Sabato della XXVIII settimana del Tempo Ordinario



αποφθεγμα Apoftegma

Occorre tornare ad annunciare con vigore e gioia
l’evento della morte e risurrezione di Cristo,
cuore del Cristianesimo,
fulcro portante della nostra fede,
leva potente delle nostre certezze,
vento impetuoso che spazza ogni paura e indecisione,
ogni dubbio e calcolo umano.

Benedetto XVI, Omelia a Verona, 1985  










L'ANNUNCIO
Dal Vangelo secondo Luca 12,8-12

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Io vi dico: chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell’uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio; ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini, sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio.
Chiunque parlerà contro il Figlio dell’uomo, gli sarà perdonato; ma a chi bestemmierà lo Spirito Santo, non sarà perdonato.
Quando vi porteranno davanti alle sinagoghe, ai magistrati e alle autorità, non preoccupatevi di come o di che cosa discolparvi, o di che cosa dire, perché lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire».


DAI FRUTTI DELLA FEDE IL MONDO RICONOSCE CRISTO NEI SUOI FRATELLI PIU' PICCOLI 



La preoccupazione non si addice a un testimone di Cristo. Non era preoccupato il Signore, sapeva bene che a Gerusalemme le «autorità» si sarebbero «radunate contro il Messia» per condannarlo unanimi alla Croce. Ma «proprio per questo» si avviava alla «sua ora», doveva farsi peccato per «riconoscere» come suoi fratelli davanti al Padre tutti noi peccatori che abbiamo «parlato contro» di Lui. Lo stesso destino attende anche noi, «riconoscere» il Signore e il suo amore dinanzi alle «sinagoghe» e ai «magistrati» che ogni giorno processano e condannano Dio scandalizzati dal male e dalla sofferenza. Preoccuparsi è pericoloso. Induce a cercare in noi o in altri la «colpa» per trovarci dinanzi a un tribunale. Perché non mi accettano? Ho fatto qualcosa di male o, come dicono tutti, il cristianesimo vissuto così radicalmente è solo un’intollerante fondamentalismo? E il dolore innocente? La Croce, la risurrezione, non sarà tutto un inganno? Preoccupandosi si finisce con il credere alla menzogna del demonio, la vita con Cristo diventa insopportabile sino a doverlo «rinnegare» e, con una «bestemmia» contro lo Spirito Santo, cancellare la sua opera. Muore così la fede e si chiude inesorabilmente la porta al perdono, perché Dio nulla può contro la libertà. È vero, ci attendono catene, processi e condanne. Davanti al ginecologo dopo essere rimaste incinta del quinto figlio, ai compagni di scuola che ci invitano all’ennesimo spinello, al ragazzo che vorrebbe allungare la mano, a colleghi, amici e parenti. Sulla carne sentiamo i graffi del loro disprezzo, ci ferisce il loro rifiuto; ma proprio attraverso quanti ci perseguitano è lo Spirito Santo che «ci porta», cesellando in noi l’immagine del Signore perché sia «riconosciuta». Se ci rifiutano e perseguitano è segno che l’opera sta riuscendo bene; lo Spirito ci ha strappato alla paura e, mentre nel cuore «ci attesta che siamo figli di Dio», scioglie sulle nostre labbra davanti a tutti lo stesso abbandono obbediente del Figlio: «Abbà! Padre!», le parole che ci hanno salvato e che lo Spirito ci «insegna» facendo di ogni «momento» una buona notizia per il mondo.


La "preoccupazione" non si addice a un testimone di Cristo. Non era preoccupato il Signore, sapeva bene che a Gerusalemme le "autorità" religiose e civili si sarebbero "radunate contro il Messia" per condannarlo unanimi alla Croce. Ma "proprio per questo" si avviava alla "sua ora": doveva farsi peccato per "riconoscere" davanti al Padre come suoi fratelli tutti noi peccatori che abbiamo "parlato contro" di Lui. Lo stesso destino attende anche noi, "riconoscere" il Signore e il suo amore dinanzi alle "sinagoghe" e ai "magistrati" che ogni giorno processano e condannano Dio, scandalizzati dal male e dalla sofferenza. In questo agone "preoccuparsi" è pericoloso. Induce a cercare in noi o in altri la "colpa" per trovarci dinanzi a un tribunale. Perché non mi accettano? Ho fatto qualcosa di male o, come dicono tutti, il cristianesimo vissuto così radicalmente è solo un’intollerante fondamentalismo? E il dolore innocente? La Croce, la risurrezione, non sarà tutto un inganno? "Preoccupandoci" di come "discolparci" si può finire molto male fratelli. Come Giuda che, avendo "bestemmiato", ovvero "parlato male" contro lo Spirito Santo che stava agendo in Gesù spingendolo verso la Croce, ha finito con il credere al demonio di cui era divenuto luogotenente e si è impiccato disperando del perdono; perché il vero obbiettivo del demonio è la nostra disperazione intrisa di orgoglio che si chiude ostinatamente al perdono. E proprio il "preparare che cosa dire" quando appare la Croce è il primo passo che conduce a bestemmiare lo Spirito Santo, perché, sottolineando l'azione umana, insinua la sua irrilevanza. "Preoccuparsi di che cosa dire" è, in fondo, avere accettato l'inganno del demonio che non è il peccato a far male all'uomo, ma i limiti che Dio pone alla sua creatura, impedendogli di essere libero e autonomo come Lui. Riconosciamolo, abbiamo bestemmiato tante volte, perché nel fondo, forse anche oggi, abbiamo creduto anche noi che Dio non ci ami; per questo, illudendoci di sfuggire la sofferenza, tagliamo con Lui addossandogli la "colpa" dei nostri fallimenti. E gridiamo al mondo, con parole e opere, che no, non c'entriamo con Lui, non lo conosciamo. Ma coraggio fratelli, non siamo ancora precipitati nella condanna irrevocabile. Possiamo ancora rivolgere la "bestemmia" contro il Signore per non dirigerla contro lo Spirito Santo. Ma che dici? Dico che Dio è diventato "Figlio dell'uomo" per farsi peccato e prendere su di sé ogni bestemmia, ogni mormorazione e rancore, odio e peccato che sorgono dal cuore dell'uomo avvelenato dalla menzogna del demonio. Gesù è nato per questo fratello mio! Allora coraggio, parla male di Lui, cioè addossagli la colpa perché Lui possa darti in cambio il "perdono". Perché ci sia anche tu tra "chiunque parla male del Figlio dell'uomo" e "gli sarà perdonato". Sfogati con Lui nella preghiera, vai a confessarti e vomita sul suo ministro il tuo veleno. Contempla oggi la Croce, inginocchiati e leggi la Passione; ascolterai il gallo cantare, la profezia dell'alba di risurrezione nel mezzo della Passione, il seme del perdono deposto nel pentimento (la chiesa primitiva, durante la veglia pasquale, non immergeva i catecumeni nelle acque del battesimo sino a che il gallo non avesse cantato). Contempla il Servo di Yahwè che ha dato la vita per te, e piangi, come Pietro, che di fronte al pericolo ha "rinnegato" tre volte Cristo dicendo che lui proprio non c'entrava con tutto quel macello. Accetta di essere quello che il Signore, pur conoscendolo, ha scelto con amore infinito. Immergiti nella compunzione, spezzetta nella contrizione il tuo cuore, umiliati e lascia a Cristo le tue bestemmie travestite da preoccupazione, perché non si trasformino in disprezzo di te inducendoti a disperare della salvezza.  

Non aver paura, perché Lui ha già "rinnegato davanti al Padre" il tuo uomo vecchio che lo ha "rinnegato" davanti agli uomini per "riconoscere in Cielo" il tuo uomo nuovo che si "riconosce" peccatore per "riconoscere" il perdono di Gesù "davanti agli uomini". Coraggio, abbandonati alla misericordia di Dio, e lasciati crocifiggere con Cristo per passare con Lui dalla morte del peccato alla vita nuova nello Spirito Santo che scende copioso sulla comunità cristiana riunita in preghiera. Partecipa fedelmente alle celebrazioni, ascolta la Parola di Dio, nutriti dei sacramenti, assapora quanto è bello l'amore tra i fratelli, e lo zelo per il vangelo che ti ha salvato crescerà in te, con l'amore per ogni uomo che giace nella rete del demonio obbligato a vivere bestemmiando. La "parresia" (franchezza), infatti, è un'opera dello Spirito Santo che caratterizza il modo di esistere di chi, nella Chiesa, è rinato in Cristo. In loro, i frutti della fede adulta fanno "riconoscere" il volto di Cristo, come accadde a Santo Stefano. Per questo, a causa dei "segni" del Signore risorto e vivo in noi - a causa cioè del Kerygma che incarniamo per pura Grazia - ci attendono catene, processi e condanne: davanti al ginecologo dopo essere rimaste incinta del quinto figlio, ai compagni di scuola che ci invitano all’ennesimo spinello, al ragazzo che vorrebbe allungare la mano, a colleghi, amici e parenti che ci spingono a far causa a chi ci ha fatto un'ingiustizia. Sulla carne sentiremo i graffi del loro disprezzo, ci ferirà il loro rifiuto; ma proprio mentre ci perseguiteranno lo Spirito Santo "ci porterà" (secondo l'originale greco tradotto con "vi insegnerà"), cesellando in noi l’immagine del Signore perché Egli sia "riconosciuto" e quindi crocifisso in noi. Se ci rifiutano e perseguitano è segno che l’opera sta riuscendo bene; lo Spirito ci ha strappato alla paura e, mentre nel cuore "ci attesta che siamo figli di Dio", scioglie sulle nostre labbra e davanti a tutti lo stesso abbandono obbediente del Figlio: "Abbà! Padre!", le parole che nel Getsemani ci hanno salvato e che lo Spirito ci "insegna" in ogni nostro Getsemani, facendo di ogni "momento" una buona notizia per il mondo. Quando infatti "riconosciamo" Gesù come il Signore, Egli "ci riconosce davanti agli angeli di Dio", testimoniando così in terra che esiste il Cielo. Come? Donandoci pace, serenità, pazienza e addirittura letizia nelle persecuzioni e nelle malattie, sigillo inconfondibile della vita soprannaturale che alberga in quella naturale, spingendola oltre i limiti della carne. Esattamente come accadde a Gesù nel Getsemani, dove la volontà di Dio ha preso per mano quella umana, "trascinandola" (Ratzinger) nel Mistero Pasquale che oggi si fa carne in noi, perché chiunque ci veda possa sperare di passare dalla bestemmia alla benedizione, dall’inferno al Paradiso.

















La "preoccupazione" non si addice a un testimone di Cristo. Non era preoccupato il Signore, sapeva bene che a Gerusalemme le "autorità" religiose e civili si sarebbero "radunate contro il Messia" per condannarlo unanimi alla Croce. Ma "proprio per questo" si avviava alla "sua ora": doveva farsi peccato per "riconoscere" davanti al Padre come suoi fratelli tutti noi peccatori che abbiamo "parlato contro" di Lui. Lo stesso destino attende anche noi, "riconoscere" il Signore e il suo amore dinanzi alle "sinagoghe" e ai "magistrati" che ogni giorno processano e condannano Dio, scandalizzati dal male e dalla sofferenza. In questo agone "preoccuparsi" è pericoloso. Induce a cercare in noi o in altri la "colpa" per trovarci dinanzi a un tribunale. Perché non mi accettano? Ho fatto qualcosa di male o, come dicono tutti, il cristianesimo vissuto così radicalmente è solo un’intollerante fondamentalismo? E il dolore innocente? La Croce, la risurrezione, non sarà tutto un inganno? "Preoccupandoci" di come "discolparci" si può finire molto male fratelli. Come Giuda che, avendo "bestemmiato", ovvero "parlato male" contro lo Spirito Santo che stava agendo in Gesù spingendolo verso la Croce, ha finito con il credere al demonio di cui era divenuto luogotenente e si è impiccato disperando del perdono. Eh sì, perché il vero obbiettivo del demonio è la nostra disperazione intrisa di orgoglio che si chiude ostinatamente al perdono. Proprio il "preparare che cosa dire" quando appare la Croce è il primo passo che conduce a bestemmiare lo Spirito Santo, perché, sottolineando l'azione umana, insinua la sua irrilevanza. Guarda tuo figlio, il tuo matrimonio, la tua vita: tanto tempo a pregare e niente, non cambia nulla. Serve altro, lo psicologo, la terapia, i pensieri del mondo e le parole umane, perché l'azione soprannaturale dello Spirito Santo non ha prodotto il cambio che speravo. Come in Gesù, che non aveva spinto a combattere e a vincere contro i romani. "Preoccuparsi di che cosa dire" è, in fondo, avere accettato l'inganno del demonio che non è il peccato a far male all'uomo, ma i limiti che Dio pone alla sua creatura, impedendogli di essere libero e autonomo come Lui. Sono le strutture, le situazioni, i condizionamenti dell'ambiente a farci soffrire. E così, senza accorgerci, facciamo fuori in un colpo solo libertà e libero arbitrio, rendendo di conseguenza superflua l'opera di Dio. Questa è la "bestemmia contro lo Spirito Santo", consegnataci bella e impacchettata e pronta all'uso dai falsi profeti che ci ingannano con le loro filosofie e ideologie; i ricorsi umani e mondani sono le armi del delitto con cui satana vuole mettere fuori gioco Dio. Anche in Chiesa, purtroppo, ci sono di questi bestemmiatori, come nelle nostre famiglie... Sono quelli che si "preoccupano" con riunioni e piani pastorali, che con l'inculturazione del Vangelo e il suo adattamento alle diverse circostanze si illudono di "preparare" bene che cosa dire per "discolparsi" davanti a quanti accusano Dio di essere ingiusto. Riconosciamolo, abbiamo bestemmiato tante volte, perché nel fondo, forse anche oggi, abbiamo creduto anche noi che Dio non ci ami; per questo, illudendoci di sfuggire la sofferenza, tagliamo con Lui addossandogli la "colpa" dei nostri fallimenti. E gridiamo al mondo, con parole e opere, che no, non c'entriamo con Lui, non lo conosciamo. Ma coraggio fratelli, siamo ancora sul filo che ci separa dallo strapiombo. Possiamo ancora rivolgere la "bestemmia" contro il Signore per non dirigerla contro lo Spirito Santo. Ma che dici? Dico che Dio è diventato "Figlio dell'uomo" per farsi peccato e prendere su di sé ogni bestemmia, ogni mormorazione e rancore, odio e peccato che sorgono dal cuore dell'uomo avvelenato dalla menzogna del demonio. Gesù è nato per questo fratello mio! Allora coraggio, parla male di Lui, cioè addossagli la colpa perché Lui possa darti in cambio il "perdono". Perché ci sia anche tu tra "chiunque parla male del Figlio dell'uomo" e "gli sarà perdonato". Sfogati con Lui nella preghiera, vai a confessarti e vomita sul suo ministro il tuo veleno. Contempla oggi la Croce, vai in una chiesa e fissala, o chiuditi in una stanza e pensa ad essa. Leggi la Passione, con calma, e ascolterai il gallo cantare, la profezia della mattina della risurrezione nel mezzo della Passione, il seme del perdono deposto nel pentimento (la chiesa primitiva, durante la veglia pasquale, non immergeva i catecumeni nelle acque del battesimo sino a che il gallo non avesse cantato). Contempla il Servo di Yahwè che ha dato la vita per te, e piangi, come Pietro, che di fronte al pericolo ha "rinnegato" tre volte Cristo dicendo che lui proprio non c'entrava con tutto quel macello. Accetta di essere quello che il Signore, pur conoscendolo, ha scelto con amore infinito. Immergiti nella compunzione, spezzetta nella contrizione il tuo cuore, umiliati e lascia a Cristo le tue bestemmie, perché non si trasformino in disprezzo di te inducendoti a disperare della salvezza. 

Coraggio, abbandonati alla misericordia di Dio, e lasciati crocifiggere con Cristo per passare con Lui dalla morte del peccato alla vita nuova nello Spirito Santo che scende copioso sulla comunità cristiana riunita in preghiera. Partecipa fedelmente alle celebrazioni, ascolta la Parola di Dio, nutriti dei sacramenti, assapora quanto è bello l'amore tra i fratelli, e lo zelo per il vangelo che ti ha salvato crescerà in te, con l'amore per ogni uomo che giace nella rete del demonio obbligato a vivere bestemmiando. La "parresia" (franchezza), infatti, è un frutto dello Spirito Santo che caratterizza il modo di esistere di chi è rinato in Cristo. Non può non "riconoscere Cristo davanti agli uomini" perché Cristo è vivo in lui, e lo immerge nella stessa urgenza che ha mosso la sua vita, annunciare cioè l'unica Verità capace di salvare ogni uomo. Gesù non aveva tempo, era come il vento, libero e senza vincoli affettivi. Altro che compromessi, strategie, trucchi e comitati; altro che pre-occupazioni snervanti su come e che cosa dire o fare. Come in Cristo, anche nei cristiani è lo Spirito a parlare, e per questo ogni loro parola è quella adeguata a chi ascolta. Niente ipocrisie, solo la pura Verità: "sì sì, no, no, perché il di più viene dal maligno"; chi ne è ingannato, "forse sorride, forse è serio, non è luce non è tenebra", perché "si muove in una maniera che sembra non minacciare nessuno, come la serpe, ma ha il fascino del chiaroscuro. Ha quel fascino di non avere le cose chiare, di non dire le cose chiaramente; il fascino della menzogna, delle apparenze" (Papa Francesco). Gesù, invece, sapeva che a causa della sua Parola sarebbe giunto all'ora della Croce; di più, sapeva che il compimento di quella Parola sarebbe stata la sua Passione, morte, sepoltura e resurrezione. Per questo non si stupì di fronte a Pilato, Erode e al Sommo Sacerdote; sapeva che tutti lo stavano aspettando da sempre, da quel giorno in cui Adamo ed Eva hanno perduto il Paradiso... Era lì, con parresia, a giocarsi la vita perché il mondo avesse la vita; perché tu ed io, bestemmiatori e rinnegatori di professione, potessimo tornare a "riconoscere" e accogliere il Signore come l'unico Salvatore. Anche oggi, come nella Chiesa accade sempre, la sua Parola ha il potere di trasformarci in Figli di Dio, con lo stesso Spirito del Signore risorto,pronti a dire le stesse Parole. Lo sai che un prete, un padre e una madre cristiani, quando parlano in Cristo si stanno scavando la propria fossa? Se tu oggi parlerai in Cristo, qualcuno, in qualche modo, ti farà la pelle: insulti, calunnie, rifiuti, ironie, gelosie, rancori, odi e menzogne, tutto questo deve esplodere dal cuore di chi ascolta l'annuncio del Vangelo. Se così non accade significa che stiamo "rinnegando" la Verità annacquandola nei pensieri del mondo, adeguando il Vangelo alle culture che negano Dio. Significa che siamo di scandalo per Cristo nel suo cammino verso i peccatori, dicendo con pensieri, parole e atteggiamenti che la Croce è una maledizione che non gli deve accadere, ovvero che non deve perdonare. Assurdo, eppure "rinnegare" Cristo significa proprio frustrare la sua opera, impedendo che il suo amore giunga a chi, non conoscendolo, è ancora schiavo del demonio. Rinnegare Cristo è dipingere le parole e la testimonianza con l'ipocrisia del grigio, il colore dove i peccati sono diluiti nella tolleranza e nel relativismo, le fortezze inespugnabili dell'io superbo che si chiude alla salvezza. Per i cristiani, per te e per me che siamo uniti a Cristo e viviamo la sua vita imparando a combattere con il demonio per non rinnegarlo, è preparato un tribunale ogni giorno, dove testimoniare con parole e opere in suo favore. I segni che Lui opera nella Chiesa e nei suoi fratelli più piccoli, le opere addirittura più grandi che essi operano nel suo nome, sono i segni inconfondibili della sua risurrezione, che cioè Lui è vivo nei cristiani. Per questo, come duemila anni fa, la sua presenza che con autorità compie i segni del Messia, attira le ire del demonio che ci trascina in tribunale dove siamo chiamati a "riconoscerlo davanti agli uomini", a testimoniare cioè che Gesù non è un millantatore o un eretico, ma è il Figlio di Dio risorto dalla morte. Come accadde agli apostoli quando, operando la guarigione di uno storpio sulla porta del Tempio, furono condotti al Sinedrio dove gli fu chiesto "con quale potere o in nome di chi avete fatto questo?". Ed essi "riconobbero" il Signore con le parole che lo "Spirito Santo gli aveva insegnato in quel momento": "Capi del popolo e anziani, visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato ad un uomo infermo e in qual modo egli abbia ottenuto la salute, la cosa sia nota a tutti voi e a tutto il popolo d'Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi sano e salvo. Questo Gesù è la pietra che, scartata da voi, costruttori, è diventata testata d'angolo.  In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati" Vedendo la franchezza di Pietro e di Giovanni e considerando che erano senza istruzione e popolani, rimanevano stupefatti riconoscendoli per coloro che erano stati con Gesù; quando poi videro in piedi vicino a loro l'uomo che era stato guarito, non sapevano che cosa rispondere... E, richiamatili, ordinarono loro di non parlare assolutamente né di insegnare nel nome di Gesù. Ma Pietro e Giovanni replicarono: "Se sia giusto innanzi a Dio obbedire a voi più che a lui, giudicatelo voi stessi; noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato" (Atti 4,7-20). Fratelli, questa è un'istantanea della nostra vita di ogni giorno: i frutti della fede adulta fanno "riconoscere" in noi il profumo di Cristo. Per questo, a causa dei "segni" di Cristo risorto e vivo in noi, a causa cioè del Kerygma che incarniamo per pura Grazia, ci attendono catene, processi e condanne: davanti al ginecologo dopo essere rimaste incinta del quinto figlio, ai compagni di scuola che ci invitano all’ennesimo spinello, al ragazzo che vorrebbe allungare la mano, a colleghi, amici e parenti che ci spingono a far causa a chi ci ha fatto un'ingiustizia. Sulla carne sentiremo i graffi del loro disprezzo, ci ferirà il loro rifiuto; ma proprio mentre ci perseguiteranno lo Spirito Santo "ci porterà" (secondo l'originale greco tradotto con "vi insegnerà"), cesellando in noi l’immagine del Signore perché Egli sia "riconosciuto" e quindi crocifisso in noi. Se ci rifiutano e perseguitano è segno che l’opera sta riuscendo bene; lo Spirito ci ha strappato alla paura e, mentre nel cuore "ci attesta che siamo figli di Dio", scioglie sulle nostre labbra e davanti a tutti lo stesso abbandono obbediente del Figlio: "Abbà! Padre!", le parole che nel Getsemani ci hanno salvato e che lo Spirito ci "insegna" in ogni nostro Getsemani, facendo di ogni "momento" una buona notizia per il mondo. Quando infatti "riconosciamo" Gesù come il Signore, Egli "ci riconosce davanti agli angeli di Dio", testimoniando così in terra che esiste il Cielo. Come? Donandoci pace, serenità, pazienza e addirittura letizia nelle persecuzioni e nelle malattie, sigillo inconfondibile della vita soprannaturale che alberga in quella naturale, spingendola oltre i limiti della carne. Esattamente come accadde a Gesù nel Getsemani, dove la volontà di Dio ha preso per mano quella umana, "trascinandola" (Ratzinger) nel Mistero Pasquale che oggi si fa carne in noi, perché chiunque ci veda possa sperare di passare dalla bestemmia alla benedizione, dall’inferno al Paradiso.





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