C. Peguy. Da Il mistero dei santi innocenti.

Io sono il loro padre, dice Dio. Padre nostro, che sei nei cieli.
Mio figlio l’ha detto loro abbastanza, che sono il loro padre.
Io sono il loro giudice. Mio figlio l’ha detto loro. Sono anche
il loro padre.
Sono soprattutto il loro padre.
Infine sono il loro padre. Colui che è padre è soprattutto padre.
Padre nostro che sei nei Cieli. Colui che è stato una volta padre
non può più essere che padre.
Essi sono i fratelli di mio figlio; sono miei figli; sono il loro
padre.
ha ben saputo quel che faceva quel giorno, mio figlio che li amava tanto.
Che ha vissuto tra di loro, che era uno come loro.
Che andava come loro, che parlava come loro, che viveva come loro.
Che soffriva.
Che soffrì come loro, che morì come loro.
E che li ama tanto dopo averli conosciuti.
Che ha riportato nel cielo un certo gusto dell’uomo, un certo
gusto della terra.
Mio figlio che li ha tanto amati, che li ama eternamente nel
cielo.
Ha ben saputo quel che faceva quel giorno, mio figlio che li ama tanto.
Quando ha messo questa barriera fra loro e me. Padre nostro
che sei nei cieli, queste tre o quattro parole.
Questa barriera che la mia collera e forse la mia giustizia non
supereranno mai.
Beato chi s’addormenta sotto la protezione dei bastioni di queste
tre o quattro parole.
Queste parole che camminano davanti a ogni preghiera come
le mani di chi supplica camminano davanti alla sua faccia.
Come le due mani giunte di chi supplica avanzano davanti alla
sua faccia e alle lacrime della sua faccia.
Queste tre o quattro parole che mi vincono, me, l’invincibile.
E che loro fanno venire davanti alla loro miseria come due
mani giunte invincibili.
Queste tre o quattro parole che s’avanzano come un bello
sperone davanti a una povera nave.
E che fendono l’onda della mia collera.
E quando lo sperone è passato, la nave passa, e dietro tutta la flotta.
Adesso, dice Dio, è così che li vedo;
E per tutta l’eternità, eternamente, dice Dio.
Per questa invenzione di mio Figlio eternamente è così che
bisogna che io li veda.
(E che bisogna che io li giudichi. Come volete, adesso, che io
li giudichi?
Dopo di questo.)
Padre nostro che sei nei cieli, mio figlio ha saputo sbrigarsela
molto bene.
Per legare le braccia della mia giustizia e per slegare le braccia
della mia misericordia.
(Non parlo della mia collera, che non è mai stata altro che la mia giustizia.
E qualche volta la mia carità.)
E adesso bisogna che io li giudichi come un padre. Per quel
che può giudicare, un padre. Un uomo aveva due figli.
Per quel che è capace di giudicare. Un uomo aveva due figli.
Si sa bene come giudica un padre. Ce n’è un esempio ben
noto.
Si sa bene come il padre ha giudicato il figlio che se n’era
andato e che è ritornato.
Era ancora il padre che piangeva di più.
Ecco cosa ha raccontato loro mio figlio. Mio figlio ha svelato
loro il segreto del giudizio stesso.
E adesso ecco come mi sembrano; ecco come li vedo;
Ecco come sono obbligato a vederli.
Come la scia di un bel vascello va allargandosi fino a sparire
e a perdersi.
Ma comincia con una punta, che è la punta stessa del vascello.
Così la scia immensa dei peccatori s’allarga fino a sparire e a
perdersi.
Ma comincia con una punta, ed è questa punta che viene verso di me,
Che è volta verso di me.
Comincia con una punta, che è la punta stessa del vascello.
E il vascello è il mio stesso figlio, carico di tutti i peccati del
mondo.
E la punta del vascello son le due mani giunte di mio figlio.
E davanti allo sguardo della mia collera e davanti allo sguardo
della mia giustizia
Si sono tutti nascosti dietro di lui.
E tutto quest’immenso corteo di preghiere, tutta questa scia
immensa s’allarga fino a sparire e a perdersi.
Ma comincia con una punta ed è questa punta che è volta
verso di me.
Che avanza verso di me.
E questa punta sono queste tre o quattro parole: Padre nostro,
che sei nei cieli; mio figlio in verità sapeva quello che faceva.
E ogni preghiera sale a me nascosta dietro queste tre o quattro parole.

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