Lunedì della XXXIV settimana delle ferie del Tempo Ordinario





Lc 21,1-4

In quel tempo, mentre era nel tempio, Gesù, alzati gli occhi, vide alcuni ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro.
Vide anche una povera vedova che vi gettava due spiccioli e disse: “In verità vi dico: questa vedova, povera, ha messo più di tutti. Tutti costoro, infatti, han deposto come offerta del loro superfluo, questa invece nella sua miseria ha dato tutto quanto aveva per vivere”.


IL COMMENTO


Il superfluo è esattamente la zona della vita dove passiamo la maggior parte del nostro tempo e per la la quale occupiamo le nostre migliore energie e risorse. Francamente, il superfluo, tutto ciò che è periferico a quel che davvero conta, tutto quello che è laterale alla tremenda serietà della vita, questo davvero ci appassiona e ci trascina. L'illusione di essere vivi e di vivere fino in fondo le cose ha quasi sempre il sopravvento su ogni timido tentativo di prendere seriamente la vita tra le mani e chiedersi per quale motivo ci vien data e per che cosa valga la pena viverla. I cosiddetti amori travolgenti, passionali, dove il cuore in gola acceso da uno sconvolgimento ormonale cattura tutta la scena e diventa l'assoluto protagonista dell'esistenza, o qualunque altra "passione", civile, sportiva, culturale, religiosa perchè no?, al diventare "assoluti" stringono mortalmente le anime, le menti e i cuori in un cappio mortale. La menzogna del superfluo, del marginale che assurge ad assoluto. Il superfluo che diventa motore dell'esistenza.

Attenzione, il superfluo non è un male, anzi, fa parte della vita, ma è come la terra che gira intorno il sole, non è il centro e il fondamento dell'esistenza. E' "super", è lo stesso "di più" che il Signore ha miracolosamente moltiplicato. E' l'abbondanza che Dio non disdegna anzi, al punto che in tutta la letteratura profetica e sapienzale il "superfluo", l'abbondanza sono segni dell'ormai avvenuta era messianica. Ma porrre il superfluo come centro della vita è rovesciare la verità delle cose in menzogna, scambiare il frutto con l'albero, il Creatore con la creatura. "Voi mi cercate non perchè avete visto dei segni, ma perchè avete mangiato e vi siete saziati" diceva il Signore a Cafarnao dopo la moltiplicazione dei pani. E' idolatria. E' la fonte della più grande sofferenza. E' la porta della solitudine.

Al Tempio i ricchi, i tronfi che credono di possedere e invece sono così stolti da aver perso la bussola e smarrito il centro e il senso dell'esistenza, gettano del loro superfluo. Come Caino riconoscono al Signore una parte minima della loro esistenza, la periferia dell'esistenza. Sono immagini di tutti noi che viviamo una vita in superficie e in superficie viviamo il rapporto con il Signore. La vedova è spogliata di tutto, ha terminato il suo cammino di fede attraverso la spogliazione d'ogni superfluo, non le rimane che l'"essenziale" per vivere. La vedova non ha nulla sulla terra. Anche i beni messianici, anche l'abbondanza delle benedizioni celesti sembrano essere scomparse: il marito, i figli, nessuno più. Nuda con due centesimi. Tutta la sua vita. Ha gettato tutta la sua vita nel tesoro del Tempio, nel cuore di Cristo.

Gesù registra un dato, non loda l'aspetto morale della vicenda, la generosità della vedova : solo chi ha camminato nella fede sino a non avere più nessuna sicurezza su questa terra, solo la vedova, l'"ultima" nella società (secondo la traduzione della parola greca "sua povertà" che appare nel Vangelo), solo chi dalla periferia della vita è stato condotto al centro dove si gioca il destino dell'esistenza, solo chi ha percorso il cammino in discesa che conduce alle acque battesimali può "gettare", consegnare, perdere la Sua vita. Tutta. Perderla non in un senso moralista e volontarista. Perderla perchè già del Signore, perdere e gettare via l'appropriazione di quel che non è nostro. Gettare i due spiccioli nel tesoro del Tempio significa riconsegnare a Dio ciò che è suo da sempre. Significa accogliere la verità sulla nostra povertà, sul nostro non poter fare nulla senza di Lui. Significa gettarsi tra le sue braccia, consegnargli la totale precarietà che costituisce la nostra vita.

Perdere la nostra vita nel Signore è riaverla moltiplicata eternamente. Come Cristo ha gettato e consegnato per noi la Sua vita, tutta, nel tesoro del Suo tempio che siamo noi. La Sua vita in noi, completamente, perchè la nostra vita sia in Lui, altrettanto completamente. Questo è vivere la vita. Sino in fondo. Al centro e autenticamente. Una vita d'amore.


Evangelio según San Lucas 21,1-4.
Después, levantando los ojos, Jesús vio a unos ricos que ponían sus ofrendas en el tesoro del Templo.
Vio también a una viuda de condición muy humilde, que ponía dos pequeñas monedas de cobre,
y dijo: "Les aseguro que esta pobre viuda ha dado más que nadie.
Porque todos los demás dieron como ofrenda algo de lo que les sobraba, pero ella, de su indigencia, dio todo lo que tenía para vivir".



COMENTARIO


Lo superfluo es exactamente la zona de la vida donde pasamos la mayor parte de nuestro tiempo y por ella ocupamos nuestras mejores energías y recursos. Francamente, lo superfluo, todo lo que es periférico a lo que es importante de verdad, todo lo que es lateral a la terrible seriedad de la vida, eso nos apasiona y nos arrastra. La ilusión de estar vivos y de vivir hasta el final las cosas casi siempre tiene la ventaja sobre cada tímida tentativa de tomar en serio la vida entre las manos y investigar sobre su sentido y por qué merezca la pena vivirla. ¿Los amores irresistibles, pasionales, dónde el corazón en la garganta encendida por un trastorno hormonal captura toda la escena y se convierte en el absoluto protagonista de la existencia; o cualquiera otra "pasión", civil, deportista, cultural, religiosa, al ponerse como "absolutas" aprietan mortalmente las almas, las mentes y los corazones en un lazo mortal.

Atención, lo superfluo no es un mal, más bien, hace parte de la vida, pero es como la tierra que gira alrededor el sol, no es el centro y el fundamento de la existencia. Es "super", es el mismo "de más" que el Señor ha multiplicado milagrosamente. Es la abundancia que Dios no desdeña, al punto que en toda la literatura profética y sapiencial lo "superfluo", la abundancia, son señales del adviento de la era mesiánica. Pero poner lo superfluo como centro de la vida es volcar la verdad de las cosas en mentira, intercambiar el fruto con el árbol, el Creador con la criatura. "Vosotros me buscáis no porque habéis visto señales, sino porque habéis comido y os habéis llenado" dijo el Señor en Cafarnaun después de la multiplicación de los panes. Es la idolatría, el manantial del sufrimiento más grande. Es la puerta de la soledad.

Al Templo los ricos, los que creen de poseer y en cambio son tan necios por haber perdido la brújula y el sentido de la existencia, echan su superfluo. Cómo Caín le reconocen a Dios una parte mínima de su existencia. Son imágenes de todos nosotros que vivimos una vida en superficie y en superficie vivimos la relación con Dios. La viuda es desvestida de todo, ha acabado su camino de fe por el despojo de cada superfluo, no le queda sino l' "esencial" para vivir. La viuda no tiene nada sobre la tierra. También los bienes mesiánicos, también la abundancia de las bendiciones celestes parecen haber desaparecido: el marido, los hijos, nadie más. Desnuda con dos céntesimos. Toda su vida. Ha echado toda su vida en el tesoro del Templo, en el corazón de Cristo.

Jesús registra un dato, no alaba el aspecto moral, la generosidad de la viuda: sólo quién ha caminado en la fe hasta a ya no tener ninguna seguridad sobre esta tierra, sólo la viuda, la "última " en la sociedad, (según la traducción de la palabra griega "su pobreza" que aparece en el Evangelio), sólo quién de la periferia ha sido conducido al centro dónde se juega la suerte de la existencia, sólo quién ha recorrido el camino que conduce a las aguas bautismales puede "echar", entregar, perder Su vida. Todo. Perderla no en un sentido moralista y voluntarista. Perderla porque ya es del Señor, perder y echar fuera la apropiación de lo que no es nuestro. Echar las dos monedas en el tesoro del Templo significa recobrarle a Dios lo que desde siempre es suyo. Significa acoger la verdad sobre nuestra pobreza, sobre el nuestro no poder hacer nada sin Él. Significa tirarse entre sus brazos, entregarle la total precariedad que constituye nuestra vida.

Perder nuestra vida en el Señor es recobrarla multiplicada eternamente. Cómo Cristo ha echado y remitido Su vida para nosotros, todo en el tesoro de Su templo que somos nosotros. Su vida en nosotros, completamente, porque nuestra vida sea en Él completamente. Éso es vivir la vida. Hasta en el fondo. Al centro y auténticamente. Una vida de amor.



Beato Charles de Foucauld (1858-1916), eremita e missionario nel Sahara
Meditazioni sui Santi Vangeli

« Ha dato tutto quanto aveva »


« Padre mio, nelle tue mani consegno il mio spirito » (Lc 23,46). Questa è l’ultima preghiera del nostro Maestro, del nostro prediletto. Possa essa essere nostra, e essere non soltanto la preghiera dei nostri ultimi istanti, ma pure quella di ogni nostro istante : « Padre mio, io mi consegno nelle tue mani ; Padre mio io mi affido a te ; Padre mio, io mi abbandono a te ; Padre mio, fa’ di me ciò che ti piace ; qualunque cosa tu faccia di me, ti ringrazio ; grazie di tutto. Sono pronto a tutto, accetto tutto, ti ringrazio di tutto, purché la tua volontà si compia in me, mio Dio, purché la tua volontà si compia in tutte le tue creature, in tutti i tuoi figli, in tutti coloro che il tuo cuore ama ; non desidero niente altro, mio Dio. Rimetto la mia anima nelle tue mani, te la dono, mio Dio, con tutto l’amore del mio cuore, perché ti amo, ed è per me una esigenza d’amore il donarmi, il rimettermi nelle tue mani senza misura. Mi rimetto nelle tue mani con una confidenza infinita, poiché tu sei il Padre mio ».


San Ambrosio (hacia 340-397), obispo de Milán y doctor de la Iglesia
Exhortación a las viudas, § 27s

«Esa pobre viuda ha echado más que nadie»

En el evangelio de Lucas, el Señor enseña que hay que ser misericordioso y generoso para con los pobres, sin pararse a pensar en la propia pobreza; porque la generosidad no se calcula según la abundancia del patrimonio sino según la disposición a dar. Por eso la palabra del Señor provoca que todos prefieran a esa viuda de la cual se ha dicho: «Esa pobre viuda ha echado más que nadie». En el sentido moral el Señor enseña a todo el mundo que es preciso no dejar de hacer el bien pensando en la vergüenza de la pobreza, y que los ricos no deben gloriarse cuando parece que dan más que los pobres. Una pequeña moneda cogida de unos pocos bienes es más valiosa que la que se saca de la abundancia; no se calcula lo que se da sino lo que queda. Nadie ha dado más que la que no ha guardado nada para sí...

Ahora bien, en el sentido místico es necesario no olvidar a esta mujer que ha tirado dos monedas en el cepillo. Ciertamente, ¡grande es esta mujer que, por el juicio de Dios, mereció ser preferida a todos! ¿No será que ella ha sacado su fe de los dos Testamentos que son en beneficio de los hombres? Nadie hizo más, ni ningún hombre ha podido igualar la grandeza de su don, puesto que ella unió la fe a la misericordia. También tú, quienquiera que seas..., no dudes de llevar al cepillo dos monedas llenas de fe y de gracia.


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