Santa umiltà di Cristo, chi ti potrà trovare?
Simei tira le pietre al Re Davide |
αποφθεγμα Apoftegma
Mediante l'umiltà viviamo con Dio,
e Dio vive con noi in una vera pace;
in essa si trova il fondamento vivo di ogni santità.
L'uomo umile rinuncia alla propria volontà
e si abbandona spontaneamente nelle mani di Dio.
Così diviene una sola volontà e una sola libertà con la volontà divina.
E questo è proprio il fondo dell'umiltà.
La volontà di Dio, che è la libertà,
ci toglie ogni spirito di timore
e ci rende liberi e vuoti da noi stessi.
Allora Dio ci dà lo Spirito degli eletti,
che ci fa gridare con il Figlio : «Abba, Padre».
Beato Jan Ruysbroeck
In un manoscritto ebraico scoperto nel 1898 nel cosiddetto Cairo Genizah, il luogo dove in una sinagoga del Cairo venivano “sepolti” i manoscritti logori contenenti le Sacre Scritture, è stato trovato questo frammento: "Venite a me, voi che siete senza istruzione, prendete dimora nella mia casa di studio [beit midrash]. Quanto tempo volete rimare privi di queste cose, mentre la vostra anima ne è tanto assetata? Ho aperto la bocca e ho parlato della sapienza: Acquistatela senza denaro. Sottoponete il collo al suo giogo, e permettete alla vostra anima di portare il suo carico. Essa è vicina a quelli che la cercano e la persona che dà la sua anima la trova. Vedete con gli occhi che poco mi faticai, ma ho perseverato fino a quando non l’ho trovata". Dunque il "giogo" di Gesù è la "casa di studio" dove Lui insegna e dove possiamo imparare: nel greco originale, infatti, "imparate" (màthete) significa proprio "studiate". L'umiltà e la mitezza si studiano, e il libro è Cristo, la sua stessa vita incarnata nella nostra esistenza. Studiare le sue parole, il suo pensiero, i suoi sentimenti, sino ad assumerli e a farli nostri. Nulla di sentimentale o moralistico, piuttosto il com-prendere, il prendere-con noi, su di noi, il giogo della Torah, il carico leggerissimo dello straordinario compiuto in Cristo. Prendere con noi una vita inchiodata a letto, o stretta nella precarietà; prendere con noi una relazione difficile, dalla quale è sparito l'incanto della passione; prendere con noi un lavoro senza gratificazioni umane, con colleghi che ti fanno la guerra; prendere con noi anche una depressione, come gli altri un giogo pesantissimo per chi non conosce Cristo. Un giogo che, senza la Grazia, schiaccia e uccide: e questo spesso accade anche nelle nostre parrocchie, invase dallo spirito mondano, dove tutto è esigenza: esigenza di legalità, esigenza di coerenza, esigenza di impegno, solidarietà. Ce lo vorrebbero imporre da fuori, dalle cattedre e dai giornali dei maestri del pensiero unico che determina la cultura della società civile; ce lo vorrebbero imporre anche da dentro, quando i parroci si sentono frustrati e cominciano ad esigere dai parrocchiani che facciano, facciano, partecipino, si tirino su le maniche. E riducono la Chiesa un luogo di leggi, di obblighi, di volontariati asfissianti: "Gli scribi e i Farisei seggono sulla cattedra di Mosè. Fate dunque ed osservate tutte le cose che vi diranno, ma non fate secondo le opere loro; perché dicono e non fanno. Difatti, legano dei pesi gravi e li mettono sulle spalle della gente; ma loro non li vogliono muovere neppure con un dito" (Mat. 23:2-4). Ciò significa che, proprio mentre si esige impegno si scappa dalla storia. E' l'esatto contrario del cristianesimo. Non così "Mosè", che "era un uomo molto umile, più di ogni altro uomo sulla faccia della terra.” (Numeri 12,3). E perché? Perché aveva conosciuto se stesso, fragile, incoerente, mascalzone, ma eletto, chiamato a prendere il "giogo" di Cristo, e aprire al Popolo il cammino nel deserto. E' mite, infatti, chi ha imparato che la lotta d'ogni giorno non è contro le creature di carne, contro suocere o mariti o mogli o figli o colleghi di lavoro o coinquilini di condominio. Il combattimento, invece, è contro il demonio, il padre della menzogna e dell'orgoglio. In questa lotta occorre imbracciare le armi della fede, la Parola, lo zelo per il Vangelo, il suo amore infinito. La fede, la speranza e la carità, i doni del Cielo riservati a chi reclina il proprio capo sul petto di Gesù, assumendo lo stesso "giogo", l'unico che darà senso e compiutezza alla vita. Esattamente come il "giogo" serve agli animali per compiere il loro lavoro. Il Signore ci chiama a immergere la nostra mente nel suo cuore, la fonte della mitezza e dell'umiltà, la porta al riposo e alla pace. Ci aiuta la figura di Davide, un peccatore che non ha mai dubitato dell'amore di Dio; e ha preso il "giogo" su di sé, che significa anche accettare le conseguenze dei propri peccati senza esigere un perdono che cancelli la realtà. Dio perdona, e i peccati non esistono più. Certo, ma le conseguenze restano. Per questo Davide, di fronte a Simei che lo insultava mentre scappava da Gerusalemme braccato da suo figlio Assalonne, accetta l'umiliazione, il "giogo" legato al perdono (leggi 2 Sam 16). E non si ribella, sperando che proprio l'umiliazione lo possa condurre alla conversione e alla misericordia. Ecco, nella trama della storia, vi sono disseminate le occasioni per convertirci. Abbiamo tanto peccato, ed è una Grazia che, sul cammino, ci si accostino tanti Simei a lanciarci pietre e a inveire contro di noi: a casa, a scuola, al lavoro, ogni occasione di umiliarci è un dono di Dio. Attraverso di esse potremo imparare l'umiltà e la mitezza di fronte alla storia. Impariamo allora la mitezza caricandoci del giogo di Cristo, che ci dona l'audacia di ritornare a Dio: è questa l'umiltà, la mitezza autentica, il cuore secondo Dio che Lo conosce e non dubita di Lui, mai. Neanche davanti alla caduta più atroce, mai. Neanche dinanzi alla contraddizione più umiliante, mai. Nella certezza che, crocifissi con Cristo, nulla e nessuno potrà mai separarci dal suo amore.
L'ANNUNCIO |
Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò.
Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime.
Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero».
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