Pavel Florenskij. Il sabato di ogni giorno

Il distacco dalle circostanze usuali e dalle abitudini di vita si accompagna a un vivo senso di eccitazione: il nettare dell’inaspettata libertà. Camminare per le vie di una città sconosciuta, ritrovarsi soli in mezzo alla natura, oppure a una guerra o a una festa, se la si intende come una frazione di tempo consacrato, qualitativamente nuovo: tutti questi eventi agiscono in maniera simile, ovvero spezzando le catene delle minute, infinite preoccupazioni quotidiane, lasciando spazio a quelle linee sfrenate grazie alle quali anche la fiacchezza naturalistica della vita si trasforma in arte. È proprio allora che si manifestano le forze più recondite del nostro essere, abitualmente soffocate dalla meschinità; energie troppo significative per l’uggiosa ferialità o, forse, persino invise a quest’ultima. “Vacanza” deriva da vacuum, ossia vuoto, non ingombro; e molto spesso basta scrollarsi di dosso la zavorra delle solite minutaglie quotidiane per liberare ciò che giace sotto, soffocato: la consapevolezza profetica, il senso di un legame radicato con il mondo, una gioia di vivere prossima all’estasi. 

Sul teatro dei burattini degli Efimov [1924], in Stratificazioni. Scritti sull’arte e la tecnica, cur. N. Misler, trad. V. Parisi, Diabasis, Reggio Emilia 2008, pp. 181-194: cit. pp. 188-189


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