Lunedì della II settimana del Tempo di Avvento




αποφθεγμα Apoftegma

Tu sei benedetto, Signore nostro Dio, 
il sovrano del mondo, che ha creato tutto per la sua gloria.
Tu sei benedetto, Signore nostro Dio, 
il sovrano del mondo, il creatore dell'uomo.
Tu sei benedetto, Signore nostro Dio, il sovrano del mondo, 
che ha creato l'uomo a tua immagine...
Che la città sia giubilante, 
felice e gioiosa nel suo abbraccio pieno di gioia con i suoi figli. 
Tu sei benedetto, o Signore, che fa gioire Sion con i suoi figli.
Fa che la coppia di innamorati sia molto felice, 
proprio come hai fatto la creazione felice nel giardino di Eden... 
Tu sei benedetto, o Signore, che fai lo sposo e la sposa felice.
Tu sei benedetto, Signore nostro Dio, il sovrano del mondo, 
che hai creato la gioia e la festa, 
lo sposo e la sposa, la festa, tripudio, gioia e il piacere, 
l'amore e la fratellanza, la pace e l'amicizia. 
Possa presto essere udita nella città di Giuda e nelle strade di Gerusalemme, 
la voce di gioia e letizia, 
la voce dello sposo e la voce della sposa, 
la voce di giubilo degli sposi sotto il baldacchino nuziale
e di giovani dalle loro feste di canto. 
Benedetto sei tu, Signore, che doni la gioia dello sposo per la sposa. 

Benedizioni degli sposi nel matrimonio ebraico





COMMENTO CATECHETICO






L'ANNUNCIO
Dal Vangelo secondo Luca 5,17-26

Un giorno Gesù sedeva insegnando. Sedevano là anche farisei e dottori della legge, venuti da ogni villaggio della Galilea, della Giudea e da Gerusalemme. E la potenza del Signore gli faceva operare guarigioni.
Ed ecco alcuni uomini, portando sopra un letto un paralitico, cercavano di farlo passare e metterlo davanti a lui. Non trovando da qual parte introdurlo a causa della folla, salirono sul tetto e lo calarono attraverso le tegole con il lettuccio davanti a Gesù, nel mezzo della stanza. Veduta la loro fede, disse: “Uomo, i tuoi peccati ti sono rimessi”.
Gli scribi e i farisei cominciarono a discutere dicendo: “Chi è costui che pronunzia bestemmie? Chi può rimettere i peccati, se non Dio soltanto?”. Ma Gesù, conosciuti i loro ragionamenti, rispose: “Che cosa andate ragionando nei vostri cuori? Che cosa è più facile, dire: Ti sono rimessi i tuoi peccati, o dire: Àlzati e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati: io ti dico - esclamò rivolto al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua”. Subito egli si alzò davanti a loro, prese il lettuccio su cui era disteso e si avviò verso casa glorificando Dio.
Tutti rimasero stupiti e levavano lode a Dio; pieni di timore dicevano: “Oggi abbiamo visto cose prodigiose”.


LE NOZZE DEL PERDONO


Un paralitico non può muoversi. Sembra evidente, ma purtroppo spesso non lo è. La verità è che spesso siamo come dei paralitici convinti di poter camminare e di fare, liberamente, qualunque movimento. Tentiamo di alzarci, immaginiamo, rincorrendo sogni e fantasie, di correre, danzare, nuotare, tirare calci sublimi a un pallone. Mentre la realtà è ben altra, schiacciati come siamo su un lettuccio di dolori. L'inno "Il Natale" di Alessandro Manzoni inizia con un'immagine che descrive bene la situazione: è quella di un masso caduto dall'alto di una montagna che giace sul fondo della valle: 

"Là dove cadde, immobile 
Giace in sua lenta mole; 
Nè per mutar di secoli, 
Fia che rivede il sole 
Della sua cima antica, 
Se una virtude amica 
In alto nol trarrà". 

Il sasso precipitato dall'alto d'una montagna non potrà mai rivedere il sole che si contempla dalla cima, se una "forza amica non lo prende e non lo riporta su. 


"Tal si giaceva il misero 
Figliol del fallo primo". 

E' l'uomo decaduto per il peccato originale. 

"Donde il superbo collo
più non poteva levar". 

Il paralitico. Incapace di levare lo sguardo, il collo superbo di una mente obnubilata, ingannata dalla menzogna de demonio. Caduto, è ormai condannato a contemplare se stesso, i suoi sogni e i suoi ideali trasformati in idoli. Come scriveva don Giussani a proposito del peccato originale, "chiuso nell'affermazione di sé prima che la realtà". Totalmente alienato. Prosegue Manzoni 

"Qual mai tra i nati all'odio 
Quale era mai persona, 
Che al Santo inaccessibile 
Potesse dir : perdona? 
Far novo patto eterno? 
Al vincitore inferno 
La preda sua strappar?". 

Chi può invocare il Santo inaccessibile tra tanta folla, tante voci, muri d'orgoglio, di affetti, gente accalcata, carne mescolata, affari, lavoro, progetti, denaro. Come potrà un paralitico, incapace di tutto, annichilito su un lettuccio, vedere il Sole, la Luce, e chiedere perdono? Chi potrà strappare le nostre vite paralizzate, i nostri cuori induriti dalle grinfie del demonio? Chi potrà strapparci dal crederci capaci, dal sentirci in vena, dal mostrarci a posto? Chi strapperà noi povere prede dagli inganni dell'accusatore? Chi se non una "Virtude amica"? Chi se non la Chiesa, con la sua fede irrorata del sangue dei martiri, da duemila anni sui sentieri della storia a cercare i paralitici di ogni generazione. Chi se non la Sposa del Signore potrà risollevarci eludendo il muro dell'anonimo cinismo e l'ipocrisia dei religiosi di facciata? La Chiesa ci conduce, assolutamente incapaci e indegni, all'incontro con il perdono. La virtù amica della Chiesa ci guida nel cammino verso Cristo, verso ciò che occhio umano mai ha potuto vedere: il perdono di un peccatore, ovvero un paralitico che cammina. La virtù amica della Chiesa che con il magistero e la predicazione, con l'annuncio e la tenerezza ci accompagna nell'intimità del cuore di Cristo facendoci passare attraverso il "tetto", immagine di riparo, segno del matrimonio e della famiglia.

Nella Scrittura e nelle religioni, il baldacchino è il segno dell'intimità familiare, della Gloria di Dio che custodisce il talamo nuziale. La celebrazione del matrimonio nella tradizione ebraica è singolarmente vicina all'episodio del Vangelo di oggi. "...Le persone presenti alla cerimonia nuziale procedono verso la "chuppà" (la tenda nuziale), dove avrà luogo il matrimonio, secondo un ordine preciso. Lo sposo attende la sposa davanti alla "chuppà" che simbolicamente rappresenta la dimora dello sposo. La transizione della sposa dalla casa paterna a quella del marito viene, quindi, simbolicamente rappresentata attraverso la processione di entrambi i genitori accompagnanti la sposa verso la sua nuova destinazione.... Chiariamo il significato del termine "Chuppà". Esso originariamente era riferito al tetto o alla camera nuziale e, qualche volta al matrimonio stesso. Nei tempi antichi la chuppà era la tenda o la stanza dello sposo a cui la sposa era portata in festosa processione per l’unione matrimoniale. Ai tempi talmudici era d’uso che fosse il padre dello sposo ad erigerla. Il termine "chuppà" significa, in ebraico, "protezione" e si riferisce al baldacchino o alla tenda che copriva gli sposi durante la cerimonia nuziale. Esso serve ad uno scopo legale: rappresenta l’atto decisivo con cui veniva formalmente attestata l’unione matrimoniale e la conclusione dell’atto matrimoniale iniziato con il fidanzamento. Insieme questi due atti di acquisizione, il fidanzamento ed il matrimonio, vengono chiamati chuppà ve’kiddushin". Il Vangelo di oggi ci parla delle nozze che uniscono la creatura al Creatore. La Chuppà è l'immagine della nube che ricorda il dono della Torah al Popolo sul Sinai, le nozze fondate sulla Parola e l'obbedienza, l'Alleanza gratuita che sigilla la primogenitura. Il paralitico è immagine di un Popolo infedele, chiamato a camminare nella Torah del Signore, a vivere nella sua intimità che è compierne la volontà, ma incapace di muovere un solo passo. Per questo Gesù perdona i suoi peccati! Le gambe non si muovono perché il cuore è malato. E Gesù punta diritto al cuore, per guarirlo e renderlo capace di amare, di obbedire, di vivere alla luce della Torah. Il Vangelo oggi, ci annuncia le nozze fondate sul perdono. La nostra genitrice, la Chiesa, ci conduce a Cristo - la nostra nuova destinazione - sotto la Chuppà, il tetto della misericordia nella quale diventiamo una sola carne con il nostro Sposo. E' lì, sul letto d'amore dove ci ha sposato il Signore, sulla sua Croce gloriosa, che la Chiesa ci depone ogni giorno. Ai piedi di Gesù la essa ci fa, con un atto decisivo, suoi discepoli; nell'ascolto della Sua Parola impariamo la sua misericordia; nel riconoscerci paralitici, peccatori sempre deboli e bisognosi del suo amore, sperimentiamo la gratuità dell'Alleanza nella quale siamo stati chiamati. La Chiesa ci sposa a Cristo: noi poveri e con l'unica dote dei nostri peccati, Lui, ricco di ogni benedizione. Senza la sua intimità non v'è salvezza, solo arroganza e falsa religione, quella degli scribi e dei farisei, di chiunque si scandalizza di fronte a Cristo e al suo potere di rimettere i peccati. Lui è Dio e lo certifica nel frutto del perdono: il paralitico si alza, risorge, e comincia a camminare, a compiere la volontà di Dio. E' la Grazia del perdono che solo Dio può offrire; per questo il paralitico porta con sé la memoria della sua fragilità, la verità del suo essere debole e incline al male. Con il "lettuccio" caricato sulle spalle, immagine anche della Croce che lo ha redento, potrà camminare nell'abbandono totale alla misericordia che lo ha salvato.


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