Lunedì della V settimana del Tempo di Quaresima (Commento approfondito)


COMMENTO APPROFONDITO

Giudicare secondo la carne è come camminare nelle tenebre. Pur avendo occhi non si vede. La carne spegne la luce e impedisce il discernimento. I fatti della vita e le persone divengono fantasie irreali. E' paradossale, ma proprio ciò che è naturale diviene pura apparenza; perché mostri la sua autenticità deve essere intercettato da uno sguardo soprannaturale. Per questo i giudizi sprigionati da menti e cuori carnali sono sempre destinati alla smentita della storia. Come i farisei, anche noi cadiamo nella stessa trappola: come guardiamo e giudichiamo nostra moglie, nostro marito, i figli, i colleghi, la suocera, noi stessi? Superficialmente, schiacciati sulla carne, e proprio quelle che ci sembrano le prove più evidenti a sostegno dei nostri giudizi, sono quelle che ci tendono le trappole più subdole. Siamo tutti malati di scientismo, di quello più becero, perché non tiene conto che dietro e dentro le stesse formule matematiche si cela una mente ed un cuore infinitamente più grandi: "Questa concezione filosofica si rifiuta di ammettere come valide forme di conoscenza diverse da quelle che sono proprie delle scienze positive, relegando nei confini della mera immaginazione sia la conoscenza religiosa e la teologia, sia il sapere etico ed estetico" (Giovanni Paolo II, Parole sull’uomo). In ogni evento e persona vi è un'estetica che svela l'inconfondibile mano dell'Autore della vita e della storia. Una luce che scaturisce dal fondo della realtà e giunge ad illuminare chiunque la guardi e tenti di discernere per poi agire. E' l'estetica della luce pasquale, la “luce di Cristo”. Come nell'arte iconografica orientale, il punto di fuga prospettico è in chi guarda l'opera e, attraverso gli occhi, esso giunge sino al cuore. L'icona ortodossa infatti è "una finestra, in quanto attraverso ad essa si diffonde il dominio della luce, e allora la stessa finestra che ci dà luce è luce…” (P. Florenskij.Le porte regali). Così la realtà che si pone davanti a noi come un'icona, diviene un annuncio kerygmatico, una Buona Notizia, un Vangelo che si realizza nello stesso momento in cui è guardato compiendosi in chi ne è coinvolto attraverso la vista. La realtà che cogliamo attraverso i sensi sprigiona la luce pasquale, quella luce che è sul volto di Cristo risorto e che promana dalle sue piaghe gloriose. La moglie con le sue le debolezze e le asperità del carattere, il marito con i suoi silenzi e le sue dimenticanze, i figli con le loro contraddizioni e ribellioni, il rapporto tra fidanzati con la sua precarietà, l'amicizia, il lavoro, il condominio, i parenti, la vecchiaia, la malattia, tutto è ferito dal peccato che segna la carne. Ma proprio attraverso le ferite della carne, le ferite della Croce, giunge a noi la luce della Pasqua, come attraverso i sacramenti la salvezza concreta e reale di Cristo, la sua morte e resurrezione, si realizza nel presente di chi li riceve. 

Ogni evento ed ogni persona sono dunque come un'icona, come un sacramento che ci consegnano la luce di Cristo risorto. Nel prefazio di Natale la Chiesa prega: "Nel mistero del Verbo incarnato è apparsa agli occhi della nostra mente la luce nuova del suo fulgore, perché conoscendo Dio visibilmente, per mezzo suo siamo rapiti dall'amore delle cose invisibili". Se Dio si è fatto carne significa che in ogni carne è presente un frammento del Cielo disceso sulla terra: "Con il secondo articolo del ‘Credo’ siamo davanti all’autentico scandalo del cristianesimo. Esso è costituito dalla confessione che l’uomo-Gesú, un individuo giustiziato verso l’anno 30 in Palestina, sia il ‘Cristo’ (l’unto, l’eletto) di Dio, anzi addirittura il Figlio stesso di Dio, quindi centro focale, il fulcro determinante dell’intera storia umana… Ci è davvero lecito aggrapparci al fragile stelo d’un singolo evento storico? Possiamo correre il rischio di affidare l’intera nostra esistenza, anzi, l’intera storia, a questo filo di paglia d’un qualsiasi avvenimento, galleggiante nello sconfinato oceano della vicenda cosmica?" (J. Ratzinger, Introduzione al cristianesimo). Correre il rischio di affidare la nostra intera esistenza a Cristo, in questo si gioca la nostra salvezza, e con essa la gioia e la pace. Il Mistero Pasquale è il criterio, perché in esso è fondata la storia umana, in esso si muove la storia di ciascuno di noi, di chi amiamo e anche di chi non riusciamo ad accettare. Alla luce pasquale riconosciamo il cammino di Cristo, lo possiamo ripercorrere sino a giungere al "luogo" da dove Egli è venuto e dove va, il seno eterno del Padre della Vita; e così possiamo anche cogliere l'origine e la meta della nostra vita in Lui, come di quella di ogni nostro prossimo, e della storia che tutti ci accomuna. "Dov'è tuo Padre?": è la domanda che risuona in noi all'incedere della storia, con il fluire di volti e avvenimenti che ci coinvolgono. La fede, il dono celeste che apre il cuore e la mente a guardare oltre la carne, ci conduce ad incontrare la luce di Cristo, la Parola definitiva sulla vita e sulla morte. Nella storia che viviamo il Padre “rende testimonianza a suo Figlio”, autentica la sua identità illuminando con il potere sulla morte ogni istante e ogni persona. Il dialogo serrato del Vangelo di oggi è immagine del combattimento cui siamo chiamati ogni giorno. La Croce che si affaccia al nostro sguardo, la carne ferita dal peccato, la creazione con la sua fragilità, la creatura con la sua debolezza, possono essere occasione di scandalo, lo scandalo scientista, oppure divenire la porta attraverso la quale gustare l'amore e il perdono di Dio, l'opera meravigliosa fatta carne in Cristo. Attraverso questa luce tutto diventa occasione per un sapere nuovo, estetico ed etico, che seduce il cuore e si realizza nella vita salvata e trasfigurata di “chi segue” Gesù, il Buon Pastore: posando i passi sulle sue orme, infatti, anche se chiamati a camminare in una valle oscura, non temeremo alcun male, perché Lui è sempre con noi. Così, proprio quel difetto dell'altro scoperto e denunciato, la tenebra che avvolge le nostre relazioni e ci induce a dubitare e a temere, alla luce del Buon Pastore e della sua Parola, è guardato come uno scrigno che nasconde il suo amore, e che muove, misteriosamente, chi ci è accanto. Quella parola dura che ci ha detto sorge da una storia che forse neanche immaginiamo; quell’atteggiamento infedele è forse figlio di una storia di tradimenti patiti; quel silenzio che ci rifiuta è permesso da Dio per spingerci ad abbandonarci alle sue parole, le uniche capaci di far stendere le nostre braccia per accogliere anche il disprezzo e chi si è fatto nostro nemico. La luce della Pasqua che irradia misericordia, illumina i nostri peccati, le nostre ingiustizie, le nostre mancanze di carità e rende il nostro cuore contrito e umiliato, capace di accettare ogni persona per come è, e ogni relazione come adeguata alla nostra debolezza: tutti siamo figli dello stesso Padre, perché tutti abbiamo bisogno della stessa misericordia. Se mia moglie non mi parla è giusto che sia così; quante volte le ho chiuso la porta della misericordia; allora non mi resta che attendere, umilmente - in quella consapevolezza che impedisce di credermi migliore - che la misericordia di Dio copra entrambi con il suo manto, per donarci la comunione che supera la carne… Chi segue Cristo ha questa luce nuova, assapora la libertà che non fa conoscere più nessuno secondo la carne: lo sguardo del cuore è trasfigurato in un'estasi tremendamente reale di pazienza e misericordia, capace di amare e guardare tutto e tutti con gli stessi occhi di Gesù, illuminati dalla luce della misericordia: "Il messaggio di Gesù è quello: la misericordia. Per me, lo dico umilmente, è il messaggio più forte del Signore: la misericordia.  Lui si dimentica, Lui ha una capacità di dimenticarsi, speciale. Si dimentica, ti bacia, ti abbraccia e ti dice soltanto: "Neanch’io ti condanno; va’, e d’ora in poi non peccare più" (Gv 8,11). Soltanto quel consiglio ti da. Dopo un mese, siamo nelle stesse condizioni… Torniamo al Signore. Il Signore mai si stanca di perdonare: mai! Siamo noi che ci stanchiamo di chiedergli perdono. E chiediamo la grazia di non stancarci di chiedere perdono, perché Lui mai si stanca di perdonare" (Papa Francesco, Omelia nella Santa Messa celebrata nella Chiesa parrocchiale di Sant’Anna in Vaticano, 17 marzo 2013).

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