Sabato della XXXIV settimana del Tempo Ordinario



αποφθεγμα Apoftegma

Noi non ci atteniamo mai al tempo presente.
Siamo così imprudenti che erriamo nei tempi che non sono nostri,
e non pensiamo affatto al solo che ci appartiene,
e così vani, che riflettiamo su quelli che non sono più nulla,
e ci preoccupiamo di disporre le cose che non sono in nostro potere,
per un tempo al quale non siamo affatto sicuri di arrivare…
e fuggiamo senza riflettere quel solo che esiste...

Blaise Pascal, Pensieri






UN ALTRO COMMENTO









L'ANNUNCIO
Dal Vangelo secondo Luca 21, 34-36

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 
«State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. 
Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di comparire davanti al Figlio dell'uomo"
.





VEGLIARE E PREGARE IN ATTESA DELLO SPOSO CHE VIENE A COMPIERE LA NOSTRA VITA NELL'AMORE


La più grande novità del cristianesimo è rivelata da questa parola: vegliate in ogni momento. Nella vita non vi è nulla da derubricare e sottrarre all’”attenzioneogni momento è importante e decisivo perché costituisce quel frammento del Regno di Dio nel quale siamo chiamati a comparire davanti al Figlio delluomo, in piedi, nell'atteggiamento di chi è giudicato innocente dal magistrato. Il Regno di Dio, infatti, è vicino, ma non è un luogo, è un evento (Card. Joseph Ratzinger, Escatologia), è Cristo stesso vivo in mezzo a noi. Non a caso il termine usato è in ogni kairos, perché con il suo irrompere nella storia, Cristo ha colmato di sé il chronos - il tempo che per i greci e la mentalità del mondo divora i suoi figli  trasformando ogni istante in un momento favorevole nel quale incontrare il suo amore e aprirsi a Lui; per questo, quando ci ammonisce dicendoci state attenti a voi stessi, il Signore ci invita a vivere sino in fondo, con intensità e autenticità, ogni momento, senza sprecare nulla del tempo e di noi stessiPer “tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra”, infatti, è preparato lo stesso “giorno” del Messia. I cristiani sanno di non avere un destino diverso da tutti gli altri: “non abitano città proprie, né conducono un genere di vita speciale, dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo” (Lettera a Diogneto) e così, sono già “sfuggiti” ai “lacci” che si “abbattono” di sorpresa su chi ha “appesantito” il “cuore” negli “affanni” per salvare “la vita”. 

Nulla, infatti, “è improvviso” per chi ha un “cuore” che “vigila” attingendo la “forza” dalla “preghiera”, “attento”, come chi dorme all’aperto, a non farsi sorprendere dalle insidie che si nascondono nella notte. Il cristiano, infatti, “non è delle tenebre, ma del giorno”; mentre il mondo è immerso nella notte dove “mangiare e bere” sino a “ubriacarsi” perché tanto si deve morire ed è meglio non pensarci, il suo “cuore veglia” in attesa dello Sposo al quale donarsi. I cristiani "hanno tra di loro un rispetto inconcepibile agli altri" (Lettera a Diogneto), stanno ben "attenti" a non perdere di vista il centro dell'esistenza, impedendo così al "cuore" di "dissiparsi" negli affetti, nel lavoro, nei beni; "vigilano" su tutto e su tutti con rispetto - termine derivante dal latino respicio - che significa guardare tenendo presente qualcosa d'altro che domina sull'orizzonte. Solo con la preghiera si può guardare il prossimo e gli eventi con amore, "sfuggendo" ai "lacci" della carne che stringono, "improvvisamente", in un cappio mortale, ricevendo la "forza" per dire a chi ci è accanto: "Sei nel centro del mio occhio e del mio cuore, ma sull'orizzonte ultimo, perché un'altra figura ti illumina, ti dà vita: sei mia perché sei di un Altro. Riconoscendo che sei di un Altro, anche io scopro di essere di un Altro" (Mons. Luigi Giussani). Lavando i piatti come deliberando in un consiglio di amministrazione, mettendo un timbro su una pratica come operando un paziente per salvargli la vita, siamo dunque chiamati a fare tutto per amore a Cristo, con il “cuore” indiviso, “abitando” alla sua presenza “ogni momento” come nel “giorno che non conosce tramonto”, trasformando così l’intera esistenza in una “preghiera” incessante: “Fa cut ardeat cor meum in amando Christum ut sibi complaceam - Fa’ che il mio cuore sia pieno di ardore nell’amore a Cristo, così che possa piacergli” (Jacopone da Todi, Stabat Mater).


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