αποφθεγμα Apoftegma
Il silenzio del Signore genera un grido più violento
nella bocca della donna siro fenicia...
Egli la rimprovera con parole, ma ella non si ritira;
egli onora Israele che l'insulta ma ella non prova invidia;
anzi si umilia ed esalta Israele...
Per suo vantaggio ella non si vergogna del nome di cane
Efrem il Siro, Commento al Diatesseron di Taziano 12,13
BREVE CATECHESI
L'ANNUNCIO |
Dal Vangelo secondo Marco 7,24-30.
Partito di là, andò nella regione di Tiro e di Sidone. Ed entrato in una casa, voleva che nessuno lo sapesse, ma non potè restare nascosto. Subito una donna che aveva la sua figlioletta posseduta da uno spirito immondo, appena lo seppe, andò e si gettò ai suoi piedi. Ora, quella donna che lo pregava di scacciare il demonio dalla figlia era greca, di origine siro-fenicia. Ed egli le disse: «Lascia prima che si sfamino i figli; non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». Ma essa replicò: «Sì, Signore, ma anche i cagnolini sotto la tavola mangiano delle briciole dei figli». Allora le disse: «Per questa tua parola và, il demonio è uscito da tua figlia». Tornata a casa, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n'era andato.
“Briciole”, una parola che non ha mica una bella reputazione. Normalmente quando qualcosa è "ridotto in briciole" significa che ne rimane quasi nulla. A volte il termine è usato per indicare la spiegazione semplificata di un argomento. Insomma, le briciole sono comunque sinonimo di piccolezza, debolezza, spesso di totale inutilità. Prendi la tovaglia e la scuoti sul balcone o dalla finestra e le briciole volano via, se gli va bene diventano il pranzo dei passeri. O dei “cagnolini”. Eccole qua le parole che il Vangelo ci consegna oggi: “briciole” e “cagnolini”, le migliori per spiegare la “fede” che ottiene la salvezza. Innanzitutto ci ricordano che la fede è un dono di Dio, una virtù soprannaturale che possono accogliere solo coloro che sanno identificarsi con i “cagnolini”. Anche se addolcita dal diminutivo, la parola è fortissima: per gli ebrei, infatti, i pagani erano considerati e chiamati “cani”. Più o meno come quando, ed è offesa gravissima, si apostrofa qualcuno dicendogli “figlio di un cane”. Ebbene la donna del vangelo di oggi lo accetta, non si scandalizza della verità che le era arrivata addosso così brutalmente, e proprio da Colui nel quale aveva riposto tutte le sue speranze. Perché lei, greca di origine siro-fenicia, era una pagana. Non poteva dissimularlo, e sapeva di non avere alcun diritto. Ma Gesù era lì, e lei, “appena lo seppe, andò e si gettò ai suoi piedi”. Sapeva che Gesù "non poteva rimanere nascosto", ed era lì per lei, altrimenti perché sarebbe venuto nella “regione” pagana di “Tiro e Sidone”? Gesù era entrato nella sua realtà, nella sua vita pagana, e dentro c’era il dolore per “la sua figlioletta posseduta da uno spirito immondo”. Ha ascoltato un annuncio, la predicazione che le aveva annunciato il passaggio, ovvero la Pasqua di Gesù, e si è messa in cammino. La notizia che quel Profeta capace di guarire era vicino a lei l’ha resa audace, come accade solo a chi non ha più nulla da perdere. A chi ha la vita ridotta in “briciole”. In quei passi che la conducevano a Cristo c’era tutto il cammino che aveva percorso scendendo i gradini dell'umiltà attraverso il disprezzo dei "figli" d'Israele, l'immonda infermità della figlia, e il suo amore che si rivelava incapace di fare qualcosa per lei. Non c'è, infatti, sofferenza più grande di un amore di madre strozzato nell'impotenza di farsi salvezza per i propri figli. La storia l'aveva gettata ai piedi di Gesù, l’ultima, l’unica sua possibilità. Per questo non si ferma dinanzi a nulla, anzi. Proprio la sua indegnità diviene in lei il grimaldello capace di schiudere la porta della Grazia. Una “briciola” di speranza le rimaneva, una “briciola” di Gesù le sarebbe bastata. La fede aveva attecchito nel suo cuore contrito, spezzettato, umiliato. Si vede dal discernimento con cui guarda la realtà e la accetta, da cui trae la risposta alle parole di Gesù: accade anche nelle case degli uomini, il pane riservato ai figli appartiene anche ai “cagnolini” che stanno sotto la tavola. Non esige di sedersi con i “figli”, ma supplica quel poco che le serve e che sa di appartenerle; e che nessuno può negarle. “Per questa” fede fatta “parola” può “andare” in una vita nuova, perché “il demonio è uscito da sua figlia”. Questa, infatti, è immagine del nostro “io” incatenato alle menzogne del demonio. Una volta che Gesù ci perdona si può camminare nella libertà dell’amore. Coraggio allora, nessun peccato è più grande della misericordia di Dio. Nulla ci può rendere indegni del suo amore. Nulla tranne la superficialità della superbia. La storia che ci ha ridotto in “briciole” ci sta svelando che siamo ancora dei pagani incapaci di salvare noi e gli altri. Ma ci ha anche condotti alla mensa di Gesù. Da essa cadono le “briciole” della sua Vita capaci di plasmare in noi la "forma" autentica dei "figli" di Dio, pronti a "tornare a casa", in famiglia e alla nostra realtà, e farci “briciole” d’amore per tutti.
QUI IL COMMENTO COMPLETO E GLI APPROFONDIMENTI
È stato detto che solo l'aiuto di Dio salva. Chi sa di non avere più nessun soccorso, prega molto. E quanto più prega, tanto più il suo cuore diventa umile. Infatti uno non può pregare e chiedere, se non è umile. « Un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi » (Sal 51,19). Infatti, finché il cuore non si sarà fatto umile, non riuscirà a non perdersi; invece l'umiltà lo farà concentrare. Quando l'uomo si è fatto umile, subito viene circondato dalla compassione e il suo cuore allora sente il soccorso divino. Scopre una forza che sale dentro di lui, la forza cioè della fiducia. Quando l'uomo sente così l'aiuto di Dio, quando sente che egli è presente e viene in suo aiuto, subito il suo cuore è colmo di fede, e capisce allora che la preghiera è il rifugio del soccorso, la fonte della salvezza, il tesoro della fiducia, il porto libero dalla tempesta, la luce di coloro che sono nelle tenebre, il sostegno dei deboli, il sollievo nel tempo delle prove, l'aiuto in mezzo alla malattia, lo scudo che libera nelle lotte, la freccia lanciata contro il nemico. In una parola, la moltitudine dei beni entra in lui mediante la preghiera. Trova dunque le sue delizie ormai nella preghiera della fede. Il suo cuore risplende di fiducia. (Isacco di Siria)
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