IN CRISTO NESSUN "SE", SOLO LA CERTEZZA GRANITICA DEL SUO AMORE ONNIPOTENTE
Ogni giorno, come un fiume carsico, scorre in noi una sottile sofferenza; spesso non ne comprendiamo l'origine, siamo tristi e basta. Spesso ne imputiamo le cause a chi ci sta intorno, ai fatti del presente o del passato, perché non crediamo che l'unica ragione di ogni nostra sofferenza è il peccato, generato in noi dall'ascolto che abbiamo prestato al "se" insinuatoci dal demonio. "Se tu puoi qualcosa" è figlio del "se" sibilato dal serpente mentre ipnotizzava le debolezze di Adamo ed Eva: "se Dio ti ama" perché ti proibisce di mangiare questo frutto? Perché è geloso e sa che, "una volta che ne mangiaste, diventereste come Lui"... Così, con un "se" gonfio di invidia la morte è entrata nel mondo, ed è giunta sino a te e a me. Lo stesso "se" ci attende per sporcarci lo sguardo su chi ci è accanto, stravolgendo le sue parole, seminando pregiudizi sulle sue intenzioni. Soffriamo perché i "se" ci succhiano le energie, spogliando la vita della sua autenticità, per catapultarci in una selva di dubbi e angosce che ci impediscono di entrare nella storia. Per questo, di fronte all'incredulità, Gesù ci chiede oggi da quanto tempo siamo incapaci di perdonare, la minima avvisaglia di umiliazione ci riempie di spavento e cominciamo a tremare e ci difendiamo. Da quanto tempo non possiamo fare a meno di essere al centro dell'attenzione? Soffriamo dall'infanzia, da quando cioè il demonio ci ha ingannato. Il figlio del Vangelo è immagine di ogni uomo che, concepito nel peccato fin dal grembo materno, è parte della generazione incredula, stirpe di Adamo ed Eva. Anche noi sperimentiamo le conseguenze che appaiono nel ragazzo, magari le vedi oggi in tuo marito o tua moglie, nei tuoi figli: tutto si fa ostile, mentre il rancore getta nel fuoco delle passioni o nell'acqua melmosa della depressione. Il demonio afferra con i pensieri, getta al suolo incapaci di perdonare, pazientare, scusare; e si comincia a schiumare ira di fronte ai torti e alle ingiustizie, si digrignano i denti pieni di sdegno per le debolezze dell'altro, ci si irrigidisce nelle proprie posizioni. E non possiamo farci nulla perché, ingannati, lottiamo contro le creature di carne e di sangue o gli eventi per cambiarli, e non ci abbandoniamo all'unico che può scacciare dalla nostra vita il demonio. Sino a quando Gesù, stanco di stare"accanto e sopportare tanta incredulità, pieno di gelosia e per i suoi fratelli presi al laccio dei "se", non ci viene incontro. La sua sola presenza nelle liturgie dove ci conduce la Chiesa scuote il cuore perché sia svelato lo spirito muto che ci isola dagli altri e dalla storia. Eppure, proprio le convulsioni provocate dalla Parola predicata dalla Chiesa sono il segno che si comincia a guarire. E quando sembra che neanche i preti e i catechisti possano nulla, il Signore può annunciarci le stesse parole rivolte dall'angelo a Maria: Tutto è possibile per chi crede. Parole che, rispondendo con amore alla nostra incredulità, illuminano il "se" nascosto nel cuore per aprirci a Lui con l'umiltà della fede. Pur nell'apparente contraddizione, credere innanzitutto che siamo increduli, per credere poi che Gesù, oggi e ogni istante della nostra vita, può aiutarci nella nostra incredulità. "Credo", ed è un dono del Cielo; "aiutami nella mia incredulità", e siamo noi che accettiamo di essere, atterriti dal male impossibile da sconfiggere, incapaci di tutto, perfino di appoggiarci a Lui. Scacciare un demonio installato nel cuore infatti, è l'impossibile per eccellenza. Solo la preghiera insistita della Chiesa che siamo chiamati a fare nostra, può innescare il potere infinito di Gesù. Chi ama prega, non si perde in chiacchiere e ricorsi umani, perché amare è conoscere l'origine della sofferenza dell'altro e sapere che solo un esorcismo può salvarlo. Se non preghi è perché non ami davvero, neanche tuo figlio. Forse hai a cuore la sua salvezza umana, non certo il suo destino eterno con Cristo. Per questo, chi ama sua moglie, suo marito, i suoi figli, le pecore affidategli, si lascia assorbire nell'intimità di Cristo dove può consegnargli, nella preghiera, anche i casi più disperati, nella certezza della fede della Chiesa, che a Lui nulla è impossibile. Ma può pregare solo chi, ascoltando il Signore ordinare allo spirito malvagio di uscire da lui, ha sperimentato la morte dell'uomo vecchio e la liberazione dal demonio, autentica perché non è più rientrato nel suo cuore. Allora non nevrotizzeremo somatizzando interiormente le convulsioni dei figli o di chi ci è accanto, ma sapremo riconoscere in esse il demonio che, uscendo, li lascia come morti perché non possono fare quello che la carne esigerebbe facendosi del male. E discernere nella pace la mano di Cristo che, per mezzo della Chiesa, li sta sollevando rimettendoli in piedi, ovvero risuscitando nella dignità dei figli di Dio.
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