Nell'antichità la
febbre era considerata un calore innaturale: non è naturale
per nessuno vivere senza servire. Non siamo stati creati per galleggiare
senza forze sui giorni, spossati dalla febbre che ci “distende” sul letto al pari di una tomba, come suggerisce l’originale greco. La febbre è
infatti il sintomo di un'infezione che corrode il cuore e ci obbliga
sul letto dell'egoismo, dove ci rifugiamo per sfuggire alle incombenze
serie della vita che ci chiamano a sacrificarci e a donarla. Ma c'è la Chiesa
nostra madre premurosa, che si preoccupa per noi e ne parla con il suo Signore,
perché sa che spesso è molto più fecondo parlare a Dio degli uomini che
non di Dio agli uomini. Come accadde per la suocera di Pietro, è
necessario che qualcuno si faccia voce e grido che accompagnino Gesù al
capezzale di chi nemmeno quello può fare. La Chiesa sa che la salvezza di ogni
uomo si gioca nello spazio di un incontro d’amore capace di guarire gratuitamente
e riconsegnare alla vita che Dio ha pensato al momento della creazione. Non a
caso i verbi che descrivono il miracolo di Gesù ci riportano a Sicar,
presso il pozzo di Giacobbe, dove Giacobbe incontrò Rachele innamorandosene così
intensamente da riuscire a sollevare una pesantissima pietra adagiata sul pozzo
e permettere così al gregge della giovane di abbeverarsi. Un midrash racconta
che ciò fu possibile perché "una rugiada di risurrezione discese
dai cieli su Giacobbe rendendolo coraggioso e forte. Grazie a questa potenza, rotolò la pietra dalla
bocca del pozzo, e le acque salirono dalle profondità, traboccarono e
inondarono". In virtù della stessa potenza discesa dal Cielo come una
rugiada di risurrezione - profezia di quando avrebbe rotolato la pietra del suo
sepolcro - Gesù si accostò alla suocera di Pietro, la prese
per mano e la fece alzare dal letto, ormai capace di servire i suoi ospiti. Il miracolo, molto più
di una semplice guarigione, consiste in un cambio di natura; nella
Chiesa rappresentata dai discepoli che conduce con sé, come uno sposo innamorato Gesù si accosta a noi sua sposa per sollevare la pietra che ci chiude nel peccato e
risuscitarci nella sua vita che zampilla per l’eternità. Solo chi ha dentro la vita di Cristo non vive più per se stesso ma nel servizio gratuito. Per donarsi infatti, è necessario essere liberi come Lui, che non si trattenne nel
luogo dove tutti venivano a "braccarlo", secondo l’originale greco, lo
stesso verbo utilizzato per l'inseguimento del Popolo di Israele da parte
dell'esercito del Faraone. Come Mosé uscì dall'Egitto alla testa del Popolo,
anche Gesù doveva "uscire" dalla morte sul far del
mattino, per condurre l'umanità fuori dalla schiavitù del peccato. Così,
perdonati e usciti con Lui dalla schiavitù del peccato, anche noi potremo
servire offrendo la nostra vita a chi, in noi, “bracca” l’amore autentico che
non ha mai incontrato, la rugiada capace di riscattare ogni vita.
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