Giovedì della XXVIII settimana del Tempo Ordinario



E proprio qui, ai piedi di questa stupenda policromia Sistina,
si riuniscono i cardinali -
una comunità responsabile per il lascito delle chiavi del Regno.
Giunge proprio qui.
La policromia sistina allora propagherà la Parola del Signore:
Tu es Petrus - udì Simone, il figlio di Giona.
"A te consegnerò le chiavi del Regno".
La stirpe, a cui è stata affidata la tutela del lascito delle chiavi,
si riunisce qui, lasciandosi circondare dalla policromia sistina,
da questa visione che Michelangelo ci ha lasciato -
"Con-clave": una compartecipata premura del lascito delle chiavi, delle chiavi del Regno.
Ecco, si vedono tra il Principio e la Fine, 
tra il Giorno della Creazione e il Giorno del Giudizio. 
E' dato all'uomo di morire una volta sola e poi il Giudizio! 
Una finale trasparenza e luce. 
La trasparenza degli eventi - 
La trasparenza delle coscienze - 
Bisogna che, in occasione del conclave, Michelangelo insegni 
al popolo - 
Non dimenticate: Omnia nuda et aperta sunt ante oculos Eius.
Tu che penetri tutto - indica!
Lui additerà...

Giovanni Paolo II, Trittico


    








L'ANNUNCIO
Dal Vangelo secondo Luca 11,47-54

In quel tempo, il Signore disse: «Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi. Così voi date la testimonianza e approvazione alle opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite loro i sepolcri.
Per questo la sapienza di Dio ha detto: Manderò a loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno; perché sia chiesto conto a questa generazione del sangue di tutti i profeti, versato fin dall'inizio del mondo, dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa, che fu ucciso tra l'altare e il santuario. Sì, vi dico, ne sarà chiesto conto a questa generazione.
Guai a voi, dottori della legge, che avete tolto la chiave della scienza. Voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare l'avete impedito».
Quando fu uscito di là, gli scribi e i farisei cominciarono a trattarlo ostilmente e a farlo parlare su molti argomenti, tendendogli insidie, per sorprenderlo in qualche parola uscita dalla sua stessa bocca.



CON LA CHIAVE DELLA CROCE GESU' APRE LA PORTA DEL CIELO CHE LA NOSTRA SUPERBIA AVEVA CHIUSO


Chiudiamo, eccome se chiudiamo, e quante volte, le porte in faccia ai fratelli. Come i Dottori della Legge ci appropriamo della chiave della scienza e ci infiliamo nel buio più pesto del non senso e vi trasciniamo quelli che ci sono vicini. Ai Dottori era stato affidato il tesoro più grande, la Scienza, ovvero la Torah, la Legge, l'Alleanza, la chiave dell'elezione e della missione del Popolo, e se ne erano appropriati nell'inganno demoniaco del potere e della vanagloria; chi ha le chiavi ha tutto, può decidere, può scegliere se aprire o chiudere, se far entrare nella felicità o lasciar fuori nella frustrazione. I Dottori della Legge invece di custodire il tesoro affidato, attraverso le chiavi della responsabilità e della fedeltà, se ne sono impadroniti facendone uno strumento per farsi dio e usurparne il posto. Accanto a noi è accovacciata la stessa perversione di appropriarci del tesoro che ci è affidato, i figli, il matrimonio, il lavoro, gli affetti, e la Grazia. Sì, afferriamo anche la Grazia facendone una nostra opera e accampiamo diritti. E così scandalizziamo i piccoli, perché la corruzione dei cristiani, chiude la porta della Vita a tutti. "Guai a noi" dice il Signore, infelici d'aver perduto il letto d'amore dove la vita, la pace e la gioia vera ci attendono. "Guai a noi" cadaveri ambulanti che vagano nei giorni disorientati senza Sapienza. Quante volte abbiamo disprezzato e spento la profezia nella nostra vita. Quante volte ci siamo tappati le orecchie per non sentire le parole di verità che illuminano i nostri cuori, preferendo la menzogna superba che ci dilania. Quanti sepolcri abbiamo aperto all'amore vero, quello che non fa sconti al peccato ma ha misericordia del peccatore. Ma il Signore Gesù ha cercato e raccolto la chiave. Era la Croce, dove ha compiuto la Scienza in amore. Anche oggi, anche ora, il Signore scende sino agli inferi quotidiani di tutti noi e con la Chiave della Croce ci spalanca le porte dei sepolcri, quelli costruiti per i profeti e nei quali, invece, precipitiamo ad ogni menzogna. In Lui e' svelata l'autentica sapienza, quella sublime dell'amore che riscatta e trasforma una vita schiacciata nell'egoismo e nella ricerca di sé in un dono totale. La Chiave della Croce apre il cuore indurito e chiuso nell'orgoglio; scioglie le catene della paura e della menzogna per aprire su nuovi orizzonti di verità. E, come a Pietro, il Signore ce le consegna nella Chiesa come frutto della fede. Nella comunità cristiana cresciamo, infatti, nell'esperienza che davvero Gesù è il Figlio di Dio vivo: lo abbiamo visto vincere sui nostri peccati, per questo non dubitiamo che le Chiavi che ci affida siano capaci di scardinare le tombe nelle quali giace chi ci è accanto, e schiudere per loro la porta del Cielo. Anche di un matrimonio che tanti, troppi anche nella Chiesa, ci consigliano di buttare. La Chiave che ha il potere di "sciogliere" in terra le catene della paura di farsi peccato per il peccatore, e di "legare" in Cielo ogni fallimento umano all'amore incorruttibile di Dio che lo trasforma in un successo eterno.





Nascosto tra le parole con cui il Signore rivela l'amore autentico che non tace la Verità a costo di attirarsi le "ostilità" e dover camminare in mezzo alle "insidie", vi è un oggetto che vale infinitamente di più di qualsiasi altro tesoro: la "chiave della scienza". E perché è così importante e preziosa? Perché essa apre le porte del Paradiso, il Destino per il quale ogni uomo è stato pensato, amato e creato da Dio. Chi non ce l'ha o non l'ha mai vista, vaga nella vita senza speranza e senza meta; dà per scontato che la morte sia una porta chiusa per sempre, al punto di convincersi che oltre l'ultimo respiro vi sia il nulla. L'ateo è proprio come un uomo che ha perduto le chiavi, e si è dovuto abituare a sopravvivere fuori di casa; è un "homeless" senza fissa dimora, che perde poco a poco identità e dignità, come il figlio prodigo e la pecora perduta delle parabole. Come ciascuno di noi prima di ascoltare la predicazione del Kerygma, la Buona Notizia della morte e risurrezione del Signore che, aprendo con la forza della misericordia i nostri sepolcri, ci ha dischiuso le porte del Paradiso dal quale peccando eravamo stati scacciati. Avendo ascoltato la predicazione e la proclamazione della Parola nella comunità cristiana, siamo anche noi diventati "dottori della Legge" ai quali è stata consegnata la "chiave della scienza". Come loro siamo stati scelti per contemplare il volto di Dio, primizia del Paradiso perduto che Israele avrebbe testimoniato alle Nazioni; lo abbiamo visto risplendere nella Parola del Figlio che, sulla collina delle Beatitudini ha consegnato ai suoi discepoli il Discorso della Montagna, la "chiave del Cielo". Nella Chiesa abbiamo sperimentato mille volte il potere di quella Parola di verità che ci ha denunciato di peccato per coprirci con il manto della misericordia e rigenerarci in essa come figli di Dio. Abbiamo cioè sperimentato che la Parola di Dio ha la "scanalatura" giusta per superare gli "ostacoli" della serratura con la quale era chiuso il Paradiso, ovvero l'amore e la comunione con Dio e i fratelli. Lo possiamo annunciare e testimoniare no? Il matrimonio salvato non è un frammento di Paradiso? La libertà con la quale a volte riesci a parlare con tuo marito non è un anticipo dell'amore puro, libero e incorruttibile del Cielo? E i figli, e la vita celibe e casta di un sacerdote innamorato di Cristo? E la fede con cui, nella pace, un cristiano accoglie un cancro e soffre e muore trasfigurato nell'offerta di sé? Sono i segni che alla Chiesa è stata affidata la "chiave della scienza" per la salvezza del mondo: consegnandola a Pietro, infatti, Gesù ha dato mandato a lui e ai suoi fratelli di legare e sciogliere in terra perché sia legato e sciolto anche in Cielo. Quella "chiave" è dunque l'unica che apre o chiude l'accesso alla salvezza. Insieme a Pietro, è stata data anche a te e a me perché sia un sacramento di salvezza per questa generazione; e oggi viene a Gesù a chiederci: "che ne hai fatto?". L'abbiamo "tolta" fratelli; non ti scandalizzare, è così perché ce ne siamo appropriati illudendoci di diventare come Dio: chi ha le "chiavi" comanda, dirige la sua vita perché ne diventa proprietario, può decidere se aprire o chiudere. Avete presente le lotte dei giovani per ottenere le chiavi di casa e rientrare quando vogliono? Sono il segno dell'emancipazione, dell'età adulta. Dovrebbero significare la responsabilità e la maturità raggiunte, invece troppo spesso aprono le porte delle tombe nelle quali scendono tanti giovani vittime della droga e dell'alcool. Proprio come era accaduto a quei "dottori della Legge" e accade a noi: invece di custodire il tesoro affidato attraverso le "chiavi" della responsabilità e della fedeltà, ce ne siamo impadroniti credendo di potere aprire o chiudere a piacimento le porte delle varie esperienze, scegliendo quali fossero un bene e quali un male, in base alla "scienza" ormai divenuta carnale perché priva dello Spirito Santo. In nome della Legge si possono compiere i peggiori peccati; in quanto prete posso uccidere, come un genitore o un coniuge. I farisei e i dottori della Legge, infatti, godevano di grande prestigio; erano le guide spirituali del popolo, insegnavano nella "casa della conoscenza" (la traduzione esatta dell'originale reso con "scienza"), la "casa dello studio", la "yeshivà" dove gli ebrei scrutano ancora la Torah per attualizzarla in favore del Popolo, perché potesse accoglierla e vivere alla sua luce. "Entrare nella conoscenza" era come entrare nel Regno di Dio perché in essa si riviveva l'esperienza del Sinai. I Farisei e i dottori avevano le "chiavi" di questa casa, ma le avevano "tolte" chiudendo la porta del regno di Dio a se stessi e a quanti la desideravano, "uccidendo" (secondo un altro significato del termine "togliere") in loro la speranza, obbligandoli a vivere come atei scacciati lontano dal Paradiso. Ma questo spesso accade anche nella comunità cristiana, dove, chiamati a crescere nella "conoscenza" di Dio, ci inorgogliamo al punto di chiudere fuori i piccoli. Quante parrocchie si trasformano in bunker di perfezionisti ipocriti, impenetrabili agli impuri... Quanti pastori frenano l'azione dello Spirito Santo rubando e nascondendo la chiave del Cielo, impedendo ai peccatori di incontrare il Signore attraverso i doni che Dio dà, come, dove e quando vuole alla sua Chiesa...

Aspetta un attimo, perché è proprio quello che facciamo anche a noi e si tratta davvero della più grande stoltezza: ma come, l'uomo più ricco del mondo ti ha dato le chiavi della stanza dove nasconde il suo tesoro perché tu possa essere libero di entrarvi e usarne secondo le tue necessità, e tu che fai? Ti chiudi fuori! Per questo Gesù ti dice oggi: "Guai a te!", ed è il suo lamento funebre pieno di compassione per chi vive così ingannato dal demonio da rifiutare la gratuità della vita eterna. Il serpente, infatti, spingendo i progenitori a mangiare il frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male, li ha consegnati alla più grande frustrazione. La "chiave della scienza" è un dono non una preda; se il demonio riesce a fartela vedere come un oggetto da rubare per diventare come il suo padrone ha vinto, perché quella "chiave" apre solo quando si compie la Scienza, ovvero il cuore della Torah; quando cioè si realizza l'amore annunciato dallo Shemà. Chi si ribella a Dio non lo ama, e molto meno può amare il prossimo suo come se stesso; per questo, la "chiave della scienza" affidata alla nostra libertà, invece di aprire la porta del Paradiso, la chiude senza speranza di poterla riaprire. Se oggi non ami davvero significa che hai usato la "chiave" per chiuderti fuori, scandalizzando i piccoli che ti sono affidati. Un cristiano che non ama è un ostacolo insormontabile posto dinanzi agli atei, ai lontani, ai peccatori. La "scienza" che ti "gonfia", ovvero l'orgoglio, l'avarizia, la gelosia, i giudizi, la lussuria che covano dentro di te stanno chiudendo le porte del Paradiso in faccia al tuo coniuge, ai figli e a ogni prossimo. E sai perché questo è accaduto? Perché è tempo che hai chiuso il tuo cuore alla profezia, e con i tuoi atteggiamenti "ostili" alla Verità hai "costruito i sepolcri dei profeti" che ti annunciavano la misericordia di Dio. Accettalo, come me fai parte di "questa generazione" che ipocritamente celebra i profeti mentre nel cuore rifiuta il loro annuncio, e li uccide e perseguita, uccidendo e togliendo con loro la "chiave della scienza" autentica, quella dell'amore al quale ci chiamano a convertirci. Forse anche ieri abbiamo seppellito un profeta. Forse era proprio "Abele", nostro fratello; forse era nostro figlio, ferito e peccatore, che, in quella sua infinita debolezza, era una profezia del miracolo che l'amore di Dio voleva compiere. E invece abbiamo "chiuso" ogni possibilità, "chiusi" nell'orgoglio di padre ferito. Ma coraggio fratelli, oggi si compie questo Vangelo! La "Sapienza di Dio" ci invia ancora i suoi profeti e apostoli - questo vangelo per esempio - perché ci "venga chiesto conto" dei nostri peccati. E' bene fare oggi i conti con Dio e accettare di essere in debito e di non avere il denaro per estinguerlo, perché siamo ancora in tempo per accogliere la sua misericordia; il Padre infatti, proprio nel sangue dei profeti, riconosce il sangue di suo Figlio e ci condona il debito. Convertiamoci allora, e lasciamoci amare accettando di non conoscere la "filettatura" della "chiave della scienza"; camminiamo nella Chiesa dove possiamo impararne il disegno attraverso l'esperienza dell'amore gratuito di Dio. Essa infatti ha la forma della Croce sulla quale il Signore ha compiuto la "scienza" nell'amore sino alla fine. La Chiave della Croce apre il sepolcro del cuore indurito e chiuso nell'orgoglio; scioglie le catene della paura della morte per aprirlo all'amore. La felicità eterna nostra e delle persone che ci sono affidate dipende infatti dall'umiltà con la quale ascolteremo e obbediremo alla Parola di Dio che ha il potere di creare in noi la "chiave del Cielo"; come a Pietro, il Signore ce la consegna nella Chiesa plasmandola per mezzo della fede. E' nella piccola comunità cristiana che un matrimonio può essere salvato, perché, alla luce della Parola e con la forza dei sacramenti, gli sposi si scoprono peccatori entrambi, e bisognosi della stessa misericordia, sciogliendo in essa rancori e gelosie, tradimenti e incompatibilità. E' qui che si impara ad essere sposi, genitori, figli, preti modellati dalla grazia come una chiave a forma di Croce, l'unica che apre il Cielo ai fratelli.



QUI UN ALTRO COMMENTO E GLI APPROFONDIMENTI




Caino e Abele


A noi, a me e a te che siamo figli di questa generazione, figli della Chiesa di questo tempo concreto, "sarà chiesto conto del sangue di tutti i profeti, versato fin dall'inizio del mondo, dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccarìa, che fu ucciso tra l'altare e il santuario". Quanti profeti ci sono stati inviati? Quante persone ci hanno annunciato il Vangelo? Quante occasioni per ascoltare e convertirci? E' bene fare memoria della storia d'amore intessuta dal Signore per noi. E perché noi? Perché Israele e non l'Egitto? Perché tu e non tua cugina? Perché nel mistero del'elezione, tu ed io fossimo il segno di Dio deposto dinanzi agli occhi di chi ci è accanto; un segno di contraddizione capace di annunciare la novità radicale del Vangelo, l'amore impensabile che vuole raggiungere ogni uomo. "Per questo la sapienza di Dio ha detto: Manderò a loro profeti e apostoli ed essi li uccideranno e perseguiteranno": per chiedere conto a noi di tutta la storia che ci ha preceduti. 



Che ingiustizia potremmo pensare, vero? Proprio come pensava Caino, con l'occhio che distorceva tutto, sempre mormorando, e non si accorgeva d'avere il peccato, la menzogna, accovacciata alla porta del suo cuore. Che c'entriamo noi con quello che hanno fatto gli antenati? E invece c'entriamo eccome! Innanzi tutto perché, come gli scribi e i farisei contemporanei di Gesù, ci crediamo anche noi migliori di molti, forse di tutti. Certamente dei pedofili e degli assassini che riempiono i telegiornali. Anche dei profeti ai quali non abbiamo creduto e che abbiamo perseguitato, pastori, catechisti, genitori, amici, marito, moglie... 

Ma in fondo è perché, come Caino, siamo invidiosi, schiavi dei complessi con i quali il demonio, invidioso fin dal principio, ci ha contagiato. Uccidiamo perché non possiamo accettare la Verità, d'essere secondi, o terzi, in famiglia, a scuola, al lavoro, con gli amici. Uccidiamo perché dubitiamo di Dio e della vita che ci dona, non sappiamo offrirgliela con semplicità... Diffidiamo, come Caino, come il Popolo di Israele, come purtroppo sanno fare solo i religiosi, quelli che odorano di sacrestia e credono d'avere diritti presso Dio. Uccidiamo perché siamo frustrati nei progetti che Dio dovrebbe benedire e compiere.   


E poi, proprio perché siamo figli di una lunga storia di salvezza, e i nostri occhi hanno visto miracoli che i profeti e i re avrebbero voluto contemplare e non hanno potuto, una grande responsabilità grava su di noi. Solo un moralista può pensarla come un peso. Un cuore innamorato e grato a Dio per il suo amore immeritato la vive come l'occasione per dare compimento alla propria vita, nella gratuità e nella gratitudine, fragranze soavi che accompagnano sempre un annuncio credibile del Vangelo. Non è dunque una profezia di sventura quella che oggi il Signore ci annuncia. E' una chiamata a conversione, seria e decisiva. Giunge il momento favorevole della resa dei conti, dove lasciare a Cristo i fallimenti dell'egoismo perché, finalmente, possiamo vivere con amore la missione che ci è stata affidata. Gli scribi e i farisei si erano appropriati della storia di salvezza e delle Grazie ricevute dal Popolo. Avevano rubato la "chiave della scienza" per saccheggiarne i tesori, escludendo perversamente i "poveri" e i "piccoli". Per questo Gesù rivela la sua missione come quella del Servo che viene a predicare la salvezza proprio agli esclusi, ai peccatori pubblici, agli "affaticati e oppressi". Offre loro il suo giogo, la Sapienza della Croce, e così fa luce e chiede conto di ogni abuso. E' Lui stesso la Sapienza crocifissa che chiede conto dell'elezione. 

E lo chiede oggi a noi. Ma è amore, è la gelosia che cerca ardendo di zelo ogni pecora perduta per la negligenza di pastori autoreferenziali, mercenari che hanno usato delle cose sante per saziare le proprie concupiscenze. E qui ci siamo tutti: vescovi, preti, religiosi e suore, padri e madri, catechisti e semplici cristiani. Tutti incatenati all'egoismo figlio della paura di morire; tutti speriamo di scamparla arraffando la Scienza, come un talismano dal quale ottenere prestigio e autorità, visibilità e gratificazione. Tutti come gli scribi e i farisei, ma anche come gli apostoli, sempre in cerca dei primi posti, di sedere alla destra e alla sinistra del Re Messia. Tutti dimenticando che la "scienza" vera è quella della Croce, vergata dal sangue dell'amore che sacrifica se stesso sino alla morte; nessuno cerca questa "scienza", nessuno sa neanche dove siano le sue "chiavi". Per questo Gesù viene a chiedere conto a ciascuno di noi della grande menzogna alla quale abbiamo creduto, e con la quale abbiamo ingannato i fratelli

La "scienza" che abbiamo è falsa, è una volgare imitazione, ci gonfia per poi farci scoppiare miseramente. E' la "scienza" della superbia; con le sue "chiavi" abbiamo "chiuso" la porta del Regno in faccia ai piccoli che ci erano stati affidati. Abbiamo ingannato moglie e marito spacciando per "scienza" d'amore quello che era solo concupiscenza: sacrifici, parole, regali, tutto falso! Tutto per offrire a noi stessi l'affetto dell'altro. E, di fronte alla prima vera difficoltà, abbiamo "chiuso" la porta allo Spirito Santo, perché troppo pericoloso... E abbiamo così impedito a noi e al prossimo di "entrare" nella "casa della conoscenza" (la traduzione esatta dell'originale reso con "scienza"), ovvero la casa dello studio, la yeshivà dove gli ebrei scrutano la Torah. Tutto quello che Dio ci dona nella Chiesa è per annunciare agli altri il Vangelo della salvezza. E' per fare di noi gli apostoli che "aprono" le porte della comunità, delle piccole yeshivot dove i peccatori possono essere accolti, perdonati, istruiti, formati e ricreati, sino a diventare creature nuove, cristiani, figli di Dio. E' nella piccola comunità cristiana che un matrimonio può essere salvato; è qui che, alla luce della Parola e con la forza dei sacramenti gli sposi si scoprono peccatori entrambi, e bisognosi della stessa misericordia, sciogliendo in essa rancori e gelosie, tradimenti e incompatibilità; è nella comunità che possiamo tornare alle fonti della Grazia, e attingervi per rinvigorire ciò che si sta seccando; è in essa che si impara ad essere sposi, genitori, figli, preti... Perché è nella Chiesa che ci vengono consegnate, come a Pietro, le "chiavi" dell'obbedienza alla volontà di Dio, la capacità cioè di entrare nella storia di ogni giorno, anche nelle sofferenze, nelle ingiustizie, nei fallimenti. Perché solo nella comunità si può sperimentare al di là dei sentimenti e della logica umana la resurrezione di Cristo: con i fratelli, un giorno, due, mille, un anno, due, tre, dieci, venti, la stessa fedeltà indissolubile di Dio, lo stesso potere sul peccato e la divisione. 

Ma il nostro orgoglio ha "chiuso" le porte della comunità a chi ci è accanto... In essa avremmo sperimentato la comunione autentica che annuncia il Paradiso, e invece sono due mesi che non parliamo. Ed è quello che accade alla Chiesa quando "chiude" le sue porte alle irruzioni dello Spirito, scacciando i carismi che Dio le dona, e impedisce ai poveri e ai peccatori di "entrare" nei cammini di conversione dove potrebbero incontrare la salvezza. I farisei e i dottori avevano le "chiavi" di questa casa, "le chiavi della scienza" appunto. Come i vescovi, i presbiteri, i genitori, tu ed io, inviati in ufficio, a scuola o in un ospedale. Che ne facciamo? Ci lasciamo sorprendere dallo Spirito Santo o ci "chiudiamo" impauriti? 


Lasciamo che l'amore di Dio giunga a chi ci è accanto nelle forme e nei tempi che non avevamo previsto, o "chiudiamo" con superbia la saracinesca perché lo Spirito non è arrivato in orario? Riconosciamolo, quanti "sepolcri" abbiamo aperto alla profezia e ai profeti, che ci hanno annunciato inaspettatamente l'amore vero, quello che non fa sconti al peccato ma ha misericordia del peccatore; quello che annuncia Papa Francesco, e del quale continuiamo a scandalizzarci. Forse anche ieri abbiamo seppellito un profeta. Forse era proprio "Abele", nostro fratello; forse era nostro figlio, ferito e peccatore, che, in quella sua infinita debolezza, era una profezia del miracolo che l'amore di Dio voleva compiere. E invece abbiamo "chiuso" ogni possibilità, "chiusi" nell'orgoglio di padre ferito... Ma non è finita! Oggi, ora possiamo aprirci alla Grazia, ai carismi che rinnovano la Chiesa e ciascuno di noi, i doni che si nascondono nelle persone e negli eventi più impensati; soprattutto nella Croce, la "chiave" che apre il cuore indurito e chiuso nell'orgoglio. La chiave consegnata a Pietro, per aprire e chiudere, legare e sciogliere, in terra e in Cielo. La chiave consegnata alla Chiesa perché, mossa dallo Spirito, conduca le generazioni ad entrare nella casa eterna di Dio.






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