αποφθεγμα Apoftegma
Una volta, un monaco mentre era in viaggio
trovò una pietra preziosa e la prese con sé.
Un giorno incontra un viaggiatore e,
quando aprì la borsa per condividere con lui le sue provviste,
il viaggiatore vide la pietra e gliela chiese.
Il monaco gliela diede immediatamente.
Il viaggiatore partì,
pieno di gioia per l'inaspettato dono della pietra preziosa
che sarebbe stata sufficiente a garantirgli
il benessere e la sicurezza per il resto della vita.
Ma pochi giorni dopo tornò indietro alla ricerca del monaco
e, trovatolo, gli restituì la pietra dicendogli:
“ora dammi qualcosa di più prezioso di questa pietra,
qualcosa di pari valore.
Dammi ciò che ti ha reso capace di donarmela.
E' sabato, ci
avviciniamo alla celebrazione della resurrezione del Signore, e, come ogni
sabato, è un po' come restare con lui nel silenzio della tomba, perché è da qui
che si risorge fratelli, non dal chiasso che spacciamo per vita. Per questo
oggi Gesù ci "insegna": "guardatevi dagli scribi, e guardate
questa vedova". Quelli vivono in superficie e nell'ipocrisia, questa vive
nell'intimo e nell'autenticità. Gli uni sfuggono la propria realtà di lupi
affamati che, sfruttando la propria posizione di stima presso il popolo,
entrano nelle case delle vedove come consulenti e "divorano" i loro
beni; lei, "divorata", non si ribella, ma entra nel nulla, scende
cioè ancora più giù della sua "estrema indigenza" per inoltrarsi
nella morte. Se, infatti, dà "tutto quello che ha per vivere",
significa che si consegna volontariamente alla morte. E' come se, con quel
gesto, accettasse la sua realtà sino in fondo: "sono vedova, non ho più
l'eredità di mio marito, mi restano solo questi "due spiccioli", è
tutto quello che ho per vivere; ma è inutile che mi inganni, anche questo
denaro finirà, e poi non avrò null'altro, perché la verità è che senza il mio
sposo non posso vivere". Ebbene, proprio questa è la realtà che
dovremmo riconoscere e accettare ogni sabato, l'unica che ci permetta di
entrare seriamente nella Pasqua di Gesù. Senza di Lui non possiamo vivere, e
quello che abbiamo tra le mani è destinato ad esaurirsi presto. Per giungere
alla statura di fede della vedova dobbiamo "guardarci" dall'ipocrisia
di quegli scribi che è anche in noi. "Amiamo", infatti, le stesse
cose: "passeggiare in lunghe vesti": è il culto
dell'apparenza, il look e la linea, ma anche il modo di parlare beffardo e
sarcastico che ridicolizza sempre gli altri; avete presente quelli che
"passeggiano" nei discorsi "in lunghe vesti" cucite di
battute sempre pronte per catturare l'attenzione, e delle "chiacchiere con
cui ci spelliamo a vicenda": sono un "abito", indossato perché,
lo sappiamo bene, c'è nascosta nel cuore dell'uomo la sottile perversione voyeuristica:
la pornografia certo, ma anche il gossip, il pettegolezzo, le intercettazioni
telefoniche. "Amiamo" poi "ricevere saluti nelle piazze",
cioè che ci riconoscano, perché abbiamo terrore dell'irrilevanza. Quanta
fatica, vero?, per guadagnarsi un "saluto"; meno male che ora c'è la
tecnologia che semplifica le cose: i selfie innanzitutto, che meraviglia,
possiamo infilzarci in una foto come polli allo spiedo quando
vogliamo, e così, come nelle vetrine delle rosticcerie, dire al mondo che
esistiamo. Certo che ci noteranno con quelle labbra assurde che mettiamo... E
poi i social networks, il nostro personale Grande Fratello dove
offriamo la nostra vita al miglior "mi piace", foto e frasi
criptiche postate parossisticamente, senza forse accorgerci della prostituzione
alla quale obblighiamo la nostra anima. "Amiamo"
anche "avere i primi seggi nelle sinagoghe", quelli che erano
riservati agli scribi, ma che, curiosamente, davano le spalle ai rotoli della
Torah perché erano situati di fronte all'assemblea. Ah quanto ci piace stare
nella nostra comunità esibendo noi stessi e le nostre “lunghe preghiere”, la
generosità, la presunta coerenza e onestà, la familiarità con la Scrittura, lo
zelo nel cantare e nel leggere; insomma, ci piace metterci di fronte agli altri
dai "primi seggi" per affermare in tutto di non essere come loro, che
ovviamente giudichiamo e dai quali però esigiamo stima e rispetto. Senza
renderci conto che stiamo nella Chiesa voltando le spalle alla Parola che ci
chiama a conversione. E per questo viviamo ipocritamente, belli fuori e brutti
dentro, e "amiamo" senza averne alcun diritto, "i primi posti
nei banchetti". Il "banchetto" del Signore, infatti, è riservato
ai piccoli, agli ultimi, ai peccatori che riconoscono di esserlo e non ce la
fanno più a vivere nella schiavitù.
Per
questo Gesù ci chiama seriamente e severamente a conversione dicendoci:
"guardatevi" dal "dare del vostro superfluo".
"Guardatevi" cioè dal vivere superficialmente e ipocritamente, e
prendete oggi in mano la vostra vita, come ha fatto la "vedova,": chiedetevi
per quale motivo ci viene data e per che cosa "valga la pena"
viverla. Letteralmente, per chi e per cosa ha valore "penare",
soffrire, sacrificarsi, offrirsi, donarsi. Per un briciolo di stima e di
affetto degli altri? Allora, attenzione all'atteggiamento
dei "ricchi" che è anche in noi; non c'entrano solo i soldi, ma
le nostre cose, i beni in generale, anche la famiglia, il coniuge, i figli, gli
amici, il lavoro. Attenzione perché chi si sente "ricco", chi è cioè “super-bo”
e getta nel tesoro del Tempio dal suo "super-fluo" è un “super-cieco”
su stesso perché ha voltato le spalle a Dio. Non sa che si sta difendendo vivendo
nell'ipocrisia ogni relazione, con Dio prima e con gli altri poi. "Ama" ciò che non ha alcun valore
perché non ha dentro di sé Colui che dà valore a ogni cosa.
"Guardatevi" dalla falsa ricchezza, dal vostro ego insaziabile, che
mentre dà una briciola di se stesso a Dio e agli altri, li "divora"
strumentalizzandoli per saziarsi. Ascoltiamo oggi quello che l'Angelo diceva
alla Chiesa di Laodicea: "Tu dici: "Sono ricco, mi sono
arricchito; non ho bisogno di nulla", ma non sai di essere un infelice, un
miserabile, un povero, cieco e nudo". Capito chi sei? Esattamente quello
che la vedova stava sperimentando, e per questo si accingeva a fare il passo
decisivo del suo cammino di fede. Molto aveva camminato nella sofferenza che
l'aveva umiliata e resa autentica; non aveva più nulla da difendere, le
rimanevano solo due spiccioli, l'ultimo respiro dell'uomo vecchio. Gettandoli
nel tesoro del Tempio si sarebbe spogliata completamente per immergersi nuda
nella misericordia di Dio, l'unica sua speranza; perché ha
sperimentato che nulla di mondano ha potuto difenderla, né saziarla, mentre invece
crede che "Le lacrime della vedova scendono sulla guancia di
Dio" (Sap 35,18 testo ebraico) perché ha cominciato a sperimentarlo. E
tu, hai sperimentato di essere un miserabile peccatore, e che Dio ti ama e
perdona? Se sì, ascolta ancora l’Angelo: "Ti consiglio di
comperare da me oro purificato dal fuoco per diventare ricco, vesti bianche per
coprirti e nascondere la vergognosa tua nudità e collirio per ungerti gli occhi
e ricuperare la vista. Io tutti quelli che amo li rimprovero e li castigo.
Mostrati dunque zelante e ravvediti.". Sono tutte immagini battesimali che
ci chiamano a ritornare alle fonti della nostra fede, ad obbedire e a “comprare”,
cioè a chiedere alla Chiesa “il fuoco” dello Spirito Santo che purifica in noi “l'oro”
della natura divina, le "vesti bianche" della vita nuova rigenerata
nella misericordia da indossare al posto di quelle con cui ha
"passeggiato" l'uomo vecchio e così rivestire di santità vera la
nostra debolezza, e il "collirio" della Parola che ci apra gli occhi
al discernimento. Coraggio fratelli, "ravvediamoci" e accettiamo di
essere "rimproverati"; è sabato ed "ecco", Gesù "sta
alla porta e bussa" e ci dice: "Se qualcuno ascolta la mia voce e mi
apre la porta" domani "io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con
me". Nella Chiesa possiamo "ascoltare" e
"aprire la porta" al Signore. Come? Gettando tutto quello che abbiamo
nel "tesoro del Tempio", immagine della nostra comunità: in essa, che
è la Dimora di Dio dove gustare le primizie della vita celeste, il corpo del
Signore risorto, possiamo scoprire chi e che cosa è oggi nella carne “tutta la
nostra vita” e, appoggiati nella stessa fede della vedova alla quale ci gesta
la Chiesa, gettare via tutto, concretamente mi raccomando. Vuoi davvero essere
libero e autentico? Vuoi amare? Pensa a che cosa oggi hai tu per vivere e
gettalo nel tesoro del Tempio, che era il segno della comunione nel popolo di Israele. Tutti, infatti, vi contribuivano, anche gli ebrei della diaspora. Ecco, gettiamo nella comunione della comunità le nostre due monete: il denaro, i beni, perché li daremo a Cristo, che ce li renderà moltiplicati nel perdono, nella gioia, nella pace, e, perché no?, anche in tutto di cui abbiamo bisogno. E' sabato, vigilia del Corpus Domini, il momento
migliore. Il tuo Sposo è pronto per riunirsi a te e dare senso e pienezza alla
tua vita; donagli tutto e vedrai meraviglie.
QUI IL COMMENTO COMPLETO E GLI APPROFONDIMENTI
L'ANNUNCIO |
Diceva loro mentre insegnava: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e ostentano di fare lunghe preghiere; essi riceveranno una condanna più grave».
E sedutosi di fronte al tesoro, osservava come la folla gettava monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano molte.
Ma venuta una povera vedova vi gettò due spiccioli, cioè un quattrino.
Allora, chiamati a sé i discepoli, disse loro: «In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».
E' sabato, ci
avviciniamo alla celebrazione della resurrezione del Signore, e, come ogni
sabato, è un po' come restare con lui nel silenzio della tomba. E' da qui che
si risorge fratelli, non dal chiasso della vita superficiale. Per questo oggi
Gesù ci "insegna": "guardatevi dagli scribi, e guardate questa
vedova". Quelli vivono in superficie e nell'ipocrisia, questa vive
nell'intimo e nell'autenticità. Gli uni sfuggono la propria realtà di lupi
affamati che, sfruttando la propria posizione di rispetto e stima presso il
popolo, entrano nelle case delle vedove come consulenti e "divorano"
i loro beni; lei, "divorata" dall'avidità di chi dovrebbe aiutarla,
non si ribella ma entra volontariamente nel nulla, scende cioè ancora più giù
della sua "estrema indigenza" per inoltrarsi nella morte. Se,
infatti, dà "tutto quello che ha per vivere", significa che si
consegna volontariamente alla morte. E' come se, con quel gesto, accettasse la
sua realtà sino in fondo: "sono vedova, non ho più l'eredità di mio
marito, mi restano solo questi "due spiccioli"; è nulla, ma è tutto
quello che ho per vivere; ma è inutile che mi inganni, anche questo denaro
finirà, e poi non avrò null'altro, perché la verità è che senza il mio sposo
non posso vivere". Ebbene, proprio questa è la realtà che dovremmo
riconoscere e accettare ogni sabato, l'unica che ci permetta di entrare
seriamente nella Pasqua di Gesù. Senza di Lui non possiamo vivere, e quello che
abbiamo tra le mani è destinato ad esaurirsi presto. E per giungere alla
statura di fede della vedova dobbiamo "guardarci" dall'ipocrisia di
quegli scribi che c'è anche in noi. "Amiamo", infatti, le stesse cose
che "amavano" loro: "passeggiare in
lunghe vesti", questo si capisce perfettamente, il culto dell'apparenza,
il look e la linea, ma anche il modo di parlare beffardo e sarcastico che
ridicolizza sempre gli altri; avete presente quelli che "passeggiano"
nei discorsi "in lunghe vesti" cucite di battute sempre pronte per
catturare l'attenzione, spesso senza neanche rendersene conto, tanto la stolta
goliardia è diventata appunto un "abito", indossato perché, lo
sappiamo bene, c'è nascosta nel cuore dell'uomo la sottile perversione
voyeuristica; attenzione eh, "guardatevi" da questi atteggiamenti ci
dice oggi il Signore, perché non solo si tratta di una patologia seria, per la
quale si prova eccitazione e piacere nel guardare l'intimità degli altri, in
ambito sessuale come in qualunque altro aspetto; e qui ci siamo quasi
(davvero?) tutti, immersi in una società nella quale trionfa il gossip, il
pettegolezzo, lo scoop, le intercettazioni telefoniche. E tutto ciò accade
anche in famiglia, tra amici, dal parrucchiere e dal barbiere, nelle comunità
dove, come ripete spesso Papa Francesco, purtroppo si "chiacchiera
spellandosi a vicenda". "Guardatevi" da ciò perché è
profondamente legato al peccato di "invidia", che letteralmente
significa "guardare di traverso", con un occhio malato, indice di un
cuore avvelenato dalla menzogna del demonio che conosciamo molto bene:
"diventerete come Dio"... "Amiamo" poi "ricevere
saluti nelle piazze", cioè che ci riconoscano, che la nostra presenza non
passi inosservata, perché abbiamo terrore dell'irrilevanza. Quanta fatica,
vero?, per guadagnarsi un "saluto"... In fondo, non studiamo e
lavoriamo anche per questo? Per farci una posizione, per essere qualcuno; meno
male che ora c'è la tecnologia che semplifica le cose: i selfie innanzitutto,
che meraviglia, possiamo infilzarci in una foto come polli allo
spiedo come e quando vogliamo, e così, come nelle vetrine delle
rosticcerie, dire al mondo che esistiamo. Certo che ci noteranno con quelle
labbra assurde che mettiamo, chissà poi perché... E poi i social networks,
il nostro personale Grande Fratello dove offriamo la nostra vita al
miglior "mi piace", foto e frasi criptiche postate parossisticamente,
senza forse accorgerci della prostituzione alla quale obblighiamo la nostra anima.
"Amiamo" anche "avere i primi seggi nelle sinagoghe",
quelli che erano riservati agli scribi, ma che, curiosamente, davano le spalle
ai rotoli della Torah perché erano situati di fronte all'assemblea. Ah quanto
ci piace stare nella nostra comunità esibendo noi stessi e le nostre parole, la
generosità, la presunta coerenza e onestà, la familiarità con la Scrittura, lo
zelo nel cantare e nel leggere, insomma metterci di fronte agli altri dai
"primi seggi" per affermare in tutto di non essere come loro, che
ovviamente giudichiamo e dai quali però esigiamo stima e rispetto. Senza
renderci conto che stiamo nella Chiesa voltando le spalle alla Parola che è
luce, verità e vita, eludendo così la sua chiamata a conversione. E per questo
viviamo ipocritamente, belli fuori e brutti dentro, e "amiamo" senza
averne alcun diritto, "i primi posti nei banchetti". Fratelli, non
dovremmo neanche pensare di poter avvicinarci al "banchetto" del
Signore, perché è riservato ai piccoli, agli ultimi, ai peccatori che
riconoscono di esserlo e non ce la fanno più a vivere nella schiavitù. E noi
probabilmente siamo sì stanchi, ma a causa degli altri, no?
Per
questo Gesù ci chiama seriamente e severamente a conversione dicendoci:
"guardatevi" dal "dare del vostro superfluo".
"Guardatevi" cioè dal vivere superficialmente, spendendo le vostre
risorse per ciò che è periferico a quello che davvero conta. Ma prendete oggi
in mano la vostra vita, come ha fatto la "Vedova," e chiedetevi
per quale motivo ci viene data e per che cosa "valga la pena"
viverla. Letteralmente, per chi e per cosa ha valore "penare",
soffrire, sacrificarsi, offrirsi, donarsi. Per un briciolo di stima e di
affetto degli altri? Quante volte diciamo "ne è valsa la pena" senza
renderci conto del significato della frase; è valso soffrire e dare tutto se
stessi per una qualunque "passione", sentimentale, civile, sportiva,
culturale, religiosa? No, perché al diventare "assolute", tutte le
passioni uccidono. Attenzione, il "superfluo" in sé non è un
male, anzi, fa parte della vita, ma è come la terra che gira intorno il sole,
non è il centro e il fondamento dell'esistenza. E' "super", è un
"di più" che lo stesso Signore ha miracolosamente moltiplicato. E' la
sovrabbondanza che nella Scrittura testimonia il favore di Dio, e sarà un dono
del Messia. Per questo il vero "super" nella nostra vita è appunto un
miracolo, robusto e inossidabile, e scaturisce sempre da un nucleo originario e
fondamentale nel quale Dio scende per riscattarlo e renderlo fecondo. Allora,
attenzione all'atteggiamento dei "ricchi" che è anche in noi;
non c'entrano solo i soldi, ma le nostre cose, i beni in generale, anche la
famiglia, il coniuge, i figli, gli amici, il lavoro. Attenzione perché chi si
sente "ricco", chi è cioè super-bo e getta nel tesoro del Tempio dal
suo "super-fluo" è un super-cieco su stesso perché ha voltato le
spalle a Dio, anche se è seduto in Chiesa. Non sa che si sta difendendo
nell'ipocrisia, vivendo cioè nella menzogna ogni relazione, con Dio prima e con
gli altri poi. Come Caino "invidioso" del fratello, riconosce al
Signore solo una parte minima della propria vita. "Ama" ciò che non ha alcun
valore perché non ha dentro di sé Colui che dà valore a ogni cosa.
"Guardatevi" dalla falsa ricchezza, dal vostro ego insaziabile, che
mentre dà una briciola di se stesso a Dio e agli altri, li "divora"
strumentalizzandoli per saziarsi. Ascoltiamo oggi quello che l'Angelo diceva
alla Chiesa di Laodicea: "Conosco le tue opere: tu non sei né
freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non
sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca. Tu dici:
"Sono ricco, mi sono arricchito; non ho bisogno di nulla", ma non sai
di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo" Ap 3,
15ss). Capito chi sei? Esattamente quello che la vedova stava sperimentando e
per questo, proprio nel Tempio, immagine della comunità cristiana, si accingeva
a fare il passo decisivo per immergersi nelle acque del Battesimo. Molto aveva
camminato nella sofferenza che l'aveva resa autentica; non aveva più nulla da
difendere, le rimanevano solo due spiccioli, l'ultimo respiro dell'uomo
vecchio. Gettandoli nel tesoro del Tempio si sarebbe spogliata completamente
per immergersi nuda nella misericordia di Dio, l'unica sua speranza. Gesù
non loda l'aspetto morale della vicenda, registra un dato: solo la vedova,
l'"ultima" nella società (la traduzione letterale dal greco della
parola "sua povertà" che appare nel vangelo è "ultimo"),
può "gettare", consegnare a Cristo attraverso la Chiesa "tutta
la sua vita", proprio come recita l'originale. Tutta, senza riservarsi
nulla, perché ha sperimentato che nulla di mondano ha potuto difenderla, nulla
l'ha moltiplicata, nulla che sia stato assoluto s'è dimostrato realmente tale,
anzi. Mentre invece crede che "Le lacrime della vedova scendono sulla
guancia di Dio" (Sap 35,18 testo ebraico) perché ha cominciato a
sperimentarlo. In altre parole, un cristiano che è stato iniziato alla
fede nella Chiesa, in virtù della luce su di sé e sulla propria storia, e delle
esperienze concrete della risurrezione di Cristo, getterà naturalmente la sua
vita in Lui. Per questo le parole dell'Angelo continuano dicendo a tutti noi
che ci sentiamo "ricchi": "Ti consiglio di
comperare da me oro purificato dal fuoco per diventare ricco, vesti bianche per
coprirti e nascondere la vergognosa tua nudità e collirio per ungerti gli occhi
e ricuperare la vista. Io tutti quelli che amo li rimprovero e li castigo.
Mostrati dunque zelante e ravvediti.". Sono tutte immagini battesimali che
ci chiamano a ritornare alle fonti della nostra fede. A vivere seriamente il
nostro cammino di fede ella Chiesa, ad obbedire e a convertirci per accogliere
il fuoco dello Spirito Santo che purifica in noi l'oro della natura divina, le
"vesti bianche" della vita nuova rigenerata nella misericordia da
indossare al posto di quelle con cui ha "passeggiato" l'uomo vecchio
e così rivestire di santità vera la nostra debolezza, e il "collirio"
della Parola che ci apra gli occhi al discernimento. Coraggio fratelli,
"ravvediamoci" e accettiamo di essere "rimproverati"; è
sabato e "Ecco", Gesù "sta alla porta e bussa" e ci dice:
"Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta" domani "io
verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me". Nella
Chiesa possiamo "ascoltare" e "aprire la porta" al Signore.
Come? Gettando tutto quello che hai nel "tesoro del Tempio"; esso,
infatti, era il segno della comunione del popolo di Israele; vi contribuivano
tutti, anche gli ebrei della diaspora. Per questo è un'immagine della nostra
comunità che, come il Tempio, è il luogo della dimora di Dio, dove sperimentare
le primizie della vita celeste. Allora è proprio lì che siamo chiamati a
consegnare a Cristo la nostra vita, nella stessa certezza della vedova,
cioè nella fede che Dio provvederà a noi in Cristo, nuovo Tempio. Sì fratelli,
nella comunità che è il corpo del Signore possiamo scoprire chi e che cosa è
oggi tutta la nostra vita, e così gettarlo in Lui. Ma come, non ce la faccio, è
impossibile. A te di sicuro, ma non a Lui. Allora, ascolta questa Parola, e
obbedisci. Pregando ovviamente, ma la vedova in questo caso ha fatto un'altra
cosa. Ha gettato tutto quello che aveva per vivere. Vuoi davvero essere libero?
Vuoi uscire da quella relazione morbosa che ti incatena? Vuoi aprirti alla
vita? Vuoi perdonare quella persona che stai giudicando? Non ce la fai più ad
essere ostaggio di assoluti ipocriti, di maschere che non ti danno né vita, né
felicità? Fai come la vedova, e dai via quello che hai per vivere. E' concreto
il Vangelo, va bene consegnarsi a Gesù nel cuore, e dirgli, "sarai tutto
per me come ora io mi dono tutto a te". Non ci vuole molto, ma lo
smartphone che ti sta ipnotizzando? Faccio un esempio. Ecco, senza di esso non
potresti vivere vero? Insomma pensa a che cosa oggi hai tu per vivere e gettalo
nel Tesoro del tempio. E' sabato, vigilia del Corpus Domini, il momento
migliore. Il tuo Sposo è pronto per riunirsi a te e dare senso e pienezza alla
tua vita; donagli tutto e vedrai meraviglie.
Nessun commento:
Posta un commento