αποφθεγμα Apoftegma
Nei momenti terribili della vita umana,
molti Salmi sono un forte grido a Dio:
“Aiutaci, ascoltaci!”.
Dove sei tu Dio? “Siamo venduti come pecore da macello”.
Un grido dell’umanità sofferente!
E Gesù, che è il vero soggetto dei Salmi,
porta realmente questo grido dell’umanità a Dio, alle orecchie di Dio:
“Aiutaci e ascoltaci!”.
Egli trasforma tutta la sofferenza umana,
prendendola in se stesso, in un grido alle orecchie di Dio.
E così vediamo che proprio in questo modo realizza il sacerdozio,
la funzione del mediatore, trasportando in sé,
assumendo in sé la sofferenza e la passione del mondo,
trasformandola in grido verso Dio,
portandola davanti agli occhi e nelle mani di Dio,
e così portandola realmente al momento della Redenzione.
Benedetto XVI
L'ANNUNCIO |
Dal Vangelo secondo Luca 5,12-16.
Un
giorno, mentre Gesù si trovava in una città, ecco, un uomo coperto di
lebbra lo vide e gli si gettò dinanzi, pregandolo: «Signore, se vuoi,
puoi purificarmi».
Gesù tese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio, sii purificato!». E immediatamente la lebbra scomparve da lui. Gli ordinò di non dirlo a nessuno: «Va’ invece a mostrarti al sacerdote e fa’ l’offerta per la tua purificazione, come Mosè ha prescritto, a testimonianza per loro».
Di lui si parlava sempre di più, e folle numerose venivano per ascoltarlo e farsi guarire dalle loro malattie. Ma egli si ritirava in luoghi deserti a pregare.
Gesù tese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio, sii purificato!». E immediatamente la lebbra scomparve da lui. Gli ordinò di non dirlo a nessuno: «Va’ invece a mostrarti al sacerdote e fa’ l’offerta per la tua purificazione, come Mosè ha prescritto, a testimonianza per loro».
Di lui si parlava sempre di più, e folle numerose venivano per ascoltarlo e farsi guarire dalle loro malattie. Ma egli si ritirava in luoghi deserti a pregare.
SALVATI DALLA PREGHIERA CROCIFISSA DEL SIGNORE
Le
“parole” su di Lui e le “folle numerose” in cerca di guarigione e
consolazione, spingono Gesù a «ritirarsi in luoghi deserti a pregare»,
obbedendo alla volontà di Dio; non cerca fama e successo, come i
mercenari e i falsi profeti: è il Buon Pastore che lascia le novantanove
pecore per gettarsi alla ricerca di quella perduta, malata e ferita,
perché Egli cerca l’uomo e non le folle. Per questo Gesù va a rifugiarsi nel luogo dal quale il lebbroso desiderava essere liberato,
il deserto di angoscia e morte dove la sua impurità lo aveva relegato,
la solitudine che annuncia il Getsemani, il Golgota e il sepolcro. Egli
percorre il cammino inverso di quello dell’uomo che aveva appena
guarito, primizia dei lebbrosi di ogni generazione. Gesù scende
nell’abisso della sofferenza, della solitudine e della morte di ogni uomo per
deporvi la sua preghiera: “nei giorni della sua vita terrena Egli offrì
preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva
liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà; pur essendo Figlio,
imparò tuttavia l'obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto,
divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono”
(Eb. 5, 5-9). Benedetto XVI commenta così questo brano: “Offrì… è una traduzione giusta del verbo prospherein,
parola cultuale che esprime l’atto dell’offerta dei doni umani a Dio…
del sacrificio. Così, con questo termine cultuale applicato alle
preghiere e lacrime di Cristo, dimostra che le lacrime di Cristo,
l’angoscia del Monte degli Ulivi, il grido della Croce, tutta la sua
sofferenza non sono una cosa accanto alla sua grande missione… Proprio
con questo “offrì”, prospherein, Gesù porta l’umanità a Dio, così si fa sacerdote…”. Quel
Rabbì di Nazaret era dunque il Sacerdote dal quale il lebbroso aveva
sognato di andare un giorno a presentare la sua carne guarita come
prescriveva la Legge. Il Sommo Sacerdote di cui aveva bisogno, Santo,
perfetto e separato dagli uomini, ora era lì, accanto a lui; non si
trovava nel Tempio ad aspettare per certificare, ma gli era accanto, dentro alla sua solitudine, per presentare se
stesso e lui al Padre come offerta per i peccati. Gesù era il Sommo
Sacerdote che sapeva compatire le sue infermità, perché sarebbe stato
lui stesso, di lì a poco, provato in ogni cosa, piagato dalla sua stessa
lebbra. Quel lebbroso si poteva dunque accostare con piena fiducia la
trono della Grazia, per ricevere misericordia e trovare Grazia ed essere
aiutato proprio in quel momento opportuno (cfr. Eb. 4, 15-16) per essere trasformato e divinizzato.
APPROFONDIMENTI
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