Il Vangelo di oggi e il commento, Sacratissimo cuore di Gesù (A)








Ignace De la Potterie Il mistero del cuore trafitto Obbedienza di Cristo e obbedienza del cristiano

Ignace De la Potterie Il mistero del cuore trafitto. L'alleanza dei cuori di Gesù e Maria

dom Prosper Guéranger. LA FESTA DEL SACRO CUORE DI GESÙ

San Bonaventura. Sul Sacro Cuore

Sant'Agostino. Omelia su Giovanni

Dai "Discorsi" di un ignoto oratore africano dei V secolo.

Giovanni Paolo II MESSA DEDICATA AL SACRO CUORE DI GESÙ

Giovanni Paolo II. Omelia sul Sacro Cuore

PAOLO VI. INVESTIGABILES DIVITIAS CHRISTI

La divina misericordia e la missione di Santa Faustina Kowalska

C. M. Martini. La devozione al Sacro Cuore di Gesù


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IL COMMENTO
Le parole oranti del Signore che si rivolgono al Padre in un'estatica benedizione ci schiudono oggi una finestra sui sentimenti più intimi di Dio. Possiamo avventurarci nel cuore del Padre e conoscere quello di cui si compiace. La relazione di profonda comunione tra Padre e Figlio, la conoscenza reciproca che è, secondo il linguaggio della Scrittura, un' unione profonda e indissolubile. Il Padre e il Figlio uniti nell'esultanza e nella gioia di fronte al Mistero rivelato ai piccoli. Mistero nel mistero.
I piccoli, gli infanti secondo la traduzione in latino della volgata, colui che non ha ancora l'uso della parola (dove l’etimologia vuole:in-, esito in latino della sonante vocale indoeuropea ạ con valore negativizzante, e –fa-ns (dove -ns è desinenziale), dove –fa proviene dalla radice di un verbo for/faris che indica il saper parlare, quindi l’ infante è colui che non sa parlare) che traduce il greco originale dove si ha Νήπιος (se si analizza l’etimologia della parola: essa è formanta da ν che proviene da un’ α privativo, infatti ạ sonante-vocale indoeuropea, in greco dà esito α/ν (si pensi all’acc. sing. di III decl. che ha α davanti a cons. (́ ́́άνδρα), e ν davanti a voc. (πόλιν);e da una radice √-επ del verbo λέγω/parlo. Quindi la parola νήπιος significa colui che non sa parlare, e per estensione, siccome colui che non sa parlare è il fanciullo, significa appunto, bambino/lattante). Dio rivela il Suo cuore a chi ancora non sa parlare.
Le Sue parole sono per chi non ha parole. E invece noi siamo imbottiti di parole. Parole spesso vuote a cercare di razionalizzare pensieri irrazionali. Non abbiamo posto per le parole di Dio. La sapienza e l'intelligenza mondane, figlie del principe di questo mondo, affogano il nostro cuore e strozzano la nostra mente. Siamo impermeabili alla Parola fatta carne. Ci crediamo adulti perchè presumiamo di condurre le nostre esistenze attraverso le parole. Chiacchere, per giustificare, per legare, per sciogliere, per ingannare, per sedurre, per vincere, per vendicare, per uccidere.
La Scrittura infatti mette in guardia dal troppo e dal vano parlare: "Le parole della bocca dell'uomo sono acqua profonda... con la bocca l'uomo sazia il suo stomaco, egli si sazia con il prodotto delle sue labbra. Morte e vita sono in potere della lingua, e chi l'accarezza ne mangerà i frutti" (Pr. 18, 4. 20-21). C'è come un'ingordigia nelle nostre parole, non ce diamo conto, le accarezziamo credendo di trovarne beneficio, ne gustiamo gli amari frutti. Divisioni, liti, invidie, passioni. Un laccio è la nostra lingua e ci tiene imprigionati. E' questa una delle radici più profonde della nostra infelicità, siamo schiavi delle nostre parole. Ma il Signore viene anche oggi al nostro incontro, la Sua preghiera illumina la nostra tenebra, e ci chiama a conversione.
Ci prende per mano come ha fatto con Giobbe, intrappolato anch'egli nella rete delle sue troppe parole e nei lacci delle insensate parole dei suoi amici pseudo-sapienti. Il Signore ci prende per mano e ci conduce in un cammino di verità. Ci rivela i misteri del Regno, ci fa conoscere Suo Padre, ci mostra la Croce. La verità, l'amore inaudito di Dio. Eccoci, sotto la Croce. Contempliamo oggi il cuore di Dio, "l'uomo dei dolori", l'Agnello senza macchia. Contempliamo il Suo amore per riconoscere i nostri peccati. Come Giobbe mettiamo la mano sulla bocca, impariamo il silenzio stupito dell'infante. E' tutto troppo più grande di noi. Non sappiamo. Non conosciamo. Non capiamo. Accettiamolo.
Conosciamo Dio per sentito dire, impariamo a conoscerlo attraverso gli occhi di un cuore puro, piccolo, infante. Rimaniamo nel Suo amore come Maria, ad imparare ascoltando le Sue Parole. Lasciamo che la vita e la storia che il Padre traccia per noi distrugga le sicurezze, gli schemi, i criteri. Lasciamo che la Croce che oggi ci accoglie sia il crogiuolo dove bruciare quello che di noi appartiene alla carne a al mondo. Lasciamoci purificare. Lasciamo che Dio ci faccia piccoli. Chiediamo con il Salmo che Dio metta una sentinella alla porta delle nostre labbra, che il Suo Spirito ci difenda da inutili parole.
Che Dio faccia oggi, e ogni giorno, il miracoli di ricrearci piccoli, infanti appena divezzati in braccio alla madre, abbandonati nelle viscere di misericordia del Padre. E lì, tra le Sue braccia, tranquilli e sereni senza aspirare a cose troppo alte, senza pretendere nulla, saziarci delle Sue Parole, miele dolcissimo, le uniche parole di vita.
E Lui ci chiama. Per imparare. La mitezza e l'umiltà, il cuore di Cristo. Ascoltare e andare. E' questa la volontà di Dio per noi. Oggi e sempre. Sino all'ultima chiamata, quella per le nozze eterne. Andare e fermarsi presso di Lui. Vedere dove Lui abita, stare con Lui, imparare. L'orecchio aperto come un discepolo.
Ai suoi piedi, cercando e desiderando l'unica cosa buona, la Sua Parola, la Sua vita, il Suo amore. In questo atteggiamento del cuore, e solo in esso, troveremo ristoro, riposo per il nostro intimo, per le nostre anime. Entrare nel Suo riposo, nello shabbat preparato per noi, con un cuore docile. Se oggi ascoltiamo allora non induriamoci, lasciamoci sedurre dalla Sua misericordia.
Il Suo Giogo, la Croce d'ogni giorno che è il Suo Giogo, è il cammino al riposo. Andare al Signore è già imparare ad essere miti e umili di cuore. Il mite possiede infatti la terra. Il mite, l'umile, come Mosè, conosce la propia debolezza, non se ne scandalizza, si lascia condurre. E' mite chi ha imparato che la lotta d'ogni giorno non è contro le creature di carne, contro suocere o mariti o mogli o figli o colleghi di lavoro o coinquilini di condominio.
La lotta è contro il demonio, il padre della menzogna e dell'orgoglio. In questa lotta occorre imbracciare le armi della fede, la Parola, lo zelo per il Vangelo, il Suo amore infinito. La fede, la speranza e la carità, i doni del Cielo riservati a chi reclina il proprio capo sul petto di Gesù. La nostra mente nel cuore di Gesù. E' questa la fonte della mitezza e dell'umiltà, le porte al riposo e alla pace.


Santa Geltrude di Elfta (1256-1301), monaca benedettina
Esercizi, 7 ; SC 127, 285


« Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi »


Tu che hai fatto per me tante cose grandissime e bellissime da obbligarmi al tuo servizio per sempre, che cosa ti renderò per tanti tuoi benefici? Quali lodi e quali azioni di grazie potrei mai offrirti, se anche mi ci prodigassi mille volte senza risparmiarmi ? Chi sono io, povera creatura, in confronto a te, mia abbondante redenzione? Dunque ti offrirò tutta intera la mia anima , che tu hai riscattato; ti farò omaggio dell'amore del mio cuore. Sì, trasporta la mia vita in te, portami tutta in te e, rinchiudendomi in te, fa che io sia una sola cosa con te.

O Amore, il tuo divino ardore ha aperto per me il cuore dolcissimo del mio Gesù. O cuore fonte di mitezza, cuore traboccante di bontà, cuore sovrabbondante di carità, cuore da cui cola goccia a goccia la benevolenza, cuore pieno di misericordia..., cuore carissimo, ti prego di assorbire il mio cuore interamente in te. Perla carissima del mio cuore, invitami ai tuoi festini che danno la vita; versa per me i vini della tua consolazione... affinché la rovina del mio spirito sia riempita della tua carità divina, e che l'abbondanza del tuo amore supplisca alla povertà e alla miseria della mia anima.

O cuore amato al di sopra di tutto..., abbi pietà di me. Ti supplico, che la mitezza della tua carità ridia coraggio al mio cuore. Per grazia, le viscere della tua misericordia si commuovano in mio favore, perché purtroppo, numerosi sono i miei demeriti, nulli i miei meriti. Mio Gesù, il merito della tua preziosa morte, che solo ha avuto il potere di condonare il debito universale, mi rimetta tutto il male che ho fatto...; mi attiri a te così potentemente che, trasformata interamente dalla forza del tuo amore divino, io trovi grazia ai tuoi occhi... E donami, o caro Gesù, di amare te solo, in ogni cosa e al di sopra di tutto, di attaccarmi a te con fervore, di sperare in te, e di non mettere alla mia speranza nessun limite.

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