Giunsero a Betsàida, dove gli condussero un cieco pregandolo di toccarlo. Allora preso il cieco per mano, lo condusse fuori del villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: «Vedi qualcosa?». Quegli, alzando gli occhi, disse: «Vedo gli uomini, poiché vedo come degli alberi che camminano». Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente e fu sanato e vedeva a distanza ogni cosa. E lo rimandò a casa dicendo: «Non entrare nemmeno nel villaggio».
PRENDENDOCI PER MANO CRISTO CI CONDUCE NELL'INTIMITA' DELLA CHIESA PER GUARIRE I NOSTRI OCCHI CON LA SUA PAROLA PER CONTEMPLARE CHIARAMENTE IL SUO AMORE CROCIFISSO IMPRESSO IN OGNI UOMO
Betsaida,
al confine tra la Galilea e la Decapoli, a un tiro di sasso dal
paganesimo, è ogni luogo, situazione e relazione dove spesso il demonio
riesce a farci distogliere lo sguardo dallo Sposo per fissarlo adorante
sugli idoli. Betsaida è la nostra vita né carne né pesce, dove viviamo
un po' con Dio e un po' con mammona, un po' fedeli e un po' idolatri e
la frustrazione di non poter amare ci avvolge come una coltre oscura. La
cecità infatti è il segno di un disordine, mostra i limiti della natura
ferita dal peccato. Siamo ciechi e sbattiamo ogni giorno sulle barriere
architettoniche erette dal nostro cuore indurito, dai pregiudizi, dalle
concupiscenze, dai moralismi, dai pensieri e dalla carne corrotti dal
peccato. Ma nulla di noi è estraneo all'amore della Chiesa che ci viene
incontro nella nostra Betsaida per condurci a Gesù. Gli amici dello
Sposo lo pregano infatti con pazienza perché si prenda cura di noi,
spose accecate dalla menzogna del demonio. E il Signore, senza
giudicarci, prende per mano la sua sposa attirandola nel deserto per
parlare al suo cuore. In questi passi balbettati accanto a Gesù è tutta
la nostra vita. Abbiamo bisogno di camminare per mano dello Sposo che
conosce il cammino della Pasqua, per uscire dall'oscura notte della
morte. Come nella Veglia Pasquale la luce del cero annuncia lo splendore
del Re che ha vinto le tenebre, così la predicazione della Parola
simboleggiata dalla saliva di Gesù spalmata sugli occhi del cieco ci
annuncia la Buona Notizia che alla sua luce passeremo dalla cecità alla
vista piena, ovvero la vita nuova dei risorti nella comunione con gli
altri uomini. Essa illumina innanzi tutto l'albero della Croce dove Gesù
nuovo Adamo ha condotto, per guarirla, la carne disobbediente e per
questo cieca del primo Adamo. Perché non c'è guarigione senza
l'esperienza con cui il cuore vede se stesso e gli altri come alberi;
ciò significa che il primo passo verso la guarigione è l'umiltà che
riconosce i propri peccati che hanno inchiodato Gesù vivo nei fratelli
sull'albero della Croce. Ma Cristo è risorto facendo della Croce la
porta gloriosa dischiisa sul Cielo. Per questo chi cammina nella Chiesa
posa il primo sguardo degli occhi dischiusi nella fede sulla Gloria che
riveste la sua croce. Solo l'esperienza personale che ogni umiliazione e
caduta ci ha condotti all'incontro con l'amore infinito di Dio in
Cristo suo Figlio, può aprire gli occhi del cuore per riconoscere un
fratello in chi ci è accanto. Il contatto prolungato e ripetuto con Lui
che ci tocca attraverso il battesimo e ogni sacramento, ci unisce allo
Sposo sulla nostra croce di ogni giorno, dalla quale, con i suoi stessi
occhi, possiamo guardare a distanza ogni cosa, senza trascurare nessun
dettaglio offertoci per stendere le braccia e donarci. E' la vista piena
della fede adulta, ovvero, secondo l'originale greco, un vedere
perfettamente attraverso la superficie e dentro la realtà, il
discernimento capace di riconoscere in chi ci è accanto lo stesso volto
di Cristo. Uno sguardo d'amore capace di contemplare nel fratello la
bellezza dell'immagine di Dio celata dalle ferite del peccato. Per
questo, una volta guariti, non si torna più al villaggio di prima, ai
rapporti feriti dalla paura e dal peccato, ma si cammina obbedienti alla
sequela di Gesù, guardando la storia e le persone con i suoi stessi
occhi colmi di misericordia.
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