Oggi, celebriamo la nascita della beata Vergine Madre
dalla quale è nato colui che è la vita di tutti.
Oggi è nata la Vergine da cui la salvezza di tutti ha voluto nascere,
per dare la possibilità di rinascere alla vita a coloro che nascevano per morire.
Oggi è nata la nostra nuova madre,
che ha annientato la maledizione di Eva, nostra prima madre;
così, per mezzo suo, ereditiamo ora la benedizione,
noi che eravamo nati sotto l'antica maledizione dalla nostra prima madre.
Sì, è proprio una madre nuova, colei che ha ridato giovinezza a figli invecchiati,
colei che ha guarito il male della vecchiaia che si ereditava,
come anche di tutte le altre forme di vecchiaia che gli si aggiungevano.
Sì, è proprio una madre nuova, colei che partorisce mediante un prodigio mai visto,
rimanendo vergine, colei che mette al mondo il creatore del mondo.
Beato Guerrico d'Igny
L'ANNUNCIO |
Genealogia di Gesù Cristo, figlio di Davide figlio di Abramo. Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli,
Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esròm, Esròm generò Aram,
Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmòn,
Salmòn generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse,
Iesse generò il re Davide. Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa,
Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asàf,
Asàf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozia,
Ozia generò Ioatam, Ioatam generò Acaz, Acaz generò Ezechia,
Ezechia generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosia,
Giosia generò Ieconia e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia.
Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconia generò Salatiel, Salatiel generò Zorobabèle,
Zorobabèle generò Abiùd, Abiùd generò Elìacim, Elìacim generò Azor,
Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd,
Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe,
Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo.
Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo.
Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto.
Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo.
Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
"Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele", che significa Dio-con-noi.
La nostra storia è santa nella storia di Maria
Quando si celebra un compleanno è come una
eucarestia, un rendimento di grazie che sgorga dal memoriale del dono della
vita. Nascere, infatti, nessuno di noi lo ha chiesto, è stato un miracolo
gratuito con il quale Dio ci ha tratto all'esistenza. Tuttavia c'è una storia
che ci precede e ha preparato la nostra nascita. I genitori, e prima
ancora i nonni, e poi i bisnonni, e poi più indietro nel tempo sino a disegnare
quello che si chiama l'albero genealogico. Esso è costituito da un tronco e da
rami che intrecciano storie reali, vite vissute che hanno dischiuso il cammino
alla nostra venuta al mondo. Non siamo frutto del caso, vite gettate alla
rinfusa che galleggiano nell'universo. Anche un atollo che spunta solitario
nell'oceano, nelle profondità invisibili si radica nella terra che lo lega al
continente. Forse non conosciamo i nomi e le vicende dei tanti che ci hanno
preceduto, ma ci sono stati e hanno trasmesso seme e sangue sino a
noi. Senza di loro non ci saremmo. Senza ogni istante della storia che ci
ha preceduto non esisteremmo. Così è stato anche per la Vergine Maria, promessa
sposa di Giuseppe, l'ultimo che incontriamo nella genealogia di Gesù. Tutta la
sua genealogia appare come un lungo e appassionato fidanzamento, la
promessa di sposare l'umanità peccatrice e adultera nella fedeltà e nell'amore
che Dio stesso le ha donato nel tempo preparandone il compimento in ogni generazione. La
storia della salvezza, la nostra storia sino ad oggi, è la "promessa
sposa" in attesa la pienezza dei tempi per celebrare le nozze con il
Creatore. Anche se nella nostra genealogia ci fossero dei camorristi, e
fallimenti, violenze e scandali, non importa, perché "Dio ha scelto
ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla
per ridurre a nulla le cose che sono". Non sono i peccati di
chi ci ha preceduto a condizionare negativamente le nostre
storie, neanche quelli dei nostri genitori, come ci hanno insegnato i
falsi maestri. Ciò che ferisce la nostra vita sono i nostri peccati, con i
quali abbiamo risposto liberamente alle vicende della vita; ci siamo ribellati,
abbiamo odiato tentando di farci giustizia e prenderci quello che pensavamo ci
fosse stato tolto. La nostra genealogia, invece, intessuta con i peccati
nei quali ogni madre ci ha concepito generazione dopo generazione, è il grembo
benedetto nel quale Dio ha gestato la sua promessa di matrimonio. Perché
così è stato anche per Gesù: senza la sua concreta genealogia di peccatori e
pagani come la nostra non sarebbe venuto al mondo e non ci avrebbe salvato. Sino
alla pienezza dei tempi, per la quale aveva preparato l’unica Madre Immacolata
per accogliere "l'unigenito Figlio di Dio” che nel suo grembo “assunse
la nostra natura, affinché, fatto uomo, facesse gli uomini dei" (S.
Tommaso d'Aquino).
Nella Chiesa, infatti, si attualizza per me ciò
che accadde nel suo seno quando ascoltò e credette alle parole dell'Arcangelo
Gabriele: il vero Dio si fece carne per diventare vero uomo. Quando la Chiesa
annuncia il Vangelo, lo Spirito Santo depone in chi ascolta e accoglie la
predicazione il seme della vita divina che si unisce alla carne per fare di lui
un figlio di Dio. Il compimento della nostra vita, infatti, dipende dall'accordarsi in
noi delle due nature di Cristo delle quali anche noi siamo chiamati
ad essere partecipi. Saremo felici solo quando apparirà nella carne l’amore
soprannaturale che ci sospinge a donarci a tutti oltre i limiti che essa
impone. Per questo non basta nascere, occorre rinascere nelle viscere di
misericordia della Chiesa! Celebriamo allora la Natività di Maria
con gioia e gratitudine, perché è il giorno in cui anche la nostra genealogia
ha trovato il suo compimento nella misericordia: Maria, infatti, è nata per accogliere
Gesù, Colui che, sulla Croce del suo amore, ci avrebbe accolti e consegnati a
Lei perché in Lei giungesse a tutti noi il Mistero Pasquale con il quale realizzava
la nostra salvezza. Per questo Maria è nata per accogliere anche noi nel suo seno
benedetto che è la comunità cristiana, dove, come una madre, la Chiesa ci ha
accolto e ci accoglie senza pretese e pregiudizi; ci ha nutriti e ci nutre
gestandoci alla fede adulta perché si diano in noi i frutti del Battesimo nel
quale siamo rinati. Con il compleanno di Maria celebriamo dunque anche quello
del nostro uomo nuovo; quale miglior regalo potremmo fare oggi a nostra Madre
che lo stesso che le fece Giuseppe prima e Giovanni poi: accoglierla con noi
senza timore per consegnarci a Lei senza riserve. Accogliere cioè docilmente
l’opera che attraverso di Lei lo Spirito Santo vuole compiere in noi perché,
nascendo ogni giorno nella vita nuova dell’amore, il mondo veda e creda che Dio
è con noi, con ogni uomo, sempre.
Quando si celebra un compleanno è come una eucarestia, un
rendimento di grazie che sgorga dal memoriale del dono della vita. Nascere,
infatti, nessuno di noi lo ha chiesto, è stato un miracolo gratuito con il
quale Dio ci ha tratto all'esistenza. Tuttavia c'è una storia che ci precede e
ha preparato la nostra nascita.
I genitori, e prima ancora i nonni, e poi i bisnonni, e poi più
indietro nel tempo sino a disegnare quello che si chiama l'albero genealogico.
Esso è costituito da un tronco e da rami che intrecciano storie reali, vite
vissute che hanno dischiuso il cammino alla nostra venuta al mondo.
Non siamo frutto del caso, vite gettate alla rinfusa che
galleggiano nell'universo. Anche un atollo che spunta solitario nell'oceano,
nelle profondità invisibili si radica nella terra che lo lega al continente.
Forse non conosciamo i nomi e le vicende dei tanti che ci hanno preceduto, ma
ci sono stati e hanno trasmesso seme e sangue sino a noi.
Senza di loro non ci saremmo. Senza ogni istante della storia
che ci ha preceduto non esisteremmo. Così è stato anche per la Vergine Maria,
"promessa sposa di Giuseppe", l'ultimo che incontriamo nella
genealogia di Gesù. Ed è un'immagine meravigliosa: tutta la genealogia appare
come un lungo e appassionato fidanzamento, la "promessa"
di sposare l'umanità peccatrice e adultera nella fedeltà e nell'amore che Dio
ha spalmato nel tempo preparandone il compimento in ogni generazione.
La storia della salvezza è dunque come la "promessa
sposa" che ha atteso la pienezza dei tempi per celebrare le nozze con il
Creatore. Così è la storia di ciascuno di noi, esattamente come è stata sino ad
oggi, perché "tutto concorre al bene di coloro che sono amati da
Dio".
Anche se nella nostra genealogia ci fossero dei camorristi, e
fallimenti, violenze e scandali, non importa, anzi: "Considerate infatti
la vostra chiamata, fratelli: non ci sono tra voi molti sapienti secondo la
carne, non molti potenti, non molti nobili... Dio ha scelto ciò che nel
mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a
nulla le cose che sono" (1 Cor 1, 26-28).
Il Vangelo di oggi ci rivela che non sono i peccati di
chi ci ha preceduto a condizionare negativamente le nostre
storie, neanche quelli dei nostri genitori. Questo è quello che ci vuole
indurre a pensare Freud e la maggior parte della psicologia. Ciò che ferisce la
nostra vita sono i nostri peccati, con i quali abbiamo risposto liberamente
alle vicende della vita.
La nostra genealogia, invece, proprio per non averci dati dato
"nobili natali", per averci concepito nel peccato di nostra madre e
di tutte le madri che l'hanno preceduta, è stata per noi il grembo benedetto
nel quale Dio ha gestato la sua promessa di matrimonio.
Perché così è stato anche per Gesù: senza la sua concreta
genealogia di peccatori e pagani non sarebbe venuto al mondo e non ci avrebbe
salvato. Aveva infatti bisogno di Giuseppe della casa di Davide, colui che gli
avrebbe dato il nome con cui entrare nel mondo. E aveva bisogno della nostra
debolezza per manifestare pienamente la sua potenza in noi.
Certo, "l'evento unico e del tutto singolare
dell'incarnazione del Figlio di Dio non significa che Gesù Cristo sia in parte
Dio e in parte uomo, né che sia il risultato di una confusa mescolanza di
divino e di umano. Egli si è fatto veramente uomo rimanendo veramente Dio. Gesù
Cristo è vero Dio e vero uomo" (Catechismo della Chiesa Cattolica, n.
464).
Era necessario che, per salvarci e farci "partecipi della
natura divina", Egli fosse vero Dio e vero uomo: "Infatti, questo è
il motivo per cui il Verbo si è fatto uomo, e il Figlio di Dio, Figlio
dell'uomo: perché l'uomo, entrando in comunione con il Verbo e ricevendo così
la filiazione divina, diventasse figlio di Dio" (S. Ireneo di
Lione).
E per farsi uomo, Gesù ha avuto bisogno di una genealogia del
tutto simile alla nostra, nella quale una carne lo accogliesse per gestarlo e
consegnarlo al mondo; la carne benedetta della Vergine Maria. In
Lei "l'unigenito Figlio di Dio assunse la nostra natura, affinché,
fatto uomo, facesse gli uomini dei" (S. Tommaso d'Aquino).
Maria, vera donna, era lì quel giorno che significava la
pienezza e tempi, nel quale Dio aveva deciso di compiere la sua promessa di
farci una carne con il Vero Dio. Per questo, in Lei ha rivelato il mistero
delle due nature di Gesù: nello stesso momento nel quale vi ha deposto il suo
seme per opera dello Spirito Santo Dio ha dato compimento alla sua genealogia
secondo la carne.
Ciò avviene anche nella Chiesa della quale Maria è immagine. In
essa si attualizza per me ciò che accadde nel suo seno quando
ascoltò e credette alle parole dell'Arcangelo Gabriele. Quando la Chiesa
annuncia il Vangelo, in chi ascolta e crede alla predicazione, è deposto il
seme divino che comincia a risuscitare la carne schiava del peccato, infondendo
una vita nuova ai pensieri e ai gesti.
Il compimento della nostra vita, infatti, dipende dall'accordarsi in
noi delle due nature di Cristo delle quali anche noi siamo chiamati
ad essere partecipi. Saremo felici solo quando vivremo nel mondo pur non
essendo del mondo; quando cioè, vivremo nella carne un amore soprannaturale che
ci sospinge oltre i limiti che essa impone, alla moglie, al marito, ai nemici.
Per questo non basta nascere, occorre rinascere! Come ha
sperimentato anche Maria, nata in una storia che l'ha preceduta e preparata ma,
in un certo senso, rinata all'annuncio dell'Angelo che ha compiuto quanto nella
sua carne Dio aveva preparato. Maria è stata concepita ed è nata senza peccato
originale per accogliere e dare alla luce l'Immacolato che avrebbe reso
immacolati i peccatori.
Come Lei anche tu ed io siamo legati a una storia che ci ha
preparato ad accogliere il compimento della volontà di Dio. Così anche la
storia di ogni uomo è una promessa che attende il giorno in cui lo Sposo busserà
alla sua porta per condurlo alle nozze. Il giorno in cui la Chiesa gli
annuncerà il kerygma, la notizia che Cristo è risorto e ha perdonato ogni
peccato, per poter camminare in una vita nuova.
Per questo oggi risuonano per noi le parole del Profeta Isaia:
"Ascoltatemi, voi che siete in cerca di
giustizia, voi che cercate il Signore; guardate alla roccia da cui
siete stati tagliati, alla cava da cui siete stati estratti". Guardate
a Maria, guardate alla Chiesa. Guardate a questo giorno e celebrate la Natività
di Maria; celebratelo con gioia e gratitudine perché in esso è scritto anche il
vostro compleanno, la pienezza dei tempi della vostra storia, il giorno in cui
siete venuti alla luce per diventare cristiani, ovvero santi nel Santo per
questa generazione.
Celebriamolo
rinnovando il vigore nel cammino che ci conduce giorno dopo giorno alla
pienezza dei frutti del sacramento che ci ha resi figli nel Figlio, perché
"la forza della Parola di Dio è nell'incontro tra i miei peccati e il
sangue di Cristo, che mi salva. Il luogo privilegiato per l’incontro
con Gesù Cristo sono i propri peccati. Se
un cristiano non è capace di sentirsi proprio peccatore e salvato dal sangue di
Cristo, questo Crocifisso, è un cristiano a metà cammino, è un cristiano
tiepido... La forza della vita cristiana e la forza della Parola di Dio è
proprio in quel momento dove io, peccatore, incontro Gesù Cristo e
quell’incontro rovescia la vita, cambia la vita … E ti dà la forza per
annunziare la salvezza agli altri” (Papa Francesco).
Coraggio allora, perché nella Chiesa possiamo
offrirgli la nostra povera dote di peccati per ricevere la sua, la natura
divina nella quale vivere in pienezza e fecondità ogni istante.
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