L'uo
mo ha trovato la vita, quando si attacca a Colui
che è Egli stesso la vita.
Benedetto XVI
Dal Vangelo secondo Giovanni 17,1-11a.
Così parlò Gesù. Quindi, alzati gli occhi al cielo, disse: «Padre, è giunta l'ora, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te. Poiché tu gli hai dato potere sopra ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sopra la terra, compiendo l'opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te, con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse. Ho fatto conoscere il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro; essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi.
COMMENTO
La Gloria dell'amore. La preghiera sacerdotale di Gesù è come un elettrocardiogramma fatto sotto sforzo; durante l’esame lo sforzo è progressivo, aumentando costantemente il carico di lavoro si tiene sotto controllo la frequenza cardiaca attraverso un monitor e viene rilevata, durante i vari carichi di lavoro, la pressione arteriosa. Questo elettrocardiogramma sotto sforzo serve a diagnosticare una sospetta cardiopatia coronarica, ed è una metodica estremamente sicura. Le parole della preghiera di Gesù disegnano le curve del diagramma dell'attività cardiaca durante la sua Passione: abbiamo così dinanzi a noi un monitor che ci informa con estrema sicurezza sui moti del cuore del Signore, man mano che il carico della Croce lo schiacciava. Sino alla sua morte, il segno della cardiopatia di Gesù: troppo amore, come scrive San Paolo nella lettera agli Efesini (cfr. Ef. 2, 4). Esattamente come è accaduto ad alcuni santi, a San Filippo Neri per esempio, alla cui morte scoprirono che due costole si erano spostate per fare posto al cuore dilatato.
Ogni parola di questa preghiera trasuda amore. Amore al Padre, amore ai discepoli, amore ad ogni uomo. Gesù sta per inoltrarsi nella notte della Passione, della Croce e del Sepolcro e fissa una sola cosa: la Gloria di Dio: essa si manifesta nella glorificazione del Figlio che diviene la gloria dei discepoli. La Gloria della Croce, il cuore di Dio. L'ultimo posto del mondo, il più malfamato, l'angolo più sporco, la feccia della storia, la discarica di ogni peccato, qui è apparsa la Gloria di Dio. "La croce di Cristo, sulla quale il Figlio, consostanziale al Padre, rende piena giustizia a Dio, è anche una rivelazione radicale della misericordia, ossia dell'amore che va contro a ciò che costituisce la radice stessa del male nella storia dell'uomo: contro al peccato e alla morte" (Giovanni Paolo II, Dives in misericordia). E' nel peggior pezzo della nostra storia, nell'anfratto più oscuro del nostro cuore che è scesa la Shekinà, la Gloria di Dio. La sua presenza colma di misericordia infinita accompagnò il Popolo d'Israele tra le angosce dell'esilio a Babilonia; allo stesso modo essa non ha mai abbandonato l'esilio dal paradiso di ogni uomo, scendendo sino ai bassifondi più corrotti. Non vi è luogo di dolore, di morte, di peccato, dove non sia giunta la Gloria di Dio. Proprio laddove la carne di ogni uomo lo rigettava come nemico, il Signore ha voluto deporre la sua carne, mostrando così il suo potere sopra ogni carne: Lui era, ed è malato d'amore, una cardiopatia inguaribile, un cuore dilatato all'infinito, ad abbracciare, perdonare, riscattare il peccatore più grande.
Beato Guerrico d'Igny (circa 1080-1157), abate cistercense
Omelia per l'Ascensione, 1-2 : PL 185, 153-155
Il Signore ha fatto questa preghiera la vigilia della sua passione. Ma si può dire pure che riguarda il giorno dell'Ascensione, il momento in cui egli stava per separarsi, per l'ultima volta, dai suoi « figlioli » (Gv 13, 33) che aveva affidato al Padre suo. Lui che in cielo ammaestra e dirige la moltitudine degli angeli che ha creati, aveva legato a sè sulla terra un « piccolo gregge » (Lc 12, 32) di discepoli per istruirli mediante la sua presenza nella carne, fino al momento in cui, con il cuore allargato, sarebbero stati in grado di essere condotti dallo Spirito. Amava questi piccoli con un amore degno della sua grandezza. Li aveva staccati dall'amore di questo mondo. Li vedeva rinunciare ad ogni speranza di quaggiù per dipendere solo da lui. Tuttavia, finché viveva con loro nel suo corpo, non ha prodigato loro con superficialità l'espressione del suo affetto ; si è mostrato con loro più fermo che tenero, come conviene ad un maestro e ad un padre.
Ma, venuto il momento di lasciarli, egli sembra vinto dal tenero affetto che nutriva per loro, e non può dissimulare l'immensità della sua mansuetudine... Per cui è detto : « Dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine » (Gv 13, 1). Infatti in questo momento ha versato, in un certo senso, tutta la forza del suo amore per i suoi amici, prima di versare se stesso, come acqua, per i suoi nemici (Sal 21, 15). Ha consegnato loro il sacramento del suo corpo e del suo sangue e ha prescritto loro di celebrarlo. Non so cosa deve essere ammirato maggiormente : la sua potenza o la sua carità, quando ha inventato questo nuovo modo di dimorare con essi per consolarli della sua partenza.
Ma, venuto il momento di lasciarli, egli sembra vinto dal tenero affetto che nutriva per loro, e non può dissimulare l'immensità della sua mansuetudine... Per cui è detto : « Dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine » (Gv 13, 1). Infatti in questo momento ha versato, in un certo senso, tutta la forza del suo amore per i suoi amici, prima di versare se stesso, come acqua, per i suoi nemici (Sal 21, 15). Ha consegnato loro il sacramento del suo corpo e del suo sangue e ha prescritto loro di celebrarlo. Non so cosa deve essere ammirato maggiormente : la sua potenza o la sua carità, quando ha inventato questo nuovo modo di dimorare con essi per consolarli della sua partenza.
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