AMATI DA GESU' IN OGNI DETTAGLIO, PERDONATI IN OGNI PECCATO, SIAMO RIGENERATI PER VIVERE OGNI ISTANTE COME UNA LITURGIA DI LODE



"Invano essi mi rendono culto": una parola durissima per chi, come alcuni farisei, aveva innalzato una barriera intorno alla Legge per impedire che fosse violata per inavvertenza. 613 comandamenti avevano la funzione di attualizzare la legge per la vita concreta. Solo l'obbedienza scrupolosa alla Legge e la dipendenza assoluta dalla sua interpretazione precettistica definiva l'appartenenza al popolo di Dio: "un ignorante non può essere pio", amavano ripetere. Le dottrine che sono precetti di uomini circoscrivevano il campo del puro e dell'impuro, costituendo il regolamento a cui attenersi scrupolosamente per essere atti al culto. Ma le parole di Gesù svelano che quei farisei, insegnandoli, lo rendevano vano perché ne facevano un assoluto, mettendoli addirittura al di sopra della Parola di Dio. Vestendo i panni dei pii e dei santi - fariseo, infatti, significa separato - giudicavano gli altri innalzandosi al di sopra del Dio che avrebbero voluto servire. E' l'attitudine inconfondibile del demonio, abile nel camuffarsi per far eludere il comandamento di Dio. Non c'era dunque differenza tra i peccatori che lo violavano palesemente e i puri che lo trascuravano per osservare la propria tradizione; alla radice c'era lo stesso orgoglio di chi si fa Dio. Ma per i professionisti della religione il peccato era più grave perché conoscendo la Legge disprezzavano chi non era come loro. Accade anche a noi, e spesso, quando issiamo i nostri criteri come assoluti a prova di dubbio. E così cadiamo preda del giogo peggiore, quello del moralismo, che, schiacciandoci, trascina con noi chi ci è accanto. Quante case sembrano caserme, quante relazioni trasformate in gabbie asfissianti. I discepoli di Gesù invece erano entrati nel cuore della Legge, perché l'avevano sperimentata compiuta da Lui nella propria vita. Ormai erano liberi da schemi e regole perché li muoveva il cuore rinnovato nell'amore che in tutto vede un'occasione per donarsi. E così rendevano a Dio un culto autentico che abbracciava ogni istante nell'amore. Non c'era in loro la separazione tra religione e vita che invece spesso lacera noi. A messa celebriamo l'amore di Dio, mentre nella vita di ogni giorno celebriamo noi stessi. E siccome non siamo Dio, mormoriamo, giudichiamo con quei subdoli "perché fai cosi?" per dire: "devi fare come me"... Ma coraggio, Dio ama gli ipocriti che siamo. Ha inviato suo Figlio che ha perdonato ogni peccato con cui trascuriamo la Legge, tirandoci fuori dalla morte nella quale precipita chi non cammina in essa. Solo un cuore trasformato e colmato dal suo amore può vivere compiendo ogni precetto, perché la pienezza della Legge è appunto l'amore, coniugato in ogni dettaglio come Cristo fa con noi sempre. Nella Chiesa è pronto per noi il trapianto che salva ogni nostro pensiero, parola e gesto perché sgorghino da un cuore purificato dall'amore che sa vedere Dio in tutto e in tutti.


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