Martedì della XXII settimana del Tempo Ordinario


Gesù scaccia lo spirito immondo nella sinagoga di Cafarnao - Affresco XI Sec



αποφθεγμα Apoftegma


L'uomo non è solo sanabile, è sanato di fatto. 
Dio ha introdotto la guarigione. 
È entrato in persona nella storia. 
Alla permanente fonte del male 
ha opposto una fonte di puro bene. 
Cristo crocifisso e risorto, nuovo Adamo, 
oppone al fiume sporco del male un fiume di luce. 
E questo fiume è presente nelle storia: 
vediamo i santi, i grandi santi ma anche gli umili santi,
 i semplici fedeli. 
Vediamo che il fiume di luce che viene da Cristo 
è presente, è forte.

Benedetto XVI   






L'ANNUNCIO
Dal Vangelo secondo Luca 4,31-37. In quel tempo, Gesù discese a Cafarnao, una città della Galilea, e il sabato ammaestrava la gente. Rimanevano colpiti dal suo insegnamento, perché parlava con autorità. 
Nella sinagoga c'era un uomo con un demonio immondo e cominciò a gridare forte: «Basta! Che abbiamo a che fare con te, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? So bene chi sei: il Santo di Dio!». 
Gesù gli intimò: «Taci, esci da costui!». E il demonio, gettatolo a terra in mezzo alla gente, uscì da lui, senza fargli alcun male. 
Tutti furono presi da paura e si dicevano l'un l'altro: «Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti immondi ed essi se ne vanno?». 
E si diffondeva la fama di lui in tutta la regione. 



Solo la Parola della Croce ci salva "senza farci alcun male"


Abbiamo bisogno dell'"autorità" e del "potere" della Parola di Gesù. Senza di essa i demoni e i loro inganni non si smascherano, e noi continuiamo a vivere profondamente insoddisfatti perché obbligati a frustrare la missione che dà senso alla nostra vita. Certo, ci fanno soffrire molte cose esterne a noi, ma non sono queste a "rendere impuro" il nostro cuore. Infatti, nonostante le lotte e gli sforzi, restiamo "impuri", incapaci cioè di vivere nella gioia e nella benedizione. In Israele la "purità" era proprio la condizione per celebrare il culto. Gli ebrei sapevano che il peccato che rende "impuro" è legato alla morte, entrata nel mondo per invidia del demonio. Scelto e "santificato", cioè separato dall'impurità del mondo, attraverso la "purezza" di una vita obbediente alla Torah, Israele era la primizia chiamata a mostrare i frammenti di quello che l'umanità ha perduto con il peccato. Ma anche Israele è stato infedele a causa della sua dura cervice sedotta dal demonio, e si trovava "impuro" nella sinagoga dove avrebbe dovuto celebrare il culto. Doveva venire il Messia, la cui "parola comandasse con autorità e potenza agli spiriti immondi". Doveva "discendere" Gesù a Cafarnao, la città dove giaceva "posseduto da uno spirito impuro" ogni figlio di Israele; doveva visitare di "sabato" la "sinagoga", il luogo che sostituiva il tempio per le liturgie settimanali, perché è proprio lì che satana attira nella sua impurità pervertendo la Parola di Dio. Satana è un angelo decaduto, conosce le liturgie celesti, figurati quelle celebrate sulla terra... "Sa chi è" Gesù e ce lo dice proprio mentre ascoltiamo la Parola e la predicazione, magari nella preghiera, a messa, durante le attività della parrocchia, presentandoci Gesù come il "santo di Dio”. E cadiamo nel tranello di una verità avvelenata dalla menzogna, perché il Gesù di satana è un Messia secondo il pensiero del mondo, un taumaturgo che deve risolvere i problemi e cambiare la storia. E siccome Gesù non compie la nostra volontà che ci condurrebbe alla rovina riservata ai superbi, ma la volontà d'amore del Padre che ci vuole salvi a tutti i costi, cominciamo a mormorare: “se Gesù è il Figlio di Dio non può permettere questa sofferenza, la deve eliminare e cambiare la storia e le persone”. Ci ribelliamo e non vogliamo "avere niente a che fare" con il Messia crocifisso perché il demonio ci ha convinto che Gesù, piantando la sua Croce nella nostra vita, “venga a rovinarci”. Per questo "gridiamo forte" prestando la voce al demonio che "possiede" il nostro cuore, e diciamo “basta!" alla volontà di Dio. Ma proprio questo grido di ribellione è il segno che Gesù è "disceso" alla nostra vita e ci sta salvando; attraverso la sua parola che ascoltiamo nella Chiesa, sta “intimando” al demonio con "autorità" e "potenza" di “tacere e di uscire da noi”. Gesù ci sta esorcizzando oggi attraverso la parola della Croce sulla quale ci attira e dove “si dirige” al demonio: è lui infatti il padre che ci ha generati all'impurità, sarebbe inutile parlare con noi. Proprio come accade in ogni esorcismo. E il demonio tace, perché ad ogni suo inganno, la Croce di Gesù oppone la verità dell'amore infinito di Dio. Coraggio allora, lasciamoci abbracciare da Cristo crocifisso, perché, al contrario di ciò che pensa il mondo, solo sulla Croce potremo sperimentare che il suo amore ci salva “senza farci alcun male”. La Croce, infatti, "getta a terra" il nostro uomo "impuro" per far nascere in noi l'uomo "puro" che entra nella storia benedicendo Dio, come un segno del suo amore "in mezzo a tutti". 







Abbiamo bisogno dell' "autorità" di Gesù. Senza di essa i demoni e i loro inganni non vengono smascherati; così continuiamo a vivere profondamente insoddisfatti e frustrati, infelici e pieni di giudizi e mormorazioni, e senza sapere il perché. Certo, di cause esterne a noi ve ne sono a bizzeffe: l'ingiustizia che non ci lascia neanche un giorno, le malattie, la precarietà economica, il fallimento dei progetti. 

Soprattutto la mancanza di amore: il non sentirsi amati, accolti per quello che siamo, rispettati e ascoltati, considerati e apprezzati. Ma, nonostante lottiamo e ci sforziamo di eliminare le cause della sofferenza, restiamo "impuri", e non sappiamo da dove ci venga tanta sporcizia. 

In Israele la purità era compresa in senso rituale e cultuale; la purezza era la condizione per celebrare il culto. Per questo bisognava tenersi lontani da cose, animali, persone o luoghi che si ritenevano capaci di contagiare e di separare dalla santità di Dio. In modo particolare era impuro quanto legato alla nascita, alla morte, all’alimentazione, alla sessualità, al sangue. 

Ma la purezza non era fine a se stessa; piuttosto era uno strumento per vivere la vita secondo la volontà di Dio creatore ad immagine del quale ogni uomo è creato. Per vivere ogni istante e ogni aspetto come una liturgia di santità. Al centro della vita quotidiana di un ebreo vi era, infatti, il Libro del Levitico; esso era il primo che i bambini cominciavano a leggere. Per gli ebrei è fondamentale quello che un bambino impara da piccolo, da suo padre e da sua madre. Così, fin dall'inizio, la trasmissione della fede avveniva attraverso l'insegnamento della Legge di Santità contenuta nel Levitico: "Tu sarai santo perché Io, il Signore tuo Dio sono Santo". 

Imparando attraverso una serie di regole e precetti da compiere cosa concretamente significhi essere santo, un bambino ebreo acquisisce una retta e autentica antropologia, e scopre la propria identità. Un ebreo sa di essere nato per vivere santamente, semplicemente perché Dio lo ha creato santo a sua immagine e somiglianza. Per questo, ad esempio, in ebraico "matrimonio" si dice "santificazione". 

Un ebreo sa che la felicità piena sulla terra è l'anticipo della vita santa del Cielo. Dio, infatti, ha creato l'uomo per essere felice, contemplando e sperimentando il suo amore in ogni cosa. Ma il peccato è entrato nel mondo per invidia del demonio, che, misteriosamente, non si è "accontentato" di essere il più bell'angelo al servizio di Dio. Con una menzogna, ha trascinato l'uomo nella sua invidia, facendolo partecipe della sua "impurità". 

A causa della menzogna primordiale, infatti, l'uomo ha sperimentato i frutti amari dell'orgoglio, ritrovandosi solo e nudo, ben lontano dalla liturgia di lode e santità del Paradiso. La vita è divenuta fonte di preoccupazione, fatica e mormorazione. L'occhio si è appesantito nella concupiscenza scatenata dalla fame, e gli altri si sono trasformati in prede da afferrare e di cui nutrirsi. In un mondo schiavo del demonio, Israele è stato scelto, "santificato", cioè separato dall'impurità, come una primizia e una profezia della salvezza che sarebbe giunta con il Messia. 

Attraverso la Torah e la Tradizione, il Popolo ha avuto e ha la missione di testimoniare al mondo che Dio esiste e non ha dimenticato l'uomo. Proprio attraverso la "purezza" di una vita santa ogni ebreo è chiamato a mostrare le tracce e i frammenti di quello che l'umanità ha perduto con il peccato. E così, camminando nella Legge, egli impara a vedere Dio nel fratello e nella storia. 

I Rabbini insegnavano, infatti, che per vedere Dio occorre accostarsi alla scala che, nel sogno, ha permesso a Giacobbe di vedere il Cielo aperto. Essa era una profezia della scala del Sinai, sulla cui sommità Dio ha consegnato la Torah a Mosè e al Popolo. Ma non solo: al Tempio, accanto all'altare dove si bruciavano i sacrifici, vi era una piccola scala. I sacerdoti che vi salivano e scendevano erano immagine degli angeli che Giacobbe aveva visto nel sogno salire e scendere dalla scala. 

Per avere un occhio puro capace di vedere Dio è dunque necessario accostarsi alla scala di Giacobbe, attraverso l'ascolto della Legge e l'obbedienza ad essa, accanto all'offerta dei sacrifici all'altare del Tempio. Queste due vie sono come riassunte nell'episodio dell'incontro tra Giacobbe ed Esaù; dopo la notte passata al guado dello Jabbok, dove Giacobbe ha lottato con Dio sperimentando la sua debolezza e la forza di Dio, claudicante e a Lui appoggiato incontra il fratello, di cui aveva una terribile paura. 

E invece si compie la riconciliazione tra i due, così che per Giacobbe "vedere il volto di Esaù è come vedere il volto di Dio" (cfr. Gen 33,10). La purezza sgorga dunque da un cuore riconciliato che riconosce nel fratello il volto di Dio: l'amore e il perdono sono la sintesi della Torah ricevuta dal Cielo, di cui sono segno e annuncio sulla Terra, il sacrificio autentico e "purificatore". Gesù si è fatto carne proprio per compiere tutto questo.

Non a caso Egli si trova, di "sabato" in una "sinagoga". E' proprio lì, nel luogo che rinnova il Sinai e sostituisce il tempio per le liturgie settimanali, che si nasconde "un uomo posseduto da uno spirito impuro". Satana, infatti, ci attira nella sua impurità proprio attraverso le cose sante. Occorre fare bene attenzione: egli sa chi è Gesù, e non lo nasconde: "Io so chi tu sei: il santo di Dio!". Non lo nega, anzi. Ed è quello che fa con tutti noi, chiamati ed eletti come Israele ad essere santi come il nostro Creatore. 

L'autorità del demonio è quella della menzogna che la superbia desidera ascoltare e della quale si nutre: "fatti dio, non umiliarti, perché Dio non è amore e vuole solo limitarti. Guarda la tua vita, il tuo matrimonio, i figli, il lavoro e i colleghi, il governo e le tasse, la malattia e la sofferenza degli innocenti; guarda le ingiustizie che ti hanno ferito: ha senso tutto questo?". E allora ci presenta Gesù come il "santo di Dio", ma secondo il pensiero del mondo, un taumaturgo che deve risolvere i problemi, cambiare la storia e fare felice il nostro uomo vecchio, corrotto dietro le passioni. 

Esattamente come lo aveva compreso la carne di Pietro: un secondo dopo averlo confessato come "il Figlio del Dio vivente" grazie all'ispirazione del Padre, di fronte all'annuncio della Croce, "attualizza" carnalmente la professione di fede: "questo non ti accadrà mai". Ecco come il demonio conosce Gesù: come un Messia a cui non accadrà mai di andare a Gerusalemme ad essere rifiutato e crocifisso per risorgere. 

In fondo si tratta delle stesse menzogna sussurrata a Gesù nel deserto. Identica a quella che ascoltiamo e alla quale crediamo "nella sinagoga in giorno di sabato", celebrando il culto: magari nella preghiera, a messa, nelle varie attività della parrocchia, nella propria comunità. Nonostante tutto questo siamo "impuri", incapaci di lodare e benedire Dio per la vita, la storia e i suoi eventi, le persone che ci sono donate così come sono. 

Non sappiamo più chi siamo, per questo non sappiamo come essere felici. Accogliendo la falsa immagine di Gesù che ci presenta il demonio, e rifiutando quella autentica perché crediamo che "venga a rovinarci", perdiamo inesorabilmente il senso della vita indossando una falsa immagine di noi stessi. Come afferma Padre Cantalamessa, citando un pensiero da lui ascoltato, da persona scadiamo a personaggio: "Il personaggio non è altro che la corruzione della persona. La persona è un volto, il personaggio una maschera. La persona è nudità radicale, il personaggio è tutto abbigliamento. La persona ama l’autenticità e l’essenzialità, il personaggio vive di finzione e di artifici. La persona ubbidisce alle proprie convinzioni, il personaggio ubbidisce a un copione. La persona è, umile e leggera, il personaggio è pesante ed ingombrante".

Il personaggio non può che ripetere "basta!" alla verità. Quante volte in famiglia ripetiamo questo stesso "basta!". Quando la moglie si avvicina e ci rimprovera di essere stati troppo severi con i figli; o di essere stati avari e non aver accolto un suo bisogno; quando un figlio immaturo continua i capricci e non sopportiamo di essere molestati e scomodati; quando il Signore ci invita ad aprirci alla vita unendoci al coniuge, e "basta!", sette figli sono più che sufficienti; quando il collega ci calunnia per l'ennesima volta, e "basta!", è giunto il momento di denunciarlo al dirigente; quando il Vescovo cambia ancora il nostro incarico, e "basta!", non faccio in tempo a conoscere le persone; quando una malattia incurabile afferra il corpo, e "basta!", perché soffrire e far soffrire? "Basta!", diciamo a Gesù con il demonio. 

Il cristiano, invece, non pensa tra sé, prega. Non specula con il suo uomo vecchio, ma si umilia e, inginocchiato, consegna se stesso al Signore, peccati compresi. Invece ci illudiamo di essere quello che non siamo chiedendo a un "simulacro" e a una caricatura di Gesù quello che non ci darà mai. Per questo siamo in guerra permanente con Dio e con il mondo. Indignati e irosi, con il cuore rancido di insoddisfazione. "Impuri"....

E proprio lì, tra gli impuri, depone la sua purezza, la misericordia infinita che ci annuncia e testimonia la verità: non è vero che Dio non ci ama, e ci vuole limitare. E' vero il contrario! Ci vuole santi come Lui, ci fa santi come Lui: liberi e consegnati all'amore in ogni istante della nostra vita. Lui è qui ora, dove nessuno si è mai avvicinato, con misericordia; non una parola di disprezzo, di giudizio, di rifiuto. Anzi. 

La sua voce scova il demonio e a lui si dirige: è lui infatti il padre che ci ha generati all'impurità, sarebbe inutile parlare con noi. Così accade in ogni esorcismo. Così è chiamato a fare un genitore con i propri figli. Dialogare con loro è pericolosissimo, si rischia di restare invischiati tutti nella stessa menzogna e divenire "impuri", lontani da Dio e dal suo amore. Occorre invece parlare al demonio, smascherare le sue menzogne e intimargli di "tacere", come ha fatto e fa Gesù con noi. 

"Taci!" con tutte le tue menzogne. Taci, perché ad ogni inganno con il quale oggi il demonio ci tiene per la collottola, la Croce di Gesù oppone la verità dell'amore senza condizioni, della misericordia e della pazienza. Solo la Parola della Croce ha l' "autorità" capace di demistificare e distruggere quella falsa del demonio: la luce di bene che da essa promana, la gloria della risurrezione che accoglie e purifica anche il peccato e la morte, apre il cammino a una vita nuova per tutti noi. 


La sua Parola nel silenzio: abbiamo bisogno di silenzio, l'utero di ogni esorcismo. Ecco perché l'iniziazione cristiana è anche un deserto, un tempo nel quale, a poco a poco, le nostre parole macchiate dalla menzogna fanno posto al silenzio dove Gesù può mettere a tacere il demonio. 

Silenzio che significa anche e soprattutto umiliazioni, situazioni di fronte alle quali restiamo senza parole, proprio come Giacobbe al Guado di Jabbok. Proprio in queste Gesù sta dicendo "taci" al demonio. Non aver paura, siedi solitario e silenzioso, lì dove il Signore ti ha portato, perché tacciano le nostre opere piene di orgoglio, l'ipocrisia che ci sta uccidendo.

L'amore di Dio, al contrario della menzogna del demonio, ci libera e "non ci fa alcun male". Solo ci consegna "in mezzo a tutti", come un segno dell'amore e della misericordia di Dio. "In mezzo a tutti" perché in tutti possiamo, con occhio "puro", vedere Dio e indicare e annunciare il suo amore a ogni uomo.



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