Da
una meditazione tenuta durante gli Esercizi spirituali
degli universitari di CL nel dicembre del 1994.
Ma
quei due, i primi due, Giovanni e Andrea – Andrea era molto probabilmente sposato con figli –
come hanno fatto a essere così conquisi subito e a riconoscerlo (non c’è
un’altra
parola da dire, diversa da riconoscerlo)? Dirò
che, se questo fatto è accaduto, riconoscere quell’uomo,
chi era quell’uomo, non chi era fino in fondo e dettagliatamente, ma
riconoscere che quell’uomo era qualcosa di eccezionale, di non comune –
era assolutamente non comune –, irriducibile ad ogni analisi, riconoscere questo doveva
essere facile. Se Dio diventasse uomo, venisse tra di noi, se venisse ora, se
si fosse intrufolato nella nostra folla, fosse qui tra noi, riconoscerlo, a
priori dico, dovrebbe essere facile: facile riconoscerlo nel suo valore divino.
Perché è
facile riconoscerlo? Per una eccezionalità, per una eccezionalità
senza paragone. Io ho davanti una eccezionalità,
un uomo eccezionale, senza paragone. Cosa vuol dire eccezionale? Cosa vorrà
dire? Perché ti fa colpo l’eccezionale? Perché senti «eccezionale» una cosa eccezionale? Perché
corrisponde alle attese del cuore tuo, per quanto confuse e nebulose possano
essere. Corrisponde d’improvviso – d’improvviso! –, alle esigenze del tuo animo, del tuo cuore, alle
esigenze irresistibili, innegabili del tuo cuore come mai avresti potuto
immaginare, prevedere, perché non c’è nessuno come quell’uomo. L’eccezionale, cioè, è, paradossalmente, l’apparire
di ciò
che è
più
naturale per noi.
Che
cos’è
naturale per me? Che quello che desidero avvenga. Più
naturale di questo! Che quello che più desidero più avvenga: questo è naturale. Scontrarsi con qualcosa di assolutamente e
profondamente naturale, perché corrispondente alle esigenze del cuore che la natura ci
ha dato, è
una cosa assolutamente eccezionale. È come una strana contraddizione: ciò
che accade non è mai eccezionale, veramente eccezionale, perché
non riesce a rispondere adeguatamente alle esigenze del cuore. S’accenna
alla eccezionalità quando qualcosa fa battere il cuore per una
corrispondenza che si crede di un certo valore e che il giorno dopo sconfesserà,
che l’anno
dopo annullerà.
È
l’eccezionalità
con cui appare la figura di Cristo ciò che rende facile il riconoscerlo. Bisogna immaginarsi, l’ho
detto, occorre immedesimarsi in questi avvenimenti. Se si pretende di
giudicarli, se si vuole giudicarli, non dico capirli, ma giudicarli
sostanzialmente, se veri o falsi, è la sincerità della tua immedesimazione che rende vero il vero e non
falso, e non rende dubitoso il tuo cuore del vero. È
facile riconoscerlo come ontologia divina perché è
eccezionale: corrisponde al cuore, e uno ci sta e non andrebbe mai via –
che è
il segno della corrispondenza col cuore –. Non andrebbe mai via, e lo seguirebbe tutta la vita. E
infatti lo seguirono gli altri tre anni che lui visse.
Ma
immaginate quei due che lo stanno a sentire alcune ore e poi dopo devono andare
a casa. Lui li congeda e se ne tornano zitti, zitti perché
invasi dall’impressione avuta del mistero sentito, presentito,
sentito. E poi si dividono. Ognuno dei due va a casa sua. Non si salutano, non
perché
non si salutino, ma si salutano in un altro modo, si salutano senza salutarsi,
perché
sono pieni della stessa cosa, sono una cosa sola loro due, tanto sono pieni
della stessa cosa. E Andrea entra in casa sua e mette giù
il mantello, e la moglie gli dice: «Ma, Andrea, che hai? Sei diverso, che ti è
successo?».
Immaginate lui che scoppiasse in pianto abbracciandola, e lei che, sconvolta da
questo, continuasse a domandargli: «Ma che hai?». E lui a stringere sua moglie, che non si è
mai sentita stretta così in vita sua: era un altro. Era un altro! Era lui, ma era
un altro. Se gli avessero domandato: «Chi sei?», avrebbe detto: «Capisco che son diventato un altro…
dopo aver sentito quell’individuo, quell’uomo, io sono diventato un altro».
Ragazzi, questo, senza troppe sottigliezze, è
accaduto.
Non
solo è
facile riconoscerlo, fu facile riconoscerlo nella sua eccezionalità –
perché «se
non credo a quest’uomo non credo più neanche ai miei occhi» –,
ma fu facile anche comprendere che tipo di moralità,
cioè
che tipo di rapporto da Lui nascesse; perché
la moralità è il rapporto con la realtà
in quanto creata dal mistero che l’ha fatta, è il rapporto giusto, ordinato con la realtà.
Fu facile, fu a loro facile comprendere quanto fosse facile il rapporto con
Lui, il seguirlo, l’esser coerenti con Lui, l’esser
coerenti alla sua presenza – coerenti alla sua presenza –.
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