Lunedì della I settimana del Tempo Ordinario





αποφθεγμα Apoftegma

Dammi prima questo pescatore — dice il Signore. 
Vieni tu, o povero, seguimi; 
non hai nulla, non sai nulla, seguimi. 
Tu che sei ignorante e povero, seguimi! 
Tu non hai nulla che spaventi, 
ma hai molto che si può riempire. 
Bisogna avvicinare il recipiente vuoto 
a una sorgente così abbondante. 
Ha abbandonato le reti il pescatore, 
ha ricevuto la grazia il peccatore 
ed è diventato divino oratore. 
Adesso si leggono le parole dei pescatori 
e si chinano le teste degli oratori. 
Vengano dunque tolti di mezzo i venti sterili, 
si tolga di mezzo il fumo, che svanisce col gonfiarsi: 
cose che bisogna assolutamente disprezzare, se vogliamo la salvezza.

S. Agostino    



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L'ANNUNCIO
Dal Vangelo secondo Marco 1,14-20

Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono.
Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. Subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.




Il Vangelo ci pesca nella libertà per farci pescatori pazienti di uomini


E' terminato il Tempo di Natale, ma il mistero immenso che abbiamo celebrato in questo tempo straordinario non era fine a stesso. Non avrebbe senso festeggiare il Natale se non ci fosse il Tempo Ordinario nel quale esso si compie. Gesù è nato per entrare nella nostra storia di ogni giorno. Dio si è fatto carne per "camminare lungo il Mare di Galilea", e venirci a cercare dove stiamo "pescando" per mangiare e saziarci. Per questo Gesù irrompe oggi nella nostra precarietà, nel piccolo regno che cerchiamo di costruirci ogni giorno tra le insidie del mare e le poche certezze della terra. Non siamo tutti nella stessa situazione di Pietro e Andrea, Giacomo e Giovanni? Non stiamo anche oggi "gettando" le reti sperando che la sorte dia una mano ai nostri sforzi, al lavoro, a scuola, in famiglia? Non stiamo "riparando" i buchi apparsi nelle reti, non cerchiamo cioè di ricucire le relazioni che si sono sfilacciate? Siamo sullo stesso confine tra vita e morte, gioia e dolore, successo e fallimento segnato profeticamente dalla riva sulla quale Gesù stava "passando" quella mattina. E, come allora, anche oggi ci "vede" e ci "chiama": "il kairos è compiuto, il Regno di Dio è vicino", parole che per un ebreo significavano che quello nel quale stava vivendo, quell'istante preciso, era il momento favorevole per l'avvento del Messia nella storia e l'instaurazione del Regno agognato dai tempi di Davide. Significava che quel mare non avrebbe più costituito un'insidia e un'incognita: sarebbe bastato "gettarvi" reti che non si sarebbero più strappate per pescare sempre in abbondanza. Ma, annunziando l'arrivo del Regno atteso, Gesù aveva spiazzato tutti. Esso infatti non si imponeva con la violenza della sua apparizione abbacinante. Nessuno era obbligato ad entrarvi: era rovesciata ogni dinamica religiosa: non era l'uomo a bussare alle sue porte, ma, per così dire, era il Regno che chiedeva a ciascuno di essere accolto. Era Dio che si rivelava ma non si comportava come ogni ebreo si sarebbe aspettato da Lui. Sì, i segni del Messia erano davanti ai loro occhi, ma stentavano a "convertirsi e credere al Vangelo". La carne di Gesù li scandalizzava, non era possibile che il potere e l'autorità del Re si celassero in quell'Uomo così umile che non si imponeva e li lasciava liberi di rifiutare Lui e le sue parole. I primi quattro apostoli chiamati da Gesù, di fronte alla gratuità di una chiamata che dava compimento al loro lavoro e quindi senso e perfezione alla loro vita,     non hanno saputo resistere. Esperti pescatori, sapevano che cosa significasse mettere tutto l'impegno e il sacrificio per "gettare reti" spesso "riparate" con pazienza, e non pescare nulla. Conoscevano la fame che nasceva dal fallimento, e per questo intuivano che c'era, nella natura e quindi nel cuore dell'uomo, qualcosa che sfugge alle regole, una libertà inscritta nell'essenza delle cose e delle persone, contro la quale non vale nessuna imposizione. Non basta gettare le reti, perché può darsi che il pesce non passi di lì! Per questo quei pescatori non poterono resistere alle parole di Gesù così piene di un'autorità sino ad allora sconosciuta: un'autorità assoluta per l'amore che rivelava, ma che lasciava sorprendentemente liberi di accoglierlo oppure no. 

Ecco, quell'autorità era la risposta che illuminava di senso ogni istante della loro vita. La precarietà del loro mestiere era la dimora preparata all'assoluta gratuità dell'amore di Dio. La libertà con cui la natura si presentava a loro ogni giorno era la firma del Creatore vergata sulla creatura. Il peccato aveva ferito entrambe sino a renderle irriconoscibili e ingestibili, ma le parole di Gesù stavano restituendo loro il volto originale: il mare e i pesci attendevano da sempre i pescatori e le loro reti perché erano stati creati gli uni per gli altri. La libertà e la precarietà non sono impedimento al compimento della vita, ma l'esatto contrario: indicano il "kairos", il tempo favorevole nel quale convertirsi e credere al Vangelo, abbandonare cioè di guardare orgogliosamente a se stessi, alla propria abilità e ai propri sforzi, e accogliere la stessa Parola che ha il potere di creare nell'armonia pescatore e pesce. Per questo, sulle rive del Lago di Galilea appare il Regno di Dio perduto a causa del peccato. Si compie il miracolo della nuova creazione, che non si impone ma si offre con l'autorità dell'amore gratuito che è l'unico compimento perfetto per la libertà dell'uomo. Così accade oggi per noi, in questo "Tempo Ordinario" nel quale appare lo "straordinario" dell'amore di Dio che lo rende "favorevole" per la salvezza. Un lunedì meraviglioso perché decisivo: "seguimi!", cioè stai con me, come ogni discepolo faceva con il suo rabbino. Nella comunità cristiana (4 era il numero minimo di discepoli che doveva avere un rabbino) impara a vivere la Torah, ovvero la volontà di Dio, posando i tuoi passi sulle mie orme; impara la fede entrando negli eventi con me. "Seguimi!, cioè "diventa me!". Lasciati ricreare in me per diventare un altro Cristo in questa generazione. Per questo Gesù dice anche a noi: “Venite dietro di me, e vi farò diventare pescatori di uomini”: io trasformerò la tua vita in un fecondo dono d'amore, capace di portare gli uomini in salvo. Non si tratterà più di pescare per sfamarsi, ma di pescare per sfamare, offrendo a ogni uomo lo stesso compimento che ha ci ha pescati nel mare del fallimento. Come si pesca un uomo? Tirandolo fuori dall'acqua, ovvio! Strappandolo al peccato e alla morte, con la rete dell'amore che non si spezza perché capace di dilatarsi all'infinito per seguire con pazienza le fughe nell'abisso con cui gli uomini si illudono di salvarsi lontani dalla Croce. Sino al "kairos" nel quale ognuno sentirà rivolto personalmente a lui l'annuncio del Vangelo e potrà così, liberamente, convertirsi per essere accolto nelle maglie di misericordia della Chiesa. In famiglia e al lavoro, in ogni relazione, ci attende allora un mare dove gettare la nostra vita come una rete: maglie fitte di misericordia, pazienza, tenerezza, verità e parresia per annunciare il Vangelo, l'unica Parola che rivela con autenticità l'amore infinito di Dio. 




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