αποφθεγμα Apoftegma
Siamo tutti in pericolo di vivere
come se Dio non esistesse,
ma Dio ha mille modi,
per ognuno ha il suo di farsi presente nella nostra anima,
di mostrare che ci conosce e ci ama
e vuol farci attenti a quei segni coi quali Dio ci tocca.
Benedetto XVI
L'ANNUNCIO |
Dal Vangelo secondo Marco 12,13-17.
Gli mandarono però alcuni farisei ed erodiani per coglierlo in fallo nel discorso.
E venuti, quelli gli dissero: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non ti curi di nessuno; infatti non guardi in faccia agli uomini, ma secondo verità insegni la via di Dio. E' lecito o no dare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare o no?».
Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse: «Perché mi tentate? Portatemi un denaro perché io lo veda».
Ed essi glielo portarono. Allora disse loro: «Di chi è questa immagine e l'iscrizione?». Gli risposero: «Di Cesare».
Gesù disse loro: «Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio». E rimasero ammirati di lui.
Gli mandarono però alcuni farisei ed erodiani per coglierlo in fallo nel discorso.
E venuti, quelli gli dissero: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non ti curi di nessuno; infatti non guardi in faccia agli uomini, ma secondo verità insegni la via di Dio. E' lecito o no dare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare o no?».
Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse: «Perché mi tentate? Portatemi un denaro perché io lo veda».
Ed essi glielo portarono. Allora disse loro: «Di chi è questa immagine e l'iscrizione?». Gli risposero: «Di Cesare».
Gesù disse loro: «Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio». E rimasero ammirati di lui.
Gesù, la moneta autentica che recava l'immagine perfetta del Padre, ha lasciato che l'infamia delle nostre accuse false contro Dio lo “consegnasse” a Cesare e alla Croce; ha lasciato cioè che, nel suo corpo, l'immagine di Dio scritta in ogni uomo perdesse ogni sembianza d'uomo e figlio di Dio, sino a diventare come uno davanti al quale ci si copre la faccia. Ma proprio lì, nel momento in cui sperimentava l'abbandono del Padre, la cui immagine era completamente scomparsa, il suo sangue stava lavando definitivamente l'immagine falsa del mondo e di satana che in ciascuno di noi si era sovrapposta a quella originaria. Il suo sangue ha lavato il fango e il peccato e ha ridato lucentezza a quello che in noi sembrava perduto, ricreandoci come figli somiglianti all'immagine del Padre. Coraggio fratelli, lasciamo che anche oggi il sangue di Cristo giunga a noi attraverso la Chiesa e lavi l’ipocrisia e ci faccia vivere come figli di Dio. Perdonati e risuscitati con Lui possiamo oggi dare a Dio quello che gli appartiene, ovvero tutta la nostra vita. Ogni istante, ogni pensiero, parola, gesto. I beni che ci affida per amare, i doni e i carismi con cui compiere la missione unica alla quale il Padre ci chiama. Anche le sofferenze, i fallimenti, le umiliazioni, le ingiustizie, le malattie, tutto quello che abbiamo ritenuto "illecito" e preso a pretesto per ribellarci contro Dio. Tutto purificato perché ogni istante della nostra esistenza divenga, nell'amore, un segno della bellezza nella quale ogni uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio, "la bellezza che salverà il mondo".
COMMENTO COMPLETO
Ahi le tasse... Chi di noi non si scontra con il problema delle tasse? Certo, molte di esse sono davvero ingiuste, ne parla con chiarezza la Dottrina sociale della Chiesa. Ma nella domanda che sorge dalla bocca di alcuni "farisei ed erodiani" si sente il sapore rancido dell'ipocrisia, mentre la trappola posta a Gesù è la stessa che il mondo e il demonio ci mette sempre davanti... Le tasse, infatti, sono un'infallibile liquido di contrasto iniettato nel nostro intimo. Non c'entra nulla l'onestà. C'entra la reazione che abbiamo di fronte all'obbligo di pagare una qualsiasi tassa, una multa o la quota condominiale. In fondo le sentiamo tutte come un'ingiustizia, e sale l'ira e la mormorazione, e perdiamo la pace. E sapete perché? Perché il mondo pone "ipocritamente" l'economia al centro dello sviluppo di una società, di una nazione e dell'individuo, facendo del sistema di tassazione la madre di tutte le felicità o infelicità, e nella questione del loro pagamento l'indice con cui giudicare moralmente le persone. Attenzione fratelli, perché nella valanga di notizie economiche che aprono i telegiornali e nell'indignazione feroce verso gli evasori fiscali, si nasconde la stessa "ipocrisia" che c'è in noi. Ehi, ehi, che dici? Ti metti a far politica? Vuoi dire che non pagare le tasse non è un peccato grave? No, sto solo dicendo che quando si parla e discute di "tasse", nove volte su dieci c'è "l'ipocrisia" che denuncia Gesù. "Ipocrita", infatti, è colui che vive una doppiezza di fondo, e fa di tutto per apparire per quello che non è. La domanda di quei "farisei" ed "erodiani" è "ipocrita" perché falsifica la realtà del loro cuore. Innanzitutto perché è posta "per coglierlo in fallo nel discorso". E poi perché, parafrasando la risposta di Gesù, scopriamo che essi "avevano dato a Cesare quello che è di Dio e a Dio quello che è di Cesare". E' questo quello che scopre e rivela Gesù. Proprio usando come trappola la questione delle tasse che bruciava sul vivo ogni ebreo che si sentiva vessato ingiustamente dai romani, rivelano che il loro cuore era avvelenato. Esattamente come accade a noi quando, sollecitati dalle notizie economiche, o quando discutiamo delle spese in famiglia e alla riunione condominiale, ci sentiamo oltremodo coinvolti. Mettila come vuoi, ma il denaro è al centro di tutto anche in noi. Il rapporto che abbiamo con esso, infatti, è l'immagine più fedele di quello che abbiamo con Dio nostro Padre. Se il primo è malato, cioè idolatrico, è perché ne abbiamo uno pessimo con Lui. Il denaro ci rappresenta il potere, la solidità, la forza, il prestigio, l'autorità. Esso significa autonomia, certezze, libertà, affetto e, spesso, amore. Non illudiamoci, il denaro è ben ancorato nei nostri cuori, e "l'attaccamento al denaro è la radice di tutti i mali". Per questo esso rivela la nostra ipocrisia: ci professiamo cristiani e figli di Dio, mentre parliamo e ci comportiamo da orfani, trasmettendo ai nostri figli e ai lontani dalla Chiesa una fede avariata che si è inchinata a mammona, tipica di chi adora il vitello d'oro. Portiamo in noi inscritta l'immagine celeste del Padre e viviamo come se Egli non esistesse e non provvedesse alla nostra vita. Questa è la grande "ipocrisia" madre di tutte le altre più o meno meschine con cui cerchiamo di tappezzare la nostra esistenza. Madre soprattutto di quella con cui ci avviciniamo a Cristo per "tentarlo", fingendo cioè di pregare perché ci spieghi cosa fare di fronte alle ingiustizie, mentre, nel cuore attaccato al denaro, abbiamo già deciso cosa sia "lecito" fare.
Ma anche oggi Gesù ci annuncia una buona notizia. Proprio perché è "veritiero, non si cura di nessuno" e "non guarda in faccia" alla nostra ipocrisia, ci "insegna la via di Dio secondo verità". E la prima verità è che il “tentatore”, il demonio ha usurpato il posto di nostro Padre. Per questo Gesù, “conoscendo la nostra ipocrisia”, ci chiede oggi di "mostrargli" la "moneta" che prendiamo a pretesto per "tentarlo" e "coglierlo in fallo"; ci dice cioè di "fargli vedere" la nostra vita di oggi e ci chiede: "di chi è l'immagine che vi è impressa, e l'iscrizione?", che è come dire: "a chi appartieni, a chi obbedisci, quali criteri stai servendo?". Fratelli, accettiamolo, seguiamo Cesare perché ci siamo "consegnati" al mondo, alla carne e al demonio. Esattamente come è avvenuto durante il processo a Gesù, quando è stato "consegnato" a Pilato che, nel nome di Cesare, ha approvato la condanna a morte decisa dal Sinedrio. Pensate a che contraddizione e schizofrenia ci ha spinto il demonio: ci siamo alleati con il mondo e il suo Cesare che ci tengono schiavi pur di condannare il "Giusto" che ci annunciava l'unica e autentica libertà; abbiamo scelto che ci fosse graziato il Barabba giustiziere e assassino che è in noi per giustiziare in Gesù l'unica forma "lecita" di usare del denaro, per rifiutare cioè la sola via per realizzare nella verità dell'amore la nostra vita. E Gesù, la moneta autentica che recava l'immagine perfetta del Padre, ha lasciato che l'infamia delle nostre accuse false contro Dio lo “consegnasse” a Cesare e alla Croce; ha lasciato cioè che, nel suo corpo, l'immagine di Dio scritta in ogni uomo perdesse ogni sembianza d'uomo e figlio di Dio, sino a diventare come uno davanti al quale ci si copre la faccia. Ma proprio lì, nel momento in cui sperimentava l'abbandono del Padre, la cui immagine era completamente scomparsa, il suo sangue stava lavando definitivamente l'immagine falsa del mondo e di satana che in ciascuno di noi si era sovrapposta a quella originaria. Il suo sangue ha lavato il fango e il peccato e ha ridato lucentezza a quello che in noi sembrava perduto, ricreandoci come figli somiglianti all'immagine del Padre. Coraggio fratelli, lasciamo che anche oggi il sangue di Cristo giunga a noi attraverso la Chiesa e lavi l’ipocrisia e ci faccia vivere come figli di Dio. Perdonati e risuscitati con Lui possiamo oggi dare a Dio quello che gli appartiene, ovvero tutta la nostra vita. Ogni istante, ogni pensiero, parola, gesto. I beni che ci affida per amare, i doni e i carismi con cui compiere la missione unica alla quale il Padre ci chiama. Anche le sofferenze, i fallimenti, le umiliazioni, le ingiustizie, le malattie, tutto quello che abbiamo ritenuto "illecito" e preso a pretesto per ribellarci contro Dio. Tutto purificato perché ogni istante della nostra esistenza divenga, nell'amore, un segno della bellezza nella quale ogni uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio, "la bellezza che salverà il mondo". Altro che denaro, tasse, altro che chiacchiere e talk-shows inconcludenti, la vera e unica notizia è che non siamo più orfani ma figli di un Dio che ci dà la vita in abbondanza nella quale possiamo donarci a Lui e ai fratelli.
QUI GLI APPROFONDIMENTI
San Colombano (563-615), monaco, fondatore di monasteri
Instruzioni 11, 1-4 : PL 80, 250-252
« Di chi è questa immagine ? »
Mosè ha scritto nella Legge : « Dio creò l'uomo a sua immagine e somiglianza » (Gen 1, 26). Considerate, vi prego, la grandezza di questa espressione. Dio onnipotente, invisibile, incomprensibile, ineffabile, inestimabile, plasmò l'uomo dal fango della terra e lo nobilitò con la dignità della sua immagine. Che cosa vi può essere di comune tra l'uomo e Dio, tra il fango e lo spirito ? « Dio, infatti è spirito » (Gv 4, 24). Quale grande degnazione è stata questa, che Dio abbia dato all'uomo l'immagine della sua eternità e la somiglianza del suo divino operare ! Grande dignità deriva all'uomo da questa somiglianza con Dio, purché sappia conservarla…
Se l'uomo userà rettamente di quelle facoltà che Dio ha concesso alla sua anima, allora sarà simile a Dio. Ricordiamoci che gli dobbiamo restituire tutti quei doni che egli ha depositato in noi quando eravamo nella condizione originaria. Ce ne ha insegnato il modo con i suoi comandamenti. Il primo di essi è quello di amare il Signore nostro con tutto il cuore « perché egli per primo ci ha amati » (1 Gv 4, 19) fin dall'inizio dei tempi, prima ancora che noi venissimo alla luce di questo mondo. L'amore di Dio è la rinnovazione della sua immagine. Ama veramente Dio chi osserva i suoi comandamenti…
Dobbiamo quindi restituire al Dio e Padre nostro la sua immagine non deformata, ma conservata integra mediante la santità della vita, perché egli è santo. Per questo è stato detto : « Siate santi, perché io sono santo » (Lv 11, 45). Dobbiamo restituirgliela nella carità, perché è carità, secondo quanto dice Giovanni : « Dio è carità » (1 Gv 4, 16). Dobbiamo restituirgliela nella bontà e nella verità, perché egli è buono e verace. Non siamo dunque pittori di una immagine diversa da questa… Perché non avvenga che dipingiamo nel nostro animo immagini tiranniche, intervenga Cristo stesso e tracci nel nostro spirito i lineamenti precisi di Dio.
Sant'Atanasio (295-373), vescovo d'Alessandria, dottore della Chiesa
Sull'incarnazione delVerbo, 13 ; SC 199, 311
Cristo è immagine del Dio invisibile; per opera di lui abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati (Col 1,15.14)
Poiché gli uomini erano diventati irragionevoli e l'inganno dei demoni gettava la sua ombra da ogni parte e nascondeva la conoscenza del Dio vero, cosa doveva fare Dio? Tacere di fronte a tale situazione? Accettare che gli uomini si smarrissero e non conoscessero Dio?... Forse Dio non risparmierà alle sue creature di smarrirsi lontano da lui e di essere assoggettate al non essere, soprattutto se questo smarrimento diventa per esse motivo di rovina e di perdita, mentre gli esseri che hanno partecipato all'immagine di Dio (Gen 1,26) non devono perire? Cosa occorreva che Dio facesse? Cosa fare, se non rinnovare in loro la sua immagine, affinché gli uomini potessero nuovamente riconoscerlo?
Come questo poteva realizzarsi, se non mediante la presenza dell'immagine stessa di Dio (Col 1,15), il nostro Salvatore Gesù Cristo? Questo non era attuabile dagli uomini, poiché non sono l'immagine ma sono stati creati secondo l'immagine; neanche poteva essere realizzato dagli angeli che non sono delle immagini. Per questo è venuto in persona il Verbo di Dio, che è l'immagine del Padre, per essere in grado di restaurare l'immagine nel fondo dell'essere degli uomini. D'altronde, questo non poteva capitare finché la morte e la corruzione che ne consegue non fossero state annientate. Per questo egli ha assunto un corpo mortale, per poter annientare la morte e restaurare gli uomini fatti secondo l'immagine di Dio. L'immagine del Padre, dunque, il Figlio suo santissimo, è venuto da noi per rinnovare l'uomo fatto a sua somiglianza e per ritrovarlo, mentre era perduto, mediante la remissione dei peccati, come egli stesso dice: «Sono venuto a cercare e salvare ciò che era perduto» (Lc 19,10).
Instruzioni 11, 1-4 : PL 80, 250-252
Mosè ha scritto nella Legge : « Dio creò l'uomo a sua immagine e somiglianza » (Gen 1, 26). Considerate, vi prego, la grandezza di questa espressione. Dio onnipotente, invisibile, incomprensibile, ineffabile, inestimabile, plasmò l'uomo dal fango della terra e lo nobilitò con la dignità della sua immagine. Che cosa vi può essere di comune tra l'uomo e Dio, tra il fango e lo spirito ? « Dio, infatti è spirito » (Gv 4, 24). Quale grande degnazione è stata questa, che Dio abbia dato all'uomo l'immagine della sua eternità e la somiglianza del suo divino operare ! Grande dignità deriva all'uomo da questa somiglianza con Dio, purché sappia conservarla…
Se l'uomo userà rettamente di quelle facoltà che Dio ha concesso alla sua anima, allora sarà simile a Dio. Ricordiamoci che gli dobbiamo restituire tutti quei doni che egli ha depositato in noi quando eravamo nella condizione originaria. Ce ne ha insegnato il modo con i suoi comandamenti. Il primo di essi è quello di amare il Signore nostro con tutto il cuore « perché egli per primo ci ha amati » (1 Gv 4, 19) fin dall'inizio dei tempi, prima ancora che noi venissimo alla luce di questo mondo. L'amore di Dio è la rinnovazione della sua immagine. Ama veramente Dio chi osserva i suoi comandamenti…
Dobbiamo quindi restituire al Dio e Padre nostro la sua immagine non deformata, ma conservata integra mediante la santità della vita, perché egli è santo. Per questo è stato detto : « Siate santi, perché io sono santo » (Lv 11, 45). Dobbiamo restituirgliela nella carità, perché è carità, secondo quanto dice Giovanni : « Dio è carità » (1 Gv 4, 16). Dobbiamo restituirgliela nella bontà e nella verità, perché egli è buono e verace. Non siamo dunque pittori di una immagine diversa da questa… Perché non avvenga che dipingiamo nel nostro animo immagini tiranniche, intervenga Cristo stesso e tracci nel nostro spirito i lineamenti precisi di Dio.
Sant'Atanasio (295-373), vescovo d'Alessandria, dottore della Chiesa
Sull'incarnazione delVerbo, 13 ; SC 199, 311
Poiché gli uomini erano diventati irragionevoli e l'inganno dei demoni gettava la sua ombra da ogni parte e nascondeva la conoscenza del Dio vero, cosa doveva fare Dio? Tacere di fronte a tale situazione? Accettare che gli uomini si smarrissero e non conoscessero Dio?... Forse Dio non risparmierà alle sue creature di smarrirsi lontano da lui e di essere assoggettate al non essere, soprattutto se questo smarrimento diventa per esse motivo di rovina e di perdita, mentre gli esseri che hanno partecipato all'immagine di Dio (Gen 1,26) non devono perire? Cosa occorreva che Dio facesse? Cosa fare, se non rinnovare in loro la sua immagine, affinché gli uomini potessero nuovamente riconoscerlo?
Come questo poteva realizzarsi, se non mediante la presenza dell'immagine stessa di Dio (Col 1,15), il nostro Salvatore Gesù Cristo? Questo non era attuabile dagli uomini, poiché non sono l'immagine ma sono stati creati secondo l'immagine; neanche poteva essere realizzato dagli angeli che non sono delle immagini. Per questo è venuto in persona il Verbo di Dio, che è l'immagine del Padre, per essere in grado di restaurare l'immagine nel fondo dell'essere degli uomini. D'altronde, questo non poteva capitare finché la morte e la corruzione che ne consegue non fossero state annientate. Per questo egli ha assunto un corpo mortale, per poter annientare la morte e restaurare gli uomini fatti secondo l'immagine di Dio. L'immagine del Padre, dunque, il Figlio suo santissimo, è venuto da noi per rinnovare l'uomo fatto a sua somiglianza e per ritrovarlo, mentre era perduto, mediante la remissione dei peccati, come egli stesso dice: «Sono venuto a cercare e salvare ciò che era perduto» (Lc 19,10).
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