S. CIRILLO DI GERUSALEMME OMELIA SUL PARALITICO DELLA PISCINA PROBATICA

traduzione di Giovanni Bissoli OFM

1. Dove appare Gesù, là c’è anche la salvezza. Sia che veda un pubblicano seduto al banco (cf. Mt 9,9), lo fa apostolo ed evangelista; sia che uno si trovi sepolto con i morti, risuscita i morti. Ai ciechi dona la vista, ai sordi l’udito. Va intorno alle piscine, non per ammirare le costruzioni, ma per curare i malati.

2. A Gerusalemme c’era una piscina Probatica (= delle pecore) che aveva cinque portici (cf. Gv 5,2); quattro all’intorno, il quinto nel mezzo. Vi giaceva una moltitudine di malati (cf. Gv 5,3); era grande l’incredulità dei Giudei. Il medico e il guaritore delle anime e dei corpi con misura prestava la cura; cura prima il lungodegente, perché al più presto fosse sollevato dai dolori. Questi infatti non stava a giacere da un giorno o due, né da un mese o un anno, ma da ben trentotto anni (cf. Gv 5,5). Giacendo per lunga malattia, era conosciuto agli spettatori e faceva vedere la capacità del curante. Il paralitico infatti era conosciuto da tutti per via della durata, mentre il sommo medico dava prova della sua forza; ma da quelli che l’accoglievano malamente veniva scartato.

3. Girando per la piscina, vide: non apprese da una domanda, ma colmò la lacuna in forza della sua capacità divina. Avendo visto – non domandando – da quanto tempo giaceva: ma Colui che sa anche prima di aver visto conobbe. Infatti se per ciò che riguarda il cuore non aveva bisogno che uno gli domandasse sul conto dell’uomo (perché lui sapeva cosa c’era nell’uomo) (cf. Gv 2,25 e 16,30), molto più al riguardo delle malattie, la cui origine viene dall’esterno.

4. Vide uno che giaceva ed era afflitto da malattia plurima: perché portava un grave peso di peccati e una diuturna sofferenza del male. A quegli rivolge la domanda desiderata: vuoi guarire (Gv 5,7)? E non disse nient’altro, ma lasciò a metà la domanda. La domanda infatti era duplice. Poiché era infermo non solo di fisico ma anche di spirito (secondo quanto detto poi da lui: ecco, sei sano; non peccare più perché non ti capiti di peggio) (Gv 5,14), gli chiedeva: vuoi guarire? O grande potenza di un medico che accorda l’aiuto alla volontà! Poiché dalla fede la salvezza, sentí quel vuoi, affinché il suo volere attirasse l’efficacia. Questa parola è soltanto di Gesù. Infatti non è neppure dei migliori medici che curano i corpi. Quelli che curano le malattie del corpo non possono dire a tutti: vuoi guarire? Invece Gesù insieme conferisce il volere, riceve il credere ed elargisce il suo dono senza contraccambio.

5. Una volta il Salvatore andava per la via, e là stavano due ciechi (cf. Mt 20,30), fisicamente senza vista, ma spiritualmente illuminati. Quello che gli scribi non conoscevano, i ciechi lo indicavano con grida. Infatti i farisei, che avevano imparato la legge e l’avevano meditata dalla fanciullezza alla vecchiaia, invecchiati nell’ignoranza, dicevano: costui non sappiamo da dove sia (Gv 9,29). Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto (Gv 1,11). I ciechi, invece, lo invocavano a gran voce: Figlio di David, abbi pietà di noi (cf Mt 9,27; 20,30). Non lo conobbero gli studiosi della legge, ma lo conobbero quelli che avevano occhi inservibili alla lettera. Accostatosi a loro, il Salvatore disse: Credete che possa fare questo (Mt 9,28)? e che volete che io vi faccià? (cf Mt 20,32)? Non disse: “che volete che io vi dica”, ma che volete che vi faccia. Infatti era autore e datore di vita, non uno che comincia allora a fare. Il Padre suo sempre opera e lui opera insieme al Padre (cf Gv 5,17), ed era autore di tutto su comando del Padre. Lui, nato solo da Solo senza mediazione, interroga i ciechi: Cosa volete che faccia a voi (cf Mt 20,32)? Non ignorava che cosa volessero – la cosa era evidente – ma voleva ricavare il dono dalle loro parole, perchè fossero giustificati dalle loro stesse parole. Certo, colui che conosce i cuori non ignorava che cosa avrebbero detto, ma accoglieva la loro parola, perchè la domanda traesse l’efficacia.

6. Cosi avvicinatosi spontaneamente a lui, cioè al paziente, il medico – e nessuna meraviglia se si avvicinò a colui che giaceva presso la piscina, se già spontaneamente dal cielo era venuto tra noi – lo interrogava: Vuoi guarire (Gv 5,7) ? Con la domanda lo traeva alla conoscenza e lo spingeva a domandare. Dono di grande grazia, perché gratuito! Perciò aveva anche il curatore spontaneo. E quello rispose: Si Signore. La lunga durata delle mie infermità mi fa tanto desiderare la salute; e io la desidero, ma non ho un uomo (che mi aiuti) (Gv 5,7). Non scoraggiarti, o uomo, perché non hai un uomo. Hai presente Dio, da una parte uomo, dall’altra Dio: bisogna confessare tutt’e due. Non giova, infatti, la confessione dell’umanità senza confessare insieme la divinità, anzi procura la maledizione. Maledetto, infatti, chi ha speranza sull’uomo (Ger 17,5). Quindi anche noi se, sperando in Gesù, speriamo in un uomo, senza comprendere nella speranza anche la divinità, siamo eredi della meledizione. Ma ora lo confessiamo e Dio e uomo, e adorando veramente entrambi, cioè Dio veramente nato da vero Padre e uomo nato non in apparenza ma in tutta verità, noi aspettiamo una vera salvezza.

7. Voglio guarire, ma non ho un uomo”. Guarda, se non è vero che dove mancano la salvezza, là ha dato il vigore. La maggior parte dei malati aveva anche famiglia e conoscenti e forse altri ancora. Questi, invece, davvero afflitto da povertà assoluta e con nessuna possibilità di aiuto esterno, lasciato tutto solo, ebbe come aiuto il Figlio unigenito di Dio. Vuoi guarire ? – Si, Signore, ma non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita (Gv 5,7). Hai la sorgente, perchè presso di te la sorgente della vita (Sal 35,10), sorgente che fa le sorgenti. Chi beve di quest’acqua (Gv 4,14), fiumi sgorgheranno dal suo seno (Gv 7,38), non di acqua che scorre in basso, ma di acqua che sale (perchè quella di Gesù non fa balzare dall’alto in basso, ma dalle cose terrene a quelle celesti), acqua che zampilla per la vita eterna (Gv 4,14); perché Gesù è sorgente di tutti i beni.

8. E che cosa aspetti dalla piscina? Hai chi cammina sulle acque, il dominatore dei venti, la guida del mare, colui che non solo per sé ha il mare disteso a modo di un fondamento, ma che ha elargito anche a Pietro la medesima capacità di cammino. Quando la notte era oscura, ma presente era la luce, non veniva riconosciuto (infatti Gesù che camminava sulle acque era sconosciuto quanto ai lineamenti della persona, ma la caratteristica della voce lo rivelò presente), e ritenendolo un fantasma, ebbero paura. Ma Gesù disse loro: Sono io, non temete (cf Mt 14,27) ! Allora Pietro gli rispose: “Se sei tu colui che conosco, o piuttosto colui che il Padre mi ha rivelato, comandami di venire da te sull’acqua” (cf Mt 14,28). Ed egli, partecipandogli generosamente la propria capacità, gli disse: Vieni (Mt 14,29)!

9. Quindi era presente accanto all’acqua della piscina il pilota ed autore delle acque. Gli disse il paralitico: Non ho un uomo che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Gli risponde il Salvatore: Perchè aspetti il moto dell’acqua? Sii guarito senza alcun movimento. Che cosa puoi aspettarti da un movimento visibile ? Con la parola si realizza il comando più veloce del pensiero. Solo osserva la capacità della sorgente e riconosci Iddio, che si mostra nella carne e non fermarti a guardare ciò che si vede, ma colui che opera per mezzo di quanto si vede. Non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Ma lui in risposta: perchè attendere alle piccole cose? Perchè cerchi una guarigione dall’acqua? Sorgi ti dice la Risurrezione. Ovunque, infatti, il Salvatore si fa tutto in tutti: agli affamati pane, agli assetati acqua, ai morti risurrezione, agli ammalati medico, ai peccatori redenzione.

10. Alzati prendi il tuo lettuccio e cammina (Gv 5,8). Ma prima alzati, prima getta via la malattia. Poi prendi su il nerbo della fede. Prima fatti forte rispetto al lettuccio che ti porta e impara con uno strumento di legno a portare addosso gli antichi oggetti di devozione. E (gli) comandava di prender su la portantina di legno quello stesso Salvatore di cui è detto: “Un baldacchino s’è fatto il re con legno del Libano. Le sue colonne le ha fatte d’argento, di porpora la sua spalliera, all’interno un pavimento intarsiato di pietra (lithostroton)” (cf Cant 3,9-10). Sono i simboli della passione deposti nei Cantici, i quali sono nuziali sobri e casti. Non credere che i cantici siano – prendendo le parole secondo la comprensione della massa e senza coglire niente – erotici e passionali, ma quelle parole sono nuziali, piene di temperanza. Se non intendi il senso dei Cantici, passa ai Proverbi e con un cammino per gradi sali su di essi. La Sapienza si costruì una casa (Prov 9,1) – il libro parla come una donna – e inviò i suoi servi (Prov 9,3). Altrove dice ancora: amala e avrà cura di te (Prov 4,6). Non è amore per una donna ma per la Sapienza che espelle anche l’eros. Secondo sapienza non sono le passioni, ma i pensieri se saggi. Sono diventati cavalli smaniosi di femmine (Ger 5,8): perchè l’istinto è irrazionale. Se dunque nei Cantici puoi sentire espressioni che riguardano sposo e sposa, non cadere a terra nè ascoltare queste cose passionalmente: dalle cose che non sono passionali esercitati e trasforma con l’esercizio le passioni.

11. Dei Cantici, quindi, medita ciò che è divino, colmo di temperanza, rivelatore della passione di Cristo. Ed infatti le cose che si dissero della passione del Salvatore parlano anche del luogo: “Entrò in un giardino” (cf Cant 5,1), a causa di colui che vi fu sepolto. Ricordano anche gli aromi: “prese il mio unguento ricco di profumi” (Cant 5,13?). Infatti fu compiuta l’economia e dopo la risurrezione disse: mangiai il mio pane col miele (Cant 5,1). Gli diedero infatti un favo di miele (cf Lc 24,42). Anche riguardo al vino mirrato i Cantici dissero (cf Mc 15,23): ti farò bere vino aromatico (Cant 8,2).In un altro luogo dell’unguento versato sul suo capo diceva: mentre il re stava reclinato il mio nardo ha sparso il suo profumo (Cant 1,12). Mentre stava a tavola presso Simone il Lebbroso, introdottasi una donna, ruppe un vasetto di alabastro di unguento di nardo genuino di inestimabile valore e lo versò sul suo capo (cf Mc 14,3). Così anche a proposito della croce; il legno della croce (è) una – “portantina” – ciò che porta. Le sue colonne le fece d’argento (Cant 3,10). Il principio della croce fu il danaro, il tradimento. Proprio come una casa bellissima ha un soffitto d’oro posto in alto, mentre le colonne sostengono l’intera struttura, così pure l’argento fu causa per cui Cristo fu crocifisso e risuscitò. Infatti se Giuda non avesse tradito, non sarebbe stato crocifisso. Perciò l’argento costituì le sue colonne, come principio di una passione illustre.

12. La sua spalliera di porpora (Cant 3,10). Per questo inoltre lo vestirono di porpora (cf Mc 15,17), certo per burla, ma l’azione fu profetica: perché era re. Quantunque l’abbiano fatto sicuramente per derisione, intanto lo fecero. Divenne così simbolo della dignità regale. Anche se la corona era di spine, era pure una corona e per giunta intrecciata da soldati. Infatti i re vengono proclamati dai soldati. La sua spalliera di porpora, il suo interno intarsiato di pietra (Cant 3,10). Gli esperti della Chiesa sanno che un litostroto, che vien detto “gabbata”, c’è nell’edificio di Pilato (cf Gv 19,13).

13. Ho detto queste cose come disgressione, passando dall’argomento del lettuccio a quello della portantina. Quindi gli disse: Alzati prendi il tuo lettuccio e cammina (Gv 5,8). Cronica la malattia, istantaneo il rimedio; di molti anni la paralisi, immediato il vigore. Il creatore dei nervi era colui che offriva ai ciechi molti rimedi, colui che inaspettatamente spalmando del fango aveva elargito il rimedio. Se fosse sparso del fango sopra uno che vede, è impedita la vista. Gesù invece col fango donava la vista a coloro che non vedevano e ad altri ancora fece grazia del suo potere con altri mezzi. A questo infatti col dire: alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina. Puoi immaginare quale grande stupore colse gli spettatori? Era meraviglioso il fatto constatato, ma anche terribile l’incredulità. La malattia di molti anni viene curata, ma l’incredulità longeva non fu curata. I Giudei persistevano nelle passioni, ma non volevano essere curati.

14. Se si deve essere stupiti del risultato, si deve adorare il medico delle anime e dei corpi. Quelli, invece, mormoravano. Erano infatti discendenti di mormoratori, che distorcevano il bene in male, che dichiaravano l’amaro dolce e il dolce amaro (Is 5,20). Ma Gesù operava con deliberata intenzione di sabato, facendo cose superiori al sabato, perché la sua attività potesse convincere. Infatti, siccome parola è contro parola, mentre l’opera è inconstestabile, curò di sabato per insegnare che il discorso non diventi contraddittorio, ma sia l’attività a convincere gli spettatori.

15. Quelli dicevano: È sabato; non ti è lecito prender su il tuo lettuccio (Gv 5,10). Era presente il legislatore e un altro (andava a dire) “non ti è lecito”. Costituisci, Signore, un legislatore su di essi (LXX, Sal 9,21) è detto del Salvatore. Ma quello debitamente curato nell’anima e nel corpo, presa dalla Sapienza una parola sapiente, rispose subito: non potè rispondere secondo la legge, ma diede in breve la risposta. “Tutti conoscete, dice, la mia malattia cronica e come per tanti anni sia rimasto a giacere e (conoscete) l’immenso malessere della sofferenza. Nessuno di voi allora mostrò mai interessamento, prendendomi e immergendomi per primo nella piscina, perchè fossi curato. Non avendo mostrato allora un pò di sollecitudine, come ora avete interesse per la legge, dicendo: non ti è lecito prender su il tuo lettuccio? Quindi per voi mi basta una risposta molto concisa: colui che mi ha guarito mi ha detto (Gv 5,11). Se tenete me in poco conto, stupite del fatto: non ha applicato sopra un rimedio, non ha usato ritrovati o sussidi medici. Disse una parola e ne seguì il fatto. Ha comandato ed io eseguo il comando. Fui pronto ad obbedire all’ordine di chi con il suo ordine mi ha curato. Infatti se colui che ha comandato, fosse stato impotente a farmi guarire con i suoi comandi, non bisognava sottomettersi a lui. Ma poiché con le sue parole ha ordinato che cessasse una manifesta sofferenza cronica, con molto buon diritto do ascolto a colui, cui dette ascolto anche la malattia allontanandosi. Colui che mi ha guarito mi ha detto; prendi su il tuo lettuccio (Gv 5,11).

16. Il risanato non conosceva chi l’aveva guarito. Il distacco del nostro Salvatore dalla vanagloria è molto evidente. Dopo aver guarito si eclissò, perché non venisse esaltato per la guarigione. Noi facciamo tutto il contrario. Se talvolta capita di aver dei sogni o di essere utili con l’imposizione delle mani o di scacciare un demonio con un’invocazione, tanto ci guardiamo dal nascondere il successo, che ce ne vantiamo, anche se non richiesti. Gesù, invece, insegnandoci con le opere di non parlare di se stessi, appena ebbe prestato la guarigione si ritirò, per non essere riconosciuto; a tempo debito si ritirava e a tempo debito compariva. Quando infatti c’era bisogno di bloccare la fama del successo, si ritirava. Quando poi avvenne l’allontanamento delle folle, perché con la guarigione fisica fossero provveduti anche i mezzi di cura dell’anima, allora si presentò dicendo: Ecco che sei guarito; non peccare più (Gv 5,14).

17. È medico in vari modi: talvolta cura prima l’anima poi il corpo, tal altra viceversa. Non peccare più, perchè non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio (Gv 5,14): per mezzo di uno insegna a molti. La parola non (valeva) solo per quello, ma per tutti noi. Se talvolta cadiamo in accidenti o dolori o necessità nessuno l’ascriva a Dio, Dio infatti non può essere tentato dal male e non tenta nessuno al male (Giac 1,13). Ciascuno di noi viene sferzato, perché stretto dalle catene del peccato (cf Prov 5,22). Non peccare più, perchè non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio (Gv 5,14). Tu chiunque tu sia, ascolta la parola: chi prima fornicava, deponga questa passione; chi prima era profittatore, diventi misericordioso. Ascolti il ladro: non peccare più. Dio prontamente dimentica il male: abbondante è la sua grazia. Ma non scambiare la longanimità della pazienza in motivo di disprezzo; né perché Dio è longanime, tu continua a peccare. D’ora in avanti fa in modo d’essere guarito dalle passioni carnali e dì anche tu quanto a suo tempo fu letto: Quando infatti eravamo nella carne, le passioni peccaminose, stimolate dalla legge, erano in piena azione nelle nostre membra (Rom 7,5). Se l’Apostolo dice “quando eravamo nella carne”, non intendeva questa carne che ci riveste, ma le azioni carnali. Pertanto ancora la carne, diceva: “quando eravamo nella carne” Come sul punto di far venire il diluvio Dio disse: Il mio spirito non resterà su questi uomini, perché sono carne (Gen 6,3), in quanto lo spirito si era cambiato in proposito carnale, così anche qui l’Apostolo dice quando eravamo nella carne”.

18. Quindi nessuno sia nella carne; ma pur vivendo nella carne, non cammini secondo la carne (cf 2Cor 10,3). L’Apostolo non vuole che noi, traendoci completamente fuori dal mondo, non operiamo male; ma (vuole) che vivendo nella carne, la sottomettiamo e non ne siamo diretti. Non essere asserviti, ma dominiamo. Usiamo dal cibo in giusta misura, non trascinati dall’ingordigia, ma tenendo a freno il ventre, per dominare anche quanto vi sta sotto. Sia diretto il corpo dall’anima e non sia trascinata l’anima dai piaceri carnali. Non peccare più, perché non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio (Gv 5,14). A tutti proclama la parola; avvenga che tutti gli orecchi ascoltino. Non ogni orecchio di carne che accoglie la parola, immediatamente l’ammette nell’intelletto. Per questo il Salvatore dice: Chi orecchi per intendere intenda (Mc 4,9), parlando con coloro che avevano orecchi di carne.

19. Ognuno quindi ascolti Gesù e più non pecchi. Uniamoci a chi perdona i peccatori. Se siamo infermi, ricorriamo a lui. Se soffriamo nell’anima, seguiamo il medico che rettifica le idee; se abbiamo fame, accettiamo il pane; se siamo morti, cogliamo la risurrezione; se siamo invecchiati nell’ignoranza, chiediamo la sapienza dalla Sapienza.

20. L’argomento ci ha trascinati a un lungo discorso e forse siamo stati di impedimento all’istruzione del padre. Il momento chiama ad ascoltare parole ancora più autorevoli, perché ricavando vantaggio da opere migliori, per mezzo di esse eleviamo lode a Dio, cui sia gloria ora e sempre e per i secoli dei secoli. Amen.

Nessun commento: