Lunedì della V settimana del Tempo Ordinario



αποφθεγμα Apoftegma


Iesu dulcis memoria

O Gesù, ricordo di dolcezza
Sorgente di forza vera al cuore
Ma sopra ogni dolcezza
Dolcezza è la Sua Presenza.
Quanto sei pietoso verso chi Ti desidera
Quanto sei buono verso chi ti cerca
Ma che sarai per chi ti trova?
Vedo già ciò che ho cercato
Possiedo ciò che ho desiderato;
E ardo tutto in cuore.
O Gesù mio dolcissimo
Speranza dell’anima che sospira
Ti cercano le lacrime pietose
E il grido del profondo dell’animo.


    






L'ANNUNCIO
Dal Vangelo secondo Marco 6,53-56.

Compiuta la traversata, approdarono e presero terra a Genèsaret. Appena scesi dalla barca, la gente lo riconobbe, e accorrendo da tutta quella regione cominciarono a portargli sui lettucci quelli che stavano male, dovunque udivano che si trovasse. E dovunque giungeva, in villaggi o città o campagne, ponevano i malati nelle piazze e lo pregavano di potergli toccare almeno la frangia del mantello; e quanti lo toccavano guarivano.



Abbracciati e guariti dal mantello di misericordia del Signore



Gesù ha “compiuto la traversata” e “approda” sulla terra di questo nostro lunedì. E’ passato dalla morte alla vita per noi. Il Mistero Pasquale che abbiamo celebrato ieri era una primizia di Cielo per vivere sulla terra, la porta attraverso cui entrare nei giorni feriali che ci attendono. “Dovunque giunge” Gesù, infatti, stende il “mantello” della sua vittoria sul peccato e sulla morte che tutti “guarisce”. Per questo, se nella nostra vita c’è Lui, questa nuova settimana sarà una meraviglia, qualunque cosa accadrà. Gli impegni, anche quelli più noiosi e fastidiosi, non saranno più una condanna. Le relazioni, anche quelle difficili dalle quali vorremmo sfuggire, non saranno più una tortura. Perché Cristo è risorto, e lo è anche oggi, non solo mentre stiamo in chiesa o preghiamo. Tornato dalla morte Cristo “prende terra” dove siamo oggi, e rovescia tutto: se la morte è vinta allora cambia ogni prospettiva. Quello che ci fa paura perché, come un tunnel oscuro, ci annuncia la fine della speranza è invece il buio dove Dio vuol creare qualcosa di straordinario. E’ impensabile, ma proprio attraverso quella relazione difficile, la malattia che a detta dei medici non mi lascerà scampo, la crisi di mia figlia, l’ingiustizia della disoccupazione, potremo “toccare la frangia del mantello” di Gesù. Ma che significa concretamente? Le frange simboleggiavano la Torah, il cuore della Scrittura: "Avrete pertanto una frangia e quando la guarderete allora ricorderete tutti i precetti del Signore e li praticherete..." (Nm. 15, 39). Ciò significa che per ogni evento è preparata una Parola di vita capace di trasfigurare anche il dolore. E’ necessario solo guardare la “frangia del mantello di Gesù”, per ridestare in noi la memoria del suo amore e spingere il nostro cuore a toccarlo. Già, ma come faccio? Siamo, infatti, così deboli che abbiamo bisogno della Chiesa, l’unica che non ci giudica perché riconosce nei nostri peccati e nel nostro dolore i “villaggi, le città e le campagne” dove Lui sta passando. Per questo può condurci a Cristo. 

Vogliamo “guarire” davvero e lasciare che il Signore trasformi la morte in vita, questa settimana e ogni nostro giorno in una liturgia di santità? La creazione, infatti, secondo la tradizione rabbinica fu proprio una liturgia, nella quale “il Santo si avvolse nella propria veste come il preposto al servizio liturgico… e si avvolse nella luce come in un manto e irradiò lo splendore del proprio fasto..." (dal Talmud). Affidiamoci alla Chiesa che stende di nuovo il mantello di misericordia del Padre su di noi, predicando la Parola e amministrando i sacramenti compie di nuovo, nella nostra vita, una nuova creazione che trasforma la nostra vita in una liturgia di lode; ascoltiamo e accostiamoci ai segni che irradiano il potere di Cristo, sperimenteremo la nascita dell'uomo nuovo che benedice Dio in ogni evento, perché ogni evento e persona riconosce come un'opera bella e buona di Dio creatore. Così impareremo a condurre a Cristo il prossimo che soffre. Perché tutti "stanno male": se il marito, i figli, la fidanzata, il collega non sperimentano l’amore di Cristo sono malati! Ma ricordiamolo, noi non guariamo nessuno! Per aiutare davvero dobbiamo averne la consapevolezza, perché anche noi abbiamo bisogno di essere condotti a Cristo. Per questo, formati nella Chiesa, siamo chiamati a discernere quando Cristo sta passando nella vita delle persone, che è proprio nei momenti più difficili, forse disperati. Sposi, genitori, preti, tutti dobbiamo compiere con Cristo la traversata del perdono e della rinascita, spogliarci cioè delle nevrosi e rivestirci del mantello di Cristo. Solo così sapremo scendere nei luoghi di dolore degli altri, senza giudizi e moralismi, perché Gesù sia "ovunque" e tutti lo possano “riconoscere” in noi e “toccare” il suo amore.



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