αποφθεγμα Apoftegma
E c'è l'altro modo di usare la ragione,
di essere sapienti,
quello dell'uomo che riconosce chi è;
riconosce la propria misura e la grandezza di Dio,
aprendosi nell'umiltà alla novità dell'agire di Dio.
Così, proprio accettando la propria piccolezza,
facendosi piccolo come realmente è, arriva alla verità.
In questo modo, anche la ragione può esprimere tutte le sue possibilità,
non viene spenta, ma si allarga, diviene più grande.
Benedetto XVI
L'ANNUNCIO |
In quello stesso istante Gesù esultò nello Spirito Santo e disse: «Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così a te è piaciuto.
Ogni cosa mi è stata affidata dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare».
E volgendosi ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete.
Vi dico che molti profeti e re hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, ma non lo videro, e udire ciò che voi udite, ma non l'udirono».
Piccoli
La nostra piccolezza è la gioia del Signore. Il Padre, infatti, ha voluto rivelare "queste cose" - “il grande mistero del Figlio” (Benedetto XVI) - ai “nèpioi”, i “piccoli” e ultimi della terra. Incontrando i settantadue discepoli al ritorno dalla missione, dove erano stati inviati "come agnelli in mezzo ai lupi, senza borsa, né bisaccia, né sandali", Gesù “riconosce” - secondo il significato del greco originale dell’espressione “ti rendo lode” - il riflesso di Dio in ciò che i loro “occhi hanno visto” pieni di gioia; e, “in quello stesso istante”, “esulta nello stesso Spirito” che li aveva preceduti e accompagnati.
L'annuncio del Vangelo aveva segnato la sconfitta di satana impotente contro i piccoli discepoli del Signore; durante la missione si era compiuta in loro la stessa beatitudine che, attraverso la predicazione, aveva raggiunto la "messe" alla quale erano stati inviati: beati i poveri perché "vedono" avvicinarsi il Regno dei Cieli preparato per loro. Il Vangelo, infatti, è sempre annunciato dai poveri per i poveri, perché solo loro sanno guardare Cristo nell’umiltà che si fa semplicità e che esplode in una lode purissima. Scriveva San Tommaso d’Aquino che “la luce della fede fa vedere le cose che sono credute…; l’habitus della fede inclina lo spirito dell’uomo ad assentire alle cose della vera fede, non alle altre”.
E’ lo stesso Spirito che agisce in chi annuncia e in chi ascolta, come accadde nell’incontro tra la Vergine Maria ed Elisabetta, entrambe immagini degli ’anawim, i poveri e i piccoli che attendono la salvezza. Non a caso, infatti, Giovanni “esultò” di gioia nel grembo di Elisabetta all’udire lo “shalom” di Maria, il saluto della prima evangelizzatrice incamminatasi per portare alla cugina l’annuncio che Dio aveva finalmente visitato il suo popolo deponendo nel suo grembo il Figlio di Dio; la stessa gioia “nello stesso Spirito Santo“ sboccia poi sulle labbra di Maria all’udire la benedizione di Elisabetta, e ancora su quelle di Gesù suo Figlio, il più piccolo tra i piccoli. In loro, infatti, vi è una connaturalità che li rende docili all’opera del Padre che prepara e precede sempre l’annuncio del Vangelo. I piccoli figli della pace accolgono senza indugio la pace, come gli apostoli accolsero, con "grandissima gioia", il saluto di Gesù risorto la sera di Pasqua. In quell’uomo avevano riconosciuto, come Maria, come Elisabetta, come i poveri, il "mistero" nascosto anche agli angeli, che "molti profeti e re hanno desiderato vedere e udire".
L'annuncio del Vangelo aveva segnato la sconfitta di satana impotente contro i piccoli discepoli del Signore; durante la missione si era compiuta in loro la stessa beatitudine che, attraverso la predicazione, aveva raggiunto la "messe" alla quale erano stati inviati: beati i poveri perché "vedono" avvicinarsi il Regno dei Cieli preparato per loro. Il Vangelo, infatti, è sempre annunciato dai poveri per i poveri, perché solo loro sanno guardare Cristo nell’umiltà che si fa semplicità e che esplode in una lode purissima. Scriveva San Tommaso d’Aquino che “la luce della fede fa vedere le cose che sono credute…; l’habitus della fede inclina lo spirito dell’uomo ad assentire alle cose della vera fede, non alle altre”.
E’ lo stesso Spirito che agisce in chi annuncia e in chi ascolta, come accadde nell’incontro tra la Vergine Maria ed Elisabetta, entrambe immagini degli ’anawim, i poveri e i piccoli che attendono la salvezza. Non a caso, infatti, Giovanni “esultò” di gioia nel grembo di Elisabetta all’udire lo “shalom” di Maria, il saluto della prima evangelizzatrice incamminatasi per portare alla cugina l’annuncio che Dio aveva finalmente visitato il suo popolo deponendo nel suo grembo il Figlio di Dio; la stessa gioia “nello stesso Spirito Santo“ sboccia poi sulle labbra di Maria all’udire la benedizione di Elisabetta, e ancora su quelle di Gesù suo Figlio, il più piccolo tra i piccoli. In loro, infatti, vi è una connaturalità che li rende docili all’opera del Padre che prepara e precede sempre l’annuncio del Vangelo. I piccoli figli della pace accolgono senza indugio la pace, come gli apostoli accolsero, con "grandissima gioia", il saluto di Gesù risorto la sera di Pasqua. In quell’uomo avevano riconosciuto, come Maria, come Elisabetta, come i poveri, il "mistero" nascosto anche agli angeli, che "molti profeti e re hanno desiderato vedere e udire".
Dio, infatti, prepara nello stesso modo gli apostoli e chi è destinato ad ascoltare il loro annuncio. Per questo, la storia ci fa tutti piccoli. Ma ci riesce molto difficile accogliere i fatti che ci umiliano, perché l'uomo vecchio ascolta il mondo "intelligente" secondo la carne al quale Dio ha nascosto il segreto della felicità: non sa che proprio nell'indigenza e nella totale precarietà che ci definisce è nascosto il segreto dell'autentica beatitudine. Ma oggi, in questo inizio di Avvento, la gioia prorompente di Gesù vuole raggiungerci e contagiarci, assorbirci nella verità che ci può fare davvero liberi. La piccolezza è sinonimo della verità che scioglie le catene del dover dimostrare sempre e a tutti i costi qualcosa.
Siamo piccoli e bisognosi di tutto: ogni mattina ci svegliamo dal sonno ed è come il giorno in cui siamo nati, nudi, fragili, incapaci. L’Avvento ci annuncia che Cristo torna ogni giorno a visitarci, come Maria fece con Elisabetta, con gli eventi, con le persone e con la predicazione. Certo, potrebbe trovare le porte del nostro cuore sbarrate dalla “sapienza” della carne, quell’orgoglio che ci fa "dotti" secondo il mondo per il quale sono "nascoste" le "cose" di Dio, la sua intimità e i suoi segreti d'amore. Ma Cristo ha il potere di passare anche attraverso le barriere dei nostri peccati e mostrarci il “frutto benedetto” del suo amore, la vita nuova e piena che è pronto a donarci.
Proprio dinanzi ai problemi più grandi di noi e che non possiamo risolvere, risuonano le parole di San Paolo: "Dov'è il sapiente? Dov'è il dotto? Dove mai il sottile ragionatore di questo mondo? Non ha forse Dio dimostrato stolta la sapienza di questo mondo? Poiché, infatti, nel disegno sapiente di Dio il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione". Solo Lui “conosce” il Padre, e lo “vuole rivelare” a ciascuno di noi, proprio perché piccoli, un "nulla ignobile e disprezzato" agli occhi del mondo orgoglioso, "per ridurre a nulla le cose che sono". Siamo chiamati allora ad abbandonare le certezze, gli schemi e i criteri per fare nostra la sapienza di Cristo che ci invia nel mondo piccoli per parlare ai piccoli, "perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini".
Abbiamo i sospiri, le lacrime, i dolori, le ansie, le preoccupazioni, l'apparente routine di cose sempre uguali - la stessa fermata dell'autobus, le stesse scartoffie, gli stessi libri, gli stessi banchi al mercato - questa nostra vita visitata dalla Croce del Signore, con la quale annunciare ai piccoli che incontreremo, la beatitudine di essere e sentirsi amati sempre e ovunque, "vedendo" lo sguardo di Cristo in ogni circostanza, l'unico capace di far risuonare nell'intimo la gioia che il mondo soffoca nella menzogna.
Siamo piccoli e bisognosi di tutto: ogni mattina ci svegliamo dal sonno ed è come il giorno in cui siamo nati, nudi, fragili, incapaci. L’Avvento ci annuncia che Cristo torna ogni giorno a visitarci, come Maria fece con Elisabetta, con gli eventi, con le persone e con la predicazione. Certo, potrebbe trovare le porte del nostro cuore sbarrate dalla “sapienza” della carne, quell’orgoglio che ci fa "dotti" secondo il mondo per il quale sono "nascoste" le "cose" di Dio, la sua intimità e i suoi segreti d'amore. Ma Cristo ha il potere di passare anche attraverso le barriere dei nostri peccati e mostrarci il “frutto benedetto” del suo amore, la vita nuova e piena che è pronto a donarci.
Proprio dinanzi ai problemi più grandi di noi e che non possiamo risolvere, risuonano le parole di San Paolo: "Dov'è il sapiente? Dov'è il dotto? Dove mai il sottile ragionatore di questo mondo? Non ha forse Dio dimostrato stolta la sapienza di questo mondo? Poiché, infatti, nel disegno sapiente di Dio il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione". Solo Lui “conosce” il Padre, e lo “vuole rivelare” a ciascuno di noi, proprio perché piccoli, un "nulla ignobile e disprezzato" agli occhi del mondo orgoglioso, "per ridurre a nulla le cose che sono". Siamo chiamati allora ad abbandonare le certezze, gli schemi e i criteri per fare nostra la sapienza di Cristo che ci invia nel mondo piccoli per parlare ai piccoli, "perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini".
Abbiamo i sospiri, le lacrime, i dolori, le ansie, le preoccupazioni, l'apparente routine di cose sempre uguali - la stessa fermata dell'autobus, le stesse scartoffie, gli stessi libri, gli stessi banchi al mercato - questa nostra vita visitata dalla Croce del Signore, con la quale annunciare ai piccoli che incontreremo, la beatitudine di essere e sentirsi amati sempre e ovunque, "vedendo" lo sguardo di Cristo in ogni circostanza, l'unico capace di far risuonare nell'intimo la gioia che il mondo soffoca nella menzogna.
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