esistenza sciapa. Luce e sale del mondo, non vi è missione più grande. E Dio ha eletto noi per portarla a compimento. Anche oggi. Anche ora.
QUI GLI APPROFONDIMENTI
San Giovanni Crisostomo (verso il 345-407), vescovo di Antiochia poi di Costantinopoli, dottore della Chiesa
Commento al vangelo di Matteo, n° 15
Il sale della terra
«Voi siete il sale della terra» dice il Salvatore; mostra loro così quanto siano necessari tutti i precetti che ha appena enunciato: «La mia parola, dice loro, non sarà solo per la vostra vita; vi è affidata proprio per il mondo intero. Non vi mando a due città, in dieci o in venti, né a un solo popolo, come un tempo ho mandato i profeti. Vi mando alla terra intera, al mare, a tutta la creazione (Mc 16,15), dovunque abbonda il male.
Infatti, dicendo «siete il sale della terra», indica loro che tutta la natura umana corrotta dal peccato è diventata insipida; per mezzo del loro ministero, la grazia dello Spirito Santo rigenererà e conserverà il mondo. Per questo insegna loro le virtù delle Beatitudini, quelle che sono le più necessarie, le più efficaci per coloro che hanno la responsabilità della moltitudine. Chi è mite, umile, misericordioso, giusto, non rinchiude in se stesso le buone opere che ha compiute. Ha cura invece che queste belle sorgenti zampillino anche per il bene degli altri. Chi ha il cuore puro, chi è operatore di pace, chi soffre la persecuzione per la verità, ecco la persona che consacra la vita al bene di tutti.
Benedetto XVI. "Quando i Cristiani sono veramente lievito,luce e sale della terra,diventano,come Gesù,oggetto di persecuzioni; come Lui sono segno di contraddizione"
7 aprile 2008
In questo luogo carico di memorie ci chiediamo: perché questi nostri fratelli martiri non hanno cercato di salvare a tutti i costi il bene insostituibile della vita? Perché hanno continuato a servire la Chiesa, nonostante gravi minacce e intimidazioni?
In questa basilica, dove sono custodite le reliquie dell’apostolo Bartolomeo e dove si venerano le spoglie di S. Adalberto, sentiamo risuonare l’eloquente testimonianza di quanti, non soltanto lungo il 900, ma dagli inizi della Chiesa vivendo l’amore hanno offerto nel martirio la loro vita a Cristo.
Nell’icona posta sull’altare maggiore, che rappresenta alcuni di questi testimoni della fede, campeggiano le parole dell’Apocalisse: "Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione" (Ap 7,13).
Al vegliardo che chiede chi siano e donde vengano coloro che sono vestiti di bianco, viene risposto che sono quanti "hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello" (Ap 7,14). E’ una risposta a prima vista strana.
Ma nel linguaggio cifrato del Veggente di Patmos ciò contiene un riferimento preciso alla candida fiamma dell’amore, che ha spinto Cristo a versare il suo sangue per noi. In virtù di quel sangue, siamo stati purificati. Sorretti da quella fiamma anche i martiri hanno versato il loro sangue e si sono purificati nell’amore: nell’amore di Cristo che li ha resi capaci di sacrificarsi a loro volta per amore. Gesù ha detto: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Gv 15,13).
Ogni testimone della fede vive questo amore "più grande" e, sull’esempio del divino Maestro, è pronto a sacrificare la vita per il Regno. In questo modo si diventa amici di Cristo; così ci si conforma a Lui, accettando il sacrificio fino all’estremo, senza porre limiti al dono dell’amore e al servizio della fede.
Facendo sosta presso i sei altari, che ricordano i cristiani caduti sotto la violenza totalitaria del comunismo, del nazismo, quelli uccisi in America, in Asia e Oceania, in Spagna e Messico, in Africa, ripercorriamo idealmente molte dolorose vicende del secolo passato. Tanti sono caduti mentre compivano la missione evangelizzatrice della Chiesa: il loro sangue si è mescolato con quello di cristiani autoctoni a cui era stata comunicata la fede.
Altri, spesso in condizione di minoranza, sono stati uccisi in odio alla fede. Infine non pochi si sono immolati per non abbandonare i bisognosi, i poveri, i fedeli loro affidati, non temendo minacce e pericoli. Sono Vescovi, sacerdoti, religiose e religiosi, fedeli laici. Sono tanti! Il Servo di Dio Giovanni Paolo II, nella celebrazione ecumenica giubilare per i nuovi martiri, tenutasi il 7 maggio del 2000 presso il Colosseo, ebbe a dire che questi nostri fratelli e sorelle nella fede costituiscono come un grande affresco dell’umanità cristiana del ventesimo secolo, un affresco delle Beatitudini, vissuto sino allo spargimento di sangue. Ed era solito ripetere che la testimonianza di Cristo sino all’effusione del sangue parla con voce più forte delle divisioni del passato.
E’ vero: apparentemente sembra che la violenza, i totalitarismi, la persecuzione, la brutalità cieca si rivelino più forti, mettendo a tacere la voce dei testimoni della fede, che possono umanamente apparire come sconfitti della storia. Ma Gesù risorto illumina la loro testimonianza e comprendiamo così il senso del martirio.
Afferma in proposito Tertulliano: "Plures efficimur quoties metimur a vobis: sanguis martyrum semen christianorum – Noi ci moltiplichiamo ogni volta che siamo mietuti da voi: il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani" (Apol., 50,13: CCL 1,171). Nella sconfitta, nell’umiliazione di quanti soffrono a causa del Vangelo, agisce una forza che il mondo non conosce: "Quando sono debole – esclama l’apostolo Paolo -, è allora che sono forte" (2 Cor 12,10).
E’ la forza dell’amore, inerme e vittorioso anche nell’apparente sconfitta. E’ la forza che sfida e vince la morte.
Anche questo XXI secolo si è aperto nel segno del martirio. Quando i cristiani sono veramente lievito, luce e sale della terra, diventano anche loro, come avvenne per Gesù, oggetto di persecuzioni; come Lui sono "segno di contraddizione".
J. Ratzinger, Le minoranze creative luce del mondo.
Non possiamo accettare tranquillamente che il resto dell'umanità precipiti nel paganesimo di ritorno, dobbiamo trovare la strada per portare il Vangelo anche ai non credenti. Esistono già dei modelli. Il neocatecumenato possiede un proprio modello, altre comunità intraprendono altri tentativi. La Chiesa deve ricorrere a tutta la sua creatività per far sì che non si spenga la forza viva del Vangelo. Per plasmare le masse, pervaderle del suo messaggio e agire in loro come il lievito. Proprio come disse Gesù allora a una comunità molto piccola, quella degli Apostoli: siate lievito e sale della terra. La definizione di «lievito» presuppone la dimensione molto piccola da un lato, ma anche l'universalità della responsabilità.Chiesa di massa o Chiesa minoritaria?
Domanda. Eminenza, molti anni fa Lei si espresse in termini profetici sulla Chiesa del futuro: la Chiesa, diceva allora, «si ridurrà di dimensioni, bisognerà ricominciare da capo. Ma da questa prova uscirà una Chiesa che avrà tratto una grande forza dal processo di semplificazione che avrà attraversato, dalla rinnovata capacità di guardare dentro di sè. Perchè gli abitanti di un mondo rigorosamente pianificato si sentiranno indicibilmente soli... E riscopriranno la piccola comunità dei credenti come qualcosa di completamente nuovo. Come una speranza che li riguarda,come una risposta che hanno sempre segretamente cercato». Pare proprio che abbia avuto ragione. Ma qual è la prospettiva che ci attende in Europa?
Risposta. Per incominciare: la Chiesa si ridurrà numericamente? Quando ho fatto questa affermazione, mi sono piovuti da tutte le parti rimproveri di pessimismo. E oggi tutti i divieti paiono caduti in disuso, tranne quello riguardante ciò che viene chiamato pessimismo e che spesso non è altro che sano realismo. Nel frattempo i più ammettono la diminuzione della percentuale di cristiani battezzati nell'Europa di oggi. In una città come Magdeburgo la percentuale dei cristiani è solo dell'8% della popolazione complessiva, comprendendo - si badi bene - tutte le confessioni cristiane. I dati statistici mostrano tendenze inconfutabili. In questo senso si riduce la possibilità di identificazione tra popolo e Chiesa in determinate aree culturali, ad esempio da noi. Dobbiamo semplicemente prenderne atto.
Domanda. Che cosa significa?
Risposta. La Chiesa di massa può essere qualcosa di molto bello, ma non è necessariamente l'unica modalità di essere della Chiesa. La Chiesa dei primi tre secoli era una Chiesa piccola senza per questo essere una comunità settaria. Al contrario, non era chiusa in se stessa, ma sentiva di avere una responsabilità nei confronti dei poveri, dei malati, di tutti. Nel suo grembo trovavano posto tutti coloro che da una fede monoteista traevano alimento nella loro ricerca di una promessa. Già le sinagoghe, le comunità ebraiche presenti nelle città dell'Impero Romano avevano costituito una cerchia di simpatizzanti esterni, i cosiddetti timorati di Dio, che si erano avvicinati alla fede ebraica e che ne testimoniavano la grande apertura all'esterno. Il catecumenato della Chiesa antica aveva una funzione simile. Persone che non si sentivano ancora pronte a un'identificazione totale con la Chiesa, potevano in un certa misura avvicinarvisi per poi valutare se compiere il passo definitivo. Questa consapevolezza di non essere un club chiuso ma di essere sempre aperti alla comunità nel suo complesso è sempre stata una componente ineliminabile nella Chiesa. E anche al processo di riduzione numerica che stiamo vivendo oggi dovremo far fronte proprio esplorando nuove forme di apertura all'esterno, nuove modalità di coinvolgimento parziale di coloro che sono al di fuori della comunità dei credenti.Non ho niente in contrario a che persone che durante l'anno non hanno mai messo piede in chiesa vadano alla Messa della notte di Natale o a San Silvestro o in occasione di altre festività perchè anche questa è una forma di avvicinamento alla benedizione del sacro, alla sua luce. Ci devono quindi essere forme diverse di coinvolgimento e partecipazione, la Chiesa deve aprirsi interiormente a coloro che stanno ai margini delle sue comunità.
Domanda. Ma la Chiesa di massa non è la più alta conquista della civiltà religiosa? Non è forse la Chiesa davvero universale, accessibile a tutti, la Chiesa che con i suoi mille rami offre un tetto ad ogni uomo? La Chiesa può davvero rinunciare all' aspirazione a essere una Chiesa di massa e quindi la Chiesa della maggioranza? Questa è una conquista che è pur sempre costata immani sforzi e sacrifici.
Risposta. Dobbiamo prendere atto dell'assottigliarsi delle nostre fila, ma dobbiamo parimenti rimanere una Chiesa aperta. La Chiesa non può essere un gruppo chiuso, autosufficiente. Dobbiamo essere missionari innanzi tutto nel senso di riproporre alla società quei valori che dovrebbero informare di sè la sua coscienza, valori che sono le fondamenta della forma statuale che la società stessa si è data, e che sono alla base della possibilità di costituire una comunità sociale davvero umana.In questo senso il dibattito su ciò che fu una volta la Chiesa di massa - e che in alcuni Paesi continuerà ad essere, e in altri ancora diventerà per la prima volta - proseguirà sicuramente. La Chiesa continuerà a esprimere il suo punto di visto nell'ambito del processo di produzione legislativa e a riproporre i grandi valori umani universali quali stelle polari nel processo di costruzione di un corpo sociale umano. Perchè, se il diritto non ha più fondamenta morali condivise, decade anche in quanto diritto.Da questo punto di vista la Chiesa ha una responsabilità universale. Responsabilità missionaria significa appunto, come dice il papa, tentare davvero una nuova evangelizzazione. Non possiamo accettare tranquillamente che il resto dell'umanità precipiti nel paganesimo di ritorno, dobbiamo trovare la strada per portare il Vangelo anche ai non credenti. Esistono già dei modelli. Il neocatecumenato possiede un proprio modello, altre comunità intraprendono altri tentativi. La Chiesa deve ricorrere a tutta la sua creatività per far sì che non si spenga la forza viva del Vangelo. Per plasmare le masse, pervaderle del suo messaggio e agire in loro come il lievito. Proprio come disse Gesù allora a una comunità molto piccola, quella degli Apostoli: siate lievito e sale della terra. La definizione di «lievito» presuppone la dimensione molto piccola da un lato, ma anche l'universalità della responsabilità.
Tratto da: J. Ratzinger, “Dio e il mondo”, ed. Paoline, 2001, Pag. 403-406
Concilio Vaticano II Decreto sull’attività missionaria della Chiesa (Ad Gentes), 35-36
« Voi siete il sale della terra … Voi siete la luce del mondo »
Essendo la Chiesa tutta missionaria, ed essendo l'opera evangelizzatrice dovere fondamentale del popolo di Dio, il sacro Concilio invita tutti i fedeli ad un profondo rinnovamento interiore, affinché, avendo una viva coscienza della propria responsabilità in ordine alla diffusione del Vangelo, prendano la loro parte nell'opera missionaria . Tutti i fedeli, quali membra del Cristo vivente, a cui sono stati incorporati ed assimilati mediante il battesimo, la cresima e l'eucaristia, hanno lo stretto obbligo di cooperare all'espansione e alla dilatazione del suo corpo, sì da portarlo il più presto possibile alla sua pienezza (Ef 4,13). Pertanto tutti i figli della Chiesa devono avere la viva coscienza della loro responsabilità di fronte al mondo, devono coltivare in se stessi uno spirito veramente cattolico e devono spendere le loro forze nell'opera di evangelizzazione. Ma tutti sappiano che il primo e principale loro dovere in ordine alla diffusione della fede è quello di vivere una vita profondamente cristiana. Sarà appunto il loro fervore nel servizio di Dio, il loro amore verso il prossimo ad immettere come un soffio nuovo di spiritualità in tutta quanta la Chiesa, che apparirà allora come « un segno levato sulle nazioni » (Is 11,12), come « la luce del mondo» e «il sale della terra». Una tale testimonianza di vita raggiungerà più facilmente il suo effetto se verrà data insieme con gli altri gruppi cristiani, secondo le norme contenute nel decreto relativo all'ecumenismo.
Giovanni Paolo II. "Voi siete il sale della terra...Voi siete la luce del mondo"
Messaggio per Toronto 2002
Carissimi giovani!
Nella mia memoria resta vivo il ricordo dei momenti straordinari che abbiamo vissuto insieme a Roma, durante il Giubileo dell'Anno 2000, allorchè siete venuti in pellegrinaggio presso le tombe degli Apostoli Pietro e Paolo. In lunghe file silenziose avete varcato la Porta Santa e vi siete preparati a ricevere il sacramento della Riconciliazione; nella veglia serale e nella Messa del mattino a Tor Vergata avete poi vissuto un'esperienza spirituale ed ecclesiale intensa; rafforzati nella fede, avete fatto ritorno a casa con la missione che vi ho affidato: divenire, in quest'aurora del nuovo millennio, testimoni coraggiosi del Vangelo.
"Voi siete il sale della terra... voi siete la luce del mondo" (Mt 5,13-14): questo è il tema che ho scelto per la prossima Giornata Mondiale della Gioventù. Le due immagini del sale e della luce utilizzate da Gesù sono complementari e ricche di senso. Nell'antichità, infatti, sale e luce erano ritenuti elementi essenziali della vita umana."Voi siete il sale della terra...". Una delle funzioni primarie del sale, come ben si sa, è quella di condire, di dare gusto e sapore agli alimenti. Quest'immagine ci ricorda che, mediante il battesimo, tutto il nostro essere è stato profondamente trasformato, perchè "condito" con la vita nuova che viene da Cristo (cfr Rm 6,4). Il sale, grazie al quale l'identità cristiana non si snatura, anche in un ambiente fortemente secolarizzato, è la grazia battesimale che ci ha rigenerati, facendoci vivere in Cristo e rendendoci capaci di rispondere alla sua chiamata ad "offrire i [nostri] corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio" (Rm 12,1). Scrivendo ai cristiani di Roma, san Paolo li esorta ad evidenziare chiaramente il loro modo diverso di vivere e di pensare rispetto ai contemporanei: "Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto" (Rm 12,2).
Per lungo tempo il sale è stato anche il mezzo abitualmente usato per conservare gli alimenti. Come sale della terra, siete chiamati a conservare la fede che avete ricevuto e a trasmetterla intatta agli altri. La vostra generazione è posta con particolare forza di fronte alla sfida di mantenere integro il deposito della fede (cfr 2 Ts 2,15; 1 Tm 6,20; 2 Tm 1,14).
Scoprite le vostre radici cristiane, imparate la storia della Chiesa, approfondite la conoscenza dell'eredità spirituale che vi è stata trasmessa, seguite i testimoni e i maestri che vi hanno preceduto! Solo restando fedeli ai comandamenti di Dio, all'Alleanza che Cristo ha suggellato con il suo sangue versato sulla Croce, potrete essere gli apostoli ed i testimoni del nuovo millennio.
È proprio della condizione umana e, in particolar modo, della gioventù, cercare l'Assoluto, il senso e la pienezza dell'esistenza. Cari giovani, nulla vi accontenti che stia al di sotto dei più alti ideali! Non lasciatevi scoraggiare da coloro che, delusi dalla vita, sono diventati sordi ai desideri più profondi e più autentici del loro cuore. Avete ragione di non rassegnarvi a divertimenti insipidi, a mode passeggere ed a progetti riduttivi. Se conservate grandi desideri per il Signore, saprete evitare la mediocrità e il conformismo, così diffusi nella nostra società.
"Voi siete la luce del mondo...". Per quanti da principio ascoltarono Gesù, come anche per noi, il simbolo della luce evoca il desiderio di verità e la sete di giungere alla pienezza della conoscenza, impressi nell'intimo di ogni essere umano.
Quando la luce va scemando o scompare del tutto, non si riesce più a distinguere la realtà circostante. Nel cuore della notte ci si può sentire intimoriti ed insicuri, e si attende allora con impazienza l'arrivo della luce dell'aurora. Cari giovani, tocca a voi essere le sentinelle del mattino (cfr Is 21, 11-12) che annunciano l'avvento del sole che è Cristo risorto!
La luce di cui Gesù ci parla nel Vangelo è quella della fede, dono gratuito di Dio, che viene a illuminare il cuore e a rischiarare l'intelligenza: "Dio che disse: «Rifulga la luce dalle tenebre», rifulse anche nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo" (2 Cor 4,6). Ecco perchè le parole di Gesù assumono uno straordinario rilievo allorché spiega la sua identità e la sua missione: "Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita" (Gv 8,12).
L'incontro personale con Cristo illumina di luce nuova la vita, ci incammina sulla buona strada e ci impegna ad essere suoi testimoni. Il nuovo modo, che da Lui ci viene, di guardare al mondo e alle persone ci fa penetrare più profondamente nel mistero della fede, che non è solo un insieme di enunciati teorici da accogliere e ratificare con l'intelligenza, ma un'esperienza da assimilare, una verità da vivere, il sale e la luce di tutta la realtà (cfr Veritatis splendor, 88).
Nel contesto attuale di secolarizzazione, in cui molti dei nostri contemporanei pensano e vivono come se Dio non esistesse o sono attratti da forme di religiosità irrazionali, è necessario che proprio voi, cari giovani, riaffermiate che la fede è una decisione personale che impegna tutta l'esistenza. Il Vangelo sia il grande criterio che guida le scelte e gli orientamenti della vostra vita! Diventerete così missionari con i gesti e le parole e, dovunque lavoriate e viviate, sarete segni dell'amore di Dio, testimoni credibili della presenza amorosa di Cristo. Non dimenticate: "Non si accende una lucerna per metterla sotto il moggio" (Mt 5,15)!
Come il sale dà sapore al cibo e la luce illumina le tenebre, così la santità dà senso pieno alla vita, rendendola riflesso della gloria di Dio. Quanti santi, anche tra i giovani, annovera la storia della Chiesa! Nel loro amore per Dio hanno fatto risplendere le proprie virtù eroiche al cospetto del mondo, diventando modelli di vita che la Chiesa ha additato all'imitazione di tutti. Tra i molti basti ricordare: Agnese di Roma, Andreas di Phè Yên, Pedro Calungsod, Giuseppina Bakhita, Teresa di Lisieux, Pier Giorgio Frassati, Marcel Callo, Francisco Castellè Aleu o ancora Kateri Tekakwitha, la giovane irochese detta "il giglio dei Mohawks". Prego il Dio tre volte Santo che, per l'intercessione di questa folla immensa di testimoni, vi renda santi, cari giovani, i santi del terzo millennio!
Vi rivolgo uno speciale invito a leggere e ad approfondire la Lettera apostolica Novo millennio ineunte, che ho scritto all'inizio dell'anno per accompagnare i battezzati in questa nuova tappa della vita della Chiesa e degli uomini: "Un nuovo secolo, un nuovo millennio si aprono alla luce di Cristo. Non tutti però vedono questa luce. Noi abbiamo il compito stupendo di esserne il «riflesso»" (n. 54).
Sì, è l'ora della missione! Nelle vostre diocesi e nelle vostre parrocchie, nei vostri movimenti, associazioni e comunità il Cristo vi chiama, la Chiesa vi accoglie come casa e scuola di comunione e di preghiera. Approfondite lo studio della Parola di Dio e lasciate che essa illumini la vostra mente ed il vostro cuore. Traete forza dalla grazia sacramentale della Riconciliazione e dell'Eucarestia. Frequentate il Signore in quel «cuore a cuore» che è l'adorazione eucaristica. Giorno dopo giorno, riceverete nuovo slancio che vi consentirà di confortare coloro che soffrono e di portare la pace al mondo. Sono tante le persone ferite dalla vita, escluse dallo sviluppo economico, senza un tetto, una famiglia o un lavoro; molte si perdono dietro false illusioni o hanno smarrito ogni speranza. Contemplando la luce che risplende sul volto di Cristo risorto, imparate a vostra volta a vivere come "figli della luce e figli del giorno" (1 Ts 5,5), manifestando a tutti che "il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità" (Ef 5,9).
Venite a far risuonare nelle grandi arterie di Toronto l'annuncio gioioso di Cristo che ama tutti gli uomini e porta a compimento ogni segno di bene, di bellezza e di verità presente nella città umana. Venite a dire davanti al mondo la vostra gioia di aver incontrato Cristo Gesù, il vostro desiderio di conoscerlo sempre meglio, il vostro impegno di annunciarne il Vangelo di salvezza fino agli estremi confini della terra!
Commento al vangelo di Matteo, n° 15
«Voi siete il sale della terra» dice il Salvatore; mostra loro così quanto siano necessari tutti i precetti che ha appena enunciato: «La mia parola, dice loro, non sarà solo per la vostra vita; vi è affidata proprio per il mondo intero. Non vi mando a due città, in dieci o in venti, né a un solo popolo, come un tempo ho mandato i profeti. Vi mando alla terra intera, al mare, a tutta la creazione (Mc 16,15), dovunque abbonda il male.
Infatti, dicendo «siete il sale della terra», indica loro che tutta la natura umana corrotta dal peccato è diventata insipida; per mezzo del loro ministero, la grazia dello Spirito Santo rigenererà e conserverà il mondo. Per questo insegna loro le virtù delle Beatitudini, quelle che sono le più necessarie, le più efficaci per coloro che hanno la responsabilità della moltitudine. Chi è mite, umile, misericordioso, giusto, non rinchiude in se stesso le buone opere che ha compiute. Ha cura invece che queste belle sorgenti zampillino anche per il bene degli altri. Chi ha il cuore puro, chi è operatore di pace, chi soffre la persecuzione per la verità, ecco la persona che consacra la vita al bene di tutti.
Benedetto XVI. "Quando i Cristiani sono veramente lievito,luce e sale della terra,diventano,come Gesù,oggetto di persecuzioni; come Lui sono segno di contraddizione"
7 aprile 2008
In questo luogo carico di memorie ci chiediamo: perché questi nostri fratelli martiri non hanno cercato di salvare a tutti i costi il bene insostituibile della vita? Perché hanno continuato a servire la Chiesa, nonostante gravi minacce e intimidazioni?
In questa basilica, dove sono custodite le reliquie dell’apostolo Bartolomeo e dove si venerano le spoglie di S. Adalberto, sentiamo risuonare l’eloquente testimonianza di quanti, non soltanto lungo il 900, ma dagli inizi della Chiesa vivendo l’amore hanno offerto nel martirio la loro vita a Cristo.
Nell’icona posta sull’altare maggiore, che rappresenta alcuni di questi testimoni della fede, campeggiano le parole dell’Apocalisse: "Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione" (Ap 7,13).
Al vegliardo che chiede chi siano e donde vengano coloro che sono vestiti di bianco, viene risposto che sono quanti "hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello" (Ap 7,14). E’ una risposta a prima vista strana.
Ma nel linguaggio cifrato del Veggente di Patmos ciò contiene un riferimento preciso alla candida fiamma dell’amore, che ha spinto Cristo a versare il suo sangue per noi. In virtù di quel sangue, siamo stati purificati. Sorretti da quella fiamma anche i martiri hanno versato il loro sangue e si sono purificati nell’amore: nell’amore di Cristo che li ha resi capaci di sacrificarsi a loro volta per amore. Gesù ha detto: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Gv 15,13).
Ogni testimone della fede vive questo amore "più grande" e, sull’esempio del divino Maestro, è pronto a sacrificare la vita per il Regno. In questo modo si diventa amici di Cristo; così ci si conforma a Lui, accettando il sacrificio fino all’estremo, senza porre limiti al dono dell’amore e al servizio della fede.
Facendo sosta presso i sei altari, che ricordano i cristiani caduti sotto la violenza totalitaria del comunismo, del nazismo, quelli uccisi in America, in Asia e Oceania, in Spagna e Messico, in Africa, ripercorriamo idealmente molte dolorose vicende del secolo passato. Tanti sono caduti mentre compivano la missione evangelizzatrice della Chiesa: il loro sangue si è mescolato con quello di cristiani autoctoni a cui era stata comunicata la fede.
Altri, spesso in condizione di minoranza, sono stati uccisi in odio alla fede. Infine non pochi si sono immolati per non abbandonare i bisognosi, i poveri, i fedeli loro affidati, non temendo minacce e pericoli. Sono Vescovi, sacerdoti, religiose e religiosi, fedeli laici. Sono tanti! Il Servo di Dio Giovanni Paolo II, nella celebrazione ecumenica giubilare per i nuovi martiri, tenutasi il 7 maggio del 2000 presso il Colosseo, ebbe a dire che questi nostri fratelli e sorelle nella fede costituiscono come un grande affresco dell’umanità cristiana del ventesimo secolo, un affresco delle Beatitudini, vissuto sino allo spargimento di sangue. Ed era solito ripetere che la testimonianza di Cristo sino all’effusione del sangue parla con voce più forte delle divisioni del passato.
E’ vero: apparentemente sembra che la violenza, i totalitarismi, la persecuzione, la brutalità cieca si rivelino più forti, mettendo a tacere la voce dei testimoni della fede, che possono umanamente apparire come sconfitti della storia. Ma Gesù risorto illumina la loro testimonianza e comprendiamo così il senso del martirio.
Afferma in proposito Tertulliano: "Plures efficimur quoties metimur a vobis: sanguis martyrum semen christianorum – Noi ci moltiplichiamo ogni volta che siamo mietuti da voi: il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani" (Apol., 50,13: CCL 1,171). Nella sconfitta, nell’umiliazione di quanti soffrono a causa del Vangelo, agisce una forza che il mondo non conosce: "Quando sono debole – esclama l’apostolo Paolo -, è allora che sono forte" (2 Cor 12,10).
E’ la forza dell’amore, inerme e vittorioso anche nell’apparente sconfitta. E’ la forza che sfida e vince la morte.
Anche questo XXI secolo si è aperto nel segno del martirio. Quando i cristiani sono veramente lievito, luce e sale della terra, diventano anche loro, come avvenne per Gesù, oggetto di persecuzioni; come Lui sono "segno di contraddizione".
J. Ratzinger, Le minoranze creative luce del mondo.
Non possiamo accettare tranquillamente che il resto dell'umanità precipiti nel paganesimo di ritorno, dobbiamo trovare la strada per portare il Vangelo anche ai non credenti. Esistono già dei modelli. Il neocatecumenato possiede un proprio modello, altre comunità intraprendono altri tentativi. La Chiesa deve ricorrere a tutta la sua creatività per far sì che non si spenga la forza viva del Vangelo. Per plasmare le masse, pervaderle del suo messaggio e agire in loro come il lievito. Proprio come disse Gesù allora a una comunità molto piccola, quella degli Apostoli: siate lievito e sale della terra. La definizione di «lievito» presuppone la dimensione molto piccola da un lato, ma anche l'universalità della responsabilità.Chiesa di massa o Chiesa minoritaria?
Domanda. Eminenza, molti anni fa Lei si espresse in termini profetici sulla Chiesa del futuro: la Chiesa, diceva allora, «si ridurrà di dimensioni, bisognerà ricominciare da capo. Ma da questa prova uscirà una Chiesa che avrà tratto una grande forza dal processo di semplificazione che avrà attraversato, dalla rinnovata capacità di guardare dentro di sè. Perchè gli abitanti di un mondo rigorosamente pianificato si sentiranno indicibilmente soli... E riscopriranno la piccola comunità dei credenti come qualcosa di completamente nuovo. Come una speranza che li riguarda,come una risposta che hanno sempre segretamente cercato». Pare proprio che abbia avuto ragione. Ma qual è la prospettiva che ci attende in Europa?
Risposta. Per incominciare: la Chiesa si ridurrà numericamente? Quando ho fatto questa affermazione, mi sono piovuti da tutte le parti rimproveri di pessimismo. E oggi tutti i divieti paiono caduti in disuso, tranne quello riguardante ciò che viene chiamato pessimismo e che spesso non è altro che sano realismo. Nel frattempo i più ammettono la diminuzione della percentuale di cristiani battezzati nell'Europa di oggi. In una città come Magdeburgo la percentuale dei cristiani è solo dell'8% della popolazione complessiva, comprendendo - si badi bene - tutte le confessioni cristiane. I dati statistici mostrano tendenze inconfutabili. In questo senso si riduce la possibilità di identificazione tra popolo e Chiesa in determinate aree culturali, ad esempio da noi. Dobbiamo semplicemente prenderne atto.
Domanda. Che cosa significa?
Risposta. La Chiesa di massa può essere qualcosa di molto bello, ma non è necessariamente l'unica modalità di essere della Chiesa. La Chiesa dei primi tre secoli era una Chiesa piccola senza per questo essere una comunità settaria. Al contrario, non era chiusa in se stessa, ma sentiva di avere una responsabilità nei confronti dei poveri, dei malati, di tutti. Nel suo grembo trovavano posto tutti coloro che da una fede monoteista traevano alimento nella loro ricerca di una promessa. Già le sinagoghe, le comunità ebraiche presenti nelle città dell'Impero Romano avevano costituito una cerchia di simpatizzanti esterni, i cosiddetti timorati di Dio, che si erano avvicinati alla fede ebraica e che ne testimoniavano la grande apertura all'esterno. Il catecumenato della Chiesa antica aveva una funzione simile. Persone che non si sentivano ancora pronte a un'identificazione totale con la Chiesa, potevano in un certa misura avvicinarvisi per poi valutare se compiere il passo definitivo. Questa consapevolezza di non essere un club chiuso ma di essere sempre aperti alla comunità nel suo complesso è sempre stata una componente ineliminabile nella Chiesa. E anche al processo di riduzione numerica che stiamo vivendo oggi dovremo far fronte proprio esplorando nuove forme di apertura all'esterno, nuove modalità di coinvolgimento parziale di coloro che sono al di fuori della comunità dei credenti.Non ho niente in contrario a che persone che durante l'anno non hanno mai messo piede in chiesa vadano alla Messa della notte di Natale o a San Silvestro o in occasione di altre festività perchè anche questa è una forma di avvicinamento alla benedizione del sacro, alla sua luce. Ci devono quindi essere forme diverse di coinvolgimento e partecipazione, la Chiesa deve aprirsi interiormente a coloro che stanno ai margini delle sue comunità.
Domanda. Ma la Chiesa di massa non è la più alta conquista della civiltà religiosa? Non è forse la Chiesa davvero universale, accessibile a tutti, la Chiesa che con i suoi mille rami offre un tetto ad ogni uomo? La Chiesa può davvero rinunciare all' aspirazione a essere una Chiesa di massa e quindi la Chiesa della maggioranza? Questa è una conquista che è pur sempre costata immani sforzi e sacrifici.
Risposta. Dobbiamo prendere atto dell'assottigliarsi delle nostre fila, ma dobbiamo parimenti rimanere una Chiesa aperta. La Chiesa non può essere un gruppo chiuso, autosufficiente. Dobbiamo essere missionari innanzi tutto nel senso di riproporre alla società quei valori che dovrebbero informare di sè la sua coscienza, valori che sono le fondamenta della forma statuale che la società stessa si è data, e che sono alla base della possibilità di costituire una comunità sociale davvero umana.In questo senso il dibattito su ciò che fu una volta la Chiesa di massa - e che in alcuni Paesi continuerà ad essere, e in altri ancora diventerà per la prima volta - proseguirà sicuramente. La Chiesa continuerà a esprimere il suo punto di visto nell'ambito del processo di produzione legislativa e a riproporre i grandi valori umani universali quali stelle polari nel processo di costruzione di un corpo sociale umano. Perchè, se il diritto non ha più fondamenta morali condivise, decade anche in quanto diritto.Da questo punto di vista la Chiesa ha una responsabilità universale. Responsabilità missionaria significa appunto, come dice il papa, tentare davvero una nuova evangelizzazione. Non possiamo accettare tranquillamente che il resto dell'umanità precipiti nel paganesimo di ritorno, dobbiamo trovare la strada per portare il Vangelo anche ai non credenti. Esistono già dei modelli. Il neocatecumenato possiede un proprio modello, altre comunità intraprendono altri tentativi. La Chiesa deve ricorrere a tutta la sua creatività per far sì che non si spenga la forza viva del Vangelo. Per plasmare le masse, pervaderle del suo messaggio e agire in loro come il lievito. Proprio come disse Gesù allora a una comunità molto piccola, quella degli Apostoli: siate lievito e sale della terra. La definizione di «lievito» presuppone la dimensione molto piccola da un lato, ma anche l'universalità della responsabilità.
Tratto da: J. Ratzinger, “Dio e il mondo”, ed. Paoline, 2001, Pag. 403-406
Concilio Vaticano II Decreto sull’attività missionaria della Chiesa (Ad Gentes), 35-36
« Voi siete il sale della terra … Voi siete la luce del mondo »
Essendo la Chiesa tutta missionaria, ed essendo l'opera evangelizzatrice dovere fondamentale del popolo di Dio, il sacro Concilio invita tutti i fedeli ad un profondo rinnovamento interiore, affinché, avendo una viva coscienza della propria responsabilità in ordine alla diffusione del Vangelo, prendano la loro parte nell'opera missionaria . Tutti i fedeli, quali membra del Cristo vivente, a cui sono stati incorporati ed assimilati mediante il battesimo, la cresima e l'eucaristia, hanno lo stretto obbligo di cooperare all'espansione e alla dilatazione del suo corpo, sì da portarlo il più presto possibile alla sua pienezza (Ef 4,13). Pertanto tutti i figli della Chiesa devono avere la viva coscienza della loro responsabilità di fronte al mondo, devono coltivare in se stessi uno spirito veramente cattolico e devono spendere le loro forze nell'opera di evangelizzazione. Ma tutti sappiano che il primo e principale loro dovere in ordine alla diffusione della fede è quello di vivere una vita profondamente cristiana. Sarà appunto il loro fervore nel servizio di Dio, il loro amore verso il prossimo ad immettere come un soffio nuovo di spiritualità in tutta quanta la Chiesa, che apparirà allora come « un segno levato sulle nazioni » (Is 11,12), come « la luce del mondo» e «il sale della terra». Una tale testimonianza di vita raggiungerà più facilmente il suo effetto se verrà data insieme con gli altri gruppi cristiani, secondo le norme contenute nel decreto relativo all'ecumenismo.
Giovanni Paolo II. "Voi siete il sale della terra...Voi siete la luce del mondo"
Messaggio per Toronto 2002
Carissimi giovani!
Nella mia memoria resta vivo il ricordo dei momenti straordinari che abbiamo vissuto insieme a Roma, durante il Giubileo dell'Anno 2000, allorchè siete venuti in pellegrinaggio presso le tombe degli Apostoli Pietro e Paolo. In lunghe file silenziose avete varcato la Porta Santa e vi siete preparati a ricevere il sacramento della Riconciliazione; nella veglia serale e nella Messa del mattino a Tor Vergata avete poi vissuto un'esperienza spirituale ed ecclesiale intensa; rafforzati nella fede, avete fatto ritorno a casa con la missione che vi ho affidato: divenire, in quest'aurora del nuovo millennio, testimoni coraggiosi del Vangelo.
"Voi siete il sale della terra... voi siete la luce del mondo" (Mt 5,13-14): questo è il tema che ho scelto per la prossima Giornata Mondiale della Gioventù. Le due immagini del sale e della luce utilizzate da Gesù sono complementari e ricche di senso. Nell'antichità, infatti, sale e luce erano ritenuti elementi essenziali della vita umana."Voi siete il sale della terra...". Una delle funzioni primarie del sale, come ben si sa, è quella di condire, di dare gusto e sapore agli alimenti. Quest'immagine ci ricorda che, mediante il battesimo, tutto il nostro essere è stato profondamente trasformato, perchè "condito" con la vita nuova che viene da Cristo (cfr Rm 6,4). Il sale, grazie al quale l'identità cristiana non si snatura, anche in un ambiente fortemente secolarizzato, è la grazia battesimale che ci ha rigenerati, facendoci vivere in Cristo e rendendoci capaci di rispondere alla sua chiamata ad "offrire i [nostri] corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio" (Rm 12,1). Scrivendo ai cristiani di Roma, san Paolo li esorta ad evidenziare chiaramente il loro modo diverso di vivere e di pensare rispetto ai contemporanei: "Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto" (Rm 12,2).
Per lungo tempo il sale è stato anche il mezzo abitualmente usato per conservare gli alimenti. Come sale della terra, siete chiamati a conservare la fede che avete ricevuto e a trasmetterla intatta agli altri. La vostra generazione è posta con particolare forza di fronte alla sfida di mantenere integro il deposito della fede (cfr 2 Ts 2,15; 1 Tm 6,20; 2 Tm 1,14).
Scoprite le vostre radici cristiane, imparate la storia della Chiesa, approfondite la conoscenza dell'eredità spirituale che vi è stata trasmessa, seguite i testimoni e i maestri che vi hanno preceduto! Solo restando fedeli ai comandamenti di Dio, all'Alleanza che Cristo ha suggellato con il suo sangue versato sulla Croce, potrete essere gli apostoli ed i testimoni del nuovo millennio.
È proprio della condizione umana e, in particolar modo, della gioventù, cercare l'Assoluto, il senso e la pienezza dell'esistenza. Cari giovani, nulla vi accontenti che stia al di sotto dei più alti ideali! Non lasciatevi scoraggiare da coloro che, delusi dalla vita, sono diventati sordi ai desideri più profondi e più autentici del loro cuore. Avete ragione di non rassegnarvi a divertimenti insipidi, a mode passeggere ed a progetti riduttivi. Se conservate grandi desideri per il Signore, saprete evitare la mediocrità e il conformismo, così diffusi nella nostra società.
"Voi siete la luce del mondo...". Per quanti da principio ascoltarono Gesù, come anche per noi, il simbolo della luce evoca il desiderio di verità e la sete di giungere alla pienezza della conoscenza, impressi nell'intimo di ogni essere umano.
Quando la luce va scemando o scompare del tutto, non si riesce più a distinguere la realtà circostante. Nel cuore della notte ci si può sentire intimoriti ed insicuri, e si attende allora con impazienza l'arrivo della luce dell'aurora. Cari giovani, tocca a voi essere le sentinelle del mattino (cfr Is 21, 11-12) che annunciano l'avvento del sole che è Cristo risorto!
La luce di cui Gesù ci parla nel Vangelo è quella della fede, dono gratuito di Dio, che viene a illuminare il cuore e a rischiarare l'intelligenza: "Dio che disse: «Rifulga la luce dalle tenebre», rifulse anche nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo" (2 Cor 4,6). Ecco perchè le parole di Gesù assumono uno straordinario rilievo allorché spiega la sua identità e la sua missione: "Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita" (Gv 8,12).
L'incontro personale con Cristo illumina di luce nuova la vita, ci incammina sulla buona strada e ci impegna ad essere suoi testimoni. Il nuovo modo, che da Lui ci viene, di guardare al mondo e alle persone ci fa penetrare più profondamente nel mistero della fede, che non è solo un insieme di enunciati teorici da accogliere e ratificare con l'intelligenza, ma un'esperienza da assimilare, una verità da vivere, il sale e la luce di tutta la realtà (cfr Veritatis splendor, 88).
Nel contesto attuale di secolarizzazione, in cui molti dei nostri contemporanei pensano e vivono come se Dio non esistesse o sono attratti da forme di religiosità irrazionali, è necessario che proprio voi, cari giovani, riaffermiate che la fede è una decisione personale che impegna tutta l'esistenza. Il Vangelo sia il grande criterio che guida le scelte e gli orientamenti della vostra vita! Diventerete così missionari con i gesti e le parole e, dovunque lavoriate e viviate, sarete segni dell'amore di Dio, testimoni credibili della presenza amorosa di Cristo. Non dimenticate: "Non si accende una lucerna per metterla sotto il moggio" (Mt 5,15)!
Come il sale dà sapore al cibo e la luce illumina le tenebre, così la santità dà senso pieno alla vita, rendendola riflesso della gloria di Dio. Quanti santi, anche tra i giovani, annovera la storia della Chiesa! Nel loro amore per Dio hanno fatto risplendere le proprie virtù eroiche al cospetto del mondo, diventando modelli di vita che la Chiesa ha additato all'imitazione di tutti. Tra i molti basti ricordare: Agnese di Roma, Andreas di Phè Yên, Pedro Calungsod, Giuseppina Bakhita, Teresa di Lisieux, Pier Giorgio Frassati, Marcel Callo, Francisco Castellè Aleu o ancora Kateri Tekakwitha, la giovane irochese detta "il giglio dei Mohawks". Prego il Dio tre volte Santo che, per l'intercessione di questa folla immensa di testimoni, vi renda santi, cari giovani, i santi del terzo millennio!
Vi rivolgo uno speciale invito a leggere e ad approfondire la Lettera apostolica Novo millennio ineunte, che ho scritto all'inizio dell'anno per accompagnare i battezzati in questa nuova tappa della vita della Chiesa e degli uomini: "Un nuovo secolo, un nuovo millennio si aprono alla luce di Cristo. Non tutti però vedono questa luce. Noi abbiamo il compito stupendo di esserne il «riflesso»" (n. 54).
Sì, è l'ora della missione! Nelle vostre diocesi e nelle vostre parrocchie, nei vostri movimenti, associazioni e comunità il Cristo vi chiama, la Chiesa vi accoglie come casa e scuola di comunione e di preghiera. Approfondite lo studio della Parola di Dio e lasciate che essa illumini la vostra mente ed il vostro cuore. Traete forza dalla grazia sacramentale della Riconciliazione e dell'Eucarestia. Frequentate il Signore in quel «cuore a cuore» che è l'adorazione eucaristica. Giorno dopo giorno, riceverete nuovo slancio che vi consentirà di confortare coloro che soffrono e di portare la pace al mondo. Sono tante le persone ferite dalla vita, escluse dallo sviluppo economico, senza un tetto, una famiglia o un lavoro; molte si perdono dietro false illusioni o hanno smarrito ogni speranza. Contemplando la luce che risplende sul volto di Cristo risorto, imparate a vostra volta a vivere come "figli della luce e figli del giorno" (1 Ts 5,5), manifestando a tutti che "il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità" (Ef 5,9).
Venite a far risuonare nelle grandi arterie di Toronto l'annuncio gioioso di Cristo che ama tutti gli uomini e porta a compimento ogni segno di bene, di bellezza e di verità presente nella città umana. Venite a dire davanti al mondo la vostra gioia di aver incontrato Cristo Gesù, il vostro desiderio di conoscerlo sempre meglio, il vostro impegno di annunciarne il Vangelo di salvezza fino agli estremi confini della terra!
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