Le "Mirofore" (Le donne al sepolcro). Un articolo del Padre Frederic Manns e una galleria iconografica




αποφθεγμα Apoftegma

Fermatosi dinnanzi alla tomba, 
l'Angelo alle donne recanti aromi gridò: 
gli aromi si addicono ai mortali, 
Cristo invece s'è mostrato alieno da ogni corruzione. 
E voi gridate dunque: 
è risorto il Signore per donare al mondo la grande misericordia.

Tropario della Domenica delle Mirofore









LE MIROFORE

Articolo di Frédéric Manns ofm pubblicato nel sito ufficiale dei francescani della Custodia della Terra Santa

“Le donne prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo secondo il comandamento. Il primo giorno dopo il sabato, di buon mattino, si recarono alla tomba, portando con sé gli aromi che avevano preparato” (Lc 23,56-24,1).

Per i Padri della Chiesa le Miròfore simboleggiano la Chiesa-sposa alla ricerca del suo sposo. Fino al ritorno glorioso del Signore la Chiesa deve vivere nella dialettica della presenza-assenza del Maestro. A questa interpretazione si può aggiungere quelle che provengono dalla tradizione ebraica, dal momento che la Scrittura ha 70 sensi.

Che siano le donne a preparare i preparare i profumi non ha niente di straordinario. Tra donna e profumo c’è una naturale correlazione. La liturgia famigliare del sabato, che dà alla donna un posto importante, già sfruttava questo fatto.

La presenza delle Mirofore nel racconto della resurrezione costituisce una grande inclusione nella storia della salvezza. Le prime pagine della Bibbia evocano il profumo del giardino, del paradiso terrestre. Con la risurrezione di Gesù questo profumo è ritrovato. Le porte del giardino sono di nuovo aperte. L’albero della vita ha portato il suo frutto.

Nella tradizione ebraica e cristiana la vocazione di ogni donna è quella di essere una mirofora. Che cosa vuol dire? Troppo spesso quando le donne rivendicano la loro dignità nei riguardi dell’uomo esse tendono a sottolineare la loro dimensione maschile a detrimento della propria femminilità. Che le donne si augurino una reale reciprocità nei riguardi dell’uomo, così come la partecipazione alla vita pubblica, non è forse una cosa normale? Nel racconto biblico della Genesi non si dice che l’uomo e la donna sono stati creati per completarsi reciprocamente?

Nella tradizione cristiana antica l’elemento maschile riflette sul piano umano il Verbo divino che struttura e ordina, mentre l’elemento femminile è specchio dello Spirito Santo che ispira, consola e incarna. La Chiesa insegna che c’è una corrispondenza stretta tra lo Spirito e la santità. la Didascalia degli Apostoli, uno scritto della chiesa primitiva, parlando del diaconato, che nella chiesa antica si conferiva agli uomini e alle donne, si esprime in questo modo: “Il diacono voi lo amerete in luogo di Cristo. Le diaconesse le onorerete in luogo dello Spirito santo”. Questo testo, che non è privo di finezza psicologica, evoca indirettamente la vocazione dell’uomo e della donna. L’uomo va dritto alla mèta. La sua volontà gli permette di vincere tutti gli ostacoli. La donna reagisce con una presenza nella quale la volontà è meno importante di quanto sia la vibrazione di tutto l’essere. L’uomo è conquistatore. Intraprende progetti a lungo termine. La donna sa adattarsi più facilmente alla situazione. L’uomo analizza il caso e vi riflette a lungo. La donna, più intuitiva, pensa con tutto il suo essere. Qualunque cosa si dica delle differenze che gli psicologi segnalano tra l’uomo e la donna, la verità è che per divenire immagini di Cristo e dello Spirito si deve passare attraverso una ascesi e una trasfigurazione progressive.

Ogni essere umano è chiamato a possedere una certa virilità nei confronti della natura – ricordiamo la “donna forte” della Bibbia – e una certa femminilità nella relazione con Dio. In ogni caso, quando l’uomo e la donna, resi fecondi da Dio, si rivolgono verso il mondo ciascuno ritrova come trasfigurata la modalità dell’umano che domina in lui: il primo è un combattente, la seconda è recettiva. L’uomo ferisce per risvegliare, la donna cicatrizza e guarisce. La vigilanza è virile, la tenerezza femminile.

Farsi mirofora è presentare il profumo dello Spirito ogni giorno, è ricordare che la vocazione della Chiesa è di riaprire le porte del Paradiso dove si trova l’albero dal profumo squisito. Farsi mirofora è scoprire la via nuova che parte dal Sepolcro ed accogliere la vocazione di farsi apostola degli apostoli. Ci si dimentica troppo spesso che fu privilegio di una donna di essere la prima testimone della Risurrezione.

“Quando un flacone contenente olio profumato è chiuso e sigillato non ne esce alcun profumo. Ma quando viene aperto il suo profumo si diffonde e penetra ovunque, vicino e lontano. Così del Verbo che è nel seno del Padre. Finché non fu uscito non poteva dar gioia a nessuno, ma quando il Padre emise il suo soffio e il suo profumo, il Verbo diffuse dovunque la gioia. Il flacone della gioia è stato aperto: cioè la bocca del Padre. Egli fa uscire dal cielo il suo profumo che discende e riempie l’universo. La lode dei profeti ne fu riempita, i giusti ne furono impregnati, se ne impossessarono come di un tesoro raccolto nei loro cuori perché il mondo intero si lasciasse penetrare da questo profumo.” Ippolito romano, Sul Cantico 1,4.


“Tutta la casa si riempì di profumo” (Gv 12,3)

Occorre rileggere la Bibbia e la tradizione ebraica per scoprire la ricchezza del simbolo del profumo. Al Tempio di Gerusalemme, mattina e sera, sull’altare d’oro che si trovava nel Santo un sacerdote faceva l’offerta dell’incenso. Giuseppe Flavio, descrivendo l’altare d’oro del Tempio, menziona i tredici profumi provenienti dal mare e dalla terra che entravano nella fabbricazione dell’incenso. La Mishna afferma che una famiglia ebraica deteneva il segreto della sua fabbricazione.

Il fumo dell’incenso simbolizzava nei Salmi la preghiera che sale verso Dio. Nel giorno dell’Espiazione il Sommo Sacerdote entrava nel Santo dei Santi con una paletta d’incenso. Il fumo dell’incenso era come uno schermo protettivo davanti alla maestà divina. Impediva di vedere Dio nel Santo dei Santi, perché vedere Dio significava morire. Al rito dell’incensazione si attribuiva un valore espiatorio. Al tempo della ribellione di Core nel deserto, Aronne depose nell’incensiere dell’incenso e praticò un rito di espiazione sul popolo. L’autore del libro della Sapienza, riflettendo su questo episodio sottolinea la virtù espiatrice dell’incenso: “prese le armi del suo ministero, la preghiera e il sacrificio espiatorio dell’incenso; si oppose alla collera e mise fine alla sciagura, mostrando che era tuo servitore”.

L’odore dell’incenso simboleggiava anche la giustizia che proviene dalla Legge. L’autore di 2 Baruch così scrive dopo la distruzione del Tempio: “Dal momento che Sion è stata consegnata… il fumo odoroso dei profumi di giustizia che provengono dalla Legge è estinto in Sion ed ecco che ovunque nel territorio di Sion si eleva il fumo dell’empietà”. Allo stesso modo il Targum Jerushalmi Es 40,5 vede nell’altare ei profumi il simbolo dei sapienti che studiano la Torah dall’odore balsamico come l’aroma dell’incenso.

Di fatto la tradizione apocalittica giudaica aveva associato al simbolo del profumo quello dell’albero della vita, che assomigliava a un albero odorifero come la resina di lentisco. Questo albero della vita era identificato con la Torah.

Al sacrificio dell’incenso della liturgia quotidiana di Gerusalemme corrisponde il sacrificio compiuto dagli angeli santi. Nel Testamento di Levi l’autore afferma che gli angeli della Faccia intercedono presso il Signore per l’ignoranza dei giusti. Essi offrono al Signore il profumo soave, una oblazione razionale e non cruenta.

L’Apocalisse evoca a più riprese queste incensazioni celesti. Al momento dell’intronizzazione dell’Agnello i quattro viventi e i ventiquattro anziani ricevono delle coppe d’oro piene di profumo che simboleggiano le preghiere dei santi. Si tratta delle acclamazioni delle creature che si trovano in cielo, sulla terra e nel mare.

Nel capitolo 8 dell’Apocalisse si descrive una incensazione solenne. L’Agnello ha aperto tutti i sigilli del libro. Sette angeli entrano allora in scena con le loro trombe. Un angelo riceve en abbondanza delle preghiere dei santi, ne rifornisce il suo incensiere e getta sulla terra i carboni ardenti. Un uragano si scatena. Gli angeli cominciano allora a suonare le loro trombe.

La preghiera dei santi al capitolo 9 ha per oggetto il compimento del piano di Dio. Il settenario delle trombe termina con una acclamazione significativa: “Il regno del mondo appartiene al Signore nostro e al suo Cristo”.

Nella liturgia ebraica si suonava la tromba per salutare il Regno di Dio nel giorno di Capodanno. Il suono dello shofar serviva non solamente per radunare il popolo, ma soprattutto per evocare il raduno escatologico.

Il settenario delle trombe simboleggia dunque il giudizio di Dio che ha luogo tra il Capodanno e la festa dell’Espiazione. La dominazione del drago non può portare che sventura al mondo, ma non riuscirà ad impedire che il Regno di Dio alla fine si stabilisca.
Per mezzo delle loro preghiere i fedeli affrettano il momento in cui deciderà di intervenire e l’azione di grazie finale dà senso a queste intercessioni: “Noi ti rendiamo grazie… perché hai messo mano alla tua grande potenza, e hai instaurato il tuo regno”. Mediante la preghiera, che assomiglia all’incenso del Tempio di una volta. i fedeli sono associati alla vittoria di cristo e contribuiscono all’avvento del Regno di Dio.

La tradizione cristiana si compiace di ripetere che il cuore che loda Dio è un profumo e il giusto che si apre allo Spirito di Dio espande questo buon odore.

Un’altra valenza del simbolo del profumo si ricava dalla liturgia famigliare del Sabato. Al termine del riposo settimanale ogni famiglia ebraica celebra la cerimonia della habdala, cioè della separazione del sacro e del profano. Uno degli elementi di questa cerimonia consiste nell’aspirare il profumo proveniente da una scatoletta. Diverse sono le interpretazioni popolari che si danno a questo gesto. Generalmente si dice che il riposo del Sabato richiama il profumo del Paradiso. Nel corso del Sabato il fedele ha ricevuto un supplemento d’anima, altri affermano, e quando questo supplemento d’anima lo abbandona egli si ritrova indebolito e perciò deve respirare l’odore del Paradiso. Altri ancora spiegano questo gesto affermando che il profumo del Sabato si deve spandere su tutta la settimana ventura. Anche San Paolo chiedeva ai suoi fedeli di essere il buon odore di Cristo per tutta la vita.

La festa dei Tabernacoli conosceva un simbolismo analogo legato al mazzetto delle “quattro specie” che i fedeli agitavano in quell’occasione: mentre l’etrog era molto profumato, il salice non spandeva alcun profumo. Ma quando i due elementi si trovavano insieme il profumo dell’uno si estendeva anche all’altro. I Padri della Chiesa, e in particolare Metodio di Olimpo commentando il simbolismo della festa delle Capanne, vi riconoscono il simbolo delle buone opere, identico a quello di un profumo.

Il Vangelo di Giovanni conclude la scena dell’unzione di Betania con queste parole: “tutta la casa si riempì del profumo dell’unguento”. La missione della Chiesa è di aprire il mondo al profumo dello Spirito. Essendo la Chiesa comunione al mistero trinitario deve lasciar trasparire al mondo qualcosa del mistero del Dio Amore rivelatoci da Cristo.

Frédéric Manns, ofm


ICONOGRAFIA

















































































































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