Sabato della XII settimana del Tempo Ordinario



È senza parola la Parola del Padre, 
che ha fatto ogni creatura che parla; 
senza vita sono gli occhi spenti di colui 
alla cui parola e al cui cenno si muove tutto ciò che ha vita

Massimo il Confessore, La vita di Maria, n.89





Dal Vangelo secondo Matteo 8,5-17.

Entrato in Cafarnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava: «Signore, il mio servo giace in casa paralizzato e soffre terribilmente». Gesù gli rispose: «Io verrò e lo curerò». Ma il centurione riprese: «Signore, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto, dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Perché anch'io, che sono un subalterno, ho soldati sotto di me e dico a uno: Fà questo, ed egli lo fa». All'udire ciò, Gesù ne fu ammirato e disse a quelli che lo seguivano: «In verità vi dico, presso nessuno in Israele ho trovato una fede così grande. Ora vi dico che molti verranno dall'oriente e dall'occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori nelle tenebre, ove sarà pianto e stridore di denti». E Gesù disse al centurione: «Và, e sia fatto secondo la tua fede». In quell'istante il servo guarì. Entrato Gesù nella casa di Pietro, vide la suocera di lui che giaceva a letto con la febbre. Le toccò la mano e la febbre scomparve; poi essa si alzò e si mise a servirlo. Venuta la sera, gli portarono molti indemoniati ed egli scacciò gli spiriti con la sua parola e guarì tutti i malati, perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: Egli ha preso le nostre infermità e si è addossato le nostre malattie. 


IL COMMENTO


Il miracolo è già tutto compiuto nella Parola. L'annuncio dice di un fatto che si compie nello stesso istante in cui è annunciato. Come fu per la notte della creazione. Come fu per Abramo, per Mosè ed il popolo in Egitto. Come fu per la Vergine Maria quando udì le parole dell'angelo. Come per i discepoli sulle rive di Cafarnao e del Giordano. “Accade un fatto imprevedibile e incredibile, eppure reale: nello spessore della vita, in cui l’impotenza e la rassegnazione sembrano inevitabili, c’è una presenza che cambia i termini della questione. Li cambia oggettivamente per una pretesa che pone” (L. Negri, Essere prete oggi). La pretesa di essere vera. Reale. La pretesa di avere un’autenticità e un potere unici. Una pretesa che si può “verificare”.

La fede è questa verifica, un cammino nella storia reale dove si realizza la Parola, ed in essa tutto ciò che pretende. La fede è un cammino al vero appoggiato ad una parola. Spesso assurda e in contrasto con l'evidenza. L'annuncio svela sempre un impossibile che si fa possibile, un figlio nato da una carne sterile, il concepimento in un seno vergine, la guarigione di chi è ormai senza speranza, il perdono dei peccati e la possibilità reale d’una vita nuova nella sequela del Signore. Nell'annuncio appare sempre la vita trionfante sulla morte. La Parola è la vita e il suo annuncio ne attesta il compimento. Ascoltare e credere è andare a vedere il prodigio operato dalla Parola.Verificarlo. Abramo esce dalla sua terra e spera contro ogni speranza. Mosè lancia il popolo nel mare, Maria corre da Elisabetta, i discepoli lasciano tutto e seguono il Signore, il centurione va abbrancato ad una Parola, e scende da suo figlio.

Vi è dunque un cammino in discesa da percorrere, la scala che conduce alle acque del battesimo; una notte da attraversare, e trepidazione, speranza, desiderio, stanchezza, scoramento per incontrare la luce della risurrezione, la vita nuova in Cristo. Un tempo, l'esistenza che ci è data. Un tempo, questa giornata che si dischiude dinnanzi ai nostri occhi. E le Sue orme, le Parole che ci dice nella Sua Parola, proclamata, ascoltata, meditata, pregata. Un crinale di morte si spalanca ogni giorno davanti a noi, la reale situazione di preoccupazione, di precarietà, di solitudine, di angoscia. Quel letto d’ospedale, quelle analisi, quel fidanzato che se n’è andato, quel figlio che sembra perduto, quel lavoro stressante, il combattimento per difendere la castità nel fidanzamento prima e nel matrimonio poi, il timore nell'aprirsi alla vita dopo cinque parti cesarei, le angherie sul lavoro, la fatica dei pomeriggi sui libri mentre fuori sboccia la primavera. Scendere, che è obbedire, che è ascoltare, che è libertà. Nella storia buia aggrappati alla Sua Parola che scende con noi.

Anche quando la Parola non si ode più: "È senza parola la Parola del Padre, che ha fatto ogni creatura che parla; senza vita sono gli occhi spenti di colui alla cui parola e al cui cenno si muove tutto ciò che ha vita" (Massimo il Confessore, La vita di Maria, n.89). Entrare nella notte oscura della vita per sperimentare il potere straordinario della Parola che si è fatta silenzio per dare una Parola di vita al silenzio delle speranze umane. "Il mistero più oscuro della fede è nello stesso tempo il segno più chiaro di una speranza che non ha confini. Solo attraverso il silenzio di morte del Sabato santo, i discepoli poterono essere portati alla comprensione di ciò che era veramente Gesù. Dio doveva morire per essi perché potesse realmente vivere in essi. Noi abbiamo bisogno del silenzio di Dio per sperimentare nuovamente l’abisso della sua grandezza e l’abisso del nostro nulla che verrebbe a spalancarsi se non ci fosse lui... C’è un’angoscia che non può essere superata mediante la ragione, ma solo con la presenza di una persona che ci ama. La solitudine insuperabile dell’uomo è stata superata dal momento che Egli si è trovato in essa. A partire dal momento in cui nello spazio della morte si dà la presenza dell’amore, allora nella morte penetra la vita"(J. Ratzinger, Meditazione sul sabato santo).

Sì, l'odore di morte, la sofferenza, le delusioni, non ci sono estranee. Questa nostra vita scorre in una "valle di lacrime", ed è inutile ogni alienazione. Eppure ad ogni lacrima è data una Parola. Tutte sono raccolte nelle Sue mani, in ciascuna v'è un seme di vita. Anche laddove sembra impossibile. Scendere oggi dove Lui è già sceso, quel sepolcro che ci spaventa ci consegna la vita invece della morte. "Cristo ha oltrepassato la porta della solitudine, è disceso nel fondo irraggiungibile e insuperabile della nostra condizione di solitudine. Nella notte estrema nella quale non penetra alcuna parola, nella quale noi tutti siamo come bambini cacciati via, piangenti, si dà una voce che ci chiama, una mano che ci prende e ci conduce" (J. Ratzinger, Meditazione...). Scendere e riconoscere che proprio nell'istante in cui ci era stato annunciata la parola ed avevamo ascoltato l'invito a scendere nella storia di dolore e morte che ci attendeva, in quel momento la Parola aveva già operato il prodigio: dove la carne aveva visto la morte, lo Spirito aveva dischiuso la vita. Il matrimonio che credevamo fallito, il lavoro senza senso, l'amicizia tradita, la malattia gravida di morte, in tutto verificare il potere della Parola predicata dalla Chiesa. Le tue parole Signore sono Spirito e Vita.


APPROFONDIRE:

VA', IL TUO FIGLIO VIVE! Commento di Silvano Fausti



Baldovino di Ford ( ? - circa 1190), abate cistercense
Omelia sulla lettera agli Ebrei 4, 12 ; PL 204, 451-453

« Quell'uomo credette alla parola che gli era stata annunciata »


« La parola di Dio è viva » (Eb 4, 12). Ecco quanto è grande la potenza e la sapienza racchiusa nella parola di Dio ! Il testo è altamente significativo per chi cerca Cristo, che è precisamente la parola, la potenza e la sapienza di Dio. Questa parola, fin dal principio coeterna col Padre, a suo tempo fu rivelata agli apostoli, e per mezzo di essi fu annunziata e accolta con umile fede dai popoli credenti...

Questa parola di Dio è viva, e ad essa il Padre ha dato il potere di avere la vita in se stessa, né più né meno come il Padre ha la vita in se stesso (Gv 5, 26). Per cui il Verbo non solo è vivo, ma è anche vita, come egli stesso dice : « Io sono la via, la verità e la vita » (Gv 14, 6). È quindi vita, è vivo, e può dare la vita. Infatti « come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi vuole » (Gv 5, 21). E dà la vita quando chiama il morto dal sepolcro e dice : « Lazzaro, vieni fuori ! » (Gv 11, 43). Quando questa parola viene predicata, il Cristo dona alla voce del predicatore, che si percepisce esteriormente, la virtù di operare interiormente, per cui i morti riacquistano la vita, e rinascono nella gioia dei figli di Abramo (Mt 3, 9). Questa parola è dunque viva nel cuore del Padre, viva sulla bocca del predicatore, viva nel cuore di chi crede e di chi ama.




Sant'Agostino (354-430), vescovo d'Ippona (Africa del Nord) e dottore della Chiesa
Discorsi, 231


« Signore, non sono degno che tu entri sotto il mio tetto »


Venendo da un altro paese, Cristo ha potuto trovare qui solo ciò che vi era in abbondanza : pene, dolori e morte. Ecco quello che hai qui, ecco ciò che c'è qui in abbondanza. Egli ha mangiato con te ciò che nella povera casa della tua disgrazia c'era in abbondanza. Ha bevuto l'aceto, ha gustato il fiele (Gv 19, 29). Questo ha trovato nella tua povera casa !

Ma egli ti ha invitato alla sua mensa magnifica, alla sua mensa del cielo, alla mensa degli angeli dove egli stesso è il pane (Gv 6, 34). Salito a casa tua e trovata la disgrazia nella tua povera casa, non si è disdegnato di sedersi alla tua mensa, così come era, e ti ha promesso la sua… Ha preso su di sè la tua disgrazia e ti darà la sua felicità. Sì, te la darà : ci ha promesso la sua vita.

Più incredibile ancora è quello che ha realizzato : ci ha dato in pegno la propria morte. È come se dicesse : « Vi invito alla mia mensa, dove nessuno muore, dove si trova la vera felicità, dove il cibo non si corrompe, dove ristora, non manca mai e colma ogni cosa. Vedete dove io vi invito. Nel paese degli angeli, all'amicizia del Padre e dello Spirito Santo, ad un pranzo di eternità, nella mia amicizia fraterna. Infine, vi invito a me stesso, vi invito alla mia stessa vita. Non volete credere che io vi darò la mia vita ? Prendete la mia morte come pegno ! » 




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