αποφθεγμα Apoftegma
Ogni cristiano rivive l’esperienza di Maria di Magdala.
E’ un incontro che cambia la vita:
l’incontro con un Uomo unico,
che ci fa sperimentare tutta la bontà e la verità di Dio,
che ci libera dal male non in modo superficiale, momentaneo,
ma ce ne libera radicalmente,
ci guarisce del tutto e ci restituisce la nostra dignità.
Ecco perché la Maddalena chiama Gesù "mia speranza":
perché è stato Lui a farla rinascere,
a donarle un futuro nuovo,
un’esistenza buona,
libera dal male.
"Cristo mia speranza" significa che ogni mio desiderio di bene
trova in Lui una possibilità reale:
con Lui posso sperare che la mia vita sia buona e sia piena, eterna,
perché è Dio stesso che si è fatto vicino
fino ad entrare nella nostra umanità.
Benedetto XVI, Messaggio per la Pasqua, 8 aprile 2012
COMMENTO CATECHETICO
L'ANNUNCIO |
Dal Vangelo secondo Giovanni 20,11-18.
Maria invece stava all'esterno vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l'uno dalla parte del capo e l'altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto». Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù. Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Essa, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l'hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!». Essa allora, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: «Rabbunì!», che significa: Maestro! Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma và dai miei fratelli e dì loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro». Maria di Màgdala andò subito ad annunziare ai discepoli: «Ho visto il Signore» e anche ciò che le aveva detto.
Ma per scoprirlo è necessario un parametro nuovo che non ci appartiene; per riconoscere Cristo che ha oltrepassato i vincoli della carne occorre un segno che ci sospinga al di là dei nostri limiti; un anello che congiunga la nostra realtà alla sua realtà; una chiave che apra in noi la porta per entrare, esattamente come siamo, poveri, deboli, precari e limitati, laddove ora Egli è, il Regno celeste. Occorre un indizio che parli al cuore e dischiuda gli occhi perché riconoscano lo stesso Gesù visto e ascoltato in quella presenza nuova e sorprendente, al punto d'essere scambiata per il "custode del giardino". Occorre che Lui ci chiami a sé, in quel nuovo sé che è diventato. Un cammino attraverso la carne per superare la carne, senza dimenticare la carne. L'esperienza di Maria e dei discepoli sarà quella di essere attirati da Cristo risuscitato nel suo Mistero Pasquale, nella dinamica che lo ha fatto passare dal Venerdì, attraverso il Sabato, sino all'aurora della Domenica. E' il momento decisivo: "Maria!". La voce di Gesù che la chiamava per nome era unica, perché nessun giardiniere avrebbe potuto chiamarla così. E' Lui, è il Maestro del mio cuore! E' Lui, mi ha spiegato l'amore, e ora mi insegna che è eterno! Ecco il parametro che ci fa accogliere l'impossibile: E' risorto! Solo Lui mi può chiamare così, solo Lui mi conosce così: Maria! Quel nome in quella voce era tutta la sua storia, il suo intimo, ogni centimetro, ogni secondo. Il perdono si faceva di nuovo cosa viva: in quel nome il Signore le consegnava la certezza che nessuno le aveva portato via quell'amore; e che non era più la tomba il luogo dove andarlo a cercare per riviverlo nel ricordo e nel dolore. Maria può riconoscere il Maestro risorto in se stessa, in "Maria!" chiamata alla stessa vita dell'Amato. Ella stessa era divenuta una nuova creazione che la univa indissolubilmente allo Sposo. E oggi il Signore appare anche a noi chiamandoci per nome attraverso la sua Chiesa, nella quale possiamo sperimentare la nascita a una vita nuova nell'amore che oltrepassa le barriere della morte. Anche se la carne si fa viva e vorrebbe "trattenere" Gesù per continuare ad essere il "mio Signore", Non è più come prima. Nella nuova creazione dei figli di Dio infatti, nessuno vive più per se stesso. Neanche l'amore di Cristo! Ma vive per lo Sposo che è morto ed è risorto per loro, e che li spinge nell'urgenza di annunciare ai suoi fratelli la sua resurrezione. La Pasqua delle nozze con Cristo è l'esodo che afferra la nostra vita, e ci libera dall'egoismo di cui si nutre l'amore carnale dell'uomo vecchio. Non è più il "mio" Signore, ma il Signore dei "fratelli", figli tutti del "Padre suo" e "Padre nostro". La Chiesa sposa di Cristo, infatti, si consegna nello Sposo a ogni uomo per la salvezza del mondo. E' libera davvero, non teme la morte perché nulla potrà mai separarla da Cristo e dal suo amore.
«Si un grano del pensar arder pudiera,
no en el amante, en el amor,
sería la mas honda verdad la que se viera».
Che, tradotto alla lettera, significa:
"se un seme del pensare potesse ardere,
non nell’amante, ma nell’amore,
si potrebbe vedere la verità più profonda".
E' l'esperienza a cui siamo chiamati, la stessa di Maria: se un seme, un piccolissimo seme dei nostri pensieri, circa la storia, noi stessi, il matrimonio, il lavoro, un seme di quello che ora stiamo pensando ardesse in Lui, nel suo Amore, e non nella nostra povera carne, amante sì ma inesorabilmente limitata; se un seme del nostro intimo, sofferente o felice che sia, potesse ardere in Colui che pronuncia il nostro nome, potremmo vedere la verità più profonda, il fondamento eterno della nostra vita, la risurrezione che assorbe ogni istante della nostra storia, facendone un frammento di eternità. Allora scopriremmo che la verità più profonda è l'amore infinito che vince la morte e ci fa vivere donando noi stessi, senza riserve.
GALLERIA ICONOGRAFICA NOLI ME TANGERE
Benedetto XVI. Maria di Magdala incontra Gesù
La femminile ostinazione di Maria Maddalena. Gesù risorto appare a una donna: perché? di Marina Corradi
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