αποφθεγμα Apoftegma
Un'altra notte, mentre dorme, sente di nuovo una voce,
che gli chiede premurosa dove intenda recarsi.
Francesco espone il suo proposito,
e dice di volersi recare in Puglia per combattere.
Ma la voce insiste e gli domanda chi ritiene possa essergli più utile,
il servo o il padrone.
"Il padrone", risponde Francesco.
"E allora" riprende la voce
"perché cerchi il servo in luogo del padrone?"
Il Vangelo di questa domenica non è una romantica e commovente pagina edificante; non racconta di figli dei fiori alla ricerca di se stessi. Non è nemmeno un trattato di economia, niente pauperismo buonista. E’ in gioco il rapporto che ciascuno di noi ha con Dio. Quindi la felicità e la salvezza.
Per capire il posto che riserviamo a Dio, Gesù ci conduce a scoprire quello di mammona. E’ la via più semplice.
Eccola in trono, nelle piazze, nei parlamenti, in Tv, alla radio e al cinema, sui giornali e internet, e nei cuori, nel tuo e nel mio. E’ mammona l’assoluta protagonista, ci chiede tutto. Per questo “non possiamo servire due padroni, Dio e il denaro”. O rivoluzioni o Croce, niente compromessi.
“Non possiamo” perché uno dei due padroni è un tiranno feroce, mentre l’Altro ci ha chiamato amici, e si è donato a noi con amore infinito. “Non possiamo servire” chi ci strappa dalla realtà in nome di una ipotetica da costruirci e, contemporaneamente, mettere la nostra vita nelle mani di Chi, con la sua, è entrato nella storia concreta di ogni peccatore.
“Non possiamo” amare il denaro che ci spinge a “pre-occuparci” e, nello stesso tempo, “non affannarci di quello che mangeremo o berremo, di come vestiremo”. Per i beni, infatti, siamo sempre occupati previamente. La chiamiamo previdenza e oculatezza, è solo incredulità.
Ci abbiamo mai pensato? Occupiamo il tempo, le energie, il cuore e la mente per un futuro che non ci appartiene. Eppure viviamo come fosse vero il contrario, arbitri del nostro destino. Se anziani, siamo preoccupati per l’eventuale necessità di un ospizio prima e del funerale più certo poi.
Se giovani, abbiamo messo in un cantuccio il pensiero di sposarci perché poi come faremo ad andare avanti? Se sposati, l’ansia per il denaro ci ha chiusi alla vita; un figlio è più che sufficiente, due poi, di più neanche parlarne. E la settimana bianca, e le scarpe, lo studio, come faremo con uno stipendio da fame e un lavoro a tempo determinato?
Ma la vita, crediamo davvero che ci appartenga? Il futuro, siamo così sicuri di poterlo gestire come fosse il gioco di una consolle? “Chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita?”.
Dovremmo rispondere, con la cultura nella quale siamo immersi, che tutti noi possono aggiungere o togliere un’ora alla propria vita…
La menzogna che sedusse Adamo ed Eva è proprio questa. Oggi si insinua nei Parlamenti che credono di poter decidere perfino della vita e della morte dei bambini. Ma ha sedotto anche noi: “non morireste affatto”. Capito? Altro che Dio e la sua gelosia.
E abbiamo creduto che allungare la mano e mangiare di quell’albero ci avrebbe dato saggezza e potere e che saremmo diventati come Dio… Come accumulare denaro, feticcio di ogni superbia, amuleto per ottenere potere e prestigio, riempire la pancia e saziare gli appetiti.
Il denaro per non morire, insomma, esattamente come abbiamo pensato stamattina: un altro paio di scarpe? Siamo matti? Se continuiamo cosi moriremo di fame…
Ma, invece, ci ritroviamo sempre più poveri e nudi, impauriti e tristi, come Adamo ed Eva; finalmente autodeterminati, come si dice oggi, crediamo orgogliosamente in noi stessi, ma ci ritroviamo soli. Liti e giudizi senza fine, la famiglia sfregiata dall’avarizia, un morbo maligno che si espande e infetta tutti.
L’attaccamento al denaro, infatti, è la radice di tutti i mali. Attraverso di esso il demonio ci manovra a suo piacimento. E chi ama il denaro “odia” Dio: troppo duro Signore… No invece, è la verità. Chiediamoci oggi se per caso non odiamo Dio, pur andando a messa e frequentando la parrocchia, pur impegnandoci per i poveri e lottando contro le ingiustizie.
Vediamo se, per amore al denaro, magari camuffato da parsimonia, non stia per caso crescendo in noi e attorno a noi l’antagonismo, il rancore e la mormorazione, il giudizio, l’invidia, la gelosia e infine l’odio. Da quanto tempo non parliamo con quel cugino che sospettiamo ci abbia sottratto venti euro?
Chi ama il denaro ha consegnato il cuore a un patrigno, il demonio, e vive seguendone i desideri. Per questo chi serve mammona è un orfano; non ha conosciuto suo Padre, è come se avesse vissuto sempre per strada, costretto a cercarsi il pane, a lottare per conquistarne un tozzo.
E il mondo è pieno di orfani che si affannano e angosciano perché hanno tagliato con il Padre e non sanno che, comunque sia, Egli “sa di cosa hanno bisogno”. Anche di preti e suore, catechisti e cristiani “di poca fede” che si affannano e preoccupano come i “pagani.
Ma Dio si è fatto carne proprio per i suoi figli dispersi, per ciascuno di noi impigliato nelle maglie della schiavitù al denaro. E viene con questa parte del Discorso della Montagna che ci mostra il cuore del Figlio. Gesù ha odiato mammona perché amava il Padre.
Gesù non ha vissuto un’ora sola per se stesso, ma in ogni istante si è donato senza affannarsi e preoccuparsi; Non aveva dove reclinare il capo perché lo ha deposto sul legno della Croce.
Libero come un “uccello del cielo” non ha lavorato per “ammassare nei granai” ma ha perduto la vita per annunciare il Vangelo. Per questo suo Padre lo ha nutrito di vita eterna.
Come un “giglio del campo” non ha tessuto e filato per vestirsi e farsi bello, ma ha lasciato che, nudo sulla Croce, il Padre lo rivestisse della sua santità.
Ha sempre “cercato prima il Regno di Dio e la sua Giustizia”, seguendone le orme sino alla morte. Per questo il Padre gli ha “dato in aggiunta” la risurrezione e la vittoria sul peccato, e tutti i beni incorruttibili perché li doni a ogni uomo.
Accogliamo allora oggi questo Vangelo di verità e libertà. Lasciamoci illuminare sul nostro attaccamento ai beni e convertiamoci per vivere in Cristo. Consegniamogli noi stessi e le nostre famiglie, la missione, le parrocchie, le attività, la vecchiaia e la gioventù: “la sua vita in noi vale più del cibo, e il corpo suo tempio vale più del vestito”.
Il Regno di Dio che abbiamo spesso scambiato con un sofà e una televisione al plasma è invece pienezza, gioia e pace nello Spirito Santo. E’ l’antipasto del Cielo, è già un pezzo di Paradiso qui in terra. Non è lontano, è nascosto nella nostra storia: “cerchiamolo prima” del vestito, del cibo e del denaro, della salute e del lavoro.
I beni arriveranno come e quando Dio vorrà, perché è nel deserto che si impara che l’uomo non vive di solo pane ma di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio .
“Cerchiamolo” e ascoltiamolo allora in ogni evento, soprattutto in quelli che ci fanno paura, nella precarietà e nelle “pene” di oggi. “A ciascun giorno”, infatti, “basta” la Croce dove Cristo si dona a noi senza riserve per colmarci e darci pace alle inquietudini, e dove anche noi potremo donarci.
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