IDENTIFICAZIONE DELL'ANTICA CAFARNAO
Oggi, dopo gli scavi di Talhum e di Kh. Minyeh, e dopo una migliore conoscenza delle fonti letterarie, l'identificazione dell'antica Cafarnao con Talhum non è più contestata, almeno fra gli archeologi. Le ragioni sono molte: anzitutto è stato accertato che le rovine di Kh. Minyeh sono semplicemente quelle d'un castello ommaiade e nessun resto è anteriore all'epoca araba. Al contrario, gli scavi di Talhum hanno messo in luce tutti i periodi d'occupazione segnalati dalle fonti letterarie. Inoltre, i due edifici pubblici di Taihum, cioè la sinagoga e la tradizionale casa di San Pietro, sono conformi alle descrizioni dei pellegrini. Finalmente, le rovine di Talhum corrispondono esattamente alle coordinate geografiche della antica Cafamao secondo le indicazioni dei pellegrini che la localizzano a due miglia da Heptapegon Tabgha (Teodosio), a due miglia da Korazin (Eusebio), e tra Heptapegon e l'alto Giordano.
IL VILLAGGIO: DESCRIZIONE
Le rovine dell'antica Cafarnao coprono approssimativamente un'area di sei ettari (60.000 metri quadrati). Il villaggio si estendeva per circa 300 m da est a ovest lungo la riva del lago (i suoi estremi limiti orientali si trovano nella parte dove s'innalza la moderna chiesina greco-ortodossa), e per circa 200 m da sud a nord, ossia dal lago verso le colline.
Nella sua massima espansione durante il periodo bizantino Cafarnao poteva facilmente contare 1.500 abitanti. Qualsiasi stima della popolazione al tempo dei Vangeli è ancora prematura. Possiamo soltanto dire che la popolazione di Cafarnao era molto inferiore a quella delle grandi città del lago. Per citare un esempio, Magdala contava più di 40.000 abitanti al tempo della prima guerra giudaica, secondo Giuseppe Flavio. Nonostante ciò, il villaggio godeva d'una posizione privilegiata, grazie alle sue risorse economiche consistenti nella pesca, l'agricoltura, l'industria e il commercio.
Al tempo di Gesù Cafarnao era una città di frontiera provvista d'una dogana (Mc 2,13-15) ed era attraversata da una grande via imperiale che conduceva a Damasco. Era inoltre la sola località sulla riva nordovest del lago, a 5 km dell'alto Giordano il quale segnava la frontiera fra la tetrarchia di Erode Antipa e il Golan, al di là del fiume, assegnato a Filippo, suo fratello. La via imperiale costeggiava verosimilmente il fianco nord dei villaggio; infatti, a circa 100 m a nordest della sinagoga e vicino ad un monumentale mausoleo romano, fu ritrovata nel 1975 una pietra miliare recante la seguente iscrizione in lingua latina:
IMPERATOR CAESAR DIVI TRAIANI PARTHICI FILIUS DIVI NERVAE NEPOS TRAIANUS ADRIANUS AUGUSTUS... "L'imperatore Cesare, del divino Traiano partico figlio, del divino Nerva nipote Traiano Adriano Augusto..."
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Cafarnao aveva relazioni commerciali con l'alta Galilea, il Golan, la Siria, la Fenicia, l'Asia Minore, Cipro e l'Africa, come risulta dalle monete e dalla ceramica importata da queste regioni. Stupisce al contrario la scarsità di contatti con il centro e il sud della Palestina.
La presenza di un distaccamento di soldati romani a Cafarnao (Lc 7,110; Mt 8,5-13) sottolinea l'importanza del villaggio come punto di transito per i numerosi viaggiatori. Inoltre Cafarnao controllava almeno 8 km di spiaggia, a partire dalle sorgenti chiamate attualmente di et-Tabgha fino all'alto Giordano. Anche oggi questo tratto del lago è particolarmente ricco di pesce. Non sembra casuale che parecchi discepoli di Gesù erano pescatori. E' anche significativo che Pietro e suo fratello Andrea abbiano lasciato la loro città natale di Betsaida, stante nell'altra parte del lago, e si siano stabiliti a Cafarnao, come ambiente più idoneo alla loro attività di pescatori.
L'agricoltura conosceva un grande sviluppo. Gli scavi hanno messo in luce pressoi per olio, macine per grano e cereali, mortai, grossi piatti e crateri in pietra. Questi oggetti, per lo più in pietra basaltica locale, erano prodotti nella stessa Cafarnao, come sembrano attestare alcuni pezzi incompiuti; essi erano considerati una preziosa eredità familiare. La lavorazione dei vasi in vetro costituiva un'altra attività industriale del villaggio.
Lo scavo sistematico di una parte dell'antico villaggio permette di ricostruire la fisionomia dei quartieri residenziali. Le case private scavate fino ad oggi sono piuttosto modeste, ma non povere. Esse inoltre non sembrano rivelare profondi dislivelli economico-sociali, almeno nella parte da noi scavata. Per la costruzione dei muri e dei pavimenti veniva usata la pietra vulcanica basaltica per lo più non ritoccata. I muri non avevano delle vere fondamenta e le case ad un solo piano difficilmente potevano raggiungere più di 3 m d'altezza, a giudicare dai gradini preservati che conducevano al terrazzo. I ricorsi abbastanza regolari erano rinforzati con pietruzze e terriccio ma senza malte consistenti, almeno durante il periodo ellenistico e romano. Anche nel periodo bizantino l'uso di buone malte fu piuttosto raro. Tetti leggeri, fatti di travetti di legno e di terra battuta mescolata a paglia, coprivano le basse stanze della casa ed erano raggiungibili dai cortili aperti attraverso scalini in pietra.
Le abitazioni private seguono uno schema abbastanza costante: esse si compongono di varie stanzette ricoperte da un tetto, raggruppate attorno ad un grande cortile a cielo aperto. L'ampio cortile era in realtà il centro della casa. Le sue vistose dimensioni, confrontate con quelle più modeste delle stanzette coperte, erano forse consigliate dalle condizioni climatiche di Cafarnao, dove la temperatura estiva si fissa intorno ai 35 gradi. Le stanze basse della casa ricevevano la luce attraverso una serie di finestre che si affacciavano sul cortile interno. Esse servivano di rifugio per la notte, specialmente durante la stagione delle piogge, e di ripostigli. Buona parte però delle attività della vita giornaliera si svolgeva nel cortile. Così le macine e i forni sono stati sempre ritrovati nel cortile: là le donne preparavano i pasti e gli artigiani lavoravano; probabilmente è anche là che la gente soleva dormire durante l'estate, coricandosi sulle stuoie. Non vi erano servizi igienici, né drenaggi delle acque. A Cafarnao non abbiamo neppure trovato cisterne come nella vicina Korazim, né sili sotterranei come a Nazaret. La mancanza di queste cose si spiega per la vicinanza del lago e per la natura del sottosuolo non roccioso. C'è da pensare che una casa del genere, formata da un cortile centrale a cui fanno capo varie camerette coperte e generalmente con un solo ingresso dalla strada, servisse a più famiglie che vivevano allo stato patriarcale.
Non tutte le strutture del villaggio seguono questo modello: sul lato orientale della grande strada che costeggia la sinagoga vi sono ambienti privi di cortili, di scalini, di finestre e di focolari e che comunicano con la strada principale attraverso numerose porte. Si tratta probabilmente di negozi del villaggio, quali si usano ancora oggi nei bazaar orientali.
Il piano generale del villaggio non dà affatto l'idea d'una installazione rurale fatta a casaccio. Al contrario possiamo rappresentarci un grande villaggio, dove mercanti, artigiani, agricoltori e pescatori costruirono le loro abitazioni e negozi secondo un piano prestabilito e armonico. Le strade principali seguono il tracciato da nord a sud e sono intersecate da viuzze più modeste secondo il modello ellenistico-romano consistente nel cardo-maximus (strada principale impostata da nord a sud) e dai decumani (strade in direzione est-ovest). L'intersezione delle vie nord-sud, con le viuzze est-ovest ha concorso alla formazione di parecchi quartieri, che noi chiamiamo "insulae".
PERIODI DI OCCUPAZIONE
I principali resti archeologici di Cafarnao coprono un periodo di quindici secoli, dal quinto secolo a. C. fino al decimo secolo d. C. D'altra parte, questa fase centrale d'occupazione che ha visto lo sviluppo e l'espansione del villaggio in tutte le direzioni, fu preceduta e seguita da qualche resto che ne amplia di molto l'orizzonte cronologico. Le selci paleolitiche trovate nel 1984 danno una datazione di varie migliaia d'anni prima dell'era cristiana. Cocci dell'inizio del terzo millennio con decorazione a fasce parallele attestano che il sito era visitato dall'uomo nel periodo cruciale dello sviluppo della vita urbana in Terra Santa (principio dell'età del bronzo). Più consistenti sono i resti del secondo millennio. Fino ad oggi non si è trovata alcuna traccia d'occupazione per il periodo israelitico (1200-587 a. C.).
Sotto i sovrani ommaiadi di Damasco, Cafarnao era ancora largamente abitata, anche se, probabilmente durante questo periodo e per cause tutt'altro che chiare, sia la sinagoga che la chiesa ottagonale cessarono di essere funzionali. Con l'avvento della dinastia abasside di Baghdad nella seconda metà dell'ottavo secolo inizia il graduale declino di Cafarnao. Alcune strutture del dodicesimo e tredicesimo secolo sono state da noi incontrate, ma resta il fatto che il villaggio in quanto tale era oramai un cumulo di rovine.
IL VILLAGGIO: GLI ABITANTI
Epifanio afferma che fino al quarto secolo d. C. la popolazione di Cafarnao era interamente ebraica: "La consuetudine che proibisce a ogni razza differente di abitare con essi (cioè con gli ebrei) è in vigore specialmente a Tiberiade, a Diocesarca (Sefforis), a Nazaret e a Cafamao". D'altra parte alcuni passi della Mishna sottolineano il fatto che durante i primi tre secoli dell'era cristiana la popolazione ebraica di Cafarnao era composta di due blocchi distinti: da una parte gli ebrei ortodossi e dall'altra i cosiddetti 'Minim" o eretici. Dal contesto risulta che questi Minim di Cafarnao erano degli ebrei convertiti al cristianesimo, cioè dei Giudeo-cristiani.
Già prima della seconda guerra giudaica dei 135 la comunità cristiana di Cafarnao aveva raggiunto le alte sfere del giudaismo ortodosso e aveva tentato di convertire alla setta il rabbino Hanina, nipote del celebre rabbino Jehoshua: "Hanina, figlio del fratello di Jehoshua, venne a Kefar Nahum e i Minim lo ammaliarono e lo fecero montare sopra un asino il giorno di sabato. Egli si presentò all'amico Jehoshua che lo unse con l'olio e lo guarì. R. Jehoshua gli disse: "Siccorne l'asino di questa perversa persona (Gesù?) si è accanita su di te, tu non puoi più abitare nella terra d'Israele. Egli dunque se ne andò in Babilonia, dove morì in pace". (Midrash Qoh Rabba, 1,8).
Due secoli più tardi, tra la fine del terzo secolo e i primi decenni dei secolo successivo, i Giudeo-cristiani di Cafarnao si erano talmente moltiplicati che il Rabbino Issi di Cesarea arrivò al punto di condannare in blocco gli abitanti di questo villaggio. E' in tal maniera ch'egli spiega il versetto Qoh VII, 26, riferendosi ai Minim: "Buono è Anania, il nipote di Jehoshua; cattivi sono i figli (abitanti) di Kefar Nahum". (Midrash Qoh Rabba, VII, 26). Da questo passo non dobbiamo concludere che a quest'epoca tutti gli abitanti di Cafarnao fossero dei Minim; d'altra parte R. Issi difficilmente avrebbe potuto pronunciare questa pesante sentenza contro "i figli di Kefar Naltum", se i Minim avessero formato soltanto una parte insignificante del villaggio.
E' difficile dire esattamente quando e in che misura i cristiani della Gentilità soppiantarono la comunità giudeo-cristiana di Cafarnao. C'è da ritenere prudentemente che la chiesa ottagonale della seconda metà del quinto secolo sia stata costruita dagli Etnico-Cristiani.
Nell'epoca bizantina i Giudeo-ortodossi continuarono a vivere a Cafarnao insieme ai Cristiani, il cui numero nel frattempo venne aumentando considerabilmente. Tale aumento dei Cristiani tra gli abitanti di Cafarnao è suggerito dal frequente uso di piatti in terra sigillata con il simbolo cristiano della croce. Questa ceramica importata compare in molte abitazioni dei quartieri finora scavati.
All'inizio del settimo secolo, ossia al principio del periodo arabo, varie case furono abbandonate e andarono in rovina: ciò lascia supporre la partenza almeno parziale della vecchia popolazione sia ebraica che cristiana di Cafarnao. L'abbandono della sinagoga e della chiesa ottagonale suggerisce che la popolazione di Cafarnao passò pian piano alla nuova religione musulmana.
LA SINAGOGA DEL PRIMO SECOLO
Anche prima dei nostri scavi, molti dotti avevano suggerito che la sinagoga del primo secolo, visitata da Gesù, fosse sepolta sotto la monumentale sinagoga bianca "È una sfortuna - scriveva per esempio Albright - che non siano stati scoperti resti anteriori. L'eventualità che fondazioni d'una sinagoga più antica si trovino, a Cafarnao, sotto le rovine di quella del terzo secolo, non costituirebbe affatto una inverosimiglianza. Ma non c'è nessuno che osi demolire questa splendida costruzione nella speranza aleatoria di scoprire i sottostanti resti". Ciò che Albright considerava un'impresa improbabile e temeraria, gli archeologi francescani l'hanno compiuta. A partire dal 1969, V. C. Corbo e l'autore hanno scavato tutta la zona attigua alla sinagoga bianca e hanno praticato numerose trincee all'interno dell'edificio stesso nell'intento di rintracciare e di studiare i resti archeologici nascosti sotto la sinagoga dei quarto secolo.
Scavi nel sottosuolo della sinagoga del IV secolo
I principali risultati di questa lunga ricerca sono i seguenti: I. La sinagoga bianca riposa su una piattaforma artificiale. 2. Questa piattaforma fu innalzata dopo l'abbattimento di alcuni edifici del villaggio: tolto infatti lo spesso strato di calcestruzzo che formava il letto di posa dei lastroni del pavimento e rimossa la riempitura artificiale del podium o piattaforma, sono apparse parecchie costruzioni risalenti al periodo ellenistico-romano. Una trincea (la trincea n. 21) ha messo a nudo una costruzione del tredicesimo secolo a. C. Questi resti comprendono pavimenti in pietra, muri in pietra di basalto, porte, scale, condutture d'acqua e focolari. Sebbene il carattere limitato delle trincee renda impossibile un piano completo di queste costruzioni, è evidente che questi diversi elementi appartengono a case private. Esse si trovavano sepolte - è un fatto che va sottolineato - sotto le ali laterali della sala di preghiera, sotto la balconata, e sotto il cortile orientale. Una visione del tutto differente è emersa dalle trincee scavate nella grande navata centrale della sala di preghiera. Qui, infatti, è stato ritrovato soltanto un pavimento in pietra basaltica risalente al primo secolo. Questo pavimento ricopriva uno strato più antico dell'insediamento con ceramica e monetine dell'epoca ellenistica. V. C. Corbo e l'autore riconoscono che l'ampio pavimento del primo secolo, scoperto sotto la navata centrale della sinagoga bianca, possa appartenere alla sinagoga tanto ricercata, quella cioè costruita dal centurione romano e visitata da Gesù.
La sinagoga del IV secolo, sotto la quale si trova quella del I secolo
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Vari indizi rendono abbastanza plausibile questa identificazione. Innanzi tutto l'ampiezza del pavimento del primo secolo è troppo vistosa per appartenere a una casa privata, mentre, si adatta meglio ad un edificio pubblico. E questo edificio pubblico può ragionevolmente essere identificato come una sinagoga: è un fatto ben noto infatti che gli edifici religiosi normalmente erano ricostruiti lungo i secoli sul medesimo luogo sacro. Nel caso specifico di Cafarnao, la presenza di una precedente sinagoga spiegherebbe meglio la ragione per la quale la comunità ebraica del quarto secolo scelse proprio quel posto, a dispetto del fatto che l'edificio sinagogale si sarebbe venuto a trovare di fronte ad un santuario cristiano. Infine questa identificazione tiene conto del fatto che i pellegrini (come Egeria) localizzarono la sinagoga visitata da Gesù proprio nell'area della monumentale sinagoga bianca.
La sinagoga in pietra bianca del IV secolo si appoggia sopra una costruzione più antica
A questo punto va preso in considerazione un secondo elemento scoperto sotto la sinagoga bianca, vale a dire il cosiddetto "muro di basalto". Il "muro di basalto" è stato rinvenuto nell'area della sala di preghiera sia sotto i muri periferici che sotto lo stilobate: nel primo caso esso è continuo, mentre sotto lo stilobate è discontinuo o anche mancante. Il suddetto muro è assente nelle altre parti dell'edificio sinagogale, come ad esempio nell'area del cortile orientale. V. C. Corbo e l'autore sono d'accordo sopra un punto importante: il "muro di basalto" appartiene a una precedente sinagoga e fu semplicemente riusato come fondazione per la sala di preghiera della sinagoga bianca del quarto secolo. Vari dati ci portano a questa conclusione.
La soglia della sinagoga del IV secolo
Anzitutto le fondazioni del cortile orientale costituiscono una entità del tutto indipendente e sono semplicemente addossate al "muro di basalto". Inoltre le suddette fondazioni del cortile sono fatte con belle pietre accuratamente rifinite e ordinate in ricorsi bene uguagliati, mentre i ricorsi del "muro di basalto" sono molto inferiori in qualità e in finezza di lavoro e tradiscono una fattura del tutto diversa. Da qui sorge la domanda: perché questa differenza sorprendente?
Come mai il cortile, che è una parte accessoria dell'edificio sinagogale del quarto secolo fu dotato di così splendide fondazioni, a differenza della sala di preghiera che pur costituiva la parte essenziale della sinagoga? La sola risposta che noi possiamo offrire è la seguente: la sala preghiera ha semplicemente riutilizzato come fondamenta i muri d'un edificio preesistente, mentre le fondazioni del cortile orientale datano di un'epoca molto posteriore e furono fatte ex novo.
Questa conclusione appare ancor più convincente se si analizza lo strano rapporto che esiste fra il "muro di basalto" e i ricorsi della sala di preghiera che vi poggiano sopra. Si è già detto che il "muro di basalto" è manifestamente discontinuo sotto lo stilobate della sala di preghiera. La cosa ancora più grave è che a nord lo stilobate riposa sopra una riempitura poco solida e in questo punto il "muro di basalto" è del tutto mancante. Un secondo elemento da tenere presente è la differente assialità fra il "muro di basalto" e i muri della sala di preghiera. In terzo luogo, siccome il "muro di basalto" sul fianco occidentale aveva i ricorsi in leggera pendenza da nord a sud, i costruttori della sinagoga bianca decisero di tagliare tutte le pietre del primo ricorso nella direzione opposta, rastremandole cioè da sud verso nord e utilizzarono per giunta pietruzze poco eleganti per riempire i vuoti alla sommità ondulata del "muro di basalto".
Tutte queste ragioni fanno concludere che il "muro di basalto" appartiene a una sinagoga anteriore alla sinagoga bianca.
Resta un problema grave da risolvere: qual'è la relazione tra il "muro di basalto" e il pavimento in pietra del primo secolo trovato sotto la navata centrale? Il direttore degli scavi ritiene che i due elementi sono contemporanei e appartengono quindi alla sinagoga del primo secolo. A mio avviso, è possibile che il "muro di basalto" rappresenti una tappa intermedia tra la sinagoga dei primo secolo, di cui resta soltanto il pavimento, e la costruzione della sinagoga bianca nel quarto secolo inoltrato.
LA SINAGOGA DEL QUARTO SECOLO
L'edificio sinagogale di rilevanti dimensioni fu eretto nel centro fisico della cittadina ed era delimitato da strade sui quattro lati. A differenza delle case private contraddistinte da nere pietre basaltiche, la sinagoga fu quasi interamente costruita con blocchi squadrati di pietra bianca calcarea, trasportati da cave situate a parecchi chilometri di distanza, e il cui peso poteva in alcuni casi raggiungere le quattro tonnellate. Gli elementi decorativi (lintelli, cornici, capitelli, ecc.) suscitano ancora oggi l'incanto dei visitatori.
Non esagerava E. Robinson quando scriveva che "per costo, lavoro e decorazione, l'edificio sorpassa ogni altra cosa da noi vista in Palestina". La sinagoga di Cafarnao rimane tuttora "uno dei posti più soddisfacenti da visitarsi in tutta la Palestina", come affermava Albright.
Il parziale restauro della sinagoga, iniziato da G. Orfali nel 1922-1925, e continuata da V. C. Corbo a partire dal 1976, offre un'idea dello splendore originale del monumento.
Francescani al lavoro nel restauro della sinagoga
La sinagoga si compone di quattro elementi: A. la sala di preghiera; B. il cortile orientale; C. la balconata di sud; D. una cameretta addossata contro l'angolo nordovest della sala di preghiera.
La sala di preghiera, la cui facciata guarda verso Gerusalemme, è a pianta rettangolare e misura all'interno 23 m di lunghezza da nord a sud per 17,28 m da est a ovest uno stilobate a forma di U separa la grande navata centrale dalle ali est, ovest e nord. Due file di sedili in pietra sono addossati contro i muri periferici delle ali est e ovest, mentre i muri dell'ala-nord ne sono privi, Le pareti interne della sala di preghiera erano decorate d'un intonaco colorato e di stucchi. Il punto focale della sala di preghiera verso cui era rivolta l'assemblea si trovava nella parete interna di sud della navata centrale, in direzione di Gerusalemme.
I rotoli della Legge che veniva letta durante le riunioni religiose, erano conservati stabilmente in questo lato sud della navata centrale. Allo stadio primitivo della costruzione della sinagoga, fu costruita su ciascun lato dell'ingresso principale una edicola di cui soltanto la piattaforma quadrata (2,90 m) si è conservata. Edicole di questo genere sono state trovate anche in altre sinagoghe, come a Sardi in Asia Minore, a Nabratein, Beth Shearim, Gush Halav. In una seconda fase le due edicole furono abolite e sostituite da una struttura piu elegante che occupava nel fianco sud tutta la larghezza della navata centrale.
Interno della sinagoga
L'interpretazione della sala D contigua all'angolo nordovest alla sala di preghiera è piuttosto discorde. Questa camera annessa, fatta interamente di blocchi di basalto, appartiene certamente al periodo iniziale della sinagoga bianca. Essa comunicava con la sala di preghiera attraverso una porticina ancora in situ. Un tempo gli esperti avevano suggerito che l'annessa sala servisse da ricettacolo all'Arca Santa, che sarebbe stata trasportata da qui verso il lato sud della navata centrale durante il servizio religioso. Quest'interpretazione non sembra più sostenibile dopo la scoperta delle due edicole simmetriche su ciascun lato dell'entrata principale.
Le due scalinate esterne, parzialmente conservate contro i muri dell'annessa sala, sono generalmente interpretate come via d'accesso a una galleria superiore riservata alle donne. Nondimeno, l'esistenza di questo matroneo rimane una questione aperta, che forse potrà trovare una soluzione dopo un'analisi completa di tutti gli elementi architettonici della sinagoga.
La sala di preghiera (A) comunicava direttamente mediante una porta con il cortile orientale (B). Questo era di forma trapezoidale; lo spazio centrale era circondato, su tre lati, da un portico. Tre porte aperte nel muro di nord e due nel muro di sud mettevano in comunicazione il cortile con l'esterno. Le tre grandi aperture del lato est, non sono porte, ma finestre, perché esse si trovano molto alte rispetto al livello stradale. Sulle lastre di pietra del pavimento sono ancora incisi i "giuochi". Probabilmente essi vanno assegnati al periodo arabo quando la sinagoga era adibita ad altro uso. Infatti compaiono nella sala di preghiera e addirittura nei blocchi caduti dai muri della sinagoga.
Lato sud con una delle porte monumentali
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Lungo il lato sud della sala di preghiera e del cortile si estendeva la balconata (C) con una scalinata alle estremità di est e di ovest. Una terza scalinata è stata identificata presso l'angolo nordest del cortile.
I recenti scavi permettono di tracciare la lunga storia della sinagoga bianca:
1. La data iniziale della sala di preghiera (A) e della annessa cameretta (D) va fissata nel tardo quarto secolo d. C. 2. Il cortile orientale (B) fu aggiunto più tardi e fu ultimato dopo la metà del quinto secolo; alla medesima epoca fu ristrutturata la balconata (C). 3. La sinagoga fu adibita al culto durante tutto il periodo bizantino, almeno fino al settimo secolo. 4. Nel periodo medievale, molte pietre della sinagoga furono riadoperate nelle abitazioni private e servirono anche per la fabbricazione della calce.
Riguardo alla data iniziale della sinagoga bianca, sia Wilson che Orfali ritenevano che i suoi resti fossero quelli della celebre sinagoga del primo secolo costruita dal centurione romano (Lc 7,5). Altri dotti seguivano piuttosto la teoria di Watzinger e datavano la sinagoga bianca fra la fine del secondo e gli inizi del terzo secolo d. C. Tutte queste teorie, fondate su considerazioni di ordine stilistico e storico, non ci sembrano più sostenibili. I dati archeologici infatti suggeriscono una datazione non anteriore alla metà del quarto secolo. Queste conclusioni rivoluzionarie, non da tutti accettate, si fondano sopra più di 30.000 monete tardo-romane e sullo studio della ceramica proveniente da diversi contesti stratigrafici.
L'INSULA SACRA
24.01.82 - Deposizione della "prima pietra" |
Gli scavi del 1968 hanno rimesso in luce la casa di San Pietro sotto la chiesa ottagonale bizantina situata circa 30 m a sud della sinagoga. Questa casa è spesso menzionata nei Vangeli sinottici che la mettono in relazione all'attività di Gesù a Cafarnao, ed è in seguito segnalata dai pellegrini.
La storia di questa casa, in cui è vissuto Gesù, può riassumersi nel modo seguente:
1. La data iniziale fa fissata nel primo secolo a. C.
2. A partire dalla fine del primo secolo d. C. una parte di quella casa, cioè la sala n. 1, fu trasformata in "domusecclesia", vale a dire, fu adibita in luogo di riunioni religiose.
3. Nel quarto secolo la suddetta "domusecclesia" viene ampliata e separata dal resto del villaggio attraverso un imponente muro di cinta.
4. Nella seconda metà del quinto secolo tutte le strutture della insula sacra vengono abbattute e viene costruita una chiesa di forma ottagonale.
5. L'identificazione della casa di San Pietro si basa sullo stretto rapporto esistente fra i dati archeologici e le fonti letterarie.
Il Memoriale di S. Pietro in costruzione sopra i resti della casa antica
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Il Memoriale costruito dalla Custodia Francescana di Terra Santa sulla tradizionale casa di San Pietro ha lo scopo di proteggere i resti archeologici dell'insula sacra e di renderli più accessibili ai visitatori. L'interno dell'edificio è soprattutto riservato alle celebrazioni liturgiche.
Il Memoriale in costruzione
Il Memoriale è opera dell'architetto italiano Ildo Avetta. Il corpo principale della struttura, che rimane come sospeso al di sopra dei resti della casa di Pietro il pescatore, suggerisce l'immagine di una barca. La stessa idea è evocata dalle decorazioni parietali attraverso i motivi di pesci stilizzati, onde e reti.
Il Memoriale: un amalgama di architettura e di storia
I due pannelli in legno all'interno del Memoriale dalla parte dell'ingresso sono opera dell'artista Raoul Vistoli: la Vergine che entra nella casa di San Pietro accompagnata da raffigurazioni indicanti le opere di misericordia corporali, e San Pietro sulla barca, con raffigurazioni delle opere di misericordia spirituali. I due pannelli ai lati dei presbiterio sono dell'artista Giovanni Dragoni e riproducono Cristo in croce e Gesù nella casa di Pietro che ammaestra i discepoli sul tema dell'umiltà. Altri pannelli saranno aggiunti. Il mosaico dell'altare (di Enzo Rossi) associa il tema biblico della manna nel deserto con quello della moltiplicazione dei pani. Nelle pareti del presbiterio sono riprodotti alcuni passi del discorso che Gesù tenne nella sinagoga di Cafarnao sul pane della vita, cioè l'Eucarestia. Il tabernacolo (di Igino Legnaghi) riproduce la lettera ebraica taw. Le ringhiere in bronzo (della ditta Tavani) sono arricchite da simboli cristiani.
L'interno del Memoriale
L'esecuzione del progetto veramente audace e ultramoderno ha richiesto studi lunghi e complessi da parte dell'ingegnere Cesare Pocci e la collaborazione del Technion di Caifa ed é stata affidata alla ditta israeliana Solel Bonneh, sotto il continuo controllo dell'ingegnere Anis Sruji di Nazaret.
Padre Loffreda. l'architetto Ildo Avetta e padre Corbo ispezionano le rovine della Casa di San Pietro
Il Memoriale fu consacrato dal cardinale Lourdusamy il 29 giugno 1990 e questa data è incisa in facciata nella scritta in latino: BEATO PETRO APOSTOLO A. D. MCMXC DICATUM (Dedicato al beato apostolo Pietro nell'anno 1990). In quella occasione il papa Giovanni Paolo Il inviò un messaggio speciale, di cui due brani sono riprodotti sui fianchi interni dell'ingresso.
29.07.90 - Costruzione del Memoriale
I testi antichi di Egeria e dell'Anonirno Piacentino che accompagnano in facciata la scritta dedicatoria sottolineano la continuità della tradizione cristiana su questo luogo santo che è stato nello stesso tempo la casa di Simon Pietro, la casa di Gesù e la culla della cristianità.
INSULA SACRA - LE CASE PRIVATE
Le case private dell'insula sacra ricalcano fedelmente il tipo di abitazioni private che è stato riscontrato negli altri quartieri del villaggio. La tradizionale casa di San Pietro (sala n. 1) era quasi quadrata. Il muro di ovest, ancora conservato per più d'un metro di altezza, misura 8,35 m di lunghezza.
Le case a nord dell'Insula Sacra
La stanza non aveva che una sola porta, conservata in parte sul lato nord, presso l'angolo nordovest, e comunicava con un grande cortile a cielo aperto, a forma di L, che copriva un'arca di circa 84 metri quadrati. Siccome il suddetto cortile, provvisto d'una scalinata e di un focolare in terra refrattaria, non comunicava solamente con la tradizionale casa di San Pietro, ma anche con altre stanze coperte d'un tetto, si può pensare che più d'una famiglia ne condivideva l'uso.
La Casa di Pietro (in base ai dati archeologici)
All'est una porta, di cui è ben conservata la soglia, metteva il cortile in comunicazione con la strada principale che costeggiava la casa di San Pietro. Fra l'ampia strada e la porta d'ingresso al cortile esisteva uno spazio libero. Gli scavi hanno tracciato altre strutture murarie nella parte sud della medesima insula. Anche là i cortili a cielo aperto formavano il punto centrale di alcune stanzette coperte d'un tetto. Non esistono altre abitazioni fra l'insula sacra e la sponda del lago che al tempo di Gesù era molto vicina alla tradizionale casa di Pietro.
Ricostruzione delle case a nord dell'Insula Sacra
L'insula sacra appartiene al nucleo primitivo della fine dell'epoca ellenistica. Il lungo periodo di occupazione ininterrotta è attestato da una successione di almeno tre sovrapposti pavimenti in pietra. In un caso sono stati tracciati ben quattro pavimenti sovrapposti lungo il muro occidentale della stanza n. I. Il pavimento più antico, che ha conservato tracce d'un focolare, era associato a cocci ellenistici. Il pavimento del primo secolo è il secondo, a partire dal basso.
Anche nell'intemo della sala venerata n. 1 sono state praticate varie trincee e gli strati più antichi risultano appartenere alla fase finale del periodo ellenistico. Dal primo secolo a. C. fin verso la fine del primo secolo dell'era cristiana, gli strati d'abitazione erano formati da linee orizzontali di terra battuta contenenti ceramica casalinga: anfore, marmitte, tegami, ciotole, lampade.
Vaso di terracotta trovato nella Casa di Pietro
Al di sopra di questi strati più antichi, si registra una innovazione profonda. Sul lato nordest della stanza infatti, su un'area di circa 12 metri quadrati era preservato un pavimento con almeno sei strati sovrapposti di calce bianca. L'unica testimonianza archeologica di occupazione consisteva in un discreto numero di piccoli frammenti di lucerne erodiane, lasciati sui pavimenti di calca bianca. Altre lampade erodiane erano nascoste lungo i muri interni. Per il loro tipo, queste lampade risalgono alla seconda metà del primo secolo dell'era cristiana e certamente non più tardi dell'inizio del secondo secolo.
Finalmente in questo contesto sono stati trovati alcuni frammenti di intonaco pitturato certamente provenienti dalle pareti. I sovrapposti pavimenti in calce erano stati tenuti meticolosamente puliti, contrariamente agli strati anteriori e si eclissava in essi la ceramica casalinga.
Bisogna sottolineare che questo è finora a Cafarnao il solo esempio d'una abitazione con pavimenti in calce e coi muri intonacati sebbene gli scavi sono già estesi ad una buona porzione dell'antico villaggio.
In base a questi dati noi riteniamo che già nel tardo primo secolo dell'era cristiana la sala n. 1 era adibita a luogo di riunioni. I nostri lettori comprenderanno meglio il carattere religioso e cristiano di queste riunioni alla luce degli strati superiori della medesima stanza.
INSULA SACRA - LA DOMUS-ECCLESIA
Dopo una serie continua d'occupazione, l'insula sacra subì importanti cambiamenti verso la fine del quarto secolo. Prima di tutto l'insula fu fisicamente separata dal resto del villaggio attraverso la costruzione di un imponente muro di cinta di forma più o meno quadrata con un totale di 112,25 m di lunghezza. Lo spazio così racchiuso comunicava con l'esterno mediante due ingressi, rispettivamente presso l'angolo sudovest e nordovest dei muro di cinta. Un altro muro di protezione nord-sud partiva dall'ingresso sudovest.
La Casa di Pietro trasformata in "domus ecclesia"
La costruzione del muro di cinta comportò la demolizione di qualche casa. Nello stesso tempo, la sala n. 1 diventò il centro e il punto focale dell'insula sacra e registrò dei grandi cambiamenti come la posa d'un nuovo pavimento policromo all'interno della stanza (che misurava 5,80 m per 6,45 m), la suddivisione in due parti della stanza attraverso un arco mediano impostato da nord a sud, il rifacimento del muro nord (contrariamente agli altri muri lasciati tali e quali), la costruzione d'un nuovo tetto con calcestruzzo spesso e compatto, la costruzione sul lato est d'un atrio con pavimento di calce bianca, l'aggiunta d'una stanzetta all'angolo nordest, e finalmente l'applicazione d'un nuovo intonaco sopra i muri interni e sopra il nuovo arco mediano della stanza.
E' significativo che i pilastri dell'arco mediano abbiano ricevuto, col passare del tempo, soltanto due strati sovrapposti d'intonaco pitturato, mentre i vecchi muri della stanza venerata conservano tre strati successivi. Questa constatazione ci conduce alla conclusione che i muri della stanza n. 1 hanno ricevuto almeno un intonaco prima del quarto secolo, Questa conclusione si accorda con lo studio paleografico dei graffiti più antichi che possono risalire, paleograficamente, al terzo secolo.
Graffiti dalla "domus ecclesia"
Differenti colori furono adoperati nell'intonaco parietale: rosso, rosa, rosso-mattone, giallo, bruno-cupo, verde, azzurro e bianco. La decorazione geometrica consiste in pannelli rettangolari, rombi, cerchi, croci fiorite, ecc. La decorazione floreale comporta ramoscelli, piccoli alberi, fiori, fichi e melagrani. Erano apparentemente escluse le rappresentazioni umane e di animali. Compaiono anche monogrammi, simboli, e finalmente iscrizioni in greco (151 esemplari), in paleoestrangelo (siriaco orientale) (13), in aramaico (9), e in latino (2). Questo prezioso materiale è stato studiato e pubblicato dal francescano p. Emmanuele Testa. Sebbene lo stato di conservazione frammentario e precario non rende facile l'interpretazione delle iscrizioni, nondimeno si possono raggiungere alcune conclusioni importanti, che non danno adito ad alcun dubbio ragionevole.
Il carattere cristiano della domus-ecclesia è provato dalla presenza, in molti graffiti del nome e dei monogramma di Gesù, (chiamato Signore, Cristo, l'Altissimo, Dio), da alcune espressioni liturgiche, come Amen, Kyrie eleison, da un'iscrizione molto lunga in paleo-estrangelo che sembra riferirsi all'Eucaristia. La pluralità delle lingue lascia fortemente supporre che la domus-ecclesia non era semplicemente usata dai semplici fedeli locali, ma anche dai pellegrini. La paleografia permette di datare i graffiti dall'inizio dei terzo secolo fino all'inizio del quinto secolo. Questa conclusione associata ai pavimenti in battuto di calce della fine del primo secolo ci induce a pensare che la trasformazione della stanza n. 1 in domus-ecclesia è stata l'opera delle prime generazioni cristiane di Cafarnao.
Se il culto era naturalmente incentrato sulla persona di Gesù, tuttavia non è una sorpresa trovare dei graffiti che portano anche il nome di Pietro.
Dal punto di vista strettamente archeologico, la domus-ecclesia, ingrandita e ristrutturata nel quarto secolo, rappresenta una scoperta singolare: può essere descritta come una struttura tripartita con atrio ad est, punto focale ad ovest e separata dal resto del villaggio attraverso un muro di cinta quadrangolare. Questi elementi fondamentali sembrano riecheggiare quello che era stato, sia pure su scala monumentale, il piano generale del Tempio di Gerusalemme. Tali somiglianze concettuali non possono essere interpretate come un caso accidentale, specialmente quando si pensa che durante i primi quattro secoli vivevano a Cafarnao dei cristiani d'origine ebraica.
Uncini di bronzo rinvenuti sul pavimento della "domus ecclesia"
INSULA SACRA - LA CHIESA OTTAGONALE
Nella seconda metà del quinto secolo un audace progetto trasformò radicalmente l'insula sacra: la domus-ecclesia sparì quasi del tutto, ad eccezione del muro esterno di cinta, e al suo posto fu costruita ad un livello rialzato una chiesa ottagonale.
La chiesa bizantina rispecchia un piano radicalmente differente dalla domus-ecclesia precedente. Una piccola abside, situata all'est indicava il nuovo orientamento (comune alle chiese cristiane) mentre l'ingresso frontale fu fatto di conseguenza da ovest attraverso la demolizione di alcune case private e sbassando su questo lato il vecchio muro di cinta per creare un calpestio alla quota del nuovo pavimento musivo della chiesa.
Il piano della chiesa consisteva in un piccolo ottagono centrale, un ottagono concentrico più grande ed un semi-ottagono esterno attraverso il quale si accedeva sia all'interno della chiesa che ai pastofori orientali.
Scavo nell'area della chiesa bizantina
In una seconda fase, il centro dell'abside fu provvisto d'una vasca battesimale. Il motivo del pavone, simbolo dell'immortalità, dominava il pavimento in mosaico dell'ottagono centrale. Le fondamenta della chiesa ottagonale erano costruite in pietra di basalto e in malte molto tenaci; al contrario le sovrastrutture erano in grandi blocchi bianchi di calcare. Questo vasto progetto va probabilmente attribuito ai cristiani della Gentilità diventati allora molto forti per controbilanciare la supremazia della vecchia comunità giudeo-cristiana di Cafarnao. E' noto che le relazioni tra i due rami della cristianità non erano davvero eccellenti. I Giudeo-cristiani incontrarono spesso una forte opposizione sia da parte dei Giudei-ortodossi che li ritenevano traditori, sia da parte dei cristiani della Grande Chiesa che li ritenevano eretici. Ciò nonostante, questi ultimi non esitarono a conservare il carattere sacro di parecchi santuari giudeo-cristiani. Nel caso specifico di Cafarnao è sorprendente constatare la stretta relazione o concatenamento che esiste tra la sepolta domus-ecclesia e l'ottagono sovrapposto.
La chiesa ottagonale bizantina
Il piano ottagonale della nuova chiesa fu dettato in realtà da un duplice intento: preservare il recinto sacro del quarto secolo e inoltre indicare l'ubicazione esatta della casa di San Pietro oramai sepolta sotto il podium della chiesa. In che modo? Costruendo l'ottagono centrale proprio sui muri cimati della sala venerata n. I. Certamente i pellegrini non potevano più vedere la venerata casa, sepolta sotto il pavimento musivo, ma la sua esatta ubicazione fu tramandata appunto dalla posizione dell'ottagono centrale. Un pellegrino di Piacenza, che visitò Cafarnao verso il 570, scrisse: "Item venimus in Capharnaum in domo beati Petri, quae est modo basilica" (Parimenti noi venimmo a Cafarnao nella casa del beato Pietro, che attualmente è una basilica).
CONCLUSIONE
I recenti scavi hanno gettato una nuova luce sul sito biblico di Cafarnao. Una parte dei quartieri residenziali è attualmente visibile; i due edifici pubblici - la sinagoga e la chiesa ottagonale - sono stati rimessi nel loro contesto fisico e storico.
Da questi scavi è emersa un'immagine complessa. A prima vista, i due edifici pubblici sembrano sproporzionati rispetto ai bisogni d'un villaggio e contrastano con la semplicità dei quartieri abitati. La popolazione moderata di Cafarnao sembra che non abbia risparmiato nessuno sforzo per far spiccare la preminenza assoluta dei valori spirituali.
Alcuni visitatori si stupiscono di trovare anche una sinagoga ebraica e un santuario cristiano l'uno a fianco all'altro. L'ubicazione dei due edifici pubblici fu probabilmente dettata dalla preoccupazione di conservare e perpetuare la sacralità dei due luoghi: la chiesa ottagonale infatti perpetuava il posto esatto della casa di Pietro, e la sinagoga della fine del quarto secolo fu eretta sopra le rovine delle sinagoghe anteriori.
Più sorprendente ancora si è rivelata la data che noi abbiamo attribuito alla sinagoga bianca: la fine del quarto secolo. Certi dotti ritengono inconcepibile che una tale sinagoga monumentale sia potuto essere costruita sotto il governo di imperatori cristiani. I nostri scavi hanno avuto la felice conseguenza di provocare nuove ricerche sulle monumentali sinagoghe della Galilea. E' stato accertato che questo tipo di sinagoga fu ancora costruita nel sesto secolo, com'è il caso della sinagoga di Nabratein. In breve, sia nel campo archeologico come nel campo storico, molte teorie si sono disgregate in seguito alle nostre ricerche nell'antico villaggio di Cafarnao. Naturalmente le nostre scoperte si sono mostrate d'un grande interesse per gli esegeti come per gli storici dei cristianesimo primitivo.
Infine, le rovine messe in luce costituiscono d'oggi in poi un libro aperto per tanti visitatori e pellegrini che vengono a cercare in questo luogo biblico un contatto personale con la città di Gesù.
Bibliografia scelta KOHL H.-WATZINGER C., Antike Synagogen in Galiläa, Leipzig 1916. ORFALI G., Capharnaüm et ses ruines, d'après les fouilles accomplies à Tell-Houm par la Custodie Franciscaine de Terre Sainte (1905-1921), Paris 1922. CORBO V., Cafarnao. Vol. I. Gli Edifici della città, Jerusalem 1975. LOFFREDA S., Cafarnao. Vol. II. La Ceramica, Jerusalem 1974. SPIJKERMAN A., Cafarnao. Vol. III. Catalogo delle monete della città, Jerusalem 1975. TESTA E., Cafarnao. Vol. IV. I graffiti della Casa di San Pietro, Jerusalem 1972. TZAFERIS V. ET ALII, Excavations of Capernaum. I: 1978-1982, Winola Lake, Indiana 1989. |
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