Lunedì della XIV settimana del Tempo Ordinario


Le frange e l'umiltà che ci salvano





αποφθεγμα Apoftegma


Allora la forza della domanda è l’altro che è presente, non tu. 
È questa la differenza tra tutta la grandezza d’animo dell’uomo 
– sia epicureo che stoico, secondo le varie versioni – e il cristiano. 
Per l’uomo normale quello che è importante è ciò che è capace di fare, 
capace di superare lui (stoico o epicureo). 
E per il cristiano… è come un bambino: 
è tutto teso alla presenza della madre, del padre, dell’altro. 
È la forza di Dio. 

Mons. Luigi Giussani, Una presenza che cambia



Anche noi siamo stati creati a immagine e somiglianza di Dio, ma siamo diventati figli del demonio. Come la figlia di "uno dei capi", come l'emorroissa, due donne, e non è un caso. Come Eva, abbordate e sedotte dal principe della morte, sono immagine di nostra madre, che ci ha concepito nel peccato. Una "è morta proprio ora", come la tua anima forse, come la relazione con tuo padre o con tuo cugino; l'altra erano "dodici anni che soffriva d'emorragia", dodici anni, l'età nella quale, secondo l'halakhah (la via ebraica alla vita, la tradizione normativa) una ragazza raggiungeva la maturità legale, ed era tenuta ad osservare la Torah e i precetti della tradizione. Questa donna è, dunque, immagine di Israele, la sposa di Yahwè, alla quale si era legato con l'Alleanza e il dono della Torah. Ma, giunta all'età matura, invece di sottoporsi al "giogo" della Legge, si era prostituita con gli idoli, e ora stava perdendo sangue, che è simbolo della vita. Matura, come la società civile e post-moderna nella quale viviamo, e moribonda. Matura come crediamo di essere tu ed io, ma ci ritroviamo senza forze, spossati dalla vita che abbiamo perduto dietro agli idoli. Due donne nelle quali il male si è schiantato con furia, uccidendole. E nessuno ha potuto nulla, lo dice esplicitamente il parallelo di Luca. C'era, dunque, anche quel loro male a colpire Gesù; anche la loro morte ha gustato nel sepolcro. Eccolo il male della storia, il tuo e il mio, aggredire l'uomo, e gettarlo nella tomba della disperazione. Ma quel giorno, sul Golgota, non è bastato il potere del demonio! No, proprio quando è esploso nel massimo del suo furore, al limite delle sue possibilità, quando ha creduto di uccidere il Figlio di Dio si è scontrato con un potere più forte. E ha dovuto inchinarsi, ed è stato annientato. E il brano di oggi è annuncio e profezia di questo mistero che ha "salvato" ogni uomo. Ma che cosa è successo? Come è stato che queste due donne sono state "salvate"? E' accaduta la fede, quella che, dice Gesù, "vince il mondo", perché con essa ci si abbandona a "Colui che ha vinto il mondo". Ah, è la fede che ha ragione del male! E' la fede che disinnesca la bomba nella quale deflagra il potere di Cristo! Una fede piccola come un granello di senapa, ma che contiene in germe un albero grandissimo. La fede di quel "capo" che si "prostra" dinanzi a Gesù: è l'immagine dei poteri umani che si inchinano al potere di Cristo. Senza questa kenosis, questo svuotamento non c'è fede! Non si può versare il vino nuovo della vita divina nell'otre vecchio dell'uomo della carne che presume delle sue forze; non si può cucire una toppa di tessuto grezzo su un vestito vecchio, cioè la fede non serve per rattoppare l'abito superbo che indossa l'uomo vecchio. Non si possono servire due padroni, e quel "capo" ha riconosciuto un altro "capo", più potente di lui, e, prostrandosi, ha scelto di servirlo. Per questo Gesù, ed è l'unico testo in cui appare, "si alza e segue" quel "capo". Gesù, nel pieno del suo potere di "risuscitato", si fa "discepolo" di quell'uomo. Sì, Gesù è "chiamato" dal dolore di ogni uomo schiavo e vittima del male. E' la sua "vocazione"... E si fa "discepolo della fede" di chi ne riconosce il potere. Quel "capo" è così anche immagine dei pastori, dei catechisti, dei "padri" appunto, che intercedono con fede presso Cristo perché coloro ai quali sono inviati possano "rivivere". Per questo Gesù si mette in cammino "con i discepoli" per raggiungere la casa dove giace morta la ragazza. La Chiesa si "prostra" dinanzi a Gesù e non ai poteri e ai ricorsi mondani; e lo "segue" per "seguire" ogni grido di dolore, ogni sofferenza, e scendere con Lui nei sepolcri dell'umanità.E dove giunge Cristo con la sua Chiesa cambia tutto, è un'esplosione di vita nella morte: Egli, infatti, fa "ritirare", come il vento e le onde delle tempeste, "i flautisti e la gente in agitazione". Era la liturgia funebre comune, perché in Israele "perfino il più povero non avrà meno di due flauti per il funerale di sua moglie". Era morta davvero quella ragazza, ma Gesù inaugura una liturgia nuova, nella quale al posto dei flautisti e della gente che piange con i parenti, arrivano i suoi discepoli come un corteo trionfale: con Lui arriva la vita, e dove c'è la Chiesa non c'è mai la morte! E basta che un prete, un cristiano balbetti un briciolo di fede che il Cielo si apre sulla terra! Un abbandono, nella certezza profonda d’essere ascoltati. Perché così si accende e comincia la fede, con lo sguardo di Gesù nel nostro sguardo, e la sua Parola che, mentre scende in noi, si attacca alle pareti del cuore, il cuore biblico, laddove decidiamo che sì, è vero quello che ci dice: “La fanciulla non è morta. Dorme”. La fede che nasce in questo incontro al limite della disperazione, è poi destinata a crescere, sino a che le Parole di Gesù piantate nel cuore diventino le nostre, e schiudano i nostri occhi alla loro luce: "dorme, non è morta" la speranza; dorme il tuo matrimonio, dorme tuo figlio, dorme la relazione con quel parente... Tutti ti dicono che è morta, solo Gesù afferma il contrario. Il mondo che "deride" Cristo, come ti deridono sul lavoro e a scuola, non può nulla contro il potere del male, la Chiesa sì, tu ed io sì! La fede gestata nella comunità cristiana e divenuta adulta ci dona la stessa certezza di Cristo, che sa difendersi di fronte al pensiero del mondo. Proprio per essere discesi nel sepolcro dell'impotenza e avere sperimentato il potere di Cristo, potremo annunciarlo con parresia. Proprio per esserci umiliati scendendo i gradini della piscina battesimale, ed essere da lì risuscitati con Cristo, potremo predicare la stoltezza per il mondo, la vittoria del potere di Cristo manifestata attraverso l'estrema debolezza della Croce. 

Ma è vivo ciò che sembra morto solo per chi crede; per chi non crede, anche se in effetti dorme, resta come morto. Per questo, senza la fede, crollano le speranze e non c'è nulla da fare: un prete che non ha una fede adulta non aiuterà le persone, le spingerà giù per il burrone, consigliando loro di farsi giustizia, di reclamare i propri diritti, e somministrerà placebo, al massimo un'aspirina... Un prete o un genitore, o un amico o un fidanzato senza fede accompagneranno le persone al funerale della propria vita. Ma chi, invece, ha fede, annuncerà quello che ha sperimentato, e aiuterà a "salvare" un matrimonio risuscitandolo, il figlio ad "alzarsi" come la fanciulla del vangelo, e Matteo usa proprio il verbo "egerthe" tipico della risurrezione; chi ha fede implorerà e Gesù "salverà" una ragazza dall'abortire, o un marito a vivere nella verità amando laddove il mondo dice di lasciar perdere. La fede della Chiesa, in seminario, in parrocchia, nella propria comunità o movimento, in famiglia, è l'unica che strappa l'onnipotenza a Dio. Anzi, la fede ci dona la sua stessa onnipotenza di fronte alla morte. Se lo credessimo davvero, chi ci farebbe paura? chi ci potrebbe ingannare? Nessuno, come è accaduto all'emorroissa. Il dolore per il male l'aveva resa audace; sapeva che, secondo la Legge, non poteva "toccare" Gesù. Ma stava morendo, e lì a due metri passava la vita... Un po' come Tommaso, anche lei intuiva che quel Rabbì era carne della sua carne, e solo toccandolo sarebbe potuta "guarire". Lui era l'unica carne capace di guarire la sua carne, perché in Lui la Legge s'era compiuta, e ogni promessa realizzata. Per questo cerca il "lembo del suo mantello". E' in quel frammento di stoffa che risplende la novità! Quelle frange l'avrebbero rivestita di un vestito nuovo, la veste bianca che, lavata nel sangue dell'Agnello, la poteva purificare da ogni impurità, e schiuderle l'accesso alla liturgia di lode sino allora preclusa. Toccarlo significava poter tornare in Paradiso, vivere secondo natura, una donna vera, una sposa, una madre, una vergine! In quel momento la donna si trova sulle falde del Sinai, la Torah era a un passo, con il suo potere fatto carne in Gesù. Perché per lei, come per ciascuno di noi, concretamente "toccare" Cristo è ascoltare la sua Parola, la predicazione della Chiesa, e accoglierla. Perché la "fede" viene proprio dall'ascolto! Basta un briciolo di fede, lo abbiamo visto; un moto del cuore, perché Lui le agitazioni esterne, le nevrosi e i sensi d colpa, i dubbi e i pensieri, le angosce e le derisioni del mondo, li fa "ritirare". Il suo amore si appoggia anche su una sola nostra parola balbettata. Non importa se lo cerchiamo solo quando siamo giunti all'ultima spiaggia, è Lui che ci lascia scendere, in quella relazione, in quel lavoro, nello studio, l'ultimo gradino della nostra forza presunta. E lì, di fronte al mare e con dietro l'esercito del Faraone, possiamo imparare ad attendere il suo intervento miracoloso che sgorga dall'umile confidenza di chi non ha più nulla da sperare che un miracolo. Perché appaia il Cielo nella nostra vita, un segno credibile della presenza di Dio nella storia: ogni nostra debolezza, ogni situazione limite, ogni muro invalicabile è per noi e per il mondo il luogo dell'annuncio più autentico. Per questo importa solo il desiderio profondo di toccarlo, di sfiorare il lembo del suo mantello, laddove ogni pio israelita portava lo “tzitzit” (“frangia” in ebraico). "C’è un obbligo nella Bibbia (Nm 15,38) che noi ripetiamo ogni giorno nella preghiera – fa parte dei tre brani dello shemà –, che afferma che sui quattro angoli della veste occorre portare delle frange, di cui un filo sia di colore celeste, colorato con un pigmento speciale derivato da un mollusco...  Il segno esisteva per dire a ogni ebreo: «Ricorda, anche nell’abito che indossi, che esiste Dio ai quattro angoli». Sono frange sulle quali si fanno dei nodi, che seguono una tradizione numerica particolare e simbolicamente rappresentano il nome di Dio. Come tali quindi queste frange rappresentano la parte sacra dell’abito. Ciascun ebreo osservante indossava questo abito e continua a farlo oggi. Non era una veste solo sacerdotale. L’emorroissa toccava perciò la parte sacra dell’abito, toccava quei nodi che rappresentavano il nome di Dio... potremmo dire che l’emorroissa chiedeva una grazia, come atto di bontà nei suoi confronti, hesed". (Riccardo Di Segni). Basta sfiorare la sua hesed, il suo amore misericordioso. "Nel termine hesed è insito anche lo slancio entusiastico, come un ardore, la passione nell’atto di amore o di benevolenza" (R. Di Segni). Toccare con la nostra debolezza il suo ardore d'amore; accendere il fuoco della sua passione con il solo tendere mendicante della nostra mano. Lo possiamo "toccare" nella Chiesa, che è il suo corpo, nell'esperienza dei fratelli, nella predicazione; in un istante di fiducia lo "toccheremo" in una celebrazione, nel sacramento della confessione e dell'eucarestia, nella preghiera. Questa è già la fede che "salva" per "guarire". Lì, nella parte più vera di noi, un grido. Un abbandono, nella certezza profonda d’essere ascoltati. E così, risuscitati con Cristo e divenuti una sola cosa con Lui, potremo offrirci a nostra volta per farci "toccare" dai peccatori. Ovunque andremo porteremo sul lembo della nostra carne l'onnipotenza della Parola di Dio: basta essere accanto al fratello, senza difenderci, offrendoci crocifissi per lui. Così Dio vince il male, nel silenzio nascosto del martirio dei suoi figli.


QUI IL COMMENTO COMPLETO E GLI APPROFONDIMENTI



    






L'ANNUNCIO
Dal Vangelo secondo Matteo 9,18-26

In quel tempo, mentre Gesù parlava, giunse uno dei capi che gli si prostrò innanzi e gli disse: «Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano sopra di lei ed essa vivrà». Alzatosi, Gesù lo seguiva con i suoi discepoli. 
Ed ecco una donna, che soffriva d'emorragia da dodici anni, gli si accostò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. Pensava infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita». Gesù, voltatosi, la vide e disse: «Coraggio, figliola, la tua fede ti ha guarita». E in quell'istante la donna guarì. 
Arrivato poi Gesù nella casa del capo e veduti i flautisti e la gente in agitazione, disse: «Ritiratevi, perché la fanciulla non è morta, ma dorme». Quelli si misero a deriderlo. Ma dopo che fu cacciata via la gente egli entrò, le prese la mano e la fanciulla si alzò. 
E se ne sparse la fama in tutta quella regione.







Gesù aveva appena annunciato che è impossibile versare vino nuovo in otri vecchi: il cristianesimo è una novità assoluta, è libertà e pace, gioia e pienezza di vita. Gesù non è venuto a somministrare aspirine e vitamine; è venuto a vincere la morte e il peccato, per donare agli uomini la sua stessa vita. E' questa la novità alla quale ci chiama anche oggi, sperimentare e condividere il suo potere. E non ha nulla a che vedere con i poteri forti del mondo, finanza, politica, cultura; neanche con quelli occulti, che si illudono di governare il mondo con quattro riunioni segrete all'anno. Sì, certo, possono spostare capitali, ordire guerre e destabilizzare intere regioni; possono iniettare veleni culturali nella società, insegnare mostruosità nemiche dell'uomo e obbligare a pensarle, impedendo per legge di avere una visione diversa del mondo e di affermarla. Possono dire che uccidere è buono e salvare una vita è male; possono spargere droghe e piaceri tra i giovani, come uccidere anziani e malati. Possono fare il male, il male che sembra avvolgerci e sommergerci. Lo possiamo anche noi, ogni istante. Lo possiamo e lo compiamo. 

Ma tutto questo potere di fare il male non è nulla in confronto al potere di Gesù Cristo. Esso è al di qua del limite che, comunque, il male ha. Cristo è salito sulla croce ed è disceso nella tomba dove si era accumulato tutto il male dall'inizio del mondo alla sua fine. Forse non riusciamo a quantificarlo. Ebbene, tutti i peccati che il potere del demonio è stato capace di far compiere a ogni uomo della storia è giunto sul corpo di Gesù: nel flagello che lo batteva c'erano i lager e i gulag, gli stupri e le bombe chimiche, le frecce e le spade, i pugnali e le armi che verranno nel futuro, quelle che non possiamo neanche immaginare; c'erano gli aborti e i divorzi, l'eutanasia e le sperimentazioni genetiche; c'era la tortura che ha straziato gli uomini a tutte le latitudini e in ogni tempo. Negli sputi e negli insulti che hanno disonorato Gesù c'era la violenza pedofila e quella vomitata sulla donna, violentandola fisicamente e culturalmente, sporcandone l'immagine di madre, vergine e sposa; c'era ogni ferita inferta alla dignità dell'uomo, il razzismo e l'emarginazione; tutti i profitti senza scrupoli di padroni ingiusti che hanno schiacciato i poveri in ogni angolo del mondo e della storia. Nelle spine che gli si conficcavano sulla fronte e nella testa c'erano le ideologie assassine, le filosofie che hanno negato Dio, i sofismi che hanno armato eserciti di intellettuali per rendere schizofrenica e senza identità l'umanità; c'erano i giudizi, i pensieri malvagi e nascosti, le vendette progettate e compiute, le cause e la galera per gli innocenti. Nella Passione di Cristo c'erano i tuoi e miei peccati. 

E hanno avuto il potere di ucciderlo. Di quel potere non ha avuto ragione la spada di Pietro; non hanno, cioè, potuto nulla contro il male le manifestazioni, le rivoluzioni, gli scioperi, le democrazie, le battaglie culturali; rarissimamente qualcosa di questo è riuscito ad arginarlo e dare agli uomini condizioni leggermente più dignitose. Ma pensiamoci un momento: è vero che gli operai hanno visto riconoscersi diritti fondamentali; è vero che in molti posti del mondo non esiste più l'analfabetismo; è vero che la qualità della vita è sensibilmente migliorata. Ma il male? E' ancora in mezzo a noi, dentro di noi, più vivo che mai! Ha escogitato nuove forme, sempre al passo con i tempi. Quando, nella storia, si è pensato a far sposare due omosessuali e dare loro dei figli in adozione? Mai! E' roba di oggi la foto che ritrae un bimbo, gestato in un utero in affitto, appena nato adagiato sulle braccia dei suoi due papà. E non si tratta di demonizzare quei due ragazzi, e neanche la donna che ha venduto il suo ventre. 

No, come dice giustamente Papa Francesco, "chi siamo noi per giudicare?". Il problema è quel neonato, e il male nel quale è stato gestato, ha visto il mondo e crescerà. Il problema è il suo passato, il suo presente e il suo futuro. Chi lo "toccherà" e lo "salverà"? Chi avrà cura della sua anima così violentemente ferita dall'egoismo? Perché è proprio vero che "il mondo con tutta la sua sapienza non ha conosciuto Dio"! Il culmine dell'emancipazione coincide, sempre, con lo zenit della malvagità. E quel bimbo siamo tutti noi, feriti dal male, dal peccato. Quel bimbo adagiato su quanto di meno naturale vi sia, è ogni uomo, per causa del demonio, "concepito nel peccato", "nato" nella concupiscenza, cresciuto nell'alienazione; ogni uomo costretto a vivere lontano dal paradiso, stretto da braccia che lo stritolano nell'affetto effimero e pronto a deludere dell'egoismo; ogni uomo schiavo del demonio che lo educa nella menzogna spingendolo a vivere contro la propria natura. Immagine e somiglianza di Dio eravamo, figli del demonio siamo diventati. Come la figlia di "uno dei capi", come l'emorroissa, due donne, e non è un caso. 

Come Eva, abbordate e sedotte dal principe della morte, sono immagine di nostra madre, che ci ha concepito nel peccato. Una "è morta proprio ora", come la tua anima forse, come la relazione con tuo padre o con tuo cugino; l'altra erano "dodici anni che soffriva d'emorragia", dodici anni, l'età nella quale, secondo l'halakhah (la via ebraica alla vita, la tradizione normativa) una ragazza raggiungeva la maturità legale, ed era tenuta ad osservare la Torah e i precetti della tradizione. Questa donna è, dunque, immagine di Israele, la sposa di Yahwè, alla quale si era legato con l'Alleanza e il dono della Torah. Ma, giunta all'età matura, invece di sottoporsi al "giogo" della Legge, si era prostituita con gli idoli, e ora stava perdendo sangue, che è simbolo della vita. Matura, come la società civile e post-moderna nella quale viviamo, e moribonda. Matura come crediamo di essere tu ed io, ma ci ritroviamo senza forze, spossati dalla vita che abbiamo perduto dietro agli idoli. Due donne nelle quali il male si è schiantato con furia, uccidendole. E nessuno ha potuto nulla, lo dice esplicitamente il parallelo di Luca. C'era, dunque, anche quel loro male a colpire Gesù; anche la loro morte ha gustato nel sepolcro. Eccolo il male della storia, il tuo e il mio, aggredire l'uomo, e gettarlo nella tomba della disperazione. 

Ma quel giorno, sul Golgota, non è bastato il potere del demonio! No, proprio quando è esploso nel massimo del suo furore, al limite delle sue possibilità, quando ha creduto di uccidere il Figlio di Dio si è scontrato con un potere più forte. E ha dovuto inchinarsi, ed è stato annientato. E il brano di oggi è annuncio e profezia di questo mistero che ha "salvato" ogni uomo. Ma che cosa è successo? Come è stato che queste due donne sono state "salvate"? E' accaduta la fede, quella che, dice Gesù, "vince il mondo", perché con essa ci si abbandona a "Colui che ha vinto il mondo". Ah, è la fede che ha ragione del male! E' la fede che disinnesca la bomba nella quale deflagra il potere di Cristo! Una fede piccola come un granello di senapa, ma che contiene in germe un albero grandissimo. La fede di quel "capo" che si "prostra" dinanzi a Gesù: è l'immagine dei poteri umani che si inchinano al potere di Cristo. Senza questa kenosis, questo svuotamento non c'è fede! Non si può versare il vino nuovo della vita divina nell'otre vecchio dell'uomo della carne che presume delle sue forze; non si può cucire una toppa di tessuto grezzo su un vestito vecchio, cioè la fede non serve per rattoppare l'abito superbo che indossa l'uomo vecchio. Non si possono servire due padroni, e quel "capo" ha riconosciuto un altro "capo", più potente di lui, e, prostrandosi, ha scelto di servirlo. Per questo Gesù, ed è l'unico testo in cui appare, "si alza e segue" quel "capo". Gesù, nel pieno del suo potere di "risuscitato", si fa "discepolo" di quell'uomo. Sì, Gesù è "chiamato" dal dolore di ogni uomo schiavo e vittima del male. E' la sua "vocazione"... E si fa "discepolo della fede" di chi ne riconosce il potere

Quel "capo" è così anche immagine dei pastori, dei catechisti, dei "padri" appunto, che intercedono con fede presso Cristo perché coloro ai quali sono inviati possano "rivivere". Per questo Gesù si mette in cammino "con i discepoli" per raggiungere la casa dove giace morta la ragazza. La Chiesa si "prostra" dinanzi a Gesù e non ai poteri e ai ricorsi mondani; e lo "segue" per "seguire" ogni grido di dolore, ogni sofferenza, e scendere con Lui nei sepolcri dell'umanità.E dove giunge Cristo con la sua Chiesa cambia tutto, è un'esplosione di vita nella morte: Egli, infatti, fa "ritirare", come il vento e le onde delle tempeste, "i flautisti e la gente in agitazione". Era la liturgia funebre comune, perché in Israele "perfino il più povero non avrà meno di due flauti per il funerale di sua moglie". Era morta davvero quella ragazza, ma Gesù inaugura una liturgia nuova, nella quale al posto dei flautisti e della gente che piange con i parenti, arrivano i suoi discepoli come un corteo trionfale: con Lui arriva la vita, e dove c'è la Chiesa non c'è mai la morte! E basta che un prete, un cristiano balbetti un briciolo di fede che il Cielo si apre sulla terra! Un abbandono, nella certezza profonda d’essere ascoltati. Perché così si accende e comincia la fede, con lo sguardo di Gesù nel nostro sguardo, e la sua Parola che, mentre scende in noi, si attacca alle pareti del cuore, il cuore biblico, laddove decidiamo che sì, è vero quello che ci dice: “La fanciulla non è morta. Dorme”. 

La fede che nasce in questo incontro al limite della disperazione, è poi destinata a crescere, sino a che le Parole di Gesù piantate nel cuore diventino le nostre, e schiudano i nostri occhi alla loro luce: "dorme, non è morta" la speranza; dorme il tuo matrimonio, dorme tuo figlio, dorme la relazione con quel parente... Tutti ti dicono che è morta, solo Gesù afferma il contrario. Il mondo che "deride" Cristo, come ti deridono sul lavoro e a scuola, non può nulla contro il potere del male, la Chiesa sì, tu ed io sì! La fede gestata nella comunità cristiana e divenuta adulta ci dona la stessa certezza di Cristo, che sa difendersi di fronte al pensiero del mondo. Proprio per essere discesi nel sepolcro dell'impotenza e avere sperimentato il potere di Cristo, potremo annunciarlo con parresia. 

Proprio per esserci umiliati scendendo i gradini della piscina battesimale, ed essere da lì risuscitati con Cristo, potremo predicare la stoltezza per il mondo, la vittoria del potere di Cristo manifestata attraverso l'estrema debolezza della Croce. Ma è vivo ciò che sembra morto solo per chi crede; per chi non crede, anche se in effetti dorme, resta come morto. Per questo, senza la fede, crollano le speranze e non c'è nulla da fare: un prete che non ha una fede adulta non aiuterà le persone, le spingerà giù per il burrone, consigliando loro di farsi giustizia, di reclamare i propri diritti, e somministrerà placebo, al massimo un'aspirina... Un prete o un genitore, o un amico o un fidanzato senza fede accompagneranno le persone al funerale della propria vita. Ma chi, invece, ha fede, annuncerà quello che ha sperimentato, e aiuterà a "salvare" un matrimonio risuscitandolo, il figlio ad "alzarsi" come la fanciulla del vangelo, e Matteo usa proprio il verbo "egerthe" tipico della risurrezione; chi ha fede implorerà e Gesù "salverà" una ragazza dall'abortire, o un marito a vivere nella verità amando laddove il mondo dice di lasciar perdere. La fede della Chiesa, in seminario, in parrocchia, nella propria comunità o movimento, in famiglia, è l'unica che strappa l'onnipotenza a Dio. Anzi, la fede ci dona la sua stessa onnipotenza di fronte alla morte. 

Se lo credessimo davvero, chi ci farebbe paura? chi ci potrebbe ingannare? Nessuno, come è accaduto all'emorroissa. Il dolore per il male l'aveva resa audace; sapeva che, secondo la Legge, non poteva "toccare" Gesù. Ma stava morendo, e lì a due metri passava la vita... Un po' come Tommaso, anche lei intuiva che quel Rabbì era carne della sua carne, e solo toccandolo sarebbe potuta "guarire". Lui era l'unica carne capace di guarire la sua carne, perché in Lui la Legge s'era compiuta, e ogni promessa realizzata. Per questo cerca il "lembo del suo mantello". E' in quel frammento di stoffa che risplende la novità! Quelle frange l'avrebbero rivestita di un vestito nuovo, la veste bianca che, lavata nel sangue dell'Agnello, la poteva purificare da ogni impurità, e schiuderle l'accesso alla liturgia di lode sino allora preclusa. Toccarlo significava poter tornare in Paradiso, vivere secondo natura, una donna vera, una sposa, una madre, una vergine! In quel momento la donna si trova sulle falde del Sinai, la Torah era a un passo, con il suo potere fatto carne in Gesù. Perché per lei, come per ciascuno di noi, concretamente "toccare" Cristo è ascoltare la sua Parola, la predicazione della Chiesa, e accoglierla. 

Perché la "fede" viene proprio dall'ascolto! Basta un briciolo di fede, lo abbiamo visto; un moto del cuore, perché Lui le agitazioni esterne, le nevrosi e i sensi d colpa, i dubbi e i pensieri, le angosce e le derisioni del mondo, li fa "ritirare". Il suo amore si appoggia anche su una sola nostra parola balbettata. Non importa se lo cerchiamo solo quando siamo giunti all'ultima spiaggia, è Lui che ci lascia scendere, in quella relazione, in quel lavoro, nello studio, l'ultimo gradino della nostra forza presunta. E lì, di fronte al mare e con dietro l'esercito del Faraone, possiamo imparare ad attendere il suo intervento miracoloso che sgorga dall'umile confidenza di chi non ha più nulla da sperare che un miracolo. Perché appaia il Cielo nella nostra vita, un segno credibile della presenza di Dio nella storia: ogni nostra debolezza, ogni situazione limite, ogni muro invalicabile è per noi e per il mondo il luogo dell'annuncio più autentico. 

Per questo importa solo il desiderio profondo di toccarlo, di sfiorare il lembo del suo mantello, laddove ogni pio israelita portava lo “tzitzit” (“frangia” in ebraico). "C’è un obbligo nella Bibbia (Nm 15,38) che noi ripetiamo ogni giorno nella preghiera – fa parte dei tre brani dello shemà –, che afferma che sui quattro angoli della veste occorre portare delle frange, di cui un filo sia di colore celeste, colorato con un pigmento speciale derivato da un mollusco...  Il segno esisteva per dire a ogni ebreo: «Ricorda, anche nell’abito che indossi, che esiste Dio ai quattro angoli». Sono frange sulle quali si fanno dei nodi, che seguono una tradizione numerica particolare e simbolicamente rappresentano il nome di Dio. Come tali quindi queste frange rappresentano la parte sacra dell’abito. Ciascun ebreo osservante indossava questo abito e continua a farlo oggi. Non era una veste solo sacerdotale. L’emorroissa toccava perciò la parte sacra dell’abito, toccava quei nodi che rappresentavano il nome di Dio... potremmo dire che l’emorroissa chiedeva una grazia, come atto di bontà nei suoi confronti, hesed". (Riccardo Di Segni). 

Basta sfiorare la sua hesed, il suo amore misericordioso. "Nel termine hesed è insito anche lo slancio entusiastico, come un ardore, la passione nell’atto di amore o di benevolenza" (R. Di Segni). Toccare con la nostra debolezza il suo ardore d'amore; accendere il fuoco della sua passione con il solo tendere mendicante della nostra mano. Lo possiamo "toccare" nella Chiesa, che è il suo corpo, nell'esperienza dei fratelli, nella predicazione; in un istante di fiducia lo "toccheremo" in una celebrazione, nel sacramento della confessione e dell'eucarestia, nella preghiera. Questa è già la fede che "salva" per "guarire". Lì, nella parte più vera di noi, un grido. Un abbandono, nella certezza profonda d’essere ascoltati. E così, risuscitati con Cristo e divenuti una sola cosa con Lui, potremo offrirci a nostra volta per farci "toccare" dai peccatori. Ovunque andremo porteremo sul lembo della nostra carne l'onnipotenza della Parola di Dio: basta essere accanto al fratello, senza difenderci, offrendoci crocifissi per lui. Così Dio vince il male, nel silenzio nascosto del martirio dei suoi figli.



APPROFONDIMENTI




San Cirillo Alessandrino (380-444), vescovo, dottore della Chiesa
Commento al Vangelo di Giovanni, 4 ; PG 73, 560

« Entrò e le prese la mano »

Poiché Cristo, per mezzo della sua carne, è entrato in noi, risusciteremo interamente; è infatti inconcepibile, anzi impossibile, che la vita non faccia vivere coloro nei quali si è introdotta. Come si ricopre un tizzone ardente con un mucchio di paglia per mantenere intatto il germe di fuoco, così il nostro Signore Gesù Cristo nasconde la vita in noi con la sua carne e vi mette come un germe di immortalità che respinge tutta la corruzione che portiamo in noi.
Quindi non soltanto con la sua parola egli opera la risurrezione dei morti. Per mostrare che il suo corpo è donatore di vita come abbiamo detto, tocca i cadaveri e mediante il suo corpo dona la vita a questi corpi già in via di decomposizione. Se il solo contatto della sua sacra carne rende la vita ai morti, quanto profitto trarremo dalla sua eucaristia vivificante quando la riceveremo!... Non sarebbe bastato che la sola nostra anima fosse rigenerata per mezzo dello Spirito per una vita nuova. Occorreva che anche il nostro corpo pesante e terreno fosse santificato dalla sua partecipazione a un corpo così consistente quanto il suo e della stessa sua origine, e così venisse chiamato all'incorruttibilità.


Sant'Agostino (354-430), vescovo d'Ippona (Africa del Nord) e dottore della Chiesa
Commento al Vangelo di San Giovanni 49, 15 (Nuova Biblioteca Agostiniana)

Vieni, imponi la tua mano sopra di lei ed essa vivrà »
        
« Chi crede in me anche se è morto vivrà, e chiunque vive e crede in me non morirà in eterno » (Gv 11, 25-26). Che vuol dire questo ? « Vivrà, perché il Cristo non è Dio dei morti ma dei viventi. » (Mt 22, 32)...
Credi dunque, e anche se sei morto, vivrai ; se non credi, sei morto anche se vivi... Quando è che muore l'anima ? Quando manca la fede. Quando è che muore il corpo ? Quando viene a mancare l'anima. La fede è l'anima della tua anima. « Chi crede in me , dice il Signore,  anche se è morto nel corpo, vivrà nell'anima, finché anche il corpo risorgerà per non più morire. E chiunque vive nel corpo e crede in me, anche se temporaneamente muore per la morte del corpo, non morirà in eterno per la vita dello spirito e per la immortalità della risurrezione. »


Benedetto XVI. Guarigione dell'emoroissa
Angelus dell'1 luglio 2012

Nell’odierna domenica, l’evangelista Marco ci presenta il racconto di due guarigioni miracolose che Gesù compie in favore di due donne: la figlia di uno dei capi della Sinagoga, di nome Giàiro, ed una donna che soffriva di emorragìa (cfr Mc 5,21-43). 
Sono due episodi in cui sono presenti due livelli di lettura; quello puramente fisico: Gesù si china sulla sofferenza umana e guarisce il corpo; e quello spirituale: Gesù è venuto a guarire il cuore dell’uomo, a donare la salvezza e chiede la fede in Lui.
Nel primo episodio, infatti, alla notiziGesù a che la figlioletta di Giàiro è morta, Gesù dice al capo della Sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!» (v. 36), lo prende con sé dove stava la bambina ed esclama: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!» (v. 41). Ed essa si alzò e si mise a camminare. San Girolamo commenta queste parole, sottolineando la potenza salvifica di Gesù: «Fanciulla, alzati per me: non per merito tuo, ma per la mia grazia. Alzati dunque per me: il fatto di essere guarita non è dipeso dalle tue virtù» (Omelie sul Vangelo di Marco, 3). Il secondo episodio, quello della donna affetta da emorragie, mette nuovamente in evidenza come sia venuto a liberare l’essere umano nella sua totalità. Infatti, il miracolo si svolge in due fasi: prima avviene la guarigione fisica, ma questa è strettamente legata alla guarigione più profonda, quella che dona la grazia di Dio a chi si apre a Lui con fede. Gesù dice alla donna: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male!» (Mc 5,34).
Questi due racconti di guarigione sono per noi un invito a superare una visione puramente orizzontale e materialista della vita.
A Dio noi chiediamo tante guarigioni da problemi, da necessità concrete, ed è giusto, ma quello che dobbiamo chiedere con insistenza è una fede sempre più salda, perché il Signore rinnovi la nostra vita, e una ferma fiducia nel suo amore, nella sua provvidenza che non ci abbandona.
Gesù che si fa attento alla sofferenza umana ci fa pensare anche a tutti coloro che aiutano gli ammalati a portare la loro croce, in particolare i medici, gli operatori sanitari e quanti assicurano l’assistenza religiosa nelle case di cura. Essi sono «riserve di amore», che recano serenità e speranza ai sofferenti. Nell’Enciclica Deus caritas est osservavo che, in questo prezioso servizio, occorre innanzitutto la competenza professionale - essa è una prima fondamentale necessità - ma questa da sola non basta. Si tratta, infatti, di esseri umani, che hanno bisogno di umanità e dell'attenzione del cuore. «Perciò, oltre alla preparazione professionale, a tali operatori è necessaria anche, e soprattutto, la “formazione del cuore”: occorre condurli a quell'incontro con Dio in Cristo che susciti in loro l'amore e apra il loro animo all'altro» (n. 31).
Chiediamo alla Vergine Maria di accompagnare il nostro cammino di fede e il nostro impegno di amore concreto specialmente verso chi è nel bisogno, mentre invochiamo la sua materna intercessione per i nostri fratelli che vivono una sofferenza nel corpo o nello spirito.



Beato Charles de Foucauld (1858-1916), eremita e missionario nel Sahara 
Ritiro a Nazareth, 1897

« La tua fede ti ha guarita »

La fede, è ciò che fa che noi crediamo in fondo all'anima ... tutte le verità che la religione ci insegna, di conseguenza il contenuto della Sacra Scrittura e tutti gli insegnamenti del Vangelo, infine quanto ci è proposto dalla Chiesa. Il giusto vivrà veramente di questa fede (Rom 1,17), poiché essa prende il posto in lui della maggior parte dei sensi naturali. Trasforma talmente ogni cosa che gli altri sensi possono servire poco all'anima, che percepisce attraverso essi solo apparenze che ingannano, mentre la fede le mostra le realtà. L'occhio gli fa vedere un povero; la fede gli fa vedere Gesù (cf Mt 25,40). L'orecchio gli fa sentire ingiurie e persecuzioni; la fede gli canta: “Rallegratevi ed esultate” (Mt 5,12). I sensi ci fanno sentire i colpi di pietra ricevuti; la fede ci dice: “Abbiate una grande gioia per essere stati giudicati degni di soffrire qualcosa per il nome di Cristo” (cf At 5,41). Il gusto ci fa sentire l'incenso; la fede ci dice che il vero incenso “sono le preghiere dei santi” (Ap 8,4).
I sensi ci seducono con le bellezze del creato; la fede pensa alla bellezza increata ed ha compassione di tutte le creature che sono nulla e polvere di fronte a quella bellezza. I sensi hanno orrore del dolore; la fede lo benedice come la corona dello sposalizio che l'unisce all'Amato, il cammino col suo Sposo, la mano nella sua mano divina. I sensi si ribellano all'ingiuria; la fede la benedice: “Benedite coloro che vi maltrattano” (Lc 6,28)...; la trova dolce poiché è condividere la sorte di Gesù... I sensi sono curiosi; la fede non vuole conoscere nulla: ha sete di scomparire e vorrebbe passare tutta la vita immobile ai piedi del tabernacolo.





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