Venerdì della II settimana di Avvento





Icona della Santa Sapienza


"Dio ha scelto voi piccoli per realizzare i suoi grandi progetti.
Figli miei, siate umili.
Dio attraverso la vostra umiltà con la sua sapienza, delle vostre anime farà la sua dimora scelta.
Pregate, cari figli, specialmente per i doni dello Spirito Santo,
affinché nello spirito dell' amore ogni giorno ed in ogni situazione
siate più vicini al fratello e nella sapienza e nell'amore superiate ogni difficoltà.
Mettete Dio al centro del vostro essere cosicché possiate testimoniare nella gioia
le bellezze che Dio vi dona continuamente nella vostra vita."




Dal Vangelo secondo Matteo 11,16-19.
Ma a chi paragonerò io questa generazione? Essa è simile a quei fanciulli seduti sulle piazze che si rivolgono agli altri compagni e dicono:
Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto.
E' venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e hanno detto: Ha un demonio.
E' venuto il Figlio dell'uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori. Ma alla sapienza è stata resa giustizia dalle sue opere».


IL COMMENTO

Mai sazi. Mai contenti. Mai sereni. Mai come questa una generazione perduta. Gadget d'ogni foggia, accessori sempre più miniaturizzati. Il mondo a portata di chat. Non manca praticamente nulla. Ma della felicità neanche l'ombra. L'insofferenza ad ogni difficoltà, il rifiuto categorico a qualsiasi sofferenza. Energie profuse alla ricerca della miglior qualità della vita. E la vita scorre senza nessuna qualità. Imbottiti di cose, siamo una generazione seduta sull'anima. E le orecchie tappate. I Profeti son messi in ridicolo. Tacitati, d'ogni loro parola se ne distillano le poche convenienti. Cerchiamo sempre e solo il nostro puro guadagno. In casa, in ufficio, a scuola siamo il permanente centro di gravità, e che tutto vi giri intorno alla perfezione.

Ma sopraggiunge la Croce. Tutto è perduto, sprofondiamo in depressioni galattiche, il senso del fare e del pensare smarrito. E i Profeti , oggi come sempre nella storia, tutti indemoniati. O mangioni e beoni. Non erano e non sono proprio credibili. Era un pazzo Noè, costruiva un'arca nel bel mezzo d'una pianura. E splendeva il sole e si lavorava, si metteva su famiglia, ci si godeva la vita. E quel pazzo continuava a costruire un'arca. E vi metteva dentro coppie d'animali, e la sua famiglia. Chiuse la porta. All'improvviso un tuono, un diluvio d'acqua e tutto perduto. Matrimoni, lavori, locande, tutto spazzato via. E l'arca era lì, riparo e salvezza d'un pugno di pazzi.

Le grida di Giovanni, era un pazzo anche lui, indemoniato di certo. La legge, i tabù, le Dieci Parole, paccottiglia per soggiogare. E la misericordia paziente di Gesù seduta in compagnia dei malvagi. Un ubriacone, un rammollito. Ha rinunciato alla vita e predica vane utopie. Penso e dunque sono. Nei miei pensieri niente misericordia, l'amore è solo di carne, il resto sono fandonie, non esiste nulla al di fuori dei miei schemi pensati. Pura alienazione, oppio dei popoli.

E giunge la Croce. E' vera la Croce. E' dura la Croce. Fa male. I chiodi solcano la carne e la straziano, il dolore si fa lancinante. Le spine assopiscono la mente. Dove sono i pensieri che mi hanno fatto essere? Dove sono le tante cose che hanno riempito tempo e pancia?

"Israele se tu mi ascoltassi!". Ma non abbiamo ascoltato. Nessuna Parola. Troppo dure. Troppo buone. Non facevano per noi le Parole di Dio. Ed ora ci ritroviamo soli di fronte alla Croce.

Ma alla Sapienza è stata resa giustizia dalle sue opere. La sapienza della Croce ha svelato l'inganno. Le opere nascoste d'un cuore infinito. L'amore cocciuto di Dio che cerca senza riposo la pecora smarrita. "Non hanno ascoltato nessuno, avranno pietà di mio Figlio". E invece no, nessuna pietà. Deriso, insultato, condannato, crocifisso. Ed era lì l'unica vera Sapienza, nella Sua morte la nostra vita. Non c'era altro da fare, il Signore doveva morire così. Muto, come pecora di fronte ai tosatori. Non ne avevamo alcuna stima, eppure stava portando i nostri peccati. La nostra vita balorda, ingannata, ubriaca di cose e di idee, era lì, sulle sue spalle, le nostre ore perdute trafiggevano le Sue membra.

E il seme caduto in terra moriva. E dalla Sua morte dentro la nostra morte, sbocciava la vita. Sapienza d'un miracolo. La Giustizia della Croce ha giustiziato il nemico. La verità risplende nella Sua risurrezione. Abbiamo perso tanto della nostra vita, illusi abbiamo chiuso orecchie e cuore ai tanti Profeti che il Padre ci aveva inviato. E ci siamo perduti. Ma no, non tutto è finito. Non siamo nati per morire così. Alziamo oggi il nostro sguardo a Colui che abbiamo trafitto, arrendiamoci al Suo amore sconsiderato. Ha dato la vita per dei cialtroni come noi. Non induriamo oggi il nostro cuore. Viene il Signore a salvare ciò che era perduto.

Accogliamolo oggi in questo nostro Avvento. Come Maria fermiamoci ai Suoi piedi. In ginocchio, piegata nella sua estrema debolezza, Maria riconosce la propria poverissima realtà. Umile, inginocchiata sull' "humus", la terra che senza lo Spirito non cessa d'esser nulla destinata al nulla. "Chi non piange su ciò di cui bisogna piangere, non potrà mai gioire" (S. Fausti, Una comunità legge il Vangelo di Matteo, I, Milano, 1998, Pag. 207). Maria ai piedi di Gesù, nuda e indifesa dinnanzi alla predicazione del Battista, alla chiamata alla conversione, la sola capace di aprire il cuore alla gioia della misericordia. Maria nella verità. Ai piedi di Gesù, nella Sua intimità, contemplando quei piedi benedetti che hanno aperto il cammino alla sua libertà. Alla felicità. Ai piedi di Gesù, pronta all'obbedienza, abbandonata alla volontà di Dio.

Maria accolta da Gesù, nel Suo banchetto di perdono e di pace. Ecco l'atteggiamento più puro, più vero, l'unico che si addice al cristiano. Ai piedi di Gesù, la parte buona che non sarà mai tolta, la presenza dolce del Signore in ogni istante della giornata. Gesù che colma le nostre vita. Il timore capace di discernere il tempo favorevole, il Kairos nel quale il Suo amore viene a visitarci. Ai piedi di Gesù, questa è l'unico modo sensato e sapiente di vivere, nel timore di Dio, il principio della Sapienza, la porta che apre il cammino al Cielo.





Card. Joseph Ratzinger, omelia pronunciata a braccio dal cardinale Joseph Ratzinger, Centro Internazionale Giovanile San Lorenzo, 12 dicembre 2003


Letture

Orazione - Rafforza, o Padre, la nostra vigilanza nell'attesa del tuo Figlio, perché, illuminati dalla sua parola di salvezza, andiamo incontro a lui con le lampade accese.
Prima lettura (dal libro del profeta Isaia, 48, 17-19) - Le nostre sventure dipendono solo dalla nostra infedeltà al Signore, dal fatto d'aver abbandonato la strada che Dio ci ha indicato.
Dal Vangelo secondo Matteo (11, 16-19) - E' possibile chiudere gli occhi sulle opere di Dio, e in particolare su Gesù Cristo, la Sapienza incarnata. Questo avviene per la nostra incoerenza e contraddizione nel non riconoscerlo.







OMELIA


Cari amici, fratelli e sorelle,

i testi della liturgia di oggi, del venerdì della seconda settimana di Avvento, sono pieni di luce per il nostro cammino e ci aiutano di realizzare l’essenza dell’attesa che poi è l’essenza del nostro essere cristiani.
Vorrei cominciare con l’orazione: la parola fondamentale dell’orazione di oggi è “vigilanza” che tra l’altro è la parola chiave di tutto l’Avvento. Vigilanza, essere vigilanti, che cosa vuol dire?
Chi dorme è chiuso in se stesso, non percepisce la realtà fuori di sé, e anche nei suoi sogni non è in grado di percepire la realtà, ma solo ombre riflesse della sua mente, del suo subcosciente. Svegliandosi, esce dal carcere, dal muro di sé e percepisce la realtà stessa che lo circonda. Si apre ad essa.

La nostra generazione è convinta di essere realmente molto “sveglia”, più di tutte le altre generazioni precedenti solo perché percepisce molto più del mondo: il nostro occhio va fino alle distanze più lontane, distanze immense sia spaziali che temporali. E nello stesso tempo siamo capaci di entrare anche all’interno della materia, fino alle ultime particelle che la compongono. 

L’orizzonte è allargato enormemente, così anche le nostre possibilità di agire in questo mondo.

E ciò nonostante dobbiamo dire che questa generazione, in un senso più profondo, dorme. È chiusa in sé, perché vede soltanto quanto può fare e avere, e si ferma alla facciata esteriore della realtà, alle cose materiali che può prendere in mano.

Ma proprio così, siamo sempre più chiusi in noi stessi e non siamo più capaci di andare realmente all’infinito, di vedere la trasparenza della luce divina nella materia creata, in noi stessi l’occhio del nostro cuore: i nostri sensi interiori sono ottenebrati dal vedere tutte queste cose esteriori che ci aiutano a fare e ad avere, non rispondono più, non funzionano più, non hanno più accesso alla vera realtà, alla grandezza del mondo. È per questo che dormiamo. Dorme la nostra generazione.

Tramite l’Avvento il Signore ci dice di risvegliarci, di uscire da questo cerchio, da questo carcere del materiale, di aprire i cuori e cominciare a vedere la realtà più grande, il senso di Dio nel mondo, la presenza di Dio nel Signore Gesù Cristo, nella sua Parola, nei suoi sacramenti.

Questo è il primo imperativo che ci obbliga anche ad andare avanti per aprire gli occhi del cuore e ad aiutare i nostri amici, i nostri contemporanei perché possano ricominciare a vedere la vera profondità e la vera grandezza della realtà. Vedere è anche partire e così logicamente dalla parola vigilanza viene fuori l’altra, propria del cammino d’Avvento: “andare incontro al Signore”.

La fede non è un mucchio di idee, ma un’avventura della vita, un cammino, un mettersi in moto verso il Signore e il cammino esteriore che facciamo preparandoci a Colonia, dovrebbe essere nello stesso tempo e soprattutto un cammino interiore, un uscire da noi stessi per andare incontro a Dio, alla vera realtà, all’amore e al prossimo.

Appaiono poi una terza parola, importante in questa orazione, la Parola di Dio, chiamata Luce e l’invito ad accendere le lampade del nostro essere per arrivare al Signore. Cosa vuol dire questo?

Se vediamo la storia della Chiesa, la storia dei santi, vediamo queste “lampade” accese che illuminano il mondo, e vediamo che esse non solo illuminano questo tempo, ma saranno decorazioni e luce nella festa eterna dell’amore di Dio. Cominciamo con i martiri dei primi secoli, con i grandi dottori, Agostino, Ambrogio, Bonaventura, Tommaso, lampade accese che illuminano il cammino della storia e continuano ad illuminare. E san Francesco d’Assisi, san Carlo Borromeo, san Domenico, santa Teresa d’Avila, san Giovanni della Croce, santa Teresa di Lisieaux, fino a Massimiliano Kolbe, Padre Pio, Edith Stein, Madre Teresa …

Realmente, nell’oscura notte della storia, perché spesso è oscura - pensiamo alle violenze di questo tempo, a tutte le guerre - sono veramente lampade accese che illuminano, ci fanno vedere che c’è luce, che l’uomo non è una creatura fallita, ma può essere simile a Dio, conformandosi nella strada dell’amore perché Dio è amore. E siamo simili a Dio nella misura in cui percorriamo la strada dell’amore.
Passiamo ora dall’orazione alla lettura e al Vangelo. Ambedue sono intimamente connesse tra di loro e si vede proprio oggi , tra la lettura e il Vangelo, l’intima unità dell’Antico e del Nuovo Testamento.



Le letture parlano della sofferenza di Dio nel rapporto con la sua creatura uomo. Dio soffre. Perché non si impone con forza con la sua onnipotenza a questa creatura? Va chiedendo il suo amore, va incontro alla nostra libertà, perché desidera non una cosa da ottenere con forza, ma desidera amore, cioè il sì libero, e così lascia alla nostra libertà di dire sì o di dire anche no, alla sua offerta e invito di amore.

Purtroppo succede che la creatura uomo dica quasi sempre di no e pensi che solo il dire no, rappresenti la prova della libertà. Dio cerca l’uomo con tutti i registri possibili; il Signore lo dice in questa parabola di oggi, cerca il cammino del rigore, della severità, nel Sinai, nel tempo dei profeti, nelle parole di Giovanni battista.

E l’uomo risponde: no, io sono libero, non accetto il rigore di questi comandamenti, prendo la mia strada. Dio cerca anche con la strada dell’umiltà, della bontà, della sua vita, dell’amore all’uomo. E cosa succede? Anche qui l’uomo dice no, anzi, deride questo Dio debole che cerca il suo consenso e si rivela così non onnipotente.
Abbiamo questa parola, abbiamo suonato il flauto e non avete cantato o ballato, lamento e non avete pianto… L’uomo non entra in questo gioco del divino amore, si oppone. Questa è la tristezza e la sofferenza divina con questa sua storia.
E nella lettura sentiamo questo lamento di Dio: se avesse prestato attenzione ai miei comandi, il tuo benessere sarebbe come un fiume…
La stessa parola ritorna nel salmo 81, forse fatto anche dello stesso periodo: se tu avessi prestato attenzione ai miei comandi, io ti nutrirei con miele con fior di frumento.
E la stessa parola ritorna anche nella bocca del Signore: se avessi compreso anche tu la via della pace. A Gerusalemme, probabilmente molti di voi conoscono la cappella sulla collina il Signore piange, che è stata costruita sul punto dove Gesù vedendo la sua città avrebbe detto queste parole. Se tu avessi compreso, anche tu la via della pace.



Il testo della lettura, così come del salmo, probabilmente appartengono al tempo dell’esilio. Prima Geremia aveva detto con chiarezza ai re e a tutti i potenti di Israele, ”non fate questa guerra contro Babilonia”, non comportatevi come se Israele fosse uno dei grandi poteri che può entrare in guerra contro Babele, non fate questo e non pensate questo. L’elezione, l’essere totalmente a Dio e tutt’altra cosa. Fate pace e rimarrete in questo paese.

Ma non l’hanno sentito, Israele non ha ascoltato, è andato per 70 anni in esilio, è sparito dalla storia, come soggetto proprio. Il Signore prende proprio la stessa predicazione di Geremia: non entrate in opposizione militare contro i romani, non pensate che il Signore sia un guerriero che vi dia forze militari che non avete.
Prendete la strada del pentimento, della fede, dell’amore, la strada della comunione con Dio, che sola può trasformare il mondo. Ma di nuovo non ascoltarono, facendo come la generazione di Geremia. Credono a Barabba … e alla fine è la distruzione di Gerusalemme, e san Luca dice nel Vangelo: va calpestata la città di Gerusalemme dai pagani, fino alla fine del mondo.

E le stesse parole sono vere anche nel nostro presente, nel secolo che viviamo: perché non avete ascoltato? Può di nuovo dire il Signore. Avreste potuto evitare il disastro del governo comunista che ha distrutto le anime e la terra, avreste potuto evitare questo grande disastro del nazismo che è una vergogna per noi, una ferita all’umanità, soprattutto della coscienza, particolarmente del popolo tedesco.
Non hanno ascoltato, Signore. Così vediamo la verità che è questo lamento di Dio, che è nello stesso tempo non solo una descrizione del passato, ma un avviso e un’ammonizione forte a noi e alla nostra generazione: ascoltate finalmente, la cosa non è ancora persa, ascoltate e seguite il Signore, il Signore della pace e non il signore della guerra.
È una parola che il Signore dice proprio a voi, la nuova generazione che ha in mano la chiave del futuro. È un grido forte: ascoltate, non c’è una sorte inevitabile. È libertà dell’uomo di dire sì, a questi cambiamenti per il meglio. E il nostro dovere, il vostro dovere è veramente di ascoltare, cari fratelli, e prendere questa strada con coraggio, gridare anche al mondo questo, anche se non vuol sentire, per lo meno far sentire questo lamento e grido del Signore, con tutto il peso del passato che conosciamo …
Così, queste parole dell’Antico e del Nuovo Testamento, sono uguali, dicono la stessa cosa per generazioni diverse, e anche tra di noi la storia appare ancora aperta nelle nostre mani. Questa è la grande sfida che ci è data dai testi della liturgia di oggi.

Ma, alla fine del Vangelo, dopo la tristezza degli uomini di tante generazioni, e il pericolo che anche quelli di questa generazione dicano no, appare tuttavia una parola di gioia: una parola di promessa vittoriosa. Il Signore dice, nonostante tutto, alla sapienza è stata resa giustizia dalle sue opere.

Sentendo questo, prima ci domandiamo: è vero che Dio è sapiente? Possiamo dire che Dio è la sapienza, che Cristo vinto sulla croce è la sapienza? In realtà il Signore vinto ha lasciato un germe della nuova vita per il suo popolo e per il mondo, un lievito che trasformerà tutto. È così creata una nuova forma di vivere la fede.

La Gerusalemme terrestre è stata distrutta sì, ma dalla croce di Cristo cresce una nuova Gerusalemme, una città nuova diffusa in tutte le parti del mondo, nelle piccole e anche nelle grandi comunità dei credenti. Cresce una città nuova, animata dalla fede, una immagine della Gerusalemme futura. E la sapienza va giustificata per le sue opere, nascono le prime comunità cristiane, un nuovo umanesimo, un amore per i sofferenti e i poveri che prima non esisteva nel mondo, una luce della verità che illumina le strade dell’umanità, trasforma il mondo e nonostante la vittoria del male.
Abbiamo già parlato della strada delle lampade accese, una strada di luce che si apre sempre di più nella storia. È stata così creata una nuova città, una nuova vita.

Nell’Apocalisse sta scritto: ho visto una folla immensa, vestiti di bianco, che vengono dalla grande tribolazione e sono la nuova umanità. La sapienza è giustificata. Dio è sapiente, nonostante queste sconfitte cresce la nuova umanità, cresce il dono dell’amore della fede della speranza che ci ha dato Cristo.
San Luca nel suo Vangelo trasmette questa parola con una variante, dicendo: la sapienza è stata giustificata dai suoi figli, i figli di Cristo, i suoi fratelli. Cominciando dai primi martiri, fino ai grandi testimoni di oggi, essi giustificano Cristo come la vera sapienza divina. E così il testo invita ad essere figli della sapienza e a fare le opere della sapienza, per trasformare il mondo.
Alla fine, i testi arrivano proprio nel concreto della liturgia; il testo citato nel salmo 81 dice, se tu avessi prestato attenzione ai miei comandi, io ti avrei dato il miele ti avrei nutrito con fior di frumento. Il Signore ci nutre con fior di frumento, con se stesso, ci dà questo pane, nella piccola quantità di frumento dona se stesso. Si mette nelle nostre mani, nei nostri cuori.
Preghiamo il Signore Gesù che ci illumini, che ci permetta di ascoltare e di realizzare la sua Parola. E così di essere suoi figli, di fare le sue opere, opere della sapienza divina. Amen.









"Dios os ha elegido los pequeños para realizar sus grandes proyectos. Hijos mios, seáis humildes. Dios atravieso vuestra humildad con su sabiduría, de vuestras almas hará su morada electa. Rogáis, queridos hijos, especialmente por los dones del Espíritu Santo, para que en el espíritu del amor cada día y en cada situación seáis más cercanos al hermano y en la sabiduría y en el amor superéis cada dificultad. Ponéis Dios al centro de vuestro ser así que podáis testimoniar en la alegría las bellezas que Dios os dona continuamente en vuestra vida."




Evangelio según San Mateo 11,16-19.

¿Con quién puedo comparar a esta generación? Se parece a esos muchachos que, sentados en la plaza, gritan a los otros:
'¡Les tocamos la flauta, y ustedes no bailaron! ¡Entonamos cantos fúnebres, y no lloraron!'.
Porque llegó Juan, que no come ni bebe, y ustedes dicen: '¡Ha perdido la cabeza!'.
Llegó el Hijo del hombre, que come y bebe, y dicen: 'Es un glotón y un borracho, amigo de publicanos y pecadores'. Pero la Sabiduría ha quedado justificada por sus obras".



COMENTARIO

Nunca sacios. Nunca contentos. Nunca serenos. Una generación perdida. Gadget de cada forma, accesorios cada vez más miniados. El mundo al alcance de una chat. No falta prácticamente nada. Pero de la felicidad ni la sombra. La intolerancia a cada dificultad, el rechazo categórico a cualquier sufrimiento. Energías profusas a la búsqueda de la mejor calidad de la vida. Y la vida corre sin ninguna calidad. Acolchados de cosas, somos una generación sentada sobre el alma. Y las orejas tapadas. Los Profetas son puesto en ridículo. Silenciados, de cada sus palabras destilamos las pocas convenientes. Buscamos siempre y sólo nuestra pura renta. En casa, en el despacho, al cole, somos el permanente centro de gravedad, y que todo nos gire perfectamente al alrededor, si no...

Pero sobreviene la Cruz. Y todo está perdido, nos hundimos en depresiones galácticas, el sentido del hacer y el pensar extraviados. Y los Profetas, hoy como siempre en la historia, todos endemoniados. Glotón y borrachos. No fueron y no son creíbles para. Fue un loco Noé, construyó un arca en el bonito medio de una llanura, donde no habia mar. Y resplandecia el sol y se trabajava, se formavan familias, se gozava de la vida. Y aquel loco seguia construyendo un arca. Y un dia os puso dentro parejas de animales y su familia, y cerrò la puerta. De repente un trueno, un diluvio de agua y todo era perdido. Matrimonios, trabajos, posadas, todo barrido fuera. Y el arca estuvo allí, amparo y salvación de un puño de locos.

Los gritos de Juan, él también era un loco, ciertamente endemoniado. La ley, los tabús, las Diez Palabras, pacotilla para subyugar. Y la misericordia paciente de Jesús sentada junto a los malvados. Un borracho, un chocho. Ha renunciado a la vida y se dedica a prédicar vanas utopías. Pienso y por eso soy. En mis pensamientos ninguna misericordia, el amor sólo es lo de la carne, el resto son bolas, no existe nadaf uera de mis esquemas pensados. Pura enajenación, opio de los pueblos.

Y llega la Cruz. Es verdadera la Cruz. Es dura la Cruz. Hace mal. Los clavos surcan la carne y la torturan, el dolor se hace lancinante. Las espinas adormecen la mente. ¿Dónde están los pensamientos que me han hecho ser? ¿Dónde están las muchas cosas que han llenado tiempo y barriga? "¡Israel si tú me escucharas!". Pero no hemos escuchado. Ninguna Palabra. Demasiado duras. Demasiado buenas. No eran por nosotros las Palabras de Dios. Y ahora nos encontramos solos frente a la Cruz.

Pero la Sabiduría ha quedado justificada por sus obras. La sabiduría de la Cruz ha desvelado el engaño. Las obras escondidas de un corazón infinito. El amor testarudo de Dios que busca sin descanso a la oveja extraviada. "No han escuchado a nadie, tendrán piedad de mi Hijo." Y en cambio no, ninguna piedad. Burlado, insultado, condenado, crucifijado. Y estava allí la única verdadera Sabiduría, en El muerto nuestra vida. No hubo otro que hacer, el Dios tuvo que morir así. Mudo, como oveja frente a los esquiladores. No tuvimos de ello alguna consideración, sin embargo estaba llevando nuestros pecados. Nuestra vida necia, engañada, borracha de cosas e ideas, estuvo allí, sobre sus hombros, nuestras horas perdidas traspasaron Sus membros.

Y la semilla caída a tierra murió. Y de Su muerte dentro de nuestra muerte, brotó la vida. Sabiduría de un milagro. La Justicia de la Cruz ha ejecutado al enemigo. La verdad resplandece en Su resurrección. Hemos perdido mucho de nuestra vida, ilusos hemos cerrado orejas y corazón a los muchos Profetas que el Padre nos mandó. Y nos hemos perdidos. Pero no, no todo es acabado. No hemos nacido para morir así. Levantamos hoy nuestra mirada a El que hemos traspasado, rindámosnos a Su amor desconsiderado. No endurecemos hoy nuestro corazón. Viene el Señor a salvar lo que està perdido.

Acojámoslo hoy en este nuestro Adviento. Cómo Maria paramonos a Sus pies. De rodillas, en su extrema debilidad, Maria reconoce la propia pobre realidad. Humilde, arrodillada sobre el "humus", la tierra que, sin el Espíritu, no deja de ser nada destinado al nada. "Quien no llora sobre lo que hace falta llorar, no podrá alegrarse nunca", (S. Fausti, Una comunidad lee el Evangelio de Matteo, Milán, 1998, Pág. 207). Maria a los pies de Jesús, desnuda e indefensa frente a la predicación del Bautista, a la llamada a la conversión, la sola capaz de abrir el corazón a la alegría de la misericordia. Maria en la verdad. A los pies de Jesús, en Su intimidad, contemplando aquellos pies benditos que han abierto el camino a su libertad. A la felicidad. A los pies de Jesús, lista a la obediencia, abandonada a la voluntad de Dios.


Maria acogida por Jesús, en Su banquete de perdón y paz. He aquí la actitud más pura, más verdadera, la único que se sienta bien al cristiano. A los pies de Jesús, la parte buena que no será sacada nunca, la presencia dulce del Señor en cada instante del día. Jesús que llena nuestra vida. El temor capaz de discernir el tiempo favorable, el Kairos en el que Su amor viene a visitarnos. A los pies de Jesús, ésto es el único modo sensato y sabio de vivir, en el temor de Dios, el principio de la Sabiduría, la puerta que abre el camino al Cielo.




Beato Jonh Henry Newman (1801-1890), presbítero, fundador de comunidad religiosa, teólogo
Meditaciones y Devociones, Parte 3, IV: Sin, § 2

Convertirse a las repetidas llamadas de Dios
Mi Señor Jesús, tú, cuyo amor por mí ha sido tan grande como para hacerte descender del cielo para salvarme. Amado Señor, muéstrame mi pecado, muéstrame mi indignidad, enséñame a arrepentirme sinceramente, perdóname según tu misericordia. Te pido, mi amado Salvador, que vuelvas a tomar posesión de mí mismo. Sólo tu gracia puede hacerlo; no puedo salvarme a mí mismo; soy incapaz de recobrar lo que he perdido. Sin ti, no puedo girarme de nuevo hacia ti, ni complacerte. Si cuento con mis propias fuerzas, iré de mal en peor, desfalleceré completamente, me endureceré en mi indigencia. Haré que el centro de mi vida sea yo en lugar de ser tú. En lugar de adorarte a ti adoraré a algún ídolo modelado por mí mismo, si tú no lo evitas con tu gracia, tú, mi único y verdadero Dios y Creador,¡Escúchame, oh mi querido Señor! He vivido ya bastante tiempo en ese estado fluctuante, indeciso y mediocre; quiero ser tu fiel servidor, no quiero pecar más. Sé misericordioso conmigo, haz que, por tu gracia, me sea posible llegar a ser ese que debería ser.


San Massimo il Confessore (circa 580-662), monaco e teologo
Discorsi, 61a, 1-3 CCL 23, 24—252

Rispondere alle chiamate di Dio a convertirci del fondo del nostro cuore
Anche se io tacessi, fratelli, il tempo ci avverte che il Natale di Cristo Signore è vicino; già questi ultimi giorni prevengono il mio discorso. Il mondo con le sue stesse angustie dice l'imminenza di qualche cosa che la rinnoverà, e desidera con un'attesa impaziente che lo splendore di un sole più fulgido illumini le sue tenebre. Quest'attesa della creazione persuade anche noi ad attendere il sorgere di Cristo, nuovo Sole, perché illumini le tenebre dei nostri peccati; che questo sole di giustizia, con la forza della sua nascita, dissipi le dense nebbie delle nostre colpe, e non permetta che la nostra vita si chiuda in una gretta oscurità, ma piuttosto si dilati in grazia della sua potenza.

E come in quel giorno sulla terra comincia ad aumentare la durata della luce, così anche noi allarghiamo la misura della nostra virtù; la luce di quel giorno è comune ai poveri e ai ricchi, così anche la nostra liberalità si estenda ai viandanti e agl'indigenti; e come la terra fa retrocedere l'oscurità delle sue notti, così anche noi respingiamo le tenebre della nostra avarizia...

Perciò, fratelli, mentre stiamo per accogliere il Natale del Signore, rivestiamoci di indumenti nitidi, senza macchia. Parlo della veste dell'anima, non di quella del corpo. La veste che riveste il corpo è tunica senza importanza. Invece, del corpo, oggetto preziosissimo, è vestita l'anima. La prima veste è tessuta da mani umane; la seconda è opera di Dio. Per questo occorre badare con la più grande sollecitudine a preservare da ogni macchia l'opera di Dio... Prima della Natività del Signore, purifichiamo dunque la nostra coscienza da ogni macchia. Abbigliamoci non con abiti di seta, ma con opere sante... Adorniamo prima la coscienza dell'uomo interiore.



ICONA DELLA SANTA SAPIENZA








Nell’immagine appare chiaro un asse verticale che si muove da Dio verso il creato, passando attraverso Cristo e giungendo alla Sua prima Creatura: la “Sofia”. E’ interessante notare come le figure del Cristo e della Sua Santa Madre siano separate dalla Sofia. La sapienza siede su un trono riccamente decorato e poggia i suoi piedi sul mondo. "A me appartiene il consiglio e il buon senso, io sono l'intelligenza, a me appartiene la potenza. Per mezzo mio regnano i re e i magistrati emettono giusti decreti; per mezzo mio i capi comandano e i grandi governano con giustizia."(Prov. 8,14-16)
Secondo i Padri greci, il cristiano scopre la posizione sovrastante della Sofia perché ne scorge un riflesso in tutti gli esseri che il Divino Amore ha voluto creare.

Io sono uscita dalla bocca dell'Altissimo
e come nube ho ricoperto la terra.
Io ho posto la mia dimora lassù,
il mio trono era su una colonna di nubi.
Ho percorso da sola il giro del cielo,
ho passeggiato nelle profondità degli abissi.
Sulle onde del mare e su tutta la terra,
su ogni popolo e nazione ho preso dominio.
(Siracide 24, 3-6)

La Sofia è rappresentata come una creatura angelica "infuocata" dotata di grandi ali, spesso rosse, recante in una mano il "merillo" simbolo della sua dignità angelica, nell'altra il rotolo delle Sacre Scritture: la Parola di Dio. Il trono della Sofia riccamente adornato è sostenuto da ben sette colonne "La Sapienza si è costruita la casa, ha intagliato le sue sette colonne."(Prov. 9,1). Chiarissima l'allusione alla sua "nuova Dimora" nell'umanità: la Chiesa, la Gerusalemme Celeste. Il tutto è inscritto in una mandorla di luce chiara, che in alcune icone procedendo nello spazio si evolve in luce blu increata. La Sofia è dono di Dio all'umanità perché è porta d'accesso alla contemplazione di Dio. La Sofia designa la Chiesa, e la Madre di Dio come tramiti dell'intera umanità per la divinizzazione, che però può aver luogo soltanto attraverso il Cristo, da qui la posizione preminente di Gesù benedicente racchiuso nella mandorla di luce increata, sopra la Sofia. Sopra Gesù è rappresentata l'Etimazia, il trono preparato per Cristo nel giorno del Giudizio. Due gruppi, ciascuno di tre angeli, sono in adorazione del Santo Trono del Cristo.
La composizione generale dell'Icona è fortemente ispirata ai canoni della Deesis. Ai lati della Sofia in atteggiamento di intercessione, la tutta Santa Madre di Dio (Panaghia) dipinta in piedi, qualche volta anche con il modulo detto del "segno". Tutta la vita di Maria fu in effetti un continuo incontro tra il visibile corporeo e l'invisibile increato. Da un lato la Santissima Vergine vedeva, accarezzava e toccava il Dio fatto uomo, dall'altra parte nel suo animo fu sempre ben impressa la visione spirituale del Lògos. "Se tutta l'umanità è la Sofia, la Chiesa che è l'anima e la coscienza dell'umanità è la Sofia universale. Se la Chiesa dei santi è la Sofia, Maria è colei che intercede per tutte le creature presso il Verbo Divino..., è Sofia per eccellenza."(Pavel Florenskij)
Contemplando lo sguardo di Maria sembra quasi di udire i Suoi pensieri: "Dio ha scelto voi piccoli per realizzare i suoi grandi progetti. Figli miei, siate umili. Dio attraverso la vostra umiltà con la sua sapienza, delle vostre anime farà la sua dimora scelta. Pregate, cari figli, specialmente per i doni dello Spirito Santo, affinché nello spirito dell' amore ogni giorno ed in ogni situazione siate più vicini al fratello e nella sapienza e nell'amore superiate ogni difficoltà. Mettete Dio al centro del vostro essere cosicché possiate testimoniare nella gioia le bellezze che Dio vi dona continuamente nella vostra vita."
Dall'altro lato San Giovanni Battista: il primo testimone dell'Epifania. Il concetto stesso di Epifania è intimamente legato alla Conoscenza di Dio, la Sofia; in greco il termine epiphanein assume il valore semantico di mostrare, cioè rivelare l'essenza stessa e più intima di ciò che è stato creato. Ecco quanto si è rivelato a Giovanni sulla riva del Giordano: gli occhi di una creatura si posarono sul Creatore fattosi creatura, mentre lo spirito di Giovanni contemplava Dio. "Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui. Io non lo conoscevo, ma chi mi ha inviato a battezzare con acqua mi aveva detto: L'uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo. E io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio"(Gv 1,32-34). La figura stessa di Giovanni è quindi una personificazione del riflesso della Sofia intesa come chiave, porta di accesso, alle realtà invisibili.
Ancora una volta ecco la rappresentazione della Sofia; la creatura angelica infuocata che siede in una chiara luce, comprensibile agli occhi delle creature, per progredire via via che ci si muove nello spazio dell'icona in una luce blu, simbolo della luce increata di Dio.
L'intera icona è continuamente ispirata ad uno schema trinitario: quattro gruppi di tre figure ciascuna. In alto due gruppi di tre angeli contrassegnano la parte divina dell'Icona (Dio Padre), al centro in modo verticale le tre visioni che colgono, rispettivamente, il Padre, il Lògos, la Sofia intesa come superficie delle cose. In basso le creature, spesso poggiate su una superficie verde, simbolo della terra, in atteggiamento di intercessione: la Santissima Vergine, il Battista e la personificazione della Sofia.
“Vi sono presentate le tre visioni, che colgono, rispettivamente, la superficie, le Idee e Dio Padre. Ma siccome avevano paura che questo fosse un panteismo, dicevano: «C’è dentro la sapienza divina. Invece di ritrarre Dio, dipingono un angelo in forma femminile, che rappresenta la sapienza che è dentro tutte le cose: la Sophia».” (T. Rupnik). Il numero trinitario simboleggia Dio, mentre quattro sono i bracci della croce cui fu attaccato il Dio fattosi uomo, quella stessa croce ove Gesù raccolse la sofferenza dell'intera umanità, ma che a noi ha procurato la salvezza, la divinizzazione, l'unione con Dio. La Sapienza, questo immenso dono di Dio, grande fondamento del Creato, indica la via verso il ponte che porta l'uomo verso l'invisibile, quel ponte costruito sull'abisso stesso della nostra esistenza. Scoprendo Dio, Cirillo, come abbiamo visto, esclamò: "Da questo momento non sono più servo né dell'imperatore né di alcun uomo sulla terra, ma solo di Dio onnipotente. Non esistevo, ma ora esisto ed esisterò in eterno. Amen".
Ecco perché nel centro della cristianità d'Oriente a questa odigitria fu dedicata la più importante chiesa del mondo cristiano, patrocinata, guarda caso, dalla tutta Santa Madre di Dio: l'Odigitria.





ICONO DE LA SABIDURIA





En la imagen aparece claro un eje vertical que se mueve de Dios hacia la creación, pasando por Cristo y llegando a Su primera Criatura: la "Sofía." Es interesante notar como las figuras del Cristo y Su Santa Madre sean separadas por la Sofía. La sabiduría se sienta sobre un trono ricamente decorado y apoya sus pies sobre el mundo. "A mí pertenece el consejo y el sentido común, yo soy la inteligencia, a mí pertenece la potencia. Por mi medio los reyes y los magistrados reinan y emiten justos decretos; por mi medio los jefes mandan y los adultos gobiernan con justicia."(Prov. 8,14-16) Según los Padres griegos, el cristiano descubre la posición sobresaliente de la Sofía porque divisa de ello un reflejo en todos los seres que el Divino Amor ha querido crear.

La Sofía es representada como una criatura angélica "ardiente" dotada de grandes alas, a menudo rojas, recante en una mano el "merillo" símbolo de su dignidad angélica, en la otra el rollo de las Sagradas Escrituras: la Palabra de Dios. El trono de la Sofía ricamente adornado es sustentado de bien siete columnas "La Sabiduría se ha construido la casa, ha entallado sus siete columnas."(Prov. 9,1). Clara la alusión a su "nueva Morada" en la humanidad: la Iglesia, la Jerusalén Celeste. Todo està inscrito en una almendra de luz clara, que en algunos iconos procediendo en el espacio se desarrolla en luz azul increada. La Sofía es don de Dios a la humanidad porque por ella es entregado el acceso a la contemplación de Dios. La Sofía designa la Iglesia y la Madre de Dios como medios por la divinizacion de la entera humanidad, que pero puede tener solamente lugar por el Cristo, de aquí la posición preeminente de Jesús benedicente encerrado en la almendra de luz increada, sobre la Sofía. Sobre Jesús es representada el Etimazia, el trono listo por Cristo en el día del Juicio. Dos grupos, cada uno de tres ángeles, está en adoración del San Trono del Cristo.

La composición general del icono es inspirada fuertemente en los canones del Deesis. A los lados de la Sofía en actitud de intercesión, la toda Santa Madre de Dios (Panaghia) pintada de pie, a veces también con el módulo dicho "señal." Toda la vida de Maria fue efectivamente un continuo encuentro entre lo visible corpóreo y lo invisible increado. De un lado La Virgen Santa vio, acarició y tocó el Dios hecho hombre, de la otra parte en su ánimo siempre fue bien imprimida la visión espiritual del Lògos. "Si toda la humanidad es la Sofía, la Iglesia que es el alma y la conciencia de la humanidad es la Sofía universal. Si la Iglesia de los santos es la Sofía, Maria es quien que intercede por todas las criaturas cerca del Verbo Divino..., es Sofía por excelencia."(Pavel Florenskij)

Contemplándo la mirada de Maria casi parece de oír Sus pensamientos: "Dios os ha elegido los pequeños para realizar sus grandes proyectos. Hijos mios, seáis humildes. Dios atravieso vuestra humildad con su sabiduría, de vuestras almas hará su morada electa. Rogáis, queridos hijos, especialmente por los dones del Espíritu Santo, para que en el espíritu del amor cada día y en cada situación seáis más cercanos al hermano y en la sabiduría y en el amor superéis cada dificultad. Ponéis Dios al centro de vuestro ser así que podáis testimoniar en la alegría las bellezas que Dios os dona continuamente en vuestra vida."

Del otro lado San Juan Bautista: el primer testigo de la Epifania. El concepto mismo de la Epifania es atado íntimamente al Conocimiento de Dios, la Sofía; en griego el término epiphanein asume el valor semántico de enseñar, es decir revelar la esencia misma y más íntima de lo que ha sido creado. He aquí cuánto se ha revelado a Juan en la orilla del Jordan: los ojos de una criatura se posaron sobre el Creador hecho criatura, mientras que el espíritu de Juan contempló Dios. "He visto el Espíritu bajar como una paloma del cielo y posarse sobre de él. Yo no lo conocía, pero quién me ha mandado a bautizar con agua me dijo: El hombre sobre el que verás bajar y quedar el Espíritu es el que bautiza en Espíritu Santo. Y yo he visto y he dado testimonio que éste es el Hijo de Dio" (Gv 1,32 -34). La figura misma de Juan es por lo tanto una personificación del reflejo de la Sofía entendida como llave, entrega de acceso, a las realidades invisibles.

Una vez más he aquí la representación de la Sofía; la criatura angélica ardiente que se sienta en una clara luz, comprensible a los ojos de las criaturas, para progresar a medida que se mueve en el espacio del icono en una luz azul, símbolo de la luz increada de Dios.

El entero icono se es inspirado continuamente en un esquema trinitario: cuatro grupos de tres figuras cada. Para arriba dos grupos de tres ángeles contraseñan la parte divina del icono (Dios Padre), al centro de modo vertical las tres visiones que cogen, respectivamente, el Padre, el Lògos, la Sofía entendida como superficie de las cosas. En bajo las criaturas, a menudo apoyan sobre una superficie verde, símbolo de la tierra, en actitud de intercesión: la santa Virgen, el Bautista y la personificación de la Sofía. "Os son presentadas las tres visiones, que cogen, respectivamente, la superficie, las Ideas y Dios Padre. Pero como tuvieron miedo que este fosos un panteísmo, dijeron: Hay dentro de la sabiduría divina. En lugar de retirar Dios, pintan un ángel en forma femenina, que representa la sabiduría que está dentro de todas las cosas: el Sophia.", T. Rupnik. El número trinitario simboliza Dios, mientras cuatro son los brazos de la cruz donde fue colgado el Dios hecho él hombre, aquella misma cruz donde Jesús recogió el sufrimiento de la entera humanidad, pero que a nosotros ha procurado la salvación, la divinizacion, la unión con Dios. La Sabiduría, este inmenso regalo de Dios, gran fundamento de la Creación, indica el camino hacia el puente que lleva al hombre hacia lo invisible, aquel puente construido sobre el abismo mismo de nuestra existencia. San Cirilo, descubriendo Dios, exclamó: "De este momento no soy más siervo ni del emperador ni de ningún hombre sobre la tierra, sino sólo de Dios omnipotente. No existí, pero ahora existo y existiré para siempre. Amén."

He aquí porque en el centro de la cristianidad de oriente a este Odigitria fue dedicada la más importante iglesia del mundo cristiano, patrocinada, mira caso, de la Toda Santa Madre de Dios: la Odigitria.






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