αποφθεγμα Apoftegma
Decisivo nella vicenda fu quello che avvenne
nella notte tra il giovedì e il venerdì della Passione.
Cristo, condotto fuori della casa del sommo sacerdote,
fissò Pietro negli occhi.
L’apostolo, che lo aveva appena rinnegato tre volte,
folgorato da quello sguardo, comprese tutto.
Gli tornarono alla mente le parole del Maestro
e si sentì trafiggere il cuore.
“E uscito, pianse amaramente”.
Il pianto di Pietro ci scuota nell’intimo,
sì da spingerci ad un’autentica purificazione interiore.
San Giovanni Paolo II
L'ANNUNCIO |
Dal Vangelo secondo Marco 8,27-33.
Poi Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo; e per via interrogava i suoi discepoli dicendo: «Chi dice la gente che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista, altri poi Elia e altri uno dei profeti». Ma egli replicò: «E voi chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E impose loro severamente di non parlare di lui a nessuno. E cominciò a insegnar loro che il Figlio dell'uomo doveva molto soffrire, ed essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare. Gesù faceva questo discorso apertamente. Allora Pietro lo prese in disparte, e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i discepoli, rimproverò Pietro e gli disse: «Lungi da me, satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Oggi possiamo fare un pit-stop sul nostro cammino di fede. Attraverso la domanda con cui Gesù ci chiede chi Lui sia per noi, la Chiesa ci interroga sui nostri pensieri: sono umani o divini? Quale sapienza è all'origine dei nostri pensieri (nel greco biblico i due termini sono molto vicini), ovvero delle aspirazioni, delle scelte e degli atti? La sapienza divina della Croce oppure, scandalizzati, prendiamo in disparte il Signore e ci mettiamo di traverso rifiutando paradossalmente il suo modo di amarci? Gesù era l'Uomo che realizzava il pensiero di Dio secondo il quale, per salvarci doveva soffrire, essere rifiutato, morire crocifisso e risorgere. Altro aveva in mente Pietro perché il veleno di satana si era impadronito dei suoi pensieri. Come? Come fa sempre, occultando la verità lasciandone scoperto solo un pezzettino. Mostra il rifiuto, la sofferenza, la Croce e la morte, e nasconde la risurrezione. Ascoltando il serpente, Pietro ha cominciato a pensare come Adamo e come ogni uomo ferito dal peccato originale della superbia. Schiacciato sulla sofferenza che il demonio interpreta come l'ingiustizia di un Dio geloso, non poteva comprendere il suo amore che esige il dover caricarsi del rifiuto e dei peccati per poter cancellarli. Non si può infatti comprendere il dover morire del Messia Gesù senza la sua risurrezione, senza cioè la garanzia, il pegno qui sulla terra del suo perdono e della vita eterna. Pietro lo capirà più tardi, quando si scoprirà apostata, in nulla diverso da quanti avevano rifiutato e ucciso il Signore. Allora, tra le lacrime di pentimento e compunzione, capirà che l'annuncio che Gesù aveva fatto quel giorno a Cesarea riguardava lui: per lui il Messia doveva soffrire, passare nella morte e risuscitare. Perché se Cristo non fosse risorto Pietro e tutti noi saremmo ancora schiavi del demonio nei nostri peccati. Come Pietro anche noi abbiamo bisogno del Cenacolo della Chiesa dove, formati nella sua fede, incontrare il Signore risorto. Apparendo risorto nelle liturgie, nella Parola, nei sacramenti e nella comunione con i fratelli, ci mostra le sue piaghe gloriose e, come a Pentecoste, ci dona il suo Spirito. Ma prima, attraverso la storia illuminata dalla predicazione della Chiesa, dobbiamo giungere ad accettare che Gesù è morto per noi che lo abbiamo ucciso nei fratelli e in noi stessi. Ogni croce che ci attende e contro la quale, preda del pensiero umano, istintivamente ci ribelliamo (una malattia, la precarietà che ci toglie le sicurezze, le relazioni fragili e nelle quali non possiamo appoggiarci) sono la prima parte del Vangelo che il Messia compie per noi e in noi con amore. Ascoltata sperimentando l'incontro con Cristo che trasforma la croce nello strumento della nostra salvezza, essa ci aprirà alla notizia della sua resurrezione e potremo accogliere, contriti e umiliati, il suo perdono che cancella i peccati per deporre nel cuore il suo Spirito. Esso formerà in noi lo stesso pensiero di Cristo che ci fa appartenere a Lui, e che guiderà la nostra carne ad offrirsi sulla Croce con Lui. Quella che Pietro ha rifiutato è infatti divenuta il destino con cui ha glorificato il Signore. Coraggio, perché quello che oggi rifiutiamo sarà il nostro trofeo, il segno di vittoria di chi, insieme a Pietro, va dietro al Signore nel cammino di conversione nel quale la fede che Dio ci dona gratuitamente attraverso la Chiesa, si incarna in opere di vita eterna che testimoniano il Cielo.
COMMENTO COMPLETO
Una domanda e un rimprovero, le parole di Gesù rivolte ai discepoli, a Pietro, a ciascuno di noi. Il Vangelo di oggi è stretto in questa morsa perché fuoriesca il pus che giace nascosto nei nostri cuori e nelle nostre menti. Pensare secondo gli uomini, ecco il veleno. La parola greca che nel Vangelo indica il pensiero assume una gamma di significati che ruotano attorno a quello più profondo di sapienza. La stessa che diviene astuzia nel caso del serpente. Ma indica anche la sapienza creatrice di Dio, come appare in più testi della letteratura sapienziale, dove assume il senso di giudizio, perspicacia, discernimento. Nei Vangeli, il termine indica spesso una sapienza capace di valutare, aspirare a una meta, prendere posizione. Il pensiero è dunque legato alla sapienza, che può essere secondo la carne o secondo Dio. E' una sorta di Dna spirituale, la molecola chiave nell'economia della cellula. Come in una catena di informazioni, nel Dna è contenuta l'informazione genetica dalla quale partono tutte le informazioni su come deve essere fatta e su cosa deve produrre una cellula. L'informazione viene poi trasmessa alle generazioni successive. Potremmo allora chiederci quale sapienza è all'origine dei nostri pensieri, delle aspirazioni, delle scelte e dei nostri atti. Se il nostro Dna spirituale stia scrivendo una catena carnale o una catena divina. Se in noi tutto è scomposto, frammentato, se i dubbi la fanno da padrone, oppure se si vi è un centro, un'origine che infonde pace, gioia, gratitudine. Seguiamo il Signore o lo prendiamo in disparte scandalizzati dalla Croce? Appartiene a Cristo chi ne ha lo Spirito e il pensiero. Pensare secondo la carne, seguirne i desideri significa essere nemici di Dio. Pietro con i suoi pensieri umani, carnali, era un nemico di Dio, sino ad identificarsi con Satana diventando così scandalo, l'inciampo sul cammino di obbedienza che il Figlio doveva percorrere. Il pensiero di Pietro si era posto davanti e di traverso a quello di Dio. Gesù doveva soffrire ed essere rifiutato per risorgere. Era questa la missione di Cristo, del Messia, che Pietro aveva pur riconosciuto e confessato. Era il Figlio dell'uomo, l'Uomo che realizzava il pensiero di Dio. Era la Sapienza stessa di Dio, la scandalosa Sapienza della Croce. Per questa sapienza Egli doveva donare la vita, e non era un dovere morale, ma, come suggerisce l'originale greco, era una necessità di tipo naturale. Era nel suo Dna l'amore per i propri amici e anche per i propri nemici, sino alla morte. Lui pensava un amore infinito.
Altro aveva in mente Pietro. Altro abbiamo in mente noi. Anziani, sacerdoti, scribi, sono tutte categorie che ci portiamo dentro. Costituiscono la catena del Dna dei nostri pensieri: prestigio, potere, intelligenza, religione vista e usata come un totem capace di soddisfare i nostri desideri. Gesù è infatti rifiutato proprio dai nostri pensieri, la cui immagine appare chiaramente nelle categorie "religiose" che storicamente lo condurranno al supplizio: "Sono le tre maschere dell'unico male, l'egoismo... Corrispondono alle tre concupiscenze sulle quali si struttura il mondo...e ai tre aspetti seducenti e illusori del frutto proibito, che già ad Eva parve buono, bello e desiderabile" (S. Fausti,Ricorda e racconta il Vangelo). Il veleno di satana, il Dna impazzito dei nostri pensieri. Ma proprio qui appare la salvezza, per Pietro e per ciascuno di noi. L'amore infinito di Gesù, che chiama per nome il nostro pensiero corrotto, per tirar fuori ed espellere il veleno che ci distrugge. Satana e Pietro, tu ed io. Satana che occulta la verità scoprendone solo un pezzettino. Satana che mostra il rifiuto e la morte e nasconde la risurrezione. E Pietro ci casca, e sgrida il Signore. Non ha sentito, non ha potuto ascoltare la buona notizia che il Signore aveva annunciato subito dopo quella della passione, si era bloccato alla parte che riguardava il dover soffrire; il suo pensiero inquinato gli aveva sottratto l'epilogo di Gloria. Non aveva compreso l'amore, il dover morire per risuscitare, il dover caricarsi del rifiuto e dei peccati, per cancellarli e per risorgere, garanzia del perdono e della vita eterna. Lo capirà più tardi, quando l'evento annunciato si farà carne in Lui, la carne santificata dallo Spirito di Cristo risorto. Quando il pensiero sarà, per mezzo dello Spirito Santo, lo stesso pensiero di Cristo, e guiderà la sua carne ad essere offerta in una missione identica a quella del Signore. La Croce che ora rifiuta sarà il suo destino, la morte con la quale glorificherà chi ha rifiutato. E così per noi. Esattamente quello che stiamo oggi rifiutando sarà il nostro trofeo, il candelabro sul quale brillerà la luce del Padre in noi. Malattie, fallimenti, rifiuti. La nostra croce. Per ora però, Pietro deve scendere, tornare, convertirsi. Tornare a camminare dietro Gesù. La traduzione scelta non ci aiuta a capire l'amore di Gesù verso Pietro. In greco non dice "lungi da me" ma "dietro di me". Quest'ultima è l'espressione che caratterizza il discepolo. Gesù vuole Pietro vicino come vuole noi con Lui, ma al nostro posto. Non ci giudica, ci illumina. Ci dice la verità svelando quello che abbiamo nel cuore e nella mente. E ci attira a sé con amore, per imparare a seguirlo, a camminare umilmente ogni giorno dietro di Lui, per conoscerlo negli eventi della vita. Seguirlo e conoscerlo nella misura in cui conosciamo noi stessi. Siamo oggi chiamati a pregare con San Francesco "Chi sei tu Signore, e chi sono io?" (Consid. sulle stimmate). Camminare con Lui per ricevere da Lui, in dono, il suo Spirito, il Dna sano della Sapienza celeste, quella della Croce, per pensare le cose secondo Dio, quelle di lassù per vivere quaggiù. "Noi, invece, abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. É lui la misura del vero umanesimo. “Adulta” non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo. É quest’amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità" (J. Ratzinger, Omelia nella Missa pro eligendo Romano Pontifice).
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