25 Aprile. San Marco Evangelista





αποφθεγμα Apoftegma

La presentazione del messaggio evangelico 
non e' per la Chiesa un contributo facoltativo: 
e' il dovere che le incombe per mandato del Signore Gesu'
affinche' gli uomini possano credere ed essere salvati
Si, questo messaggio e' necessario. E' unico. E' insostituibile. 
Non sopporta ne' indifferenza, ne' sincretismi, ne' accomodamenti. 
E' in causa la salvezza degli uomini
Esso rappresenta la bellezza della rivelazione. 
Comporta una saggezza che non e' di questo mondo. 
È' capace di suscitare, per se stesso, la fede, 
una fede che poggia sulla potenza di Dio. 
Esso e' la Verita'. 
Merita che l'Apostolo vi consacri tutto il suo tempo, 
tutte le sue energie, e vi sacrifichi, se necessario, la propria vita.

Paolo VI, Evangelii nuntiandi














L'ANNUNCIO

Dal Vangelo secondo Marco 16,15-20

In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi credera' e sara' battezzato sara' salvato, ma chi non credera' sara' condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non rechera' loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Il Signore Gesu', dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. 
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.










CON CRISTO NON SUBIAMO LA VITA, MA LA SPENDIAMO DA PROTAGONISTI

Accadono tragedie in questo tempo nel Mar Mediterraneo; fondamentalismi e regimi dispotici fanno a fette la dignità delle persone; nascono nuove aberranti ideologie sul ceppo di quelle antiche che hanno polverizzato intere generazioni. Accade che, di nuovo, il male è chiamato bene e il bene considerato male. Ma oggi ci sono i media, e i social networks, e gli organismi internazionali, e di fronte a tanto male si moltiplicano le ricette per combatterlo, e i guru che sanno tutto di tutto spuntano come funghi. Anche a casa nostra, in famiglia, e poi nel condominio, al lavoro, a scuola, al mercato. Spesso anche nella Chiesa, nelle nostre parrocchie, nelle comunità, nei gruppi e nei movimenti, nelle Diocesi e negli Ordini Religiosi. Ovunque sembra regnare la confusione, con scampoli di Verità affermati come assoluti. Ma Dio non si e' fatto carne, non e' entrato nella morte, non e' risorto per dare una pacca sulle spalle dell'umanita', un incoraggiamento e una consolazione di marmellata, una soluzione a buon mercato. C'e' di mezzo salvezza e condanna per "ogni creatura". Dimenticare il dramma che costituisce la vita dell'uomo, la reale possibilita' di perdere o salvare la propria anima e' forse il rischio piu' grande che corre la Chiesa. Se essa non freme di zelo e compassione autentiche per "ogni creatura", compromette la sua missione. La Chiesa e' mandata ad annunciare il Vangelo, custodendo il deposito della fede che si fa visibile attraverso segni concreti e inequivocabili negli apostoli e in chi accoglie il loro annuncio: "Evangelizzare, infatti, e' la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identita' piu' profonda. Essa esiste per evangelizzare, vale a dire per predicare ed insegnare, essere il canale del dono della grazia, riconciliare i peccatori con Dio" (Paolo VI, Evengelii nuntiandi). Gesu' e' risorto e dal Cielo accompagna i discepoli "dappertutto" agendo con loro, autenticando la loro parola con i segni celesti che svelano la presenza di Dio. Sono segni soprannaturali, opere, prodigi, miracoli che l'uomo, per quanto onesto, buono, rispettoso non può compiere. Su di essi vi è, inconfondibile, il copyright di Dio. Opere di Dio nella carne debole degli uomini, che svelano la loro natura celeste. Di conseguenza, naturalmente, chi crede al Vangelo opera quanto esso annuncia; e' passato dalla morte alla vita e ogni sua opera ha il sapore del Cielo, come un aereo che supera la barriera del suono, essa oltrepassa la barriera della carne e della corruzione. Il veleno che uccide, la condanna di chi non crede, non reca danno a chi ha oltrepassato la soglia del sepolcro. Il veleno dell'invidia, del rancore, del giudizio, del male, non puo' nulla in chi crede. Gli apostoli passano indenni nelle fiamme delle persecuzioni, la loro fede vince il mondo. Attraverso di essa giunge agli uomini la stoltezza della predicazione, e coloro che accolgono l'annuncio degli apostoli ricevono gratuitamente la loro stessa fede. Parlano la nuova lingua del Vangelo, radice incorruttibile dell'amore e vincolo dell'unita', i segni offerti al mondo perche' possa credere. Cosi', la stessa fede che muove gli araldi del Vangelo, irrora la vita di chi lo accoglie, ed essa si fa visibile come un sigillo nei segni che l'accompagnano. Esattamente gli stessi segni accompagnano la fede di chi annuncia e di chi crede: quello che gli apostoli predicano e mostrano appare in coloro che accolgono e credono. 



I segni di cui ci parla il Signore non si possono pianificare in un consiglio pastorale, preparare nelle riunioni delle Conferenze Episcopali. Non si studiano. Sono miracoli, saette che trafiggono il banale grigiore che si abitua a tutto. Gesù non ha frequentato un corso su Dio, non lo ha conosciuto all'universita', fosse anche la Gregoriana; Gesu' era, semplicemente, suo Figlio. Cosi' e' di ogni figlio nel Figlio, di ogni cristiano. Cosi' e' per la Chiesa che attraversa i secoli con lo zelo appassionato che freme di compassione, e la spinge ad andare dappertutto, nella consapevolezza che ogni evento che la riguarda, ogni persecuzione, ciascun istante della vicenda concreta dei suoi apostoli, e' legato ed e' favorevole e contribuisce al bene delle anime e alla missione di annunciare il Vangelo. Nulla della nostra vita è fine a se stesso, perche' tutto è in funzione della missione alla quale siamo chiamati. Il veleno che oggi ciascuno di noi dovra' bere - l'incomprensione del marito, la ribellione del figlio, la malattia, la precarieta' economica - e' il segno con il quale il Signore accompagna e sostiene e certifica la nostra fede e quella di coloro ai quali siamo inviati. Anche oggi prenderemo in mano il serpente antico, il seduttore di tutta la terra, la menzogna che che avvelena la vita di ogni uomo, e lo renderemo innocuo in virtu' della fede, per noi e per chi ci e' accanto. Parleremo lingue nuove, la lingua dell'amore che solo in Cielo si parla, quella che supera le grammatica della carne con i suoi limiti per distendersi sulle declinazioni che raggiungono le debolezze, le sofferenze, le ansie e le speranze di chi ci e' posto accanto senza il filtro dei nostri criteri, senza le correzioni che l'affettivita' vorrebbe apporre alle parole che descrivono la loro vita. Guariremo i malati, sì, in virtu' della fede toccheremo il cuore ferito di chi ci è vicino deponendovi la misericordia di Dio. La Chiesa annuncia il Vangelo con i segni della Croce, gli stessi compiuti da Mose' con il suo bastone dinanzi al Faraone; non ve ne sono altri, perche' il Vangelo e' la buona notizia che rivela la sapienza della Croce. La nostra storia concreta, infatti, è un segno materno per i figli, i coniugi, i fidanzati, gli amici, i colleghi. Tutto e' segno di un amore che vince la morte e il peccato, e che trasforma la condanna in Grazia. Anche oggi siamo mandati dappertutto, in ogni istante della nostra giornata, e nulla ci e' indifferente, da nessuna situazione dobbiamo scappare. Niente ci cade addosso improvviso, perche' è il Signore che ci invia a vivere ogni evento da risorti con Cristo; non subiamo la vita, la affrontiamo da protagonisti, come la missione più importante: liberare i prigionieri, cancellare la condanna che pesa su ogni uomo, spalancare per tutti le porte del Cielo, il destino di felicità eterna che il Vangelo annuncia: "il mondo, che nonostante innumerevoli segni di rifiuto di Dio, paradossalmente lo cerca attraverso vie inaspettate e ne sente dolorosamente il bisogno, reclama evangelizzatori che gli parlino di un Dio, che essi conoscano e che sia a loro familiare, come se vedessero l'Invisibile" (Paolo VI).










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