L'ANNUNCIO |
Risposero: «Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti».
Disse loro: «Voi chi dite che io sia?».
Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
E Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli.
E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa.
A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».
Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.
(Dal Vangelo secondo Matteo 16, 13-20)
Quanti, in questo momento, stanno aspettando che qualcuno
venga a liberarli? Praticamente tutti gli abitanti della terra. I
liberi, infatti, sono un pugno di sale, un po’ di lievito, i cristiani che
hanno sperimentato la risurrezione di Cristo.
Il mondo, tua cugina, tuo nipote, il collega, il compagno di
banco, il ragazzo di cui sei innamorata, tutti sono in prigione, ingioiati dal
grosso pesce che ha ghermito Giona. Non lo sai? Guarda bene e vedrai che chi ti
è a fianco è prigioniero degli “inferi”. Non può amare, perdonare, perdere il
suo tempo, sacrificarsi, umiliarsi, cedere il passo.
Come con Adamo ed Eva, il demonio gli ha offerto una “chiave”
per interpretare la storia; una menzogna per aprire le porte dei fatti e delle
relazioni; senza accorgersi che era infettata, l’ha presa, l’ha messa nella
serratura, e si è trovato nel buio della solitudine.
Ha cominciato a guardare tutto e tutti con occhi impuri di
malizia e ha sperimentato la morte. E ora ha paura di morire, non c’è niente da
fare, è schiavo e non può uscire. Guarda che tuo figlio non ti obbedisce perché
non può! E’ chiuso in prigione, e non ha la “chiave”!
E’ inutile che strilli, ti adiri, esigi, imponi. Forse
otterrai qualcosa di estemporaneo che placherà il tuo orgoglio ferito, ma sarà
solo una spalmatina di pomata su una piaga che cela un cancro inguaribile.
Insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica: “ la dottrina
sul peccato originale offre uno sguardo di lucido discernimento sulla
situazione dell’uomo e del suo agire nel mondo. In conseguenza del peccato dei
progenitori, il diavolo ha acquistato un certo dominio sull’uomo, benché questi
rimanga libero. Il peccato originale comporta la schiavitù sotto il
domino di colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo. Ignorare che
l’uomo ha una natura ferita, incline al male, è causa di gravi errori nel campo
dell’educazione, della politica, dell’azione sociale e dei costumi” (n. 407).
Ignorare o rifiutare la dottrina sul peccato originale getta
nell’ombra anche il Vangelo di questa domenica. Esso, infatti, nasce per così
dire nell’antropologia rivelata dalla Scrittura: Come Mosè, Pietro è scelto e
chiamato per liberare gli uomini dalla schiavitù.
Non a caso la moderna teologia liberale, quella protestante e
il pensiero mondano rifiutano il primato di Pietro perché non credono più alla
dottrina sul peccato originale. Poi, certo, vi sono altre implicazioni, ma il
cuore della divisione tra i cristiani è la stessa che separa la Chiesa dal
mondo, dalle sue ideologie e filosofie: il peccato originale.
Per questo i protestanti hanno buttato via i sacramenti… Per
questo oggi, anche tra i cristiani, pochissimi vi si accostano o, senza ormai
comprenderne il senso, li reclamano a prescindere dal proprio cuore, quasi
fossero un certificato che legittimi le proprie scelte e la propria vita. I
sacramenti a timbrare e sigillare il peccato di Adamo...
Il problema è proprio l’ignoranza dei cristiani e dei loro
pastori, inzuppati nell’acido del buonismo della cultura contemporanea, figlio
del teorema del “buon selvaggio” di Rousseau, secondo il quale l’uomo è buono
per natura ed è corrotto solo dall’educazione e dalle strutture sociali, dal
sistema.
Infatti, molti interpretano le parole che Gesù rivolge a
Pietro in un senso sociale, per cui la Chiesa dovrebbe impegnarsi a
“sciogliere” gli uomini dalle catene dell’ingiustizia. In quante parrocchie la
domenica si parla di peccato? Al massimo di peccato sociale e di strutture di
peccato… E la gente torna a casa più intristita di prima, con un peso e un
senso di frustrazione che lascia tutto com’è.
Un marito, dopo essersi sorbito mezz’ora di omelia su mafie,
politici, disastri ambientali e responsabilità da denunciare; dopo mezz’ora di
parole vuote infarcite di spirito mondano, questo uomo potrà tornare a casa e
umiliarsi di fronte a sua moglie? Certo che no…
E così, pur andando a messa, finirà con il divorziare.
Nessuno gli ha mai parlato di peccato, per questo, nessuno gli ha mai
annunciato la vittoria di Cristo, la sua resurrezione come un evento per lui,
per il suo matrimonio.
“In effetti, se non si capisce più che l'uomo è in uno stato
di alienazione non solo economica e sociale (dunque un'alienazione non
risolvibile con i suoi soli sforzi), non si capisce più la necessità
del Cristo redentore. Tutta la struttura della fede è così minacciata.
L'incapacità di capire e presentare il "peccato originale" è davvero
uno dei problemi più gravi della teologia e della pastorale attuali...” (J.
Ratzinger)
Ma oggi la Chiesa ci annuncia di nuovo la Pasqua! Con le
parole che rivolge a Pietro Gesù profetizza il suo Mistero Pasquale; non solo,
ma ci rivela anche che il potere di vincere il peccato e la morte è stato dato
a Pietro e alla Chiesa. Che essa esiste per liberare gli uomini e condurli, a
poco a poco, in una vita nuova.
La Chiesa Orientale ha sempre raffigurato la risurrezione di
Gesù attraverso la sua discesa agli inferi. Ed è proprio a questo mistero della
nostra fede che professiamo nel Credo, che dobbiamo andare per comprendere il
Vangelo di questa domenica.
Insegna il catechismo: “Le frequenti affermazioni del Nuovo
Testamento secondo le quali Gesù « è risuscitato dai morti» presuppongono che,
preliminarmente alla risurrezione, egli abbia dimorato nel soggiorno dei morti. È
il senso primo che la predicazione apostolica ha dato alla discesa di Gesù agli
inferi: Gesù ha conosciuto la morte come tutti gli uomini e li ha raggiunti con
la sua anima nella dimora dei morti. Ma egli vi è disceso come Salvatore,
proclamando la Buona Novella agli spiriti che vi si trovavano prigionieri… «La
Buona Novella è stata annunciata anche ai morti...» (1 Pt 4,6): la
discesa agli inferi è il pieno compimento dell'annunzio evangelico della
salvezza. È la fase ultima della missione messianica di Gesù… Cristo è disceso
nella profondità della morte affinché i «morti» udissero «la voce del
Figlio di Dio» (Gv 5,25) e, ascoltandola, vivessero. Gesù,
«l'Autore della vita», ha ridotto « all'impotenza, mediante la
morte, colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo», liberando «così tutti
quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita» (Eb 2,14-15).
Ormai Cristo risuscitato ha «potere sopra la morte e sopra gli inferi» (Ap 1,18)”.
Mentre l’allora Cardinal Ratzinger spiegava in un’intervista
come “questa discesa dell’anima di Gesù non si deve immaginare come un viaggio
geografico, locale, da un continente all’altro. È un viaggio dell’anima.
L’anima di Gesù tocca sempre il Padre, è sempre in contatto con il Padre, ma
nello stesso tempo quest’anima umana si estende fino agli ultimi
confini dell’essere umano. In questo senso va in profondità, va
ai perduti, va a tutti quanti non sono arrivati alla meta della loro vita. I
Padri dicono, con un’immagine molto bella, che Gesù prende per mano Adamo ed
Eva, cioè l’umanità, e la guida avanti, la guida in alto. E crea così
l’accesso a Dio, perché l’uomo, di per sé, non può arrivare fino
all’altezza di Dio. Lui stesso, essendo uomo, prendendo in mano l’uomo, apre
l’accesso, apre cosa?, la realtà che noi chiamiamo cielo".
Sappiamo che dopo il peccato Adamo ed Eva furono scacciati
dal paradiso e Dio “pose ad oriente del Giardino di Eden i cherubini e la
fiamma della spada folgorante, per custodire la via all’albero della vita”
(Gen. 3,24). Potremmo dire che il peccato ha trasformato in un inferno tutto il
mondo che è fuori del paradiso. Lo possiamo dire per esperienza. Nulla è più
certo, tutto è precario; le malattie, i tifoni, i terremoti, gli tsunami, le
carestie, le epidemie; e le guerre e gli abomini che si susseguono, e fanno di
questa terra una valle di lacrime.
E non c’è niente da fare, nessuno può aprire quelle porte
sprangate: il Paradiso è perduto, punto. Ma Dio non ha lasciato la
sua creatura che si perdesse nell’oblio eterno. Ha creato ogni uomo per sé,
cioè perché lo conoscesse e godesse eternamente del suo amore. E, dopo una
lunga storia di salvezza, nella pienezza dei tempi, ha inviato suo figlio a
liberare Adamo ed Eva, e con loro ogni uomo.
Per questo Gesù ha assunto una carne come quella di ogni
uomo, e con essa è entrato nella passione, è salito sulla Croce, è morto ed è
disceso agli inferi. Lui non si è fermato dinanzi alle “porte degli inferi”;
erano sbarrate per ogni uomo, ma non per Lui. Erano il segno del
limite posto dal peccato a ogni uomo, a te e a me, a mio figlio, al peggior
assassino.
Ma quelle “porte non hanno prevalso” su di Lui, anzi, sono
cadute al suo incedere: “Alzate o porte i vostri frontali, fatevi alzare porte
secolari, ed entrerà il Re della gloria. Chi è questo Re della gloria? Il
Signore forte e potente in battaglia” (Sal 24). Gesù ha combattuto e ha vinto:
"Il Cristo è risorto dai morti, con la sua morte calpestando la
morte e ai morti nei sepolcri donando la vita. Risorgendo dalla tomba, come
aveva predetto, Gesù ci ha donato la vita eterna e la grande
misericordia! Si aprirono a te con timore le porte della morte, o Signore;
e i custodi dell’Ade, vedendoti, sbigottirono. Infatti, infrante le porte di
bronzo e spezzate le sbarre di ferro, tu ci hai tratto fuori dalle tenebre e
dall’ombra di morte, rompendo i nostri legami!».(S. Giovanni
Damasceno).
L’iconografia orientale raffigura Gesù luminoso della vita
che non muore mentre passa e apre le “porte” degli inferi e prendere per mano
Adamo ed Eva: il demonio è sotto le porte, schiacciato, con i suoi compagni.
Gli stessi strumenti di tortura che l’avevano inchiodato alla Croce sono lì,
nelle profondità dell’inferno.
La “chiave” che ha aperto le “porte” è stata dunque la Croce,
posata sulle sue spalle come era d’uso anticamente fare con le chiavi della
città, molto grandi; ed era un segno di comando e di autorità: la Croce che ha
accolto il sacrificio e la morte di Gesù ha avuto il potere di scardinare
l’accesso alla prigione dove il demonio teneva segregati Adamo, Eva e i loro
discendenti. Tu ed io.
Ecco dunque "chi è Gesù": il Figlio del Dio vivente, il Messia
che ha vinto il peccato e la morte! E’ vivo oggi, e “apre” oggi le “porte” che
rinchiudono gli uomini nella paura che li spinge a peccare.
Pietro lo ha conosciuto per una rivelazione speciale del
Padre. Che significa? Che è stato chiamato a sperimentare la “beatitudine” alla
quale ogni uomo è destinato, per pura Grazia prima di ogni altro uomo e per
ogni altro uomo la discesa vittoriosa di Gesù agli inferi, ai suoi! E’ questa
l’elezione della Chiesa, vivere un anticipo di “vita beata”, la vita nella
fede, come un segno e una profezia per il mondo.
Ed è la tua e la mia vocazione: sperimentare che Gesù ha
vinto la morte con “carne e il sangue” uguali a tutti gli uomini.
Ma senza la vita celeste dentro, “carne e sangue” non
“rivelano” chi sia Gesù. Per “la gente” che ha solo quelle, Egli resta un
“profeta”, uno speciale magari, e che insegnamenti sublimi, ma non è Dio. Non
ha cioè il potere di farmi risuscitare.
Per la fede gli uomini hanno bisogno di Pietro e della
Chiesa, dove sperimentare le “beatitudini”, ovvero la vita nuova di chi è stato
liberato dalla prigione degli inferi. Per questo è necessario un lungo e serio
cammino di fede, come vi era nella Chiesa primitiva.
Non a caso, infatti, nel dialogo tra Gesù e Pietro si ode
l’eco del rito battesimale: prima di immergersi nell’acqua, i catecumeni
rinunciavano a satana e professavano la fede. Quella che professa Pietro, e che
Gesù pone a fondamento della Chiesa, che avrà sempre la meglio su satana.
E’ cristiano chi ha incontrato Pietro che viene ad “aprire”
le porte dell’inferno, “sciogliere sulla terra” la carne dalla paura e dal
peccato per “legarla in Cielo” a Dio per mezzo del potere di Cristo. E’
cristiano chi ha ricevuto, come Pietro, il nome nuovo, ovvero la vita nuova da
sempre preparata per lui, in virtù della fede che ha dato il nome esatto a
Gesù.
Ciò è possibile solo attraverso un’adeguata iniziazione
cristiana che, con la Parola e i sacramenti, sveli l’identità autentica di
Gesù. La Chiesa, infatti, ha le “chiavi” per aprire le “porte” che
separano il Cielo dalla terra; per mettere cioè in una prospettiva divina e
celeste gli affari dell’uomo sulla terra. La Chiesa ha la Croce gloriosa di
Cristo per “legare e sciogliere”, agganciando all’eternità ogni istante della
vita dell’uomo.
Hai tu queste “chiavi”? Se le hai potrai aprire un varco tra
te e tua moglie, “sciogliendo” la menzogna che ti ha portato a giudicarla,
“legandoti” di nuovo a lei nell’amore di Cristo. Se le hai aprirai
le porte che tuo figlio ti ha sbarrato davanti. Se le hai puoi entrare nella
malattia, nella sofferenza, negli stessi “inferi”, insieme a Cristo.
Sì, perché la “beatitudine” di Pietro è poter entrare con
Cristo nel dolore del mondo, e tendere la mano per slegare gli
schiavi e legarli alla salvezza. Come Giona per tre giorni nel
ventre della balena, come Gesù per tre giorni nel sepolcro questa è la vita e
la missione della Chiesa, come la tua e la mia vita. Tre giorni e poi il Cielo!
Problemi, difficoltà, persecuzioni? Guai se non ci fossero!
Siamo inviati ad azzannare le "porte degli inferi", anche oggi,
ovunque. Tu hai una "chiave" che il mondo non ha! Non nasconderla,
non perderla, perché altrimenti resterai chiuso fuori tu e coloro ai quali sei
inviato.
La Chiesa, infatti, mentre annuncia il Vangelo del regno a
ogni uomo, testimonia che nulla è più forte dell’amore di Cristo, neanche i
tagliagole, neanche il peccato più grande, anzi. Pietro e ogni apostolo, ogni
cristiano con la fede di Pietro, ha le "chiavi" per far uscire i
peccatori, gli schiavi.
La Chiesa è seminata nel mondo proprio per gli ultimi, che
non hanno altra “chiave” per entrare in Cielo che le sue membra crocifisse con
Cristo. Nessuno lo annuncia, ma la Chiesa sa che, offrendo la gola ai loro
carnefici, perfino i bambini martiri di questi giorni hanno aperto le porte del
Paradiso a quelli che, proprio uccidendoli così, credevano di
guadagnarselo.
Ma ben altro Paradiso è quello del Dio di Gesù Cristo: è
pace, misericordia, amore senza limiti, altro che concubine... Ed è spalancato
per tutti dal sangue di Cristo e dei suoi fratelli più piccoli sparso sugli
stipiti delle sue porte.
I martiri hanno sempre perduto la vita per testimoniare e
difendere la stessa fede professata da Pietro; alla domanda dei carnefici su
chi fosse Gesù, rispondevano: "E' il Re che mi ha salvato"
(Policarpo), "E' il Figlio di Dio annunciato dai profeti e Maestro di
buoni insegnamenti" (Giustino).
Santo Stefano, il primo martire di cristo, ha visto i
"cieli aperti" mentre cadeva sotto le pietre dei persecutori. Vedeva
e "apriva" anche per loro lo stesso Cielo che Cristo
aveva aperto per lui. Stefano aveva le "chiavi", bagnate dal sangue
di Cristo, e con esse sulle spalle, slegava i suoi persecutori dal giogo del
demonio per "legarli" a quello dolce di Cristo: "Pensate che non
sia stato esaudito quando disse: Signore, non imputare loro questo
peccato? Venne esaudito. Molti credettero... infatti quanto a quel
Saulo, che lapidava con le mani di tutti, che custodiva le vesti dei
lapidatori, fu in suo favore che venne esaudito Stefano. In seguito
incrudeliva; ricevuta l'autorizzazione scritta, si pose crudele alla ricerca di
cristiani, assetato di sangue, anelante stragi. E il Signore che aveva esaudito
Stefano a suo vantaggio gli disse: Saulo, Saulo, perché mi
perseguiti? Ha pregato per te colui che hai ucciso. Ed io ti scelgo perché
tu diventi mio testimone e muoia per me" (S. Agostino).
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