POCKET GOSPEL. Venerdì della V settimana del Tempo di Quaresima







Precipitati nell'orgoglio possiamo 
risalire con Cristo nel Cielo dei figli di Dio



Guardati un momento le mani. Per caso non stanno stringendo delle pietre? Sì, quelle con cui imbottiamo le parole e i gesti con cui colpire chi ci è accanto; o quelle con cui stiamo per reagire ai fatti della vita che sembrano muoverci guerra. Proprio come quei giudei pronti a lapidare Gesù perché erano certi che non fosse il Figlio di Dio. Chiusi nell’orgoglio, erano incapaci di riconoscere nelle sue opere la mano del Padre; erano piuttosto quelle di un bestemmiatore. Come accade a noi, quando il demonio ci convince che la nostra vita di oggi sia una bestemmia: la sofferenza, il fallimento, la debolezza sono parole blasfeme. Dio non può volere e permettere quanto mi accade; e chi dice che nella mia storia stia operando Dio facendone un segno del suo amore è un bestemmiatore. Chi mi dice che sono figlio di Dio in questo matrimonio, nella malattia e nella depressione, merita la morte. E così uccidiamo i profeti per togliere di mezzo Cristo. Ma Dio, che ci parla attraverso gli eventi, ci annuncia oggi un Vangelo a cui aggrapparci (credere) per convertirci. Cristo è risorto, e ha il potere di passare attraverso la porta che abbiamo blindato per difendere la nostra superbia. Ci viene a cercare perché quest’anno sia davvero una Pasqua di liberazione. Per compierla in noi, come prima della sua, in questi giorni Gesù ci chiama a ritirarci con Lui “al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui si fermò”. Perché c'è un "luogo" dove “fermarci” per "credere" in Lui, dove cioè lo si può incontrare e conoscere rimanendo nel suo amore: quello del suo e del nostro battesimo. Concretamente, è la Chiesa che ha dischiuso le sue viscere per gestare e partorire l'uomo nuovo che balbetta in noi. Nella notte di Pasqua rinnoveremo le promesse battesimali, e sarà il momento in cui potremo rinascere ancora lasciando nel sepolcro del Signore i nostri peccati. Andiamo dunque alle rive del Giordano, il punto più basso della superficie terrestre e più lontano dal Cielo e da Dio, immagine del luogo dove abbiamo fatto precipitare la nostra vita. Gesù vi scende di nuovo per aprirci all'ascolto attraverso l’annuncio che la Chiesa ci farà attraverso le liturgie di questi giorni santi. Solo ascoltando il Vangelo del suo amore incarnato nella Passione sofferta per ciascuno di noi potremo uscire dallo scandalo dell'orgoglio incapace di credere all'incarnazione di Dio nella nostra vita. La Scrittura, infatti, non può essere annullata: essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio, ovvero ciascuno di noi raggiunti dalla stoltezza della predicazione, così potente da risuscitarci come figli di Dio che guardano ogni evento e ogni fratello dalla destra del Padre dove Cristo ci vuole condurre; con le primizie della vita eterna nel cuore e negli occhi per vedere i frammenti del compimento e della gioia anche nel dolore e nelle ingiustizie.


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