29 Luglio. Santa Marta. Commento completo







Una bella faccia tosta Marta. Si "fa avanti", e già si muove male... Tutto in lei è un "farsi avanti", mentre tutto in Maria è un farsi indietro, tanto indietro da "sedersi ai piedi di Gesù". E' il contrasto tra l'atteggiamento di chi si fa discepolo e quello di chi si fa maestro. Maria è discepola, Marta si crede maestra. E le accade come a Pietro, che va avanti a Gesù e gli si mette di traverso per farlo inciampare sul cammino verso la Croce: "torna indietro satana, tu mi sei di scandalo, perché tu pensi secondo gli uomini e non secondo Dio". Anche Marta, "presa dai molti servizi", è schiava come Pietro del pensiero mondano, sempre ispirato dal tentatore, “shatan”. Il pensiero di Pietro e di Marta, singolarmente simili, sono dunque delle tentazioni poste a Gesù. La sua risposta, tanto a Pietro come a Marta, è innanzitutto in difesa della volontà di Dio, attraverso la quale difende anche la loro salvezza. Pietro lo voleva sviare dall'offerta di se stesso; Marta voleva che le facesse giustizia con sua sorella. Entrambi non accettano la propria storia, e cercano di tirare Gesù dalla propria parte, a seguire il proprio "pensiero" e dargli compimento. E' l'atteggiamento pericoloso che ritroviamo in quel tale che si avvicina a Gesù chiedendogli di dire al fratello di dividere con lui l'eredità. E Gesù risponde: "O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi? Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell'abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni" (Lc 12, 13-15). Gesù non è il giudice che esigeva Marta, non è stato "accolto" nella sua casa per farle giustizia, per soddisfare la sua "cupidigia". Lui è lì per molto di più che aggiustare la sua vita. Al proposito è molto interessante sottolineare i termini usati da Luca per descrivere Marta: "Marta è qualificata quasi come la donna degli aoristi, delle azioni puntuali: «accoglie» Gesù come un’azione fra tante nel corso della giornata... Ne emerge il ritratto di una donna frammentata interiormente, e la sua mancanza di orientamento la porta a giudicare allo stesso modo l’atteggiamento della sorella: secondo Marta, Maria l’ha «lasciata» sola a servire e dovrebbe invece «aiutarla». Tenendo conto che anche questi verbi sono all’aoristo, bisogna interpretarli nel senso che Marta esige dalla sorella fatti concreti, occasionali, azioni di un momento, “cose da fare”. Due soli verbi all’imperfetto caratterizzano Marta: «aveva» una sorella (v. 39) e, soprattutto, «era tutta presa» dal molto servizio" (R. Fornara). Luca descrive Marta come "una donna che aveva una sorella", nel senso che la sua vita dipendeva da quella relazione; ciò che la definiva era Maria, e, proprio per questo, dev'essere stata molto difficile la loro relazione. Sembra una scaramuccia come le tante che si incendiano anche nelle nostre case. Eppure nasconde un Vangelo, una Buona Notizia così importante da indurre Luca a scrivere l'episodio e a tramandarlo a ogni cristiano. Quanti di noi soffrono perché "hanno una sorella", o un fratello, o un padre, una madre, una moglie, un figlio che, come Maria per Marta, con la loro attitudine contestano la nostra? Tutti, nessuno escluso; anche il parroco soffre perché "ha un vice-parroco", una suora perché "ha una consorella"... Le relazioni sotto lo stesso tetto sono così importanti da assorbire il nostro cuore. Marta e Maria sono il paradigma di ogni famiglia, e da qui ha inizio tutto. Non a caso Gesù dice che "chi non odia suo padre, sua madre, i suoi fratelli, non può essere mio discepolo" come Maria. Marta era "presa" da qualcosa che l'aveva resa insofferente, ansiosa, alienata; e quindi gravida di giudizi, al punto di rivolgersi al Signore con la presunzione e l'orgoglio di essere nel giusto, ed esigere da Lui la giustizia che sembrava esserle dovuta. Un laccio affettivo l'aveva "presa" e la teneva schiava, come noi. "Presa", infatti, traduce il greco "perispao", che significa letteralmente "essere ansioso”, “vivere in una grande tensione", ma anche "essere distratto". La "diaconia" si era trasformata in un idolo nel quale cercava vita e gratificazione, il "servizio" l'aveva afferrata fin entro il suo intimo, inquinando i suoi "pensieri". Era ormai "distratta" dall'Ospite per il quale era indaffarata, allontanata dallo stesso motivo per cui era indaffarata. Il cuore del Vangelo di oggi è nascosto qui: aveva invitato Gesù, accidenti, e ora quell'invito le era diventato pesante. Che cosa era successo? Era successo che la presenza di Gesù, il suo essere l'unico di cui davvero c'è bisogno, la parte buona e migliore della vita, aveva scatenato in lei i demoni che l'avevano "presa" al laccio della menzogna originale. Maria, la sua sorella, la carne della sua carne, era in quel momento divenuta lo specchio della parte migliore di lei stessa; in essa le era annunciata la chiamata e l'elezione che significava la visita di Gesù. Senza dire una parola, "seduta ai piedi di Gesù", Maria stava smascherando il suo uomo vecchio, che si corrompe dietro le passioni ingannatrici. Maria era la discepola che anche Marta era chiamata a diventare. Ma, di fronte a questo, "presa" dall'inganno del demonio, ella resisteva: l'uomo vecchio non accettava di essere rinnegato... E per questo giudicava Maria, perché, in fondo, come sempre accade quando giudichiamo un fratello, Marta stava giudicando  e disprezzando se stessa; voleva giustizia da Gesù per giustificare la sua superficialità e durezza di cuore, e non soffrire il cammino della conversione. Attenzione però, perché un testo rabbinico del tempo affermava: “Questi sono i lavori che deve fare una donna per il marito: cucire, lavare, cucinare, allattare i bambini, pulire la casa e lavorare la lana...”. E Marta rappresenta proprio il ritratto della donna perfetta... Ora però non aveva più davanti lo sposo della carne, si profilava nella sua vita una nuova relazione, al di là della carne. Era davanti a Lei lo Sposo della sua anima, Colui che era venuto sino a casa sua per donarle l'autentica perfezione. Essa, infatti, non mira a un compimento esteriore della Legge, ma all'amore. E l'amore rivelato in Cristo non sa giudicare... Marta, invece, era ancora nella dimensione limitata della carne, e giunge in quel momento a giudicare addirittura Gesù; erano gli attacchi violenti del demonio che la inducevano a pensare male di Lui: "non ti curi" di me? Hai solo occhi per mia sorella? Non vedi che sto qui penando per accoglierti degnamente, come una perfetta donna della Scrittura, mentre mia sorella se ne sta "seduta" a non far niente? A che cosa le era servito il suo "servizio"? A nulla, anzi a qualcosa sì, a peccare. C'è in questo breve passaggio tutta la tensione e il dramma del parto battesimale: in Marta appare l'uomo della carne visitato da Cristo che lo chiama ad uscire da se stesso, a "sedersi" ai suoi piedi, ad accoglierlo come l'unico Sposo (i piedi, nella Scrittura, fanno anche riferimento agli organi sessuali, non vi scandalizzate). Marta è ancora "presa" dal pensiero del mondo, ma Gesù che ha attirato a sé sua sorella Maria, è come una bomba gettata in quel groviglio di passioni, gelosie, invidie e rancori che albergano nel suo cuore. Dal momento che vi è entrato il Signore, la sua casa - quelle mura nelle quali la carne l'ha fatta da padrona - è destinata a divenire una Chiesa, un'assemblea convocata dalla Parola di Dio, la comunità che ha sperimentato la risurrezione di Gesù, la celebra e la vive nell'amore e nell'unità. Ma Marta l'aveva accolto, e questo era l'importante. Su quel moto sincero e retto del suo cuore Gesù stava cominciando in lei l'opera che l'avrebbe trasformata in una discepola. Basta accogliere, non importa come, poi Gesù fa il resto... Anzi, è fondamentale quel passaggio dove si prende coscienza della propria realtà di peccatori. Il Signore, infatti, non sarebbe potuto scendere a Betania per risuscitare Lazzaro, se prima non vi ci si fosse recato come ospite per smascherare il cuore di Marta e chiamarla a conversione. Oggi la celebriamo come santa perché è stata visitata e amata così com'era, centrata su stessa, orgogliosa e superba. La sua santità che ha brillato nella stupenda professione di fede in Gesù e nella sua resurrezione fatta mentre il suo fratello Lazzaro era ancora morto, inizia qui, dallo svelamento della propria povera realtà (Betania significa "casa del povero"), e dalle parole profetiche di Gesù. Anche per Marta sarebbe arrivato il momento di rinnegare se stessa e di seguire il Signore, esattamente come accadde a Pietro. Anche Marta avrebbe smesso di "farsi avanti" per sedersi ad ascoltare la Parola di Gesù, ma doveva scendere i gradini dell'umiltà, e sperimentare che solo l'amore di Cristo sarebbe potuto scendere e amare la sua piccoezza. Così, anche a noi, che viviamo i nostri rapporti esattamente come Marta, è rivolto lo stesso annuncio: Maria, la Chiesa, la tua comunità concreta, ha scelto la "parte buona", non solo la migliore tra altre buone. Cammina con Maria allora, "cammina sedendoti" come un discepolo ad ascoltare l'unica Parola buona per la tua vita. Ascolta la predicazione della Chiesa, abbraccia la Parola come una sposa, stringiti a Cristo in ogni istante della tua vita, lascia che faccia di te carne della sua carne. Ascolta e vedrai crescere in te la fede sino a divenire adulta, e in essa saprai obbedire alla volontà di Dio, amando oltre te stesso. Coraggio Marta, coraggio a te e a me che, come lei, ci "preoccupiamo" delle cose del mondo e "ci agitiamo" per quello che ci sarà tolto! E' preparata per noi la novità di vita che ha reso libera Maria. Era donna, e per questo non le era concesso sedere ai piedi del Rabbì. Eppure, nella libertà che Gesù ha offerto a tutti, ella "sceglie" di essere sua discepola, come ogni uomo. Maria è così la profezia luminosa per ogni donna liberata dagli stereotipi che la cultura dominante le appiccica addosso: Maria è la donna libera perché ha scoperto in Gesù l'amore gratuito, e ascoltandolo, può mettersi a servizio di ogni persona come donna, sposa e madre. Così anche noi nella Chiesa, troviamo dignità e libertà, che solo scaturiscono da un cuore perdonato e rigenerato. Chiediamoci allora, sinceramente, per chi sono, oggi, i nostri occhi? C'è Gesù, lo abbiamo accolto con amore, con gioia, ma per caso il nostro sguardo si perde tra giudizi e mormorazioni? Gli occhi tradiscono il cuore. "La lucerna del corpo è l’occhio; se dunque il tuo occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce; ma se il tuo occhio è malato, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!" (Mt. 6, 22-23). Non abbiamo forse lo sguardo piantato su noi stessi, dimenticando il Signore che è proprio lì, accanto a noi. Abbiamo bisogno di occhi per la Parola, perché la Parola è un uomo - il più bello tra figli dell'uomo - e sguardi, e amore vero e visibile; perché la Parola si ascolta e si guarda. La Parola si contempla, come e più del volto dell'innamorato. La Parola di Gesù è Lui stesso, la parte buona, l'unica, della vita. In fondo, nel brano di oggi l'importante e Gesù, l'ospite d'onore della vita di ogni uomo. Non lo sono né Marta né Maria. E' Lui il centro, il cuore e la fonte della vita per entrambe. Nella Chiesa possiamo guardarlo con il cuore, spalancargli le porte, accovacciarci ai suoi piedi come un discepolo, e pendere dalle sue labbraIl suo amore, infatti, è l'unica nostra possibilità di amare. E' Lui l'indispensabile, lo sappiamo, lo abbiamo sperimentato. Allora, cominciamo oggi a sventolare la bandiera bianca di fronte alla nostra superbia. Chiediamo al Signore la Grazia di stare, oggi, con Lui. Che tutto il nostro desiderio, che ogni nostro pensiero, che ogni sguardo sia per Lui: "Chi altri avrò per me in cielo? Fuori di te nulla bramo sulla terra" (Sal. 16). "Il mio bene è stare vicino a Dio: nel Signore Dio ho posto il mio rifugio" (Sal 72). Che sia davvero il Signore la "mia parte di eredità e il mio calice".  Sant’Agostino commenta: "Il Salmista non dice: O Dio, dammi un’eredità! Che mi darai mai come eredità? Dice invece: tutto ciò che tu puoi darmi fuori di te è vile. Sii tu stesso la mia eredità. Sei tu che io amo… Sperare Dio da Dio, essere colmato di Dio da Dio. Egli ti basta, fuori di lui niente ti può bastare". Nelle Parole di Gesù rivolte a Marta risuona questo salmo, e sono parole che schiudono alla vita eterna, alla vita salvata dalla corruzione; tutte le esperienze, ogni evento fissato in eterno dall'intimità con il Signore. Il Cielo è l'eredità magnifica che ci attende, anticipata dalla Parola del Signore preparata per noi e vissuta nella Chiesa. E' la parte buona della quale Maria, seduta ai piedi di Gesù, ha cominciato a gustarne le primizie. Quell'eredità nella quale anche Marta ha imparato a credere, sino al limite della morte che ha visitato il fratello amato. Al termine del suo cammino di conversione "uscirà di casa incontro a Gesù", rinunciando ai suoi pensieri, per prostrarsi anche lei ai piedi di Gesù; e lì, anche di fronte alla corruzione della morte, Marta professa la fede nella risurrezione, contro ogni speranza umana. Ha terminato il suocatecumenato, è pronta ad immergersi con Gesù nell'acqua del battesimo per risorgere con Lui, come vedrà compiersi in suo fratello Lazzaro. Il cammino di Marta è il nostro cammino: anche noi abbiamo accolto il Signore, ma chissà, forse stiamo ancora esigendo da Lui che ci sistemi le cose, che risolva i conflitti della nostra carne. Coraggio allora, passiamo con Marta, accompagnati dalla Chiesa, dalla mormorazione alla fiducia, dal giudizio alla gratitudine, dalla tristezza alla gioia, dal moralismo alla fede e all'amore vero, gratuito, purificato. La Parola di Verità ha avuto ragione delle sue ragioni e le ha donato un cuore nuovo, colmo di speranza, fede e carità. L'opera della Grazia in lei è preparata per ciascuno di noi, perché ascoltarlo, obbedire e guardarlo operare nei fratelli e in noi è già la Vita eterna. Tutto di noi è già eterno; in Lui, con Lui, per Lui è già gioia piena e dolcezza senza fine.
  
"Il Signore è il nostro specchio
aprite gli occhi e volgetevi a lui,
osservate come sono i vostri volti!
Glorificate altamente il suo Spirito!
Togliete lo sporco dai vostri visi,
amate la sua santità e rivestitevene,
siate irreprensibili al suo cospetto. Alleluia!"



Odi di Salomone, 13


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