Venerdì della XXIX settimana del Tempo Ordinario



αποφθεγμα Apoftegma

Solo l'amore distingue i figli di Dio dai figli del diavolo. 
Se tutti si segnassero con la croce, 
se rispondessero Amen e cantassero tutti l'Alleluia; 
se tutti ricevessero il battesimo ed entrassero nelle chiese, 
se facessero costruire i muri delle basiliche,
resta il fatto che soltanto la carità 
fa distinguere i figli di Dio dai figli del diavolo. 
Quelli che hanno la carità sono nati da Dio, 
quelli che non l'hanno non sono nati da Dio. 
È questo il grande criterio di discernimento.
S. Agostino, Commento prima lettera di Giovanni


ALTRI COMMENTI








L'ANNUNCIO
Dal Vangelo secondo Luca 12,54-59.
Diceva ancora alle folle: «Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: Viene la pioggia, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: Ci sarà caldo, e così accade. Ipocriti! Sapete giudicare l'aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo? E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto? Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada procura di accordarti con lui, perché non ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all'esecutore e questi ti getti in prigione. Ti assicuro, non ne uscirai finché non avrai pagato fino all'ultimo spicciolo».



"SOLVENTI" DI UN DEBITO CHE NON AVREMMO MAI POTUTO PAGARE ANNUNCIAMO AL MONDO LA MISERICORDIA DEL PADRE


Ce lo «assicura» il Signore, la vita è un cammino accanto al «nostro avversario», per giungere infine «davanti al Giudice». Purtroppo non è proprio così che siamo abituati a «giudicare questo tempo» e le relazioni con chi ci è caro; il sentimentalismo e la passione ci impediscono di vedere nella moglie, nel marito, nei figli i nostri «avversari» che possono ostacolare il cammino dietro al Signore. Normalmente ci poniamo davanti alla storia come quando si guarda l’«aspetto della terra e del cielo» per prevedere il tempo: allo stesso modo che da una «nuvola che sale a ponente» ci aspettiamo «la pioggia», da una persona cara attendiamo comprensione, rispetto, amore. E quando ciò non «accade» è la fine del mondo, con i suoi terremoti affettivi: allora sì che gli altri diventano nemici. «Come mai» non riusciamo a frenarli? Perché siamo intrappolati nella stessa «ipocrisia» dei farisei. Questi «giudicavano» senza misericordia i peccatori presumendo di essere giusti perché all’«esterno» della loro vita «accadeva» esattamente ciò che ogni precetto prescriveva. Noi «giudichiamo» gli altri per non avere nei nostri riguardi le attitudini e i comportamenti che, ingannati, presumiamo di aver avuto con loro. E come i farisei che, accecati dal disprezzo, non hanno conosciuto la giustificazione di Dio, così anche noi sperimentiamo la «prigione» della gelosia e del rancore, dove siamo condannati a «pagare sino all’ultimo spicciolo» di noi stessi nel tentativo, inutile, di ricostruire le relazioni che abbiamo distrutto. Ma Dio non ci ha abbandonato al nostro destino perché conosce il peccato di Adamo che ha ferito e sconvolto la natura; non si aspetta quello che non possiamo dare perché la superbia ci ha resi suoi «avversari» come qualunque altro uomo. Come Pietro, che si voleva frapporre tra Gesù e la Croce, tra Lui e il compimento della volontà del Padre. E, senza sconti, si è messo d'accordo con Pietro dicendogli la verità, che cioè in quel momento stava incarnando satana, rimettendolo al suo posto. Ed era il modo autentico di amarlo e perdonarlo. Perché il perdono di Dio non è solo un voltar pagina, ma ricreare l'uomo, facendone una creatura nuova. E per Pietro questo significava diventare un discepolo, che segue Gesù sino al Calvario. Anche noi, senza il suo perdono non possiamo fare nulla. Per questo Dio ha «rivolto contro di sé» (Benedetto XVI) la condanna che ci spettava, inviando il suo Figlio sul nostro cammino per «accordarsi» con noi e «liberarci dal debito» che le nostre opere morte, come «esattori» esigenti, ci contestano. Ha pagato per noi l’ultimo spicciolo con l’ultima goccia del suo sangue. E ci ha resi liberi per "accordarci" anche noi con chi ci è accanto, riconoscendo l'inganno del demonio che ce li rende "avversari" della nostra missione come lo è lui. Per questo, "accordarsi" con loro non significa mediare e fare compromessi, ma sintonizzarsi sul "cuore" dei fratelli, rigettando le ipocrisie. Significa odiare tutto e tutti quando usurpano il posto di Dio in noi, che non è mai quello che Lui gli ha assegnato. Significa "unire i cuori" per seguire, insieme, le orme di Gesù, compiendo la volontà di Dio. Per questo il «discernimento» sulla vita e le persone nasce dall’amore, sa cogliere la verità, il "cuore" appunto, nella selva delle apparenze. Come anche Davide, che ha riconosciuto in Simei che lo insultava mentre scappava sull'erta del Monte degli Ulivi, una possibilità che Dio gli concedeva per convertirsi ed essere perdonato. Chi ha conosciuto se stesso scoprendosi identico a Giuda «avversario» del Signore, può accettare senza stupirsi che l’«avversario» si nasconda anche nella persona più cara. Così, come Gesù ha amato Giuda chiamandolo amico mentre con un bacio lo tradiva, un cristiano sa riconoscere come favorevole per amare nella verità proprio «questo tempo» nel quale l'"avversario" cammina accanto a lui; «giudica da se stesso», dalla sua esperienza intima, come amare per difendere la primogenitura e seguire il Signore. Discerne cioè che è «giusto» «accordarsi»: da un lato donarsi al cuore di chi tradisce le sue attese, «procurando» di restituirgli quanto sino ad allora gli ha sottratto, il perdono e l'amore che ha redento entrambi; dall'altro rinnegando ogni affetto carnale, ogni ipocrisia e menzogna, "restituendo" così all'altro la verità e il posto che Dio gli ha assegnato, l'unico nel quale può conoscere il suo amore. È questo il cammino che il Signore ha inaugurato per noi e sul quale ci chiama a seguirlo. L’unico ragionevole perché solo l’amore che raggiunge anche il nemico può ricreare i rapporti logorati dalla carne ammalata. La carità è pioggia anche quando soffia lo scirocco e sole anche quando salgono le nuvole da ponente; è la giustizia di Dio che supera quella ipocrita che ci ha gettato in prigione. E' l'amore che non si piega al sentimento e alle catechesi del mondo. A noi è chiesto solo di accoglierlo mentre "siamo per via" su questa terra, per donarlo agli altri e comparire nell'ultimo giorno davanti al Giudice assolti insieme ai nostri "avversari".


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COMMENTO COMPLETO


Ce lo "assicura" il Signore, la vita è un cammino accanto al «nostro avversario», per giungere infine "davanti al Giudice", perché c'è un giudizio che ci aspetta. Oggi, il giorno della nostra morte, e l'ultimo giorno. Purtroppo non è proprio così che siamo abituati a "giudicare questo tempo" e le relazioni con chi cammina accanto a noi. Nel testo odierno Luca utilizza due volte il termine "discernimento", "dokimazo" (valutare in vista di un giudizio), che traduce il verbo ebraico "bchn" (verificare, mettere alla prova, provare, saggiare anche i metalli); e una volta giudicare, "krino" che, traduce il verbo ebraico "bîn" (= vedere la differenza, connesso con la preposizione bên ‘tra’, quindi vuol dire anche distinguere). "Verifichiamo" cioè sino all'ultimo particolare per comprendere - letteralmente - il "volto della terra e del cielo", ma "da noi stessi" non sappiamo riconoscere "ciò che è giusto". Viviamo come dei pescatori che, vedendo le nuvole salire da ponente, invece di dire "verrà la pioggia", decidono "da se stessi" che sarò bel tempo. E così escono in mare e sono sorpresi dalla tempesta e affondano senza scampo. E' l'ipocrisia di chi si illude di poter diventare come Dio e governare a piacimento la natura, perché risponda agli appetiti della propria carne. Ma sono solo parole, fumo che non ha nessun potere, perché solo la Parola di Dio è creatrice. A noi è dato il compito di "discernere" e "giudicare" quello che Dio, attraverso le persone e i fatti della nostra vita, vuole compiere. Ma siccome "il peccato abita in noi", ci illudiamo di stabilire noi cosa sia bene e cosa sia male, e finiamo con il non sapere "giudicare in noi stessi" ciò che è "giusto", cioè secondo la volontà di Dio. E così entriamo nei fatti e nelle relazioni equipaggiati male, con giacca a vento, guanti e passamontagna in una splendida giornata di sole, con 40 gradi all'ombra. Non sappiamo cioè riconoscere in chi cammina con noi l'avversario con cui metterci d'accordo perdonando e prendendo su di noi i suoi peccati. Perché l'amore ha sempre la meglio nel "giudizio": cioè giudica sempre bene solo chi ama, senza condizioni, come il Giudice che ci attende ogni giorno al suo tribunale: il suo nome è Amore, e con amore ci giudica, sempre. Ma c'è un problema: "avversari" di Dio e della sua immagine e somiglianza in noi stessi e nei fratelli, siamo nudi, come Adamo ed Eva, e non abbiamo nulla da offrire per proporre un "accordo" a chi ci è accanto. Come potremmo restituire a Dio quello che, ingannati, crediamo ci abbia tolto? 


Davide e Simei
Per questo, Dio ha rivolto contro di sé" (Benedetto XVI) la condanna che ci spettava, inviando il suo Figlio sul nostro cammino per "accordarsi" con noi e "liberarci dal debito". Coraggio allora, Gesù ha il potere di trasformare in suoi amici noi che siamo stati suoi “avversari”! Ciò accade nella comunità cristiana, passo dopo passo sul cammino di conversione fatto "accanto" a Cristo. Sperimentando concretamente che Lui ha pagato per te "sino all’ultimo spicciolo" con l’ultima goccia del suo sangue, scoprirai che tua moglie, pur essendo tante volte un nemico, non ha più nessun debito con te! Come tuo marito e i tuoi figli, i tuoi genitori e nessun uomo. Nemmeno il datore di lavoro che ti ha ingannato rubandoti ciò che è tuo. Non reclamare alcun prestito che hai fatto, lasciatelo rubare, perché Cristo ha fatto così con te: eri un debitore "insolvente", ma grazie alla follia dell'amore di Dio rivelato in Cristo sei diventato "solvente". Il creditore ha pagato il debito del debitore lasciandosi rubare tutto, compresa la vita! Infatti, sapendo che non avremmo potuto restituire neanche uno spicciolo, si è addirittura fatto rubare ancora, sino a morire per il debitore. Per non farci morire in galera, vi è entrato Lui, facendosi colpevole al posto nostro. Non c'era altro cammino per riconciliarci con Dio. Come non ce ne sono altri per "metterci d'accordo" tra fratelli mentre camminiamo nella storia. Altro che "dialogo", tentazione subdola e suadente che scambia la dilazione del debito per la sua estinzione. Non illudetevi, quando appaiono i peccati - che è come dire quasi sempre - “accordarsi" con i fratelli non significa mediare e fare compromessi: due coniugi che dialogano stanno solo prendendo tempo per non perdonarsi; non possono e non vogliono pagare l'uno per l'altro i debiti che contraggono mutuamente. Solo chi ha sperimentato l'amore folle di Dio che lo ha riconciliato a sé gratuitamente può "giudicare da se stesso cosa è giusto". Al posto del peccato infatti, "in se stesso" è vivo Cristo che lo ha "sdebitato" per unirlo indissolubilmente a Lui nel cammino verso il Cielo. Saprà allora discernere nei fratelli divenuti "avversari" non più i nemici da combattere, ma la carne di Cristo che, proprio per aver estinto ogni debito in tutti gli uomini, si fa presente nel fratello per mendicare la nostra accoglienza, l'unico modo attraverso il quale può giungere la giustizia di Dio. Come Davide che, quando Simei lo insultava mentre scappava sull'erta del Monte degli Ulivi, lo "giudicò da se stesso" come una possibilità che Dio gli concedeva per convertirsi ed essere perdonato; e per questo ha accettato di camminare accanto a lui, impedendo che fosse ucciso. Chi ha conosciuto se stesso scoprendosi un "avversario" del Signore identico a Giuda, può accettare senza stupirsi che l’"avversario" si nasconda anche nella persona più cara. Come Gesù ha amato Giuda chiamandolo amico mentre con un bacio lo tradiva, un cristiano sa riconoscere, come la pioggia che viene dopo le nuvole che salgono da ponente, "favorevole" per amare proprio "questo tempo" nel quale l'"avversario" cammina accanto a lui. "Discerne" che è "giusto" "accordarsi" con lui perché entrambi sono “per via”, camminano cioè insieme nella stessa comunità verso lo stesso Destino: attraverso la Parola e i sacramenti, può "procurare" di “restituirgli” quanto gli ha sottratto, il perdono e l'amore che attinge da Cristo che ha pagato per entrambi. 


QUI IL COMMENTO COMPLETO E GLI APPROFONDIMENTI





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