SINTESI
Chiudiamo, eccome se chiudiamo, e quante volte, le porte in faccia ai fratelli. Come i Dottori della Legge ci appropriamo della chiave della scienza e ci infiliamo nel buio più pesto del non senso e vi trasciniamo quelli che ci sono vicini. Ai Dottori era stato affidato il tesoro più grande, la Scienza, ovvero la Torah, la Legge, l'Alleanza, la chiave dell'elezione e della missione del Popolo, e se ne erano appropriati nell'inganno demoniaco del potere e della vanagloria; chi ha le chiavi ha tutto, può decidere, può scegliere se aprire o chiudere, se far entrare nella felicità o lasciar fuori nella frustrazione. I Dottori della Legge invece di custodire il tesoro affidato, attraverso le chiavi della responsabilità e della fedeltà, se ne sono impadroniti facendone uno strumento per farsi dio e usurparne il posto. Accanto a noi è accovacciata la stessa perversione di appropriarci del tesoro che ci è affidato, i figli, il matrimonio, il lavoro, gli affetti, e la Grazia. Sì, afferriamo anche la Grazia facendone una nostra opera e accampiamo diritti. E così scandalizziamo i piccoli, perché la corruzione dei cristiani, chiude la porta della Vita a tutti. "Guai a noi" dice il Signore, infelici d'aver perduto il letto d'amore dove la vita, la pace e la gioia vera ci attendono. "Guai a noi" cadaveri ambulanti che vagano nei giorni disorientati senza Sapienza. Quante volte abbiamo disprezzato e spento la profezia nella nostra vita. Quante volte ci siamo tappati le orecchie per non sentire le parole di verità che illuminano i nostri cuori, preferendo la menzogna superba che ci dilania. Quanti sepolcri abbiamo aperto all'amore vero, quello che non fa sconti al peccato ma ha misericordia del peccatore. Ma il Signore Gesù ha cercato e raccolto la chiave. Era la Croce, dove ha compiuto la Scienza in amore. Anche oggi, anche ora, il Signore scende sino agli inferi quotidiani di tutti noi e con la Chiave della Croce ci spalanca le porte dei sepolcri, quelli costruiti per i profeti e nei quali, invece, precipitiamo ad ogni menzogna. In Lui e' svelata l'autentica sapienza, quella sublime dell'amore che riscatta e trasforma una vita schiacciata nell'egoismo e nella ricerca di sé in un dono totale. La Chiave della Croce apre il cuore indurito e chiuso nell'orgoglio; scioglie le catene della paura e della menzogna per aprire su nuovi orizzonti di verità. E, come a Pietro, il Signore ce le consegna nella Chiesa come frutto della fede. Nella comunità cristiana cresciamo, infatti, nell'esperienza che davvero Gesù è il Figlio di Dio vivo: lo abbiamo visto vincere sui nostri peccati, per questo non dubitiamo che le Chiavi che ci affida siano capaci di scardinare le tombe nelle quali giace chi ci è accanto, e schiudere per loro la porta del Cielo. Anche di un matrimonio che tanti, troppi anche nella Chiesa, ci consigliano di buttare. La Chiave che ha il potere di "sciogliere" in terra le catene della paura di farsi peccato per il peccatore, e di "legare" in Cielo ogni fallimento umano all'amore incorruttibile di Dio che lo trasforma in un successo eterno.
L'ANNUNCIO |
Per questo la sapienza di Dio ha detto: Manderò a loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno; perché sia chiesto conto a questa generazione del sangue di tutti i profeti, versato fin dall'inizio del mondo, dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa, che fu ucciso tra l'altare e il santuario. Sì, vi dico, ne sarà chiesto conto a questa generazione.
Guai a voi, dottori della legge, che avete tolto la chiave della scienza. Voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare l'avete impedito».
Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo ostilmente e a farlo parlare su molti argomenti, tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca.
(Dal Vangelo secondo Luca 11,47-54)
Caino e Abele |
A noi, a me e a te che siamo figli di questa generazione, figli della Chiesa di questo tempo concreto, "sarà chiesto conto del sangue di tutti i profeti, versato fin dall'inizio del mondo, dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa, che fu ucciso tra l'altare e il santuario". Quanti profeti ci sono stati inviati? Quante persone ci hanno annunciato il Vangelo? Quante occasioni per ascoltare e convertirci? E' bene fare memoria della storia d'amore intessuta dal Signore per noi. E perché noi? Perché Israele e non l'Egitto? Perché tu e non tua cugina? Perché nel mistero del'elezione, tu ed io fossimo il segno di Dio deposto dinanzi agli occhi di chi ci è accanto; un segno di contraddizione capace di annunciare la novità radicale del Vangelo, l'amore impensabile che vuole raggiungere ogni uomo. "Per questo la sapienza di Dio ha detto: Manderò a loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno": per chiedere conto a noi di tutta la storia che ci ha preceduti.
Che ingiustizia potremmo pensare, vero? Proprio come pensava Caino, con l'occhio che distorceva tutto, sempre mormorando, e non si accorgeva d'avere il peccato, la menzogna, accovacciata alla porta del suo cuore. Che c'entriamo noi con quello che hanno fatto gli antenati? E invece c'entriamo eccome! Innanzi tutto perché, come gli scribi e i farisei contemporanei di Gesù, ci crediamo anche noi migliori di molti, forse di tutti. Certamente dei pedofili e degli assassini che riempiono i telegiornali. Anche dei profeti ai quali non abbiamo creduto e che abbiamo perseguitato, pastori, catechisti, genitori, amici, marito, moglie...
Ma in fondo è perché, come Caino, siamo invidiosi, schiavi dei complessi con i quali il demonio, invidioso fin dal principio, ci ha contagiato. Uccidiamo perché non possiamo accettare la Verità, d'essere secondi, o terzi, in famiglia, a scuola, al lavoro, con gli amici. Uccidiamo perché dubitiamo di Dio e della vita che ci dona, non sappiamo offrirgliela con semplicità... Diffidiamo, come Caino, come il Popolo di Israele, come purtroppo sanno fare solo i religiosi, quelli che odorano di sacrestia e credono d'avere diritti presso Dio. Uccidiamo perché siamo frustrati nei progetti che Dio dovrebbe benedire e compiere.
E poi, proprio perché siamo figli di una lunga storia di salvezza, e i nostri occhi hanno visto miracoli che i profeti e i re avrebbero voluto contemplare e non hanno potuto, una grande responsabilità grava su di noi. Solo un moralista può pensarla come un peso. Un cuore innamorato e grato a Dio per il suo amore immeritato la vive come l'occasione per dare compimento alla propria vita, nella gratuità e nella gratitudine, fragranze soavi che accompagnano sempre un annuncio credibile del Vangelo. Non è dunque una profezia di sventura quella che oggi il Signore ci annuncia. E' una chiamata a conversione, seria e decisiva. Giunge il momento favorevole della resa dei conti, dove lasciare a Cristo i fallimenti dell'egoismo perché, finalmente, possiamo vivere con amore la missione che ci è stata affidata. Gli scribi e i farisei si erano appropriati della storia di salvezza e delle Grazie ricevute dal Popolo. Avevano rubato la "chiave della scienza" per saccheggiarne i tesori, escludendo perversamente i "poveri" e i "piccoli". Per questo Gesù rivela la sua missione come quella del Servo che viene a predicare la salvezza proprio agli esclusi, ai peccatori pubblici, agli "affaticati e oppressi". Offre loro il suo giogo, la Sapienza della Croce, e così fa luce e chiede conto di ogni abuso. E' Lui stesso la Sapienza crocifissa che chiede conto dell'elezione.
Che ingiustizia potremmo pensare, vero? Proprio come pensava Caino, con l'occhio che distorceva tutto, sempre mormorando, e non si accorgeva d'avere il peccato, la menzogna, accovacciata alla porta del suo cuore. Che c'entriamo noi con quello che hanno fatto gli antenati? E invece c'entriamo eccome! Innanzi tutto perché, come gli scribi e i farisei contemporanei di Gesù, ci crediamo anche noi migliori di molti, forse di tutti. Certamente dei pedofili e degli assassini che riempiono i telegiornali. Anche dei profeti ai quali non abbiamo creduto e che abbiamo perseguitato, pastori, catechisti, genitori, amici, marito, moglie...
Ma in fondo è perché, come Caino, siamo invidiosi, schiavi dei complessi con i quali il demonio, invidioso fin dal principio, ci ha contagiato. Uccidiamo perché non possiamo accettare la Verità, d'essere secondi, o terzi, in famiglia, a scuola, al lavoro, con gli amici. Uccidiamo perché dubitiamo di Dio e della vita che ci dona, non sappiamo offrirgliela con semplicità... Diffidiamo, come Caino, come il Popolo di Israele, come purtroppo sanno fare solo i religiosi, quelli che odorano di sacrestia e credono d'avere diritti presso Dio. Uccidiamo perché siamo frustrati nei progetti che Dio dovrebbe benedire e compiere.
E lo chiede oggi a noi. Ma è amore, è la gelosia che cerca ardendo di zelo ogni pecora perduta per la negligenza di pastori autoreferenziali, mercenari che hanno usato delle cose sante per saziare le proprie concupiscenze. E qui ci siamo tutti: vescovi, preti, religiosi e suore, padri e madri, catechisti e semplici cristiani. Tutti incatenati all'egoismo figlio della paura di morire; tutti speriamo di scamparla arraffando la Scienza, come un talismano dal quale ottenere prestigio e autorità, visibilità e gratificazione. Tutti come gli scribi e i farisei, ma anche come gli apostoli, sempre in cerca dei primi posti, di sedere alla destra e alla sinistra del Re Messia. Tutti dimenticando che la "scienza" vera è quella della Croce, vergata dal sangue dell'amore che sacrifica se stesso sino alla morte; nessuno cerca questa "scienza", nessuno sa neanche dove siano le sue "chiavi". Per questo Gesù viene a chiedere conto a ciascuno di noi della grande menzogna alla quale abbiamo creduto, e con la quale abbiamo ingannato i fratelli.
La "scienza" che abbiamo è falsa, è una volgare imitazione, ci gonfia per poi farci scoppiare miseramente. E' la "scienza" della superbia; con le sue "chiavi" abbiamo "chiuso" la porta del Regno in faccia ai piccoli che ci erano stati affidati. Abbiamo ingannato moglie e marito spacciando per "scienza" d'amore quello che era solo concupiscenza: sacrifici, parole, regali, tutto falso! Tutto per offrire a noi stessi l'affetto dell'altro. E, di fronte alla prima vera difficoltà, abbiamo "chiuso" la porta allo Spirito Santo, perché troppo pericoloso... E abbiamo così impedito a noi e al prossimo di "entrare" nella "casa della conoscenza" (la traduzione esatta dell'originale reso con "scienza"), ovvero la casa dello studio, la yeshivà dove gli ebrei scrutano la Torah. Tutto quello che Dio ci dona nella Chiesa è per annunciare agli altri il Vangelo della salvezza. E' per fare di noi gli apostoli che "aprono" le porte della comunità, delle piccole yeshivot dove i peccatori possono essere accolti, perdonati, istruiti, formati e ricreati, sino a diventare creature nuove, cristiani, figli di Dio. E' nella piccola comunità cristiana che un matrimonio può essere salvato; è qui che, alla luce della Parola e con la forza dei sacramenti gli sposi si scoprono peccatori entrambi, e bisognosi della stessa misericordia, sciogliendo in essa rancori e gelosie, tradimenti e incompatibilità; è nella comunità che possiamo tornare alle fonti della Grazia, e attingervi per rinvigorire ciò che si sta seccando; è in essa che si impara ad essere sposi, genitori, figli, preti... Perché è nella Chiesa che ci vengono consegnate, come a Pietro, le "chiavi" dell'obbedienza alla volontà di Dio, la capacità cioè di entrare nella storia di ogni giorno, anche nelle sofferenze, nelle ingiustizie, nei fallimenti. Perché solo nella comunità si può sperimentare al di là dei sentimenti e della logica umana la resurrezione di Cristo: con i fratelli, un giorno, due, mille, un anno, due, tre, dieci, venti, la stessa fedeltà indissolubile di Dio, lo stesso potere sul peccato e la divisione.
Ma il nostro orgoglio ha "chiuso" le porte della comunità a chi ci è accanto... In essa avremmo sperimentato la comunione autentica che annuncia il Paradiso, e invece sono due mesi che non parliamo. Ed è quello che accade alla Chiesa quando "chiude" le sue porte alle irruzioni dello Spirito, scacciando i carismi che Dio le dona, e impedisce ai poveri e ai peccatori di "entrare" nei cammini di conversione dove potrebbero incontrare la salvezza. I farisei e i dottori avevano le "chiavi" di questa casa, "le chiavi della scienza" appunto. Come i vescovi, i presbiteri, i genitori, tu ed io, inviati in ufficio, a scuola o in un ospedale. Che ne facciamo? Ci lasciamo sorprendere dallo Spirito Santo o ci "chiudiamo" impauriti?
Lasciamo che l'amore di Dio giunga a chi ci è accanto nelle forme e nei tempi che non avevamo previsto, o "chiudiamo" con superbia la saracinesca perché lo Spirito non è arrivato in orario? Riconosciamolo, quanti "sepolcri" abbiamo aperto alla profezia e ai profeti, che ci hanno annunciato inaspettatamente l'amore vero, quello che non fa sconti al peccato ma ha misericordia del peccatore; quello che annuncia Papa Francesco, e del quale continuiamo a scandalizzarci. Forse anche ieri abbiamo seppellito un profeta. Forse era proprio "Abele", nostro fratello; forse era nostro figlio, ferito e peccatore, che, in quella sua infinita debolezza, era una profezia del miracolo che l'amore di Dio voleva compiere. E invece abbiamo "chiuso" ogni possibilità, "chiusi" nell'orgoglio di padre ferito... Ma non è finita! Oggi, ora possiamo aprirci alla Grazia, ai carismi che rinnovano la Chiesa e ciascuno di noi, i doni che si nascondono nelle persone e negli eventi più impensati; soprattutto nella Croce, la "chiave" che apre il cuore indurito e chiuso nell'orgoglio. La chiave consegnata a Pietro, per aprire e chiudere, legare e sciogliere, in terra e in Cielo. La chiave consegnata alla Chiesa perché, mossa dallo Spirito, conduca le generazioni ad entrare nella casa eterna di Dio.
Ma il nostro orgoglio ha "chiuso" le porte della comunità a chi ci è accanto... In essa avremmo sperimentato la comunione autentica che annuncia il Paradiso, e invece sono due mesi che non parliamo. Ed è quello che accade alla Chiesa quando "chiude" le sue porte alle irruzioni dello Spirito, scacciando i carismi che Dio le dona, e impedisce ai poveri e ai peccatori di "entrare" nei cammini di conversione dove potrebbero incontrare la salvezza. I farisei e i dottori avevano le "chiavi" di questa casa, "le chiavi della scienza" appunto. Come i vescovi, i presbiteri, i genitori, tu ed io, inviati in ufficio, a scuola o in un ospedale. Che ne facciamo? Ci lasciamo sorprendere dallo Spirito Santo o ci "chiudiamo" impauriti?
Lasciamo che l'amore di Dio giunga a chi ci è accanto nelle forme e nei tempi che non avevamo previsto, o "chiudiamo" con superbia la saracinesca perché lo Spirito non è arrivato in orario? Riconosciamolo, quanti "sepolcri" abbiamo aperto alla profezia e ai profeti, che ci hanno annunciato inaspettatamente l'amore vero, quello che non fa sconti al peccato ma ha misericordia del peccatore; quello che annuncia Papa Francesco, e del quale continuiamo a scandalizzarci. Forse anche ieri abbiamo seppellito un profeta. Forse era proprio "Abele", nostro fratello; forse era nostro figlio, ferito e peccatore, che, in quella sua infinita debolezza, era una profezia del miracolo che l'amore di Dio voleva compiere. E invece abbiamo "chiuso" ogni possibilità, "chiusi" nell'orgoglio di padre ferito... Ma non è finita! Oggi, ora possiamo aprirci alla Grazia, ai carismi che rinnovano la Chiesa e ciascuno di noi, i doni che si nascondono nelle persone e negli eventi più impensati; soprattutto nella Croce, la "chiave" che apre il cuore indurito e chiuso nell'orgoglio. La chiave consegnata a Pietro, per aprire e chiudere, legare e sciogliere, in terra e in Cielo. La chiave consegnata alla Chiesa perché, mossa dallo Spirito, conduca le generazioni ad entrare nella casa eterna di Dio.
αποφθεγμα Apoftegma
E proprio qui, ai piedi di questa stupenda policromia Sistina,
si riuniscono i cardinali -
una comunità responsabile per il lascito delle chiavi del Regno.
Giunge proprio qui.
La policromia sistina allora propagherà la Parola del Signore:
Tu es Petrus - udì Simone, il figlio di Giona.
"A te consegnerò le chiavi del Regno".
La stirpe, a cui è stata affidata la tutela del lascito delle chiavi,
si riunisce qui, lasciandosi circondare dalla policromia sistina,
da questa visione che Michelangelo ci ha lasciato -
"Con-clave": una compartecipata premura del lascito delle chiavi, delle chiavi del Regno.
Ecco, si vedono tra il Principio e la Fine,
tra il Giorno della Creazione e il Giorno del Giudizio.
E' dato all'uomo di morire una volta sola e poi il Giudizio!
Una finale trasparenza e luce.
La trasparenza degli eventi -
La trasparenza delle coscienze -
Bisogna che, in occasione del conclave, Michelangelo insegni
al popolo -
Non dimenticate: Omnia nuda et aperta sunt ante oculos Eius.
Tu che penetri tutto - indica!
Lui additerà...
Giovanni Paolo II, Trittico
Giovanni Paolo II, Trittico
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