L'ANNUNCIO |
Ma Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo: «Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai».
Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».
Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.
Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.
Qual vantaggio infatti avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima? O che cosa l'uomo potrà dare in cambio della propria anima?
Poiché il Figlio dell'uomo verrà nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e renderà a ciascuno secondo le sue azioni.
(Dal Vangelo secondo Matteo 16, 21-27)
Il Signore ci ha “sedotto”
con il suo amore, e ci ha fatto una santa “violenza” pur di salvarci. Ma come,
non eravamo liberi? Certo, ma cosa ne abbiamo fatto della libertà? Una porta
spalancata alla menzogna del demonio.
E che violenza le sue
bordate, ogni giorno. Batte sempre sullo stesso punto, quello dove la ferita è
ancora fresca, nonostante siano passati venti, trenta, cinquant’anni. La morte
di tuo padre, l’ingiustizia a scuola, tu ed io sappiamo che cosa ci brucia sino
ad incendiarci al solo sfiorarlo.
Ecco, è proprio lì che il
demonio viene ad attaccarci, ad innescare l’ira, l’insoddisfazione, l’angoscia:
sotto la croce dove il Signore ci ha sedotto e abbracciato, al bordo di quei
fatti che ci umiliano nei quali, come su un letto nuziale, Egli si è donato, e
si dona per sposarci e unirci a Lui.
E infuria la battaglia,
cruenta; e, come Geremia, non la sopportiamo. Vorremmo fuggire, dimenticare,
sdraiarci e non pensarci più. Invece anche questa domenica il Signore viene a
destarci annunciandoci “apertamente” la buona notizia della sua morte e
risurrezione.
Ma satana è accovacciato
accanto a noi come a Pietro, per graffiarci dove più ci fa male, e indurci
all’incredulità e alla mormorazione. La Chiesa ci predica il Vangelo, e noi
“prendiamo in disparte” Gesù per spiegargli come deve fare per compiere la sua
missione.
Di sicuro non è andando a
Gerusalemme. Se lì sono preparati il rifiuto, la persecuzione e la morte, beh
allora non è proprio quello il posto dove potrà salvarci.
Capiamoci
bene: io sto male, quasi muoio, e tu Signore che fai, vai a subire la mia stessa fine? Ti
ringrazio per il nobile gesto di condivisione, ma non so che farmene.
Come
Pietro, come gli apostoli, come tutti gli ebrei, io ho bisogno di un
liberatore, di uno che combatta per me contro i Romani, contro le ingiustizie,
che cambi le sorti della mia vita. Questo è per noi il cristianesimo.
Ma Gesù
anche oggi “si volta” abbassandosi verso di noi per dirci: “Lungi da
me satana”. E così ci insegna le parole con cui un cristiano lotta per
difendere la “fede” donata dal Padre che
è nei Cieli, che la carne e il sangue non possono fabbricare.
“Lungi
da me satana”, che vuoi rubarmi la primogenitura, la chiamata, la missione; mi
sussurri che non dovrà accadere mai che mio marito si metta contro di me, che
mia figlia disonori la famiglia, che perda il lavoro, che mi venga un cancro,
che resti solo. Va dietro a me uomo vecchio, “tu mi sei di scandalo” sul cammino che conduce alla Gerusalemme
della fede adulta e all’uomo nuovo.
Per
questo Gesù è “violento” con noi come Dio con Geremia; ci insegna a non temere
di tagliare e rinnegare, perché violento è stato ed è il demonio che vuole
farci inciampare impedendoci di diventare figli di Dio.
“Il
regno dei Cieli, infatti, è dei violenti”, di chi rinnega l’uomo della carne e
si consegna a Cristo lasciando che arda il “fuoco” incontenibile dello zelo per
il Vangelo, la cui scintilla è stata accesa con la chiamata.
Ma per
diventare un discepolo autentico di Gesù, occorre abbandonare “la
mentalità di questo secolo”, e “trasformarsi rinnovando la mente” e i suoi
pensieri, “per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui
gradito e perfetto”. Un cristiano, infatti, ha discernimento,
perché non “pensa più secondo gli uomini ma secondo Dio”.
Per
questo lotta ogni giorno, offrendo se stesso in un “culto spirituale” che forse
nessuno vedrà, ma “vivo, santo e gradito a Dio”. Il Signore ci chiama dunque a
cambiare radicalmente mentalità, rinunciando in ogni circostanza a satana e ai
“pensieri mondani”.
Un
“pensiero secondo gli uomini”, infatti, è quello di chi non ha compreso il
senso profondo della Croce, perché non l’ha vista gloriosa nella propria vita.
Ma è
stolto, non vede oltre e dentro i fatti, la storia, le persone. Si ferma all’apparenza,
e teme. Il demonio, infatti, ci nasconde la verità, presentandocene una
sola parte, enfatizzata negativamente. Al punto che Pietro non si accorge di dire a Cristo che non
gli deve non solo di essere perseguitato e ucciso, ma anche di risorgere!
Il
demonio trucca sempre la bilancia, e fa pendere tutta l’esistenza dalla parte
di tre giorni, così che esigiamo da Dio e dagli altri il risarcimento per l’immensa
ingiustizia che subiamo. Ma
non è irragionevole pensare che tre giorni pesino più dell’eternità? E’
come se tre piume pesassero più di una tonnellata di ferro…
Eppure è
quello che fa il demonio con noi. Perché il suo obiettivo è non farci andare a
Gerusalemme e risorgere, essere salvati. Lo stesso che voleva fare con Gesù per
vanificare il piano di Dio. Per questo non vogliamo e non possiamo entrare nei
momenti decisivi in cui rinnegare se stessi per amore della moglie, del marito,
del fratello, del nemico.
Anche
per noi la Parola della Croce “resta oscura”, perché satana ha spento la luce della
Pasqua, senza la quale tutto perde senso. E lo fa per bocca di Pietro... Spesso ci inganna attraverso le persone più care, le più
religiose, forse un prete, ma nessuno di questi ha l’esperienza della Gloria
che illumina la Croce.
E’
necessario allora un cammino di conversione serio come quello di Pietro. Deve
portarci alla Passione, cioè allo scandalo della Croce e alla verità su noi
stessi; ad essere in un certo qual senso spettatori come
Pietro, che si addormenta, vorrebbe far guerra ma poi tradisce, che segue da
lontano, che piange…
Dobbiamo vedere il
Mistero Pasquale sottratti alle alienazioni, contemplarlo cioè dalla nostra
debolezza conosciuta e accettata sino alle lacrime di pentimento, che
anticipano e preparano le acque del battesimo.
Sperimentare
che abbiamo tradito la chiamata, e scendere con Cristo nel sepolcro: Lui in
quello concreto di Gerusalemme, noi nell’angoscia, nella paura: ciò significa
concretamente restare nel Cenacolo, nella comunità dove abbiamo ricevuto il
Testamento di Cristo, la Santa Eucarestia, senza averne compreso il valore, il
senso, il potere.
Restare
lì, con i fratelli, tremando, dubitando, ma uniti nelle viscere della Chiesa,
dove potremo, finalmente, fare l’esperienza che Cristo è risorto e viene a cercarci; che ci mostra le sue piaghe d’amore,
gloriose, luminose. Ecco, dobbiamo arrivare a mettere le mani
nelle ferite di Cristo, toccare la Gloria che lo aspettava e lo ha accolto dopo
la Croce, la morte e il sepolcro.
Sperimentare
che mentre dormivamo, peccatori e incapaci di tutto, Gesù ci amava, ci salvava;
che dentro la Croce è nascosto il tesoro più grande, per noi e per il mondo.
Con Pietro dobbiamo arrivare a sperimentare e toccare la resurrezione che getta
un bagliore su ogni evento difficile della vita, per riconoscere in essi le
piaghe di Cristo.
“Prendere
la Croce” significa aver sperimentato che Gesù crocifisso è il Signore della
Gloria; che la Croce non è uno strumento di tortura e di morte, ma di
liberazione e di vita. Scoprire che quello che per il pensiero degli uomini non
deve accadere è proprio ciò che mi salva e guai se non accade!
Questa è
la differenza tra un cristiano e un pagano,
tra chi ha lo Spirito di Cristo disceso sul cenacolo, e chi non ce l’ha. Questa
è la differenza tra un “discepolo” che segue Cristo, e un orgoglioso, che lo
vuole anticipare.
La
differenza tra chi ha il pensiero del mondo e chi quello di Dio. Lui sa che siamo
peccatori, incagliati nella menzogna del demonio. Per liberarci deve
portarci a Gerusalemme con Cristo. “Deve” crocifiggerci con Lui… Non
c’è alternativa.
Allora
comprendiamo quale sia la parola più importante del Vangelo di questa domenica,
quella che lega la Buona Notizia alla nostra vita, la vittoria di Cristo al
nostro cuore: “se”.
Vuoi
essere discepolo di Gesù? Lui ti ha scelto, ti vuole con sé; ti ha chiamato e
accompagnato nella Chiesa. Hai camminato immerso nella sua fede, e, con Pietro,
hai riconosciuto che è il figlio del Dio vivente.
Ora,
“apertamente” Gesù ti dice che cosa significa per te essere un figlio di Dio.
Perché a questo sei chiamato, ad essere cristiano, cioè di Cristo, una
sua immagine conforme…
Lo vuoi
davvero? Vuoi stringere con Cristo questa alleanza che ti fa una cosa con Lui,
figlio nel Figlio che guadagna la sua vita perdendola e che non perde la sua anima
perché abbandona ogni desiderio mondano.
Figlio
che sperimenta la vita che non muore mentre tutto muore; figlio che “rinnega”
se stesso
e per
questo sa stare “tre giorni” nel sepolcro, con pazienza, senza toccare nulla
della storia, senza ribellarsi, muto e mite, docile e mansueto come un agnello
davanti ai suoi tosatori.
Figlio
che ogni giorno si alza per “andare a Gerusalemme” dove offrirsi per amore, e
compiere così la missione di rendere testimonianza alla verità. L’ufficio come
il sinedrio, il marito come Pilato, la moglie come Caifa, i figli come la folla
che voleva Cristo crocifisso…
E non lo
dimenticare mai, ogni pensiero del mondo è nemico della Croce, e, se si attacca
a tuo figlio, lo uccide… Poi "non potrà dare nulla in cambio della sua
anima". Vai allora, e muori per lui, perché in lui sia affermata la
Verità: annunciagli senza posa "qual vantaggio infatti avrà l'uomo se
guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima?".
Così
fece S.Ignazio di Loyola con Francesco Saverio, e questa parola erose il suo
orgoglio trasformandolo nel più grande apostolo dopo San Paolo. Era diventato,
semplicemente un figlio di Dio, un cristiano, un discepolo di Cristo ormai
capace di seguirlo ovunque.
Anche
dove il demonio con le sue menzogne impedisce al mondo di andare; per smentirlo
con i fatti e, con l’annuncio del Vangelo, mostrare che è falso quello che dice:
si può andare a Gerusalemme eccome, e perderci la vita per ritrovarla piena e
bellissima.
Pastori,
Vescovi, preti, suore, padri, madri, catechisti, siamo stati chiamati alla
Chiesa per essere formati e ricevere in dono la fede adulta, non per rimirarci
allo specchio, ma per annunciare “apertamente” al mondo, ovvero con “parresia”,
che la Croce è l’unico cammino alla felicità, alla “salvezza della
propria anima”, alla vita vera ed eterna.
Perché su di essa Gesù ha rinnegato se stesso per
affermare te e me, peccatori senza alcun diritto. Ha perduto la sua vita per
ritrovare la nostra, e così risorgere con noi.
Coraggio,
perché questo è il tempo nel quale dare a Cristo tutta la nostra vita. Non
l'hai mai fatto davvero, sino in fondo. Guarda bene e vedrai che stai
difendendo qualcosa. Sino ad oggi ci sono state delle intercapedini tra
te e Lui. Invisibili a occhio nudo, ma reali. In esse hai continuato a fare la
tua volontà, a gestire perfino la conversione, il ministero, la maternità e la
paternità, per saziare il tuo uomo vecchio.
Basta,
lasciati sedurre sino alla fine; abbandona
la tua volontà e obbedisci nelle piccole cose, triturando la tua volontà
infettata dal pensiero del mondo; e sperimenterai la gioia che nessuno potrà mai
toglierti, la libertà che solo donandosi per amore sulla Croce si
sperimenta.
αποφθεγμα Apoftegma
affinchè non ci dimenticassimo di noi stessi,
dato che è una terra tutta di idolatrie e di nemici di Cristo.
Noi non abbiamo in chi poter confidare e sperare se non in Dio,
dato che non abbiamo qua parenti,
né amici né conoscenti e non vi è alcuna pietà cristiana,
perché tutti sono nemici di Colui che fece il ciclo e la terra.
E per questa ragione siamo costretti
a riporre tutta la nostra fede, speranza e fiducia in Cristo nostro Signore
e non in alcuna creatura vivente.
In altri luoghi, dove il nostro Creatore, Redentore e Signore è conosciuto,
le creature sogliono essere causa e impedimento per farci dimenticare Dio,
come è l'amore del padre, della madre, dei parenti, amici e conoscenti,
oppure l'amore per la propria patria e l'avere il necessario,
tanto essendo sani come nelle malattie,
possedendo beni temporali o amici spirituali che ci aiutano nelle necessità corporali.
Ma soprattutto ciò che più obbliga a sperare in Dio
è la mancanza di persone che ci aiutino nello spirito:
di modo che qui, in terre straniere dove Dio non è conosciuto,
Egli ci concede tanta grazia che le creature ci costringono e ci aiutano
a non dimenticare di riporre tutta la nostra fede, speranza e fiducia nella Sua divina bontà,
mancando esse di ogni amore di Dio e di pietà cristiana.
San Francesco Saverio
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