Martedì della XII settimana del Tempo Ordinario. Commento completo




La primogenitura è una cosa molto seria. Siamo stati eletti da prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati nell'amore al cospetto di Dio e degli uomini. I doni di Grazia ricevuti durante tutta la nostra vita sono i segni di una chiamata speciale, ed essa non è mai un fatto esclusivamente personale. Dio ha pensato per noi una missione importante, molti uomini sono legati alla nostra vita. Ma il rischio di disprezzare la primogenitura esiste e possiamo incorrervi con molta più facilità di quanto pensiamo; il demonio, come già con Adamo ed Eva, punta sempre diritto a strapparci l'elezione, che è, "in principio", quella di essere creature e non creatori, per vivere nella fedeltà e nell'obbedienza docile alla volontà del Padre. In questo atteggiamento, infatti, si è rivelata e compiuta la primogenitura del Figlio di Dio: obbedendo al Padre Gesù ha salvato l'umanità, dando compimento al mistero d'amore per il quale si era incarnato.

"Gettare le cose sante ai cani e le nostre perle ai porci" significa, al contrario, chiudersi ostinatamente nell'orgoglio di voler condurre la vita secondo i propri criteri, frustrando la volontà di Dio. Le "perle", infatti, sono tutte le opere d'amore che Dio ha preparato per noi, pensieri, parole e gesti con le quali il Padre ha pensato fare bella la nostra vita, per salvare il mondo attraverso di essa. Gettarle ai porci significa farne oggetto di commercio, sporcarle e renderle impure, inadatte al culto: la Grazia per perdonare il marito che non ci ha compreso; la grazia per prendere su di sé l'ingiustizia del collega di lavoro; la Grazia che vince l'egoismo per concepire una nuova via; la Grazia per non soddisfare gli appetiti della carne e non fumare quello spinello; le Grazie pronte ogni giorno per noi possono essere disprezzate o pervertite, per divenire cibo impuro per animali impuri, e fare della nostra vita affidataci per essere una liturgia di bellezza e lode che chiami alla fede le persone, un porcile maleodorante che chiude la speranza. 

Ciò significa entrare nella storia di ogni giorno per la porta spaziosa e larga del compromesso che regna nel mondo senza Dio, dell'annacquamento della fede per lasciar spazio alla carne e ai suoi desideri, quelli che muovono guerra allo Spirito: come Esaù, disprezzare  la primogenitura per un piatto di lenticchie, per rispondere, infantilmente, ai capricci della carne. E non si tratta solo della sessualità; le lenticchie fumanti dinanzi ai nostri occhi sono i criteri mondani circa il denaro, il lavoro, i beni, la salute, la famiglia, l'amicizia, la politica. Ogni giorno possiamo dare ai cani, che è l'epiteto duro con il quale Israele chiamava i pagani, le cose sante, le cose della nostra vita "separate", "messe da parte" dal mondo perchè siano segno dell'altro mondo; il Signore oggi ci ricorda l'altissima vocazione nella quale ci ha riscattati e per la quale ci ha introdotto nella Chiesa. Ci ha santificato, comprato al caro prezzo del suo sangue, ed ogni cosa, ogni momento e ambito della nostra vita è una "perla" che anticipa il Cielo. Il matrimonio e la famiglia, l'amicizia e il fidanzamento, la scuola e il lavoro, tutto di noi costituisce come un filo di perle che il suo amore e la sua Grazia ci fa indossare perchè chi ci è accanto possa vedere Lui e il destino eterno a cui è chiamato. 

Siamo nel mondo ma non siamo del mondo: per questo il combattimento che ci attende ogni mattina è serio, e ci chiama a non scendere dalla Croce che ci unisce a Cristo, a scegliere la porta stretta e la via angusta che ci fa donare la vita per amore. Il Signore oggi ci chiama a rimanere nel suo amore che ci santifica, che ci purifica, che fa della nostra vita una liturgia di santità per il mondo. I porci erano gli animali immondi, che si rorolano nel loro vomito. Toccarli e mangiarli rendeva immondi, incapaci a celebrare il culto di Israele che era segno della presenza e della vita di Dio. Gettare le perle ai porci significa dunque buttar via l'intimità con Dio, uscire dalla comunione del Popolo Santo, disprezzare la primogenitura e la missione speciale alla quale Israele è chiamato. E' il pericolo che incombe anche su di noi, dimenticare la nostra identità per mondanizzarci: il risultato sarà sempre quello di chiuderci nel nostro egoismo e voltare le spalle ai fratelli. Il Signore ha fatto a noi quello che avrebbe voluto fosse fatto a Lui: sulla Croce ci ha accolti e amati così come siamo. E' questa la santità vera, il Cielo sulla terra, la presenza viva e autentica di Dio tra gli uomini. La porta stretta del sacrificio e della sottomissione, dell'obbedienza e del perdono, la via angusta dell'amore che la Chiesa e i cristiani sono chiamati a percorrere per attirare e condurre ogni uomo alla Vita vera, eterna, salvata. 



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