L'ANNUNCIO |
Gesù rispose: “In verità, in verità vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora lo schiavo non resta per sempre nella casa, ma il figlio vi resta sempre; se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenza di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova posto in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro!”.
Gli risposero: “Il nostro padre è Abramo”.
Rispose Gesù: “Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo! Ora invece cercate di uccidere me, che vi ho detto la verità udita da Dio; questo, Abramo non l’ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro”.
Gli risposero: “Noi non siamo nati da prostituzione, noi abbiamo un solo Padre, Dio!”. Disse loro Gesù: “Se Dio fosse vostro Padre, certo mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato”.
Ci
siamo, la Pasqua è vicina, e le parole di Gesù si fanno più stringenti.
Quelle di oggi sono chiarissime, ci parlano del demonio, il nemico di
cui la Croce avrà ragione, ancora una volta. Ma occorre sapere che la
battaglia è contro di lui, e non è poi così scontato. La cultura e
troppa teologia, spesso anche molta predicazione hanno smesso di
parlarne, ed è la sua vittoria più grande. Ma Gesù oggi è fa giustizia
di ogni sofisma, il demonio esiste e attacca innanzitutto "quelli che
avevano creduto in Lui". Per illuminarci il Signore comincia con fare
storia, la nostra. Ci ricorda la nostra identità, la
roccia da cui siamo tratti. Ci parla di nostro Padre. Nelle sue parole
risuonano quelle del profeta Isaia: "Guardate alla roccia da
cui siete stati tagliati, alla cava da cui siete stati estratti.
Guardate ad Abramo vostro padre, a Sara che vi ha partorito,
poiché io
chiamai lui solo, lo benedissi e lo moltiplicai" (Is. 51,1-2). Ogni
figlio di Israele discende da Abramo, il padre della fede; ognuno è un
frammento di questa
roccia sparso nelle generazioni; come in una cava, sono stati
gestati e formati nella fede di Abramo. Essa ha trasmesso loro il Dna,
il tratto
inconfondibile della loro identità. Ma
qualcosa è accaduto, un virus ha colpito il Dna, una malattia genetica
ha mutato l'identità. Al posto dell'amore l'omicidio. Invece delle "opere
di Abramo" quelle di "un altro padre", un tiranno assoluto che sottrae la libertà
illudendo di offrirla a buon mercato: la libertà di uccidere Cristo, e con Lui la verità. Come accadde ai giudei, figli orgogliosi di Abramo: "Quando
non si confessa Gesù Cristo, mi sovviene la frase di Léon Bloy: “Chi
non prega il Signore, prega il diavolo”. Quando non si confessa Gesù
Cristo, si confessa la mondanità del diavolo, la mondanità del demonio"
(Papa Francesco).
Ed è la nostra esperienza, superbi e perciò "schiavi" del demonio. Ci
illudiamo di molte cose, esibiamo lignaggi che abbiamo sepolto sotto un
cumulo di tradimentie e di peccati. Da tempo compiamo la volontà del
principe di questo mondo, egoisti ovunque e con tutti, incapaci di
donarci, "schiavi del peccato" perché tutto quello che è pensato e compiuto senza amore è peccato, porta in sé il germe della menzogna ed è destinato a corrompersi.
Quando il demonio ha la meglio e ci induce a indurire il cuore "non
possiamo più ascoltare la Parola di Gesù" e ci leghiamo a un'altra
parola, quella del
padre della menzogna. Sono una menzogna il rancore, il giudizio, la mormorazione, la passione, l'avarizia, la calunnia. Non sono nel Dna dei figli
di Abramo. Per questo monta l'invidia che ci porta a uccidere il Figlio
che ci ricorda chi siamo, che ci annuncia la Parola che ci può "far
liberi davvero". Quante volte uccidiamo Cristo, nel marito, nella
moglie, in chiunque contesti la nostra vita: la
superbia ferita schiuma ira e l'ira compie quel che non vorremmo:
uccidere Cristo! E'
questa la radice velenosa dei nostri litigi, dei divorzi e delle
separazioni, delle ribellioni e di ogni peccato. E' qui che deve
arrivare la Pasqua di Gesù! Sulla
Croce ha smascherato la menzogna del demonio, perdonandoci ogni
peccato. Nella tomba ci ha presi per mano liberandoci dalla tirannia del
nemico. Con la risurrezione ci ha raggiunti con una vita nuova, capace
di ascoltare e accogliere la sua Parola che ci fa discernere in ogni
persona una chiamata alla libertà di amare. E se uno ama significa che è
stato rigenerato, che è figlio e "vive sempre nella casa di suo Padre". Ecco, la Pasqua fa di ogni nostra casa la dimora del Padre! In essa i figli di Dio sono liberi come il Figlio, non temono nulla perché nulla hanno da perdere. Come Abramo sperano in ogni circostanza contro ogni speranza;
pur vedendo morta la propria carne per i propri peccati hanno
conosciuto la misericordia che ridona la vita ai morti, non possono
dubitare che DIo farà meraviglie. Stringono,
infatti, tra le braccia Isacco,
il figlio della promessa compiuta, la testimonianza della fedeltà di
Dio: il matrimonio salvato, la pazienza con i figli, l'aver abbandonato
droga e alcool, la vita nuova che lotta per la castità, la libertà dal
denaro, la sincerità, e molti altri memoriali che ognuno conosce. Le
loro
mani stringono Cristo risorto, lo amano perché in Lui stringono la loro
vita rigenerata, sono guariti dal virus malefico che li aveva deturpati,
sono figli nel Figlio, e questo è tutto. Al punto che possono salire il
Moria nella notte della fede, tremare e fissare negli occhi il cuore
del loro cuore, quell'affetto, quella persona, quel desiderio, quel
sogno, quel progetto; pronti a sacrificare tutto - a fare sacro, a separare
e offrire a Dio - anche la persona più cara. I figli di Abramo hanno i
suoi stessi occhi che fissavano Isacco sull'erta del sacrificio, come
quelli di Dio fissi in quelli del Figlio sul crinale del Golgota. I
figli di Abramo sono anche come Isacco, pronti ad essere essi stessi
sacrificati, legati alla volontà di Dio come Cristo sulla Croce, perché
in gioco c'è la salvezza del mondo, immensamente più importante della
mia soddisfazione carnale e borghese. I
figli di Abramo, come Isacco, come i figli di Dio, offrono la propria
gola al Padre, entrano nell'assurdo estremo confidando che Dio sul monte
provvede, sempre. I figli di Dio mostrano la fede sulla terra. Scriveva
Franz Werfel: “per chi ha fede nessun miracolo è necessario, per chi
non ha fede nessun miracolo è sufficiente”: il miracolo autentico,
infatti, è la fede, e Isacco è il miracolo figlio dell'ascolto
obbediente di suo padre, della fede che viene dalla predicazione. Per
questo la libertà è sempre il frutto dell'ascolto e della fedeltà alla Parola. I
figli ascoltano, lo Shemà è la loro stessa vita: "Ascolta Israele!",
ascolta e vivrai. Ascolta e sarai libero. Ascolta e vedrai la Verità
vincere la morte, la Parola fatta carne discendere negli inferi della
menzogna e distruggere il suo potere e liberare dai suoi lacci, per
uscire e annunciare a tutti l'amore di Dio. Un figlio di Dio non può che
parlare sempre bene di suo Padre; vive nella sua intimità, ne
sperimenta l'amore e, gettandosi nel mondo ad annunciarlo, gli "rimane
fedele": "Per rimanere fedeli bisogna uscire. Rimanendo fedeli si esce, ed è il cuore della missione. Proprio se si rimane nel Signore si esce da sé stessi.
Paradossalmente proprio perché si rimane, proprio se si è fedeli si
cambia. Non si rimane fedeli, come i tradizionalisti o i
fondamentalisti, alla lettera. La fedeltà è sempre un cambiamento, un
fiorire, una crescita. Il Signore opera un cambiamento in colui che gli è
fedele" (Card. Jorge Bergoglio).
αποφθεγμα Apoftegma
Quando Abramo e Isacco furono in cammino,
Satana fece ogni sforzo per distogliere entrambi dal loro proposito,
tramutandosi in un vecchio e parlando al padre e poi in un giovane, per parlare
al figlio, ma i suoi intrighi non giovarono. Allora si tramutò in un torrente
in piena. L’acqua salì a entrambi prima alle caviglie e poi fino alla gola.
Abramo già temeva di non poter arrivare in tempo e illeso al luogo destinato,
ma poi si ricordò che in quel posto non vi era mai stato alcun torrente. Subito
comprese il misfatto di Satana, inveì contro di lui e il torrente scomparve.
Allora Satana dovette concedere al buon D-o
che in tutto il mondo non c’era un uomo come Abramo.
(Tanchuma; Sefer Hajashar).
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