Mercoledì della VI settimana del Tempo Ordinario




αποφθεγμα Apoftegma

Con l'espressione 'questo è umano' oggi si giustifica tutto.
Si cerca il divorzio: è umano.
Si beve: è umano.
Si imbroglia in un esame o in un concorso: è umano.
Si sciupa la propria giovinezza nel vizio: è umano.
Si lavora con indolenza: è umano.
Si è gelosi: è umano.
Si commette peculato: è umano.
Si è gelosi: è umano.
Non esiste alcun vizio che non si giustifichi con questa formula.
Con il termine 'umano' si caratterizza così ciò che di più caduco e meschino esiste nell'uomo.
A volte addirittura diviene sinonimo di bestiale.
Che bizzarro modo di esprimersi!
L'umano è proprio quello che ci distingue dalla bestia.
Umano è l'intelletto, il cuore, la volontà, la coscienza, la santità. Questo è umano.


Card. Saliège, in J. Ratzinger, Dogma e predicazione









L'ANNUNCIO

Dal Vangelo secondo Marco 8,22-26.

Giunsero a Betsàida, dove gli condussero un cieco pregandolo di toccarlo. Allora preso il cieco per mano, lo condusse fuori del villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: «Vedi qualcosa?». Quegli, alzando gli occhi, disse: «Vedo gli uomini, poiché vedo come degli alberi che camminano». Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente e fu sanato e vedeva a distanza ogni cosa. E lo rimandò a casa dicendo: «Non entrare nemmeno nel villaggio».














PRENDENDOCI PER MANO CRISTO CI CONDUCE NELL'INTIMITA' DELLA CHIESA PER GUARIRE I NOSTRI OCCHI CON LA SUA PAROLA PER CONTEMPLARE CHIARAMENTE IL SUO AMORE CROCIFISSO IMPRESSO IN OGNI UOMO

Betsaida, al confine tra la Galilea e la Decapoli, a un tiro di sasso dal paganesimo, è ogni luogo, situazione e relazione dove spesso il demonio riesce a farci distogliere lo sguardo dallo Sposo per fissarlo adorante sugli idoli. Betsaida è la nostra vita né carne né pesce, dove viviamo un po' con Dio e un po' con mammona, un po' fedeli e un po' idolatri e la frustrazione di non poter amare ci avvolge come una coltre oscura. La cecità infatti è il segno di un disordine, mostra i limiti della natura ferita dal peccato. Siamo ciechi e sbattiamo ogni giorno sulle barriere architettoniche erette dal nostro cuore indurito, dai pregiudizi, dalle concupiscenze, dai moralismi, dai pensieri e dalla carne corrotti dal peccato. Ma nulla di noi è estraneo all'amore della Chiesa che ci viene incontro nella nostra Betsaida per condurci a Gesù. Gli amici dello Sposo lo pregano infatti con pazienza perché si prenda cura di noi, spose accecate dalla menzogna del demonio. E il Signore, senza giudicarci, prende per mano la sua sposa attirandola nel deserto per parlare al suo cuore. In questi passi balbettati accanto a Gesù è tutta la nostra vita. Abbiamo bisogno di camminare per mano dello Sposo che conosce il cammino della Pasqua, per uscire dall'oscura notte della morte. Come nella Veglia Pasquale la luce del cero annuncia lo splendore del Re che ha vinto le tenebre, così la predicazione della Parola simboleggiata dalla saliva di Gesù spalmata sugli occhi del cieco ci annuncia la Buona Notizia che alla sua luce passeremo dalla cecità alla vista piena, ovvero la vita nuova dei risorti nella comunione con gli altri uomini. Essa illumina innanzi tutto l'albero della Croce dove Gesù nuovo Adamo ha condotto, per guarirla, la carne disobbediente e per questo cieca del primo Adamo. Perché non c'è guarigione senza l'esperienza con cui il cuore vede se stesso e gli altri come alberi; ciò significa che il primo passo verso la guarigione è l'umiltà che riconosce i propri peccati che hanno inchiodato Gesù vivo nei fratelli sull'albero della Croce. Ma Cristo è risorto facendo della Croce la porta gloriosa dischiisa sul Cielo. Per questo chi cammina nella Chiesa posa il primo sguardo degli occhi dischiusi nella fede sulla Gloria che riveste la sua croce. Solo l'esperienza personale che ogni umiliazione e caduta ci ha condotti all'incontro con l'amore infinito di Dio in Cristo suo Figlio, può aprire gli occhi del cuore per riconoscere un fratello in chi ci è accanto. Il contatto prolungato e ripetuto con Lui che ci tocca attraverso il battesimo e ogni sacramento, ci unisce allo Sposo sulla nostra croce di ogni giorno, dalla quale, con i suoi stessi occhi, possiamo guardare a distanza ogni cosa, senza trascurare nessun dettaglio offertoci per stendere le braccia e donarci. E' la vista piena della fede adulta, ovvero, secondo l'originale greco, un vedere perfettamente attraverso la superficie e dentro la realtà, il discernimento capace di riconoscere in chi ci è accanto lo stesso volto di Cristo. Uno sguardo d'amore capace di contemplare nel fratello la bellezza dell'immagine di Dio celata dalle ferite del peccato. Per questo, una volta guariti, non si torna più al villaggio di prima, ai rapporti feriti dalla paura e dal peccato, ma si cammina obbedienti alla sequela di Gesù, guardando la storia e le persone con i suoi stessi occhi colmi di misericordia.

QUI IL COMMENTO COMPLETO E GLI APPROFONDIMENTI





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