La Lettera agli Ebrei dice che “offrì preghiere e
suppliche”, “grida e lacrime” (5,7). E’ una traduzione giusta del verbo prospherein, che è una parola
cultuale ed esprime l’atto dell’offerta dei doni umani a Dio, esprime proprio
l’atto dell’offertorio, del sacrificio. Così, con questo termine cultuale
applicato alle preghiere e lacrime di Cristo, dimostra che le lacrime di
Cristo, l’angoscia del Monte degli Ulivi, il grido della Croce, tutta la sua
sofferenza non sono una cosa accanto alla sua grande missione. Proprio in
questo modo Egli offre il sacrificio, fa il sacerdote. La Lettera agli Ebrei
con questo “offrì”, prospherein, ci dice: questa è la realizzazione del suo
sacerdozio, così porta l’umanità a Dio, così si fa mediatore, così si fa
sacerdote.
Una seconda parola in questo contesto è importante. Viene
detto che Cristo così – tramite questa obbedienza – è reso perfetto, in greco teleiotheis (cfr Eb 5,8-9). Sappiamo che in tutta la Torah, cioè in
tutta la legislazione cultuale, la parola teleion, qui usata, indica l’ordinazione sacerdotale.
Cioè la Lettera agli Ebrei ci dice che proprio facendo questo Gesù è stato
fatto sacerdote, si è realizzato il suo sacerdozio.
in questo atto - “non la mia, ma la tua
volontà” – Gesù riassume tutto il processo della sua vita, del portare, cioè,
la vita naturale umana alla vita divina e in questo modo trasformare l’uomo:
divinizzazione dell’uomo e così redenzione dell’uomo, perché la volontà di Dio
non è una volontà tirannica, non è una volontà che sta fuori del nostro essere,
ma è proprio la volontà creatrice, è proprio il luogo dove troviamo la nostra
vera identità.
Dio ci
ha creati e siamo noi stessi se siamo conformi con la sua volontà; solo così
entriamo nella verità del nostro essere e non siamo alienati. Al contrario,
l’alienazione si attua proprio uscendo dalla volontà di Dio, perché in questo
modo usciamo dal disegno del nostro essere, non siamo più noi stessi e cadiamo
nel vuoto. In verità, l’obbedienza a Dio, cioè la conformità, la verità del
nostro essere, è la vera libertà, perché è la divinizzazione. Gesù, portando
l’uomo, l’essere uomo, in sé e con sé, nella conformità con Dio, nella perfetta
obbedienza, cioè nella perfetta conformazione tra le due volontà, ci ha redenti
e la redenzione è sempre questo processo di portare la volontà umana nella
comunione con la volontà divina. E’ un processo sul quale preghiamo ogni
giorno: “sia fatta la tua volontà”. E vogliamo pregare realmente il Signore,
perché ci aiuti a vedere intimamente che questa è la libertà, e ad entrare,
così, con gioia in questa obbedienza e a “raccogliere” l’essere umano per
portarlo – con il nostro esempio, con la nostra umiltà, con la nostra
preghiera, con la nostra azione pastorale – nella comunione con Dio.
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