Lunedì della II settimana del Tempo Ordinario


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Quando era giunto per Dio il tempo di avere compassione
della sofferenza dell’umanità, sua diletta,
mandò il Figlio suo unigenito sulla terra
in quel palazzo sontuoso e tempio glorioso
che era il corpo della Vergine Maria.
Là, sposò la nostra natura e la unì alla sua persona,
grazie al sangue purissimo della nobile Vergine.
Fu lo Spirito Santo, il sacerdote che celebrò le nozze.
L’angelo Gabriele ne fu l’araldo,
e la gloriosa Vergine diede il suo consenso.
In questo modo Cristo, nostro sposo fedele,
si unì alla nostra natura,
venne a visitarci in una terra straniera
e ci insegnò i costumi celesti e una perfetta fedeltà.

Beato Jan Ruysbroeck




Dal Vangelo secondo Marco 2,18-22.

Ora i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Si recarono allora da Gesù e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno i giorni in cui sarà loro tolto lo sposo e allora digiuneranno. Nessuno cuce una toppa di panno grezzo su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo squarcia il vecchio e si forma uno strappo peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri e si perdono vino e otri, ma vino nuovo in otri nuovi».


Il Commento:

Amore e libertà. I discepoli di Gesù non digiunano come gli altri. I discepoli di Gesù digiunano per amore, in libertà. Il digiuno cristiano non è solo una pratica pia, un segno religioso in vista d'una purificazione. Il digiuno dei discepoli di Gesù è memoria. E' inginocchiarsi dinnanzi al Crocifisso e implorare il Suo ritorno. E' una condizione essenziale dell'esistenza, digiunare è vivere in pienezza la vita terrena. Che è già e non ancora. Lo Sposo è con noi, ma, contemporaneamente, non è qui. La pienezza è il Cielo. La terra è ancora un cammino, passi che si susseguono verso il Cielo, e la mancanza e il desiderio di pienezza si acuisce all'avvicinarsi della meta.

Le nostre nozze con il Signore sono certo indissolubili, eppure vi sono giorni nei quali lo sposo ci è tolto. Allora la nostra vita si addentra nel mistero di una compiutezza pregustata ma non ancora completamente assaporata. E' il mistero della Chiesa, sposa e vedova allo stesso tempo, che esplode di gioia intorno alla mensa eucaristica, ma che digiuna nell'attesa del compimento. La Chiesa che vive del Memoriale del suo Signore, l'eucarestia, presenza viva del suo Sposo amatissimo. Per Lui getta ogni avere, gli spiccioli che ha per vivere, per Lui digiuna, perchè Lui è la sua vita.Infatti “La vera vedova, dice l’apostolo Paolo, mette la sua speranza nel Signore, e persevera notte e giorno nel digiuno e nella preghiera” (cfr. 1 Tm 5, 5). La Chiesa che nel mezzo del banchetto pasquale rinnovato ogni settimana erompe in un grido di nostalgia e speranza: maranathà, vieni, ritorna Signore Gesù. Il digiuno è il nostro maranathà, le lacrime appassionate della Maddalena presso la tomba del suo Signore; il digiuno è l'attesa fatta preghiera, perchè lo Sposo torni presto per portarci con Lui, verso il posto che ha preparato per noi. E' lì che ci attende.

Gesù presentando il calice nell’ultima cena, ha detto: «In verità vi dico, non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio» (Mc 14,25). Dopo quella cena lo Sposo sarà tolto e i discepoli dovranno digiunare nell’attesa del suo ritorno; nell’attesa dell’eterno «banchetto delle nozze dell’Agnello » (Ap 19,9). Il nostro digiuno partecipa così di quello di Gesù. Un digiuno che è una promessa. Un appuntamento d'amore, l'attesa di bere con Lui il vino nuovo del regno di Dio.

Per questo il morire è meglio del vivere, e San Paolo e tantissimi altri cristiani hanno desiderato ardentemente il Cielo. Cristo. "Muoio perchè non muoio" diceva Santa Teresa d'Avila, e non era disprezzo della vita. Anzi, più si vive intensamente la vita più si desidera di addormentarsi per risvegliarsi in Cielo. Più la vita è perduta per amore, più forte è l'ansia d'un amore perfetto e definitivo. “Uomini che hanno in sé un desiderio così possente che supera la loro natura, ed essi bramano e desiderano più di quanto all’uomo sia consono aspirare, questi uomini sono stati colpiti dallo Sposo stesso; Egli stesso ha inviato ai loro occhi un raggio ardente della sua bellezza. L’ampiezza della ferita rivela già quale sia lo strale e l’intensità del desiderio lascia intuire Chi sia colui che ha scoccato il dardo” (N. Kabasilas). Feriti dal dardo d'amore del loro Sposo i figli delle nozze vivono un'attesa di pienezza che nulla può colmare.

Il digiuno è dunque la condizione del cristiano. Le sofferenze, la precarietà, le malattie, i fallimenti, le proprie debolezze sono il digiuno d'ogni giorno. La Croce è il digiuno. Per questo in alcuni momenti, quando più intensa è l'esperienza della mancanza di pienezza, quando più acre è il fiele della Croce, in quei tempi quando più viva è la consapevolezza che la presenza assoluta dello Sposo è questione di vita o di morte, quando siamo incastrati sul legno della Croce è naturale il digiuno. Non mangiare, non fumare, non parlare, digiunare da qualcosa non è così solo una pratica ascetica per ingrassare l'uomo vecchio che fa anche della religione qualcosa di carnale. Digiunare è un'esigenza, un grido dalla Croce, l'eco stesso delle parole del Signore Crocifisso: "Dio mio, Dio mio, Sposo mio perchè mi hai abbandonato?". Il digiuno sono le lacrime che sperano il Suo amore. E' questa l'ascesi, l'ascesa al trono di misericordia che sappiamo non deludere mai. Digiunare è lasciare che la verità prenda il posto delle menzogne, delle fughe e delle alienazioni. La fame che il digiuno suscita è la verità, la nostra realtà, nella quale il Corpo benedetto e risorto del Signore è l'unico vero cibo capace di saziarci. Digiunare è spogliarci in attesa d'essere una sola carne redenta con il nostro Sposo, nell'ansia del santo e castissimo amplesso, quell'amore eterno per il quale siamo stati creati. E' la novita' della vita nuova, di un rapporto nuovo con Dio, non piu' basato sul timore ma sull'amore. Un abito nuovo, una nuova forma di vita. Un vino nuovo, una festa e un'allegria nuove che scaturiscono dall'amore.

Digiunamo allora, senza occhi smorti a ostentare chissà quale sacrificio. Digiuniamo così che sia distrutta l'ipocrisia; digiuniamo perchè il mondo stesso, che giace nelle tenebre della menzogna e dell'illusione, tra diete e godimenti d'ogni genere, riceva un raggio di luce. Il digiuno è il cammino che svela la verità celata nelle apparenze. Potremmo dire che digiunare è come dipingere un'icona. Un'immagine del destino promesso tra le pieghe delle vicende umane. Le nostre, donate ad ogni uomo. Infatti "Pavel Evdokimov ha indicato in maniera così pregnante quale percorso interiore l’icona presupponga. L’icona non è semplicemente la riproduzione di quanto è percepibile con i sensi, ma piuttosto presuppone, come egli afferma, un “digiuno della vista”. La percezione interiore deve liberarsi dalla mera impressione dei sensi ed in preghiera ed ascesi acquisire una nuova, più profonda capacità di vedere, compiere il passaggio da ciò che è meramente esteriore verso la profondità della realtà, in modo che l’artista veda ciò che i sensi in quanto tali non vedono e ciò che tuttavia nel sensibile appare: lo splendore della gloria di Dio, la “gloria di Dio sul volto di Cristo” (2, Cor 4,6) (J. Ratzinger, Messaggio inviato al Meetig di Rimini, 2002). La nostra vita come un'icona che svela al mondo la Verità trasfigurata nella carne delle nostre storie quotidiane. Il digiuno è dunque parte essenziale della missione che ci è affidata, aprire il Cielo della speranza a questa generazione. Il qui e quest'ora, non sono il destino definitivo. Ogni uomo è nato per il Cielo. Il nostro digiuno ne è un segno. Per ogni uomo.



L'icona dello sposo








Cuando llegó para Dios el tiempo de tener compasión
del sufrimiento de la humanidad, su querida,
mandó al Hijo su unigénito sobre la tierra
en aquel edificio suntuoso y templo glorioso
que fue el cuerpo de la Virgen Maria.
Se casó con nuestra naturaleza y la unió a su persona,
gracias a la sangre purisima de la noble Virgen.
Fue el Espíritu Santo, el sacerdote que celebró la bodas.
El ángel Gabriel fue de ello el heraldo,
y la Virgen gloriosa dio su consentimiento.
De este modo Cristo, nuestro novio fiel,
se unió a nuestra naturaleza,
vino a visitarnos en una tierra extranjera
y nos enseñó las costumbres celestiales y una perfecta fidelidad.

Beato Jan Ruysbroeck



Evangelio según San Marcos 2,18-22.
Un día en que los discípulos de Juan y los fariseos ayunaban, fueron a decirle a Jesús: "¿Por qué tus discípulos no ayunan, como lo hacen los discípulos de Juan y los discípulos de los fariseos?".
Jesús les respondió: "¿Acaso los amigos del esposo pueden ayunar cuando el esposo está con ellos? Es natural que no ayunen, mientras tienen consigo al esposo.
Llegará el momento en que el esposo les será quitado, y entonces ayunarán.
Nadie usa un pedazo de género nuevo para remendar un vestido viejo, porque el pedazo añadido tira del vestido viejo y la rotura se hace más grande.
Tampoco se pone vino nuevo en odres viejos, porque hará reventar los odres, y ya no servirán más ni el vino ni los odres. ¡A vino nuevo, odres nuevos!"


COMENTARIO

Amor y libertad. Los discípulos de Jesús no ayunan como los demas. Los discípulos de Jesús ayunan por amor, en libertad. El ayuno cristiano no es sólo una práctica piadosa, un signo religioso en vista de una purificación. El ayuno de los discípulos de Jesús es memoria. Es arrodillarse delante del Crucifijo y suplicar Su vuelta. Es una condición esencial de la existencia, ayunar es vivir en plenitud la vida terrenal. Qué ya es pero no todavía. El Novio está con nosotros, pero, al mismo tiempo, no está aquí. La plenitud es el Cielo. La tierra todavía es un camino, pasos que se suceden hacia el Cielo, y la falta y el deseo de plenitud se agudiza al acercarse la meta.

Nuestra bodas con el Señor son ciertamente indisolubles, sin embargo hay días en los que el Novio nos es quitado. Entonces nuestra vida se adentra en el misterio de una perfección saboreada pero todavía no completamente gustada. Es el misterio de la Iglesia, novia y viuda al mismo tiempo, que estalla de alegría alrededor de la mesa eucarística, pero que ayuna en la espera del cumplimiento. La Iglesia que vive del Memorial de su Señor, la eucarestia, presencia viva de su Novio querido. Por Él echa todos los bienes, el dinero que tiene para vivir; por Él ayuna, porque Él es su vida. En efecto "la viuda verdadera - dice Pablo - pone su esperanza en el Señor, y persevera noche y día en el ayuno y en la oración", (cf. 1 Tm 5,5). La Iglesia que en el medio del banquete pascual renovado cada semana irrumpe en un grito de nostalgia y esperanza: maranathà, ven, vuelve Señor Jesús! El ayuno es nuestro maranathà, las lágrimas apasionadas de la Madalena cerca de la tumba de su Amor y Señor; el ayuno es la espera hecha oracion, para que el Novio vuelva pronto a llevarnos con Él, hacia el lugar que ha preparado por nosotros. Es allí que nos espera.

Jesús presentando la copa en la última cena, dijo: "En verdad os digo, no beberé más del fruto de la vid hasta el día en el cual lo beberé nuevo en el Reino de Dios" (Mc 14,25). Después de aquella cena el Novio será quitado y los discípulos tendrán que ayunar en la espera de su vuelta; en la espera del eterno "banquete de la bodas del Cordero" (Ap 19,9). Nuestro ayuno participa así de lo de Jesús. Un ayuno que es una promesa. Una cita de amor, la espera de beber con Él el vino nuevo del Reino de Dios.

Por eso el morir es mejor que vivir, y San Pablo y muchos otros cristianos han deseado ardientemente el Cielo. Cristo. "Muero porque no muero" dijo Santa Teresa de Ávila, y no era desprecio de la vida, de la carne o un querer escaparse de los sufrimientos. Más bien, cuanto más se vive intensamente la vida, más se desea de dormirse para despertarse en el Cielo. Cuanto más la vida está perdida por amor, más fuerte es la ansiedad de un amor perfecto y definitivo. "Hombres que tienen en si un deseo tan poderoso que supera su naturaleza, y desean más de lo que al hombre està conforme aspirar, estos hombres han sido tocados por el Novio mismo; Él mismo ha mandado a sus ojos un rayo ardiente de su belleza. La amplitud de la herida ya revela cuáles sea la flecha, y la intensidad del deseo deja intuir Quién sea el que ha disparado el dardo" (N. Kabasilas). Heridos por el dardo de amor de su Novio los hijos de la boda viven una espera de plenitud que nada puede llenar.

El ayuno es pues la condición del cristiano. Los sufrimientos, la precariedad, las enfermedades, las quiebras, las mismas debilidades son el ayuno de cada día. La Cruz es el ayuno. Por eso en algunos momentos, cuando más intensa es la experiencia de la falta de plenitud, cuando más acre es la hiel de la Cruz, en aquellos tiempos cuando más viva es la conciencia que la presencia del Novio es una absoluta cuestión de vida o muerte, cuando somos encajados sobre la madera de la Cruz, entonces es natural el ayuno. No comer, no fumar, no hablar, ayunar de algo, no es solo una práctica ascética para engordar al hombre viejo que hace también de la religión algo carnal. Ayunar es una exigencia, un grito desde la Cruz, el eco mismo de las palabras de Jesus crucificado: "Dios mio, Esposo mio, porque me has abandonado?". El ayuno son las lágrimas que esperan Su amor. Es esta la ascesis, la ascensión al trono de misericordia que sabemos no decepcionar nunca. Ayunar es dejar que la verdad tome el sitio de las mentiras, de las fugas y de las enajenaciones. El hambre que el ayuno suscita es la verdad, nuestra realidad, en el que el Cuerpo bendito y resucitado del Señor es la única y verdadera comida capaz de saciarnos. Ayunar es desvestirnos en la espera de ser una sola carne, redimida, con nuestro Novio, en la ansiedad del santo y casto abrazo, aquel amor eterno por el que hemos sido creados. Es la novedad de la vida nueva, de una relación nueva con Dios, jamás basada sobre el temor sino sobre el amor. Un vestido nuevo, una nueva forma de vida. Un vino nuevo, una fiesta y una alegría nuevas que manan del amor.

Ayunamos entonces, sin ojos pálidos a ostentar cuál gran sacrificio. Ayunamos para que sea destruida la hipocresía; ayunamos porque el mundo mismo, que yace en las tinieblas de la mentira y la ilusión, entre régimenes y gozos de cada género, reciba un rayo de luz. El ayuno es el camino que desvela la verdad oculta en las apariencias. Podríamos decir que ayunar es como pintar un icono. Una imagen del destino prometido entre los pliegues de los hechos humanos. Los nuestros, como un don para cada hombre. En efecto "Pavel Evdokimov ha indicado de manera tan preñada cuál recorrido interior el icono presuponga. El icono no es sencillamente la reproducción de lo que es perceptible con los sentidos, sino que presupone, como él afirma, un "ayuno" de la vista. La percepción interior tiene que librarse de la mera impresión de los sentidos y en oracion y ascesis adquirir una nueva, más profunda capacidad de ver, cumplir el paso de lo que es meramente exterior hacia la profundidad de la realidad, de modo que el artista vea lo que los sentidos en cuánto tales no ven, y lo que pero en lo sensible aparece: el resplandor de la gloria de Dios, la "gloria de Dios sobre el rostro de Cristo" (2 Cor 4,6) (J. Ratzinger, Mensaje enviado al Meetig de Rimini,2002). Nuestra vida es como un icono que desvela al mundo la Verdad transfigurada en la carne de nuestras historias cotidianas. El ayuno es parte esencial de la misión que nos ha sido confiada, abrir el Cielo de la esperanza a esta generación. El aquí y el ahora, no son el destino definitivo. Cada hombre ha nacido por el Cielo. Nuestro ayuno es de ello una señal. Para cada hombre.




Beato Jan Ruysbroeck (1293-1381), canonico regolare
Le Nozze spirituali, prologo

« Ecco lo Sposo, andategli incontro » (Mt 25,6)


Quando era giunto per Dio il tempo di avere compassione della sofferenza dell’umanità, sua diletta, mandò il Figlio suo unigenito sulla terra in quel palazzo sontuoso e tempio glorioso che era il corpo della Vergine Maria. Là, sposò la nostra natura e la unì alla sua persona, grazie al sangue purissimo della nobile Vergine. Fu lo Spirito Santo, il sacerdote che celebrò le nozze. L’angelo Gabriele ne fu l’araldo, e la gloriosa Vergine diede il suo consenso. In questo modo Cristo, nostro sposo fedele, si unì alla nostra natura, venne a visitarci in una terra straniera e ci insegnò i costumi celesti e una perfetta fedeltà.

Come un campione, ha faticato e ha combattuto contro i nostri nemici, ha distrutto il carcere ed è uscito vincitore dalla lotta. Con la sua morte, ha messo a morte la nostra morte, ci ha riscattati con il suo sangue, ci ha liberati, nel battesimo, con l’acqua del suo costato (Gv 19,34), e con i suoi sacramenti e i suoi doni ci ha resi ricchi, affinché uscissimo, agghindati con ogni sorte di virtù, e lo incontrassimo nel palazzo della sua gloria, per godere di lui senza fine, per l’eternità.



Giovanni Paolo II, papa dal 1978 al 2005
Lettera Apostolica « Mulieris Dignitatem », § 23, 26 - Copyright © Libreria Editrice Vaticana

La Chiesa – Sposa di Cristo

Un'importanza fondamentale hanno le parole della Lettera agli Efesini: «E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga (...) Per questo, l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna, e i due formeranno una carne sola. Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!» (5, 25-32)...

Il Mistero pasquale rivela fino in fondo l'amore sponsale di Dio. Cristo è lo Sposo perché «ha dato se stesso»: il suo corpo è stato «dato», il suo sangue è stato «versato» (cf. Lc 22, 19-20). In questo modo «amò sino alla fine» (Gv 13, 1). Il «dono sincero», contenuto nel sacrificio della Croce, fa risaltare in modo definitivo il senso sponsale dell'amore di Dio. Cristo è lo Sposo della Chiesa, come redentore del mondo. (...)L'Eucaristia rende presente e in modo sacramentale realizza di nuovo l'atto redentore di Cristo, che «crea» la Chiesa suo corpo. Con questo «corpo» Cristo è unito come lo sposo con la sposa. Tutto questo è contenuto nella Lettera agli Efesini. Nel «grande mistero» di Cristo e della Chiesa viene introdotta la perenne «unità dei due», costituita sin dal «principio» tra uomo e donna.



Juan Pablo II
Carta apostólica « Mulieres dignitatum §23,26

La Iglesia, Esposa de Cristo

Las palabras de la carta a los Efesios tienen una importancia fundamental: «Maridos, amad a vuestras mujeres como Cristo amó a su Iglesia: Él se entregó a sí mismo por ella, para consagrarla, purificándola con el baño del agua y la palabra, y para colocarla ante sí gloriosa, sin mancha ni arruga... 'El hombre abandonará a su padre y a su madre, y se unirá a su mujer y serán los dos una sola carne'. Es éste un gran misterio: y yo lo refiero a Cristo y a la Iglesia» (5,25-32; Gn 2,24)...

El misterio pascual revela plenamente el amor esponsal de Dios. Cristo es el Esposo porque «se entregó a sí mismo»: su cuerpo fue entregado, su sangre fue derramada (Lc 22,19.20). Es así que él «amó hasta el extremo» (Jn 13,1). El don totalmente desinteresado que supone el sacrificio de la cruz hace sobresalir, de manera decisiva, el sentido esponsal del amor de Dios. Cristo, como redentor del mundo, es el Esposo de la Iglesia. La Eucaristía hace presente y realiza de nuevo, sacramentalmente, el acto redentor de Cristo que creó a la Iglesia, su cuerpo. Cristo está unido a este cuerpo como el esposo a la esposa. Todo esto está dicho en la carta a los Efesios. Dentro del «gran misterio» de Cristo y de la Iglesia se halla introducida la eterna «unidad de los dos» constituida desde el principio entre el hombre y la mujer.

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