αποφθεγμα Apoftegma
Ecco quel Cuore che tanto ha amato gli uomini
e che nulla ha risparmiato fino ad esaurirsi
e a consumarsi per testimoniare loro il suo Amore.
In segno di riconoscenza, però,
In segno di riconoscenza, però,
non ricevo dalla maggior parte di essi
che ingratitudini per le loro tante irriverenze,
i loro sacrilegi e per le freddezze e i disprezzi
che essi mi usano in questo Sacramento d'Amore.
Ma ciò che più mi amareggia
è che ci siano anche dei cuori a me consacrati
che mi trattano così ».
«Per questo ti chiedo
«Per questo ti chiedo
che il primo venerdì dopo l'ottava del "Corpus Domini",
sia dedicato a una festa particolare per onorare il mio Cuore,
ricevendo in quel giorno la santa comunione
e facendo un'ammenda d'onore
per riparare tutti gli oltraggi ricevuti
durante il periodo in cui è stato esposto sugli altari.
Io ti prometto che il mio Cuore si dilaterà
Io ti prometto che il mio Cuore si dilaterà
per effondere con abbondanza le ricchezze del suo divino Amore
su coloro che gli renderanno questo onore
e procureranno che gli sia reso da altri.
Gesù a Santa Margherita Maria Alacoque
L'ANNUNCIO |
Dal Vangelo secondo Luca 15,3-7.
UNITO AL CUORE DI CRISTO CHE SI DONA A NOI NELLA CHIESA, IL NOSTRO CUORE ARDE D'AMORE PER OGNI UOMO
Dio ha sempre i
conti in rosso. «Lascia» i guadagni sicuri di «novantanove pecore» e si lancia
alla ricerca di una, una sola pecora che s'è smarrita. Probabilmente la
peggiore, la più egoista, una di quelle che è meglio perderle che trovarle. E
si rallegra per lei, più che per le altre. È il folle cuore di Dio rivelato in
Cristo, che non può gioire pienamente sino a che l’ultimo dei peccatori non sia
stato «ritrovato» e «accolto». Nessuno di noi farebbe lo stesso. A scuola, nei
posti di lavoro, tra gli amici, accade l’esatto contrario. Le teste calde sono
espulse ancor prima di perdersi. Quando emerge quel difetto di tuo padre, o
quel peccato di tua moglie, o quell'atteggiamento di tuo figlio, niente, è più
forte di te, lo cancelli, punto. Figurati se riusciamo ad infilarci nella melma
di letame nella quale il prossimo è caduto per prenderlo sulle nostre spalle.
Non possiamo perché dimentichiamo che proprio i nostri peccati e le loro
conseguenze ci hanno resi «unici» agli occhi di Dio... Il demonio, infatti,
riesce a rubarci la memoria dell'amore di Dio per noi, strappandoci la
gratitudine per la sua misericordia. Ma senza
l'esperienza di essere stati cercati dal Signore e presi sulle sue spalle
perché incapaci di tutto per essere riaccolti nell'ovile, ovvero nelle viscere
rigeneratrici della Chiesa, saremo esigenti e moralisti; disprezzeremo gli
altri perché schiavi del disprezzo di noi stessi. Senza "gioia"
perché obbligati a lavorare con sudore senza conoscere il riposo della
misericordia. Ma coraggio, proprio
le ferite che ci ha inferto il demonio agli occhi di Dio sono il segno che ci
assomiglia a suo Figlio! Credilo, anche se è assurdo per un cuore abituato
all'esigenza. Credilo che Gesù si è lasciato ferire e sfigurare, sino a
diventare un rifiuto degli uomini, per
assomigliare a te. Noi non avremmo potuto far nulla per tornare ad
essere immagine e somiglianza di Dio.
Per questo, Dio si è infilato nella sporcizia che ci ha sfigurato per prenderci
e tirarci fuori, lavarci nel suo sangue e farci assomigliare a Lui. Credilo,
Lui è l'unico Pastore che ama tanto una pecora perduta come te e me da
diventare come lei per farla diventare come Lui! Nella pecora smarrita della
parabola, infatti, è adombrato Lui, l’Agnello di Dio, l’unico «perduto» nella
morte per riscattare le altre novantanove che si credevano «giuste», mentre
invece vagavano «sperdute» nel «deserto». Nel sepolcro il Padre ha «ritrovato»
suo Figlio, lo ha risuscitato «prendendolo sulle sue spalle» e lo ha riportato
«a casa»; e con Lui tutti noi, che ci eravamo perduti nella tomba dove eravamo
precipitati a causa dei peccati. Apparendo nel Cenacolo è esplosa la sua gioia
ormai compiuta e piena nel rivedere i volti degli «amici» impauriti, e li
ha inviati ad annunciare ai «vicini» lo stesso perdono e la
«conversione». Questo è il folle cuore di Dio dischiuso dinanzi a noi
attraverso la Chiesa, il Cenacolo dove esplode la gioia che non ha fine. Nella
comunità cristiana, infatti, si respira la brezza del Cielo, che nella parabola
appare come una curva esultante ad ogni gol del Signore, uno di noi strappato
alla solitudine nella quale ci seppellisce il nemico. La gioia autentica
scaturisce solo da questo incontro, e si compie nella conversione del
peccatore, nel suo ritorno a casa. Ed è gioia pura, limpida, incorruttibile
perché risplende della totale gratuità. Di che cosa potrebbe vantarsi la pecora
perduta? Della sua debolezza, come San Paolo! Perché la conversione è lasciarsi
abbracciare e portare sulle spalle da Cristo, deponendo lo sguardo sul suo
cuore per rifugiarsi in esso, nascosti nel suo amore infinito. E questo è
possibile solo nella comunità cristiana, il cuore di carne che Gesù ha lasciato
per noi sulla terra. Ogni cammino di conversione infatti conduce alla Chiesa,
profezia e anticipo del Cielo, dove sperimentare la primizia della gioia che ci
colmerà eternamente.
Questa gioia è il segreto dell'evangelizzazione,
perché in essa si toccano il Cielo e la terra. Chi
può restare indifferente alla sua esplosione contagiosa? Come può non restare
coinvolto dalla tua gioia il collega, quando in ufficio, mentre stai vivendo la
stessa sua precarietà, con il posto di lavoro appeso a un esile filo in attesa
delle strategie aziendali? Sei stato salvato gratuitamente, e hai potuto
offrirti un pochino per la salvezza degli altri. Hai appena
"ritrovato" tuo figlio, ti sei caricato sulle spalle tuo marito, e
per questo non puoi restartene chiuso, ma devi uscire e andare a
"chiamare" ogni "vicino" e "amico" che incontri
per farli partecipi della tua gioia! La missione è sempre madre di una missione
più zelante. La gioia genera sempre altra gioia. Nel cuore di Gesù
si illumina il cuore della Chiesa che batte inesausto insieme a quello del suo
Sposo: nella sistole unisce indissolubilmente a Lui la vita dei suoi figli;
nella diastole il sangue versato per amore scorre sino a raggiungere,
attraverso le sue membra, a ogni uomo. Inviata a "chiamare"
annunciando il Vangelo, la Chiesa è così una seminatrice inesausta della gioia
di cui vive. Se non c'è vuol dire che sta perdendo lo zelo, che ha
dimenticato lo Sposo, vivacchiando tra regole e moralismi ai quali chiede
certezze per non sprofondare nell'incredulità. Gli apostoli erano pieni di
gioia anche nelle persecuzioni sofferte per il nome di Gesù. Come è accaduto a
Santa Margherita Alacoque, che ha ricevuto le rivelazioni di Gesù sulla
devozione al Sacro Cuore in mezzo a sofferenze e persecuzioni. E tu, ed
io, siamo seminatori di gioia? Tuo figlio, ti ha mai visto felice dell'amore di
Dio, mentre sei crocifisso con Cristo nelle difficoltà? Altrimenti, hai voglia
a rimproverarlo, ad annunciargli la verità. Non ti crederà, le tue parole
suoneranno come quelle di un cembalo che tintinna. Perché i pagani, o quelli in crisi e
adirati con Dio o presi nei lacci mondani, dovrebbero credere al nostro
annuncio? Perché nei nostri occhi, nelle nostre parole, nei gesti semplici di
ogni giorno traspare la gioia dell'apostolo che esce, esce, esce sempre a
sporcarsi per cercare, e trovare, la pecora perduta. Non c'è gioia più
grande sulla terra che ritrovare la parte di noi che manca all'appello, il
fratello allontanatosi dalla comunità. Se, come Margherita Maria
Alacoque, abbiamo deposto il nostro cuore nel Sacratissimo Cuore di
Cristo poseremo su ciascuno il suo
sguardo per prendere e deporre nel suo Cuore quello stanco e ferito di ogni
uomo. Perché solo nel suo Cuore "la più profonda
contraddizione insita nella nostra esistenza perde la sua importanza
assoluta" (Althaus), e può essere rinnovato il cuore di ogni
peccatore: "Una volta,
mentre ero davanti al Santo Sacramento mi trovai tutta investita della sua
divina presenza e con tanta forza da farmi dimenticare me stessa e il luogo in
cui mi trovavo. Mi abbandonai al suo divino Spirito e, affidando il mio cuore
alla potenza del suo amore, mi fece riposare a lungo sul suo divin petto e mi
scopri le meraviglie del suo Amore e i segreti inesplicabili del suo Sacro
Cuore, che mi aveva tenuti nascosti fino a quel momento, nel quale me lo apri
per la prima volta. E lo fece in modo cosí reale e sensibile da non permettermi
ombra di dubbio, dati gli effetti che questa grazia ha prodotto in me, anche se
temo sempre di illudermi in tutto ciò che mi riguarda. Ed ecco come, mi
sembra, siano andate le cose. Mi disse: «Il mio divin Cuore è tanto
appassionato d'amore per gli uomini e per te in particolare, che, non potendo
più contenere in sé stesso le fiamme del suo ardente Amore, sente il bisogno di
diffonderle per mezzo tuo e di manifestarsi agli uomini per arricchirli dei
preziosi tesori che ti scoprirò e che contengono le grazie santificanti e in
ordine alla salvezza, necessarie per ritrarli dal precipizio della
perdizione. Per portare a compimento questo mio grande disegno ho scelto
te, abisso d'indegnità e di ignoranza, affinché appaia chiaro che tutto si
compie per mezzo mio ». Poi mi domandò il cuore e io Lo supplicai di
prenderlo. Lo prese e lo mise nel suo Cuore adorabile, nel quale me lo fece
vedere come un piccolo atomo, che si consumava in quella fornace
ardente. In un secondo tempo lo ritirò come fiamma incandescente in forma
di cuore e lo rimise dove l'aveva preso, dicendomi: «Eccoti, mia diletta, un prezioso
pegno del mio amore che racchiude nel tuo costato una piccola scintilla delle
sue fiamme più vive, affinché ti serva da cuore e ti consumi fino all'ultimo
istante della tua vita. Il suo ardore non si estinguerà mai… perché Io
segnerò talmente col Sangue della mia Croce, da fartene riportare più umiliazione
e sofferenza che sollievo… E in segno che la grande grazia che ti ho concessa,
non è frutto di fantasia, ma il fondamento di tutte le altre grazie che ti
farò, il dolore della ferita del tuo costato, benché lo l'abbia già richiusa,
durerà per tutta la tua vita e se finora hai preso soltanto il nome di mia
schiava, ora voglio regalarti quello di discepola prediletta del mio Sacro
Cuore ».
UNITO AL CUORE DI CRISTO CHE SI DONA A NOI NELLA CHIESA, IL NOSTRO CUORE ARDE D'AMORE PER OGNI UOMO
Dio ha sempre i
conti in rosso. «Lascia» i guadagni sicuri di «novantanove pecore» e si lancia
alla ricerca di una, una sola pecora che s'è smarrita. Probabilmente la
peggiore, la più egoista, una di quelle che è meglio perderle che trovarle. E
si rallegra per lei, più che per le altre. È il folle cuore di Dio rivelato in
Cristo, che non può gioire pienamente sino a che l’ultimo dei peccatori non sia
stato «ritrovato» e «accolto». Nessuno di noi farebbe lo stesso. A scuola, nei
posti di lavoro, tra gli amici, accade l’esatto contrario. Le teste calde sono
espulse ancor prima di perdersi. Quando emerge quel difetto di tuo padre, o
quel peccato di tua moglie, o quell'atteggiamento di tuo figlio, niente, è più
forte di te, lo cancelli, punto. Figurati se riusciamo ad infilarci nella melma
di letame nella quale il prossimo è caduto per prenderlo sulle nostre spalle.
Non possiamo perché dimentichiamo che proprio i nostri peccati e le loro
conseguenze ci hanno resi «unici» agli occhi di Dio... Il demonio, infatti,
riesce a rubarci la memoria dell'amore di Dio per noi, strappandoci la
gratitudine per la sua misericordia. Ma senza
l'esperienza di essere stati cercati dal Signore e presi sulle sue spalle
perché incapaci di tutto per essere riaccolti nell'ovile, ovvero nelle viscere
rigeneratrici della Chiesa, saremo esigenti e moralisti; disprezzeremo gli
altri perché schiavi del disprezzo di noi stessi. Senza "gioia"
perché obbligati a lavorare con sudore senza conoscere il riposo della
misericordia. Ma coraggio, proprio
le ferite che ci ha inferto il demonio agli occhi di Dio sono il segno che ci
assomiglia a suo Figlio! Credilo, anche se è assurdo per un cuore abituato
all'esigenza. Credilo che Gesù si è lasciato ferire e sfigurare, sino a
diventare un rifiuto degli uomini, per
assomigliare a te. Noi non avremmo potuto far nulla per tornare ad
essere immagine e somiglianza di Dio.
Per questo, Dio si è infilato nella sporcizia che ci ha sfigurato per prenderci
e tirarci fuori, lavarci nel suo sangue e farci assomigliare a Lui. Credilo,
Lui è l'unico Pastore che ama tanto una pecora perduta come te e me da
diventare come lei per farla diventare come Lui! Nella pecora smarrita della
parabola, infatti, è adombrato Lui, l’Agnello di Dio, l’unico «perduto» nella
morte per riscattare le altre novantanove che si credevano «giuste», mentre
invece vagavano «sperdute» nel «deserto». Nel sepolcro il Padre ha «ritrovato»
suo Figlio, lo ha risuscitato «prendendolo sulle sue spalle» e lo ha riportato
«a casa»; e con Lui tutti noi, che ci eravamo perduti nella tomba dove eravamo
precipitati a causa dei peccati. Apparendo nel Cenacolo è esplosa la sua gioia
ormai compiuta e piena nel rivedere i volti degli «amici» impauriti, e li
ha inviati ad annunciare ai «vicini» lo stesso perdono e la
«conversione». Questo è il folle cuore di Dio dischiuso dinanzi a noi
attraverso la Chiesa, il Cenacolo dove esplode la gioia che non ha fine. Nella
comunità cristiana, infatti, si respira la brezza del Cielo, che nella parabola
appare come una curva esultante ad ogni gol del Signore, uno di noi strappato
alla solitudine nella quale ci seppellisce il nemico. La gioia autentica
scaturisce solo da questo incontro, e si compie nella conversione del
peccatore, nel suo ritorno a casa. Ed è gioia pura, limpida, incorruttibile
perché risplende della totale gratuità. Di che cosa potrebbe vantarsi la pecora
perduta? Della sua debolezza, come San Paolo! Perché la conversione è lasciarsi
abbracciare e portare sulle spalle da Cristo, deponendo lo sguardo sul suo
cuore per rifugiarsi in esso, nascosti nel suo amore infinito. E questo è
possibile solo nella comunità cristiana, il cuore di carne che Gesù ha lasciato
per noi sulla terra. Ogni cammino di conversione infatti conduce alla Chiesa,
profezia e anticipo del Cielo, dove sperimentare la primizia della gioia che ci
colmerà eternamente.
Questa gioia è il segreto dell'evangelizzazione,
perché in essa si toccano il Cielo e la terra. Chi
può restare indifferente alla sua esplosione contagiosa? Come può non restare
coinvolto dalla tua gioia il collega, quando in ufficio, mentre stai vivendo la
stessa sua precarietà, con il posto di lavoro appeso a un esile filo in attesa
delle strategie aziendali? Sei stato salvato gratuitamente, e hai potuto
offrirti un pochino per la salvezza degli altri. Hai appena
"ritrovato" tuo figlio, ti sei caricato sulle spalle tuo marito, e
per questo non puoi restartene chiuso, ma devi uscire e andare a
"chiamare" ogni "vicino" e "amico" che incontri
per farli partecipi della tua gioia! La missione è sempre madre di una missione
più zelante. La gioia genera sempre altra gioia. Nel cuore di Gesù
si illumina il cuore della Chiesa che batte inesausto insieme a quello del suo
Sposo: nella sistole unisce indissolubilmente a Lui la vita dei suoi figli;
nella diastole il sangue versato per amore scorre sino a raggiungere,
attraverso le sue membra, a ogni uomo. Inviata a "chiamare"
annunciando il Vangelo, la Chiesa è così una seminatrice inesausta della gioia
di cui vive. Se non c'è vuol dire che sta perdendo lo zelo, che ha
dimenticato lo Sposo, vivacchiando tra regole e moralismi ai quali chiede
certezze per non sprofondare nell'incredulità. Gli apostoli erano pieni di
gioia anche nelle persecuzioni sofferte per il nome di Gesù. Come è accaduto a
Santa Margherita Alacoque, che ha ricevuto le rivelazioni di Gesù sulla
devozione al Sacro Cuore in mezzo a sofferenze e persecuzioni. E tu, ed
io, siamo seminatori di gioia? Tuo figlio, ti ha mai visto felice dell'amore di
Dio, mentre sei crocifisso con Cristo nelle difficoltà? Altrimenti, hai voglia
a rimproverarlo, ad annunciargli la verità. Non ti crederà, le tue parole
suoneranno come quelle di un cembalo che tintinna. Perché i pagani, o quelli in crisi e
adirati con Dio o presi nei lacci mondani, dovrebbero credere al nostro
annuncio? Perché nei nostri occhi, nelle nostre parole, nei gesti semplici di
ogni giorno traspare la gioia dell'apostolo che esce, esce, esce sempre a
sporcarsi per cercare, e trovare, la pecora perduta. Non c'è gioia più
grande sulla terra che ritrovare la parte di noi che manca all'appello, il
fratello allontanatosi dalla comunità. Se, come Margherita Maria
Alacoque, abbiamo deposto il nostro cuore nel Sacratissimo Cuore di
Cristo poseremo su ciascuno il suo
sguardo per prendere e deporre nel suo Cuore quello stanco e ferito di ogni
uomo. Perché solo nel suo Cuore "la più profonda
contraddizione insita nella nostra esistenza perde la sua importanza
assoluta" (Althaus), e può essere rinnovato il cuore di ogni
peccatore: "Una volta,
mentre ero davanti al Santo Sacramento mi trovai tutta investita della sua
divina presenza e con tanta forza da farmi dimenticare me stessa e il luogo in
cui mi trovavo. Mi abbandonai al suo divino Spirito e, affidando il mio cuore
alla potenza del suo amore, mi fece riposare a lungo sul suo divin petto e mi
scopri le meraviglie del suo Amore e i segreti inesplicabili del suo Sacro
Cuore, che mi aveva tenuti nascosti fino a quel momento, nel quale me lo apri
per la prima volta. E lo fece in modo cosí reale e sensibile da non permettermi
ombra di dubbio, dati gli effetti che questa grazia ha prodotto in me, anche se
temo sempre di illudermi in tutto ciò che mi riguarda. Ed ecco come, mi
sembra, siano andate le cose. Mi disse: «Il mio divin Cuore è tanto
appassionato d'amore per gli uomini e per te in particolare, che, non potendo
più contenere in sé stesso le fiamme del suo ardente Amore, sente il bisogno di
diffonderle per mezzo tuo e di manifestarsi agli uomini per arricchirli dei
preziosi tesori che ti scoprirò e che contengono le grazie santificanti e in
ordine alla salvezza, necessarie per ritrarli dal precipizio della
perdizione. Per portare a compimento questo mio grande disegno ho scelto
te, abisso d'indegnità e di ignoranza, affinché appaia chiaro che tutto si
compie per mezzo mio ». Poi mi domandò il cuore e io Lo supplicai di
prenderlo. Lo prese e lo mise nel suo Cuore adorabile, nel quale me lo fece
vedere come un piccolo atomo, che si consumava in quella fornace
ardente. In un secondo tempo lo ritirò come fiamma incandescente in forma
di cuore e lo rimise dove l'aveva preso, dicendomi: «Eccoti, mia diletta, un prezioso
pegno del mio amore che racchiude nel tuo costato una piccola scintilla delle
sue fiamme più vive, affinché ti serva da cuore e ti consumi fino all'ultimo
istante della tua vita. Il suo ardore non si estinguerà mai… perché Io
segnerò talmente col Sangue della mia Croce, da fartene riportare più umiliazione
e sofferenza che sollievo… E in segno che la grande grazia che ti ho concessa,
non è frutto di fantasia, ma il fondamento di tutte le altre grazie che ti
farò, il dolore della ferita del tuo costato, benché lo l'abbia già richiusa,
durerà per tutta la tua vita e se finora hai preso soltanto il nome di mia
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